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Il vestito rosso

Post n°13 pubblicato il 02 Gennaio 2015 da bellicapellidgl3

 

Un vestito rosso.
Non l’ho mai indossato, lo avevo comprato per quella cena, io e lui. Una sera solo per noi.
Ero felice come non mi sentivo da anni. Non c’era un altro posto sulla terra in cui avrei voluto essere in quel momento. Quando penso questa cosa, so bene qual è la diagnosi.

Mentre mi preparavo, quella canzone nella testa, sulle labbra.

“Sarà stato un appuntamento o la forza di gravità oppure un falso movimento a scaraventarci qua”.

Perché non è forse così che accade? Un movimento improvviso ci scaraventa di fronte a chi non credevamo nemmeno potesse esistere, il movimento giusto e la vita di colpo riprende i suoi colori, ci fa un regalo inaspettato e lui è lì, vero, senza sbavature, con quell’anima limpida, bello nei silenzi, bello nelle parole.

Giochiamo insieme, io provo vestiti, lui è seduto sul bordo del letto, è scalzo, un jeans e una t-shirt di cotone a manica lunga. Mi guarda con aria solenne, nel suo modo serio di prendere le cose sul serio quando deve darmi una risposta, i suoi occhi dietro le ciglia bionde indugiano sui miei fianchi, sulla vita.
C’è la nostra complicità che possiamo toccare, riempie gli spazi, i pensieri.

“Il vestito rosso è bello. Tu sei bella” dice finalmente “ma io direi che sei più tu con quello nero”

E’ una serata mite, piena di  profumi. Sentiamo la vicinanza del mare.

“Come sono contento, fuori si sente il mare, anche se è tutto scuro e non si può vedere. Tu mi guardi negli occhi, io non so dove guardarti. Stasera sono un libro aperto, mi puoi leggere fino a tardi”

Più tardi siamo in silenzio affacciati a una finestra, le nostre braccia si sfiorano, le luci della città davanti a noi. Mi guardo attraverso i suoi occhi e sento che sono io, senza sovrastrutture, senza schemi prefabbricati, senza dovermi sforzare di essere migliore. So che lui mi ha colta nella mia parte più profonda . Posso essere io ed è una tale sensazione di libertà che mi vengono le lacrime agli occhi.

“Ogni volta che ti vedo penso che potrebbe essere l’ultima volta” dico.
“Che sciocchezza. Come ti viene in mente. Io non lo penso mai”
Ed è qualcosa di più di un pensiero, invece. Di più di una paura, anche.
Sento il calore della sua vicinanza, la densità del suo tacere. Poi dice:
“Questa è l’Anna Karenina che c’è in te” e sorride. Io gli do una gomitata.
“Quella che rimugina e si strugge, intendi?”
Mi guarda di sbieco, sceglie le parole:
”Mi piace di più chiamarlo il tuo lato romantico”
“Mhm”

Quella è stata l’ultima volta che l’ho visto.

Non sono più riuscita a indossare quel vestito rosso. L’ho trovato per caso nell’armadio, due giorni fa. Ho temporeggiato, valutato, guardandolo dal basso lì sulla sua stampella. Poi ho deciso che no, non potevo.

Quel vestito non scelto rappresenta per me tutto il “non-scelto”, quello che saremmo potuti diventare e non saremo mai, la donna che forse avrei potuto essere e che non sarò mai, i pensieri, i baci, le pienezze che non avremo mai. Rappresenta quello che non è stato.

E proprio non ce la faccio.

 
 
 
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