Creato da bellicapellidgl3 il 19/11/2014

Pettino Pensieri

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Marco

Post n°16 pubblicato il 16 Gennaio 2015 da bellicapellidgl3

 

 

E’ seduto di fronte a me, ha un chiodo di metallo che gli attraversa la lingua e lo fa tintinnare tra i denti con indolenza.

Lo osservo senza parlare, quello strano giubbotto di renna sdrucito da giovane hippy di lusso, mi è stato affidato dal mio primario “ Forse tu riesci a cavarne qualcosa”.

Cavarne qualcosa.

Ha l’aria di chi ha la netta convizione di  star lì a perdere tempo, lo sguardo inquieto, non vede l’ora di infilare la porta e tornare alla sua vita di paure nascoste dietro la rabbia e l’insolenza e l’alcool e il barattolo di nutella. Ne ha vuotato uno dieci giorni fa, non ha fatto la sua dose di insulina ed è finito dritto in pronto soccorso.

Guardo rapida il suo nome scritto sulla cartella clinica.

Marco, si chiama Marco e ha 16 anni.

Vive nella sua malattia oberato dalla vergogna, striscia tra i pregiudizi di ragazzetti boriosi per cui avere l’Aids  è meglio che avere il diabete. Perchè almeno vuol dire che sei stato con donne.

Ha lasciato la scuola.

Sua madre l’ho invitata ad uscire, la sua disperazione esasperata e rumorosa alimentava quel ghigno sprezzante che gli vedo ancora stampato sul viso.

“Vuole punirla” penso.

Ma di questo mi occuperò dopo, ora devo solo capire come depurare lo spazio che mi separa da lui da ogni interferenza, cosicchè possa raggiungerlo, anche solo per un momento.

Il camice che indosso oggi mi sembra un isolante.

“Mi piace il tuo giubbotto” dice la mia voce, e riesce a suonare casuale.

Un guizzo di sorpresa in quegli occhi rabbiosi, subito stemperata dalla diffidenza. Crede che stia per vomitargli addosso l’oracolo del suo futuro di sofferenze, ma servirebbe solo a dargli un’ulteriore spinta lontano da me.

Come posso entrare, dimmelo tu; fammi vedere una luce anche se flebile, come posso insegnarti il coraggio e la determinazione e la costanza e la rinuncia; come posso farlo dall’alto della mia poltrona comoda, io che non devo bucarmi per vivere.

Io che non so rinunciare.

“Non mi frega un cazzo di morire” abbaia.

Purtroppo per te non morirai, Marco.

E io davvero non so come aiutarti a vivere.

 

 

Commenti al Post:
MarcusMarco
MarcusMarco il 16/01/15 alle 14:39 via WEB
La gente muore solo quando viene dimenticata. Isabel Allende, Eva Luna, 1987
 
 
bellicapellidgl3
bellicapellidgl3 il 16/01/15 alle 21:28 via WEB
Molto vero.
 
amistad.siempre
amistad.siempre il 17/01/15 alle 17:56 via WEB
Non è facile leggere di un medico, suppongo, che nonostante l'assuefazione provocata, inevitabilmente, dalla sua professione, abbia così a cuore i propri pazienti... :) Un saluto e sereno fine settimana... Amistad
 
 
bellicapellidgl3
bellicapellidgl3 il 17/01/15 alle 20:56 via WEB
Non è sempre facile restare alla giusta distanza dalle loro vite. Forse io non lo imparerò mai del tutto. Buona serata a te:)
 
macrio1
macrio1 il 18/01/15 alle 03:02 via WEB
Impossibile rimanere distanti ed è per questo che vorremmo aiutarli... notte e domenica...
 
Syrdon
Syrdon il 18/01/15 alle 12:33 via WEB
Affascinante, come padre, il pensiero di trovarsi davanti un simile rebus, ma anche devastante. Qualcosa ci dà forma, e sono incline a pensare che sia la mancanza di libertà, di consapevolezza, forse addirittura il fatto di voler aiutare troppo, di stare troppo dietro. Ma non giudico, meglio di no...
 
 
bellicapellidgl3
bellicapellidgl3 il 18/01/15 alle 14:48 via WEB
Sì, nei rapporti con i figli, come in tutti i rapporti intimi del resto, scattano dinamiche imperscrutabili a un occhio esterno. Ciao, 2,8:)
 
Koheleth
Koheleth il 18/01/15 alle 23:21 via WEB
Se ripenso ai miei sedici anni in cui gridavo “No future for me” con i Sex Pistols o “I hope I die before get old” con gli Who, in cui della scuola non m’importava niente e in cui i consigli non richiesti degli adulti sortivano l’effetto opposto, a colpirmi furono gli esempi di quegli adulti che frequentavano i nostri stessi locali e che quelle cazzate che avevamo in testa allora le avevano vissute sulla loro pelle: non erano i belli-e-dannati visti nei film o gli emarginati poetici ascoltati nelle canzoni di De André, la loro vita misera e il loro rimpianto sordo per aver buttato via un’esistenza mi ha insegnato più di mille lezioni. Buona domenica sera. K.
 
 
bellicapellidgl3
bellicapellidgl3 il 19/01/15 alle 08:59 via WEB
Gli esempi, la fotografia di quello che potremmo diventare, è più efficace di qualunque bella parola. Ciao, K.
 
endless.moment
endless.moment il 19/01/15 alle 06:56 via WEB
Forse per essersi un pò più vicini bastava togliere quel giubbotto e quel camice, spesso i simboli ci tengono lontani...
 
 
bellicapellidgl3
bellicapellidgl3 il 19/01/15 alle 09:02 via WEB
Mantenere i ruoli ha la sua importanza per la riuscita di una terapia. Anche se sarebbe bello ogni tanto spogliarsi di certi stereotipi e andare insieme al bar:) Un saluto.
 
   
endless.moment
endless.moment il 19/01/15 alle 09:56 via WEB
I ruoli devono essere sempre chiari in qualsiasi caso e personalmente penso che questo accada anche senza simboli ....si alle volte sarebbe bello anche andare al bar e ascoltarsi a vicenda. ..un sorriso per te.
 
vanda.gv
vanda.gv il 22/01/15 alle 13:22 via WEB
Da paziente, ti sceglierei in ogni caso, con o senza camice. Ciao bella ;)
 
 
bellicapellidgl3
bellicapellidgl3 il 22/01/15 alle 13:38 via WEB
Un bellissimo complimento, Vanda. Lo apprezzo. Un bacio.
 
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