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CONTRO CHI SPUTA SUI PRETI (PARTE II)

Post n°160 pubblicato il 17 Aprile 2010 da diefrogdie
 

CONTRO CHI SPUTA SUI PRETI (PARTE II)

La testimonianza di p. Adriano Pelosin, che a Bangkok si occupa di bambini di strada, strappati alla prostituzione e alla schiavitù. Occorre la denuncia, ma anche la compassione per i colpevoli e le vittime degli abusi. È un momento di purificazione per la Chiesa e un esame di coscienza per il mondo: l’aborto, la povertà, la mortalità infantile per mancanza di cure sono altrettanti abusi davanti a cui il mondo ricco sembra indifferente. WWW.asianews.it 



Bangkok (AsiaNews) – “Le accuse ai preti pedofili sono una cosa che mi fa vergognare e mi imbarazza, ma ho anche molta compassione per le vittime e  i colpevoli degli abusi. Per questo è importante non ridurre tutto alla denuncia. Molto meglio essere discreti e aiutare i colpevoli – segnati senz’altro da ferite - e le vittime che sono state abusate. Solo così si può far nascere il positivo anche da queste esperienze amare”.

 
Parla così p. Adriano Pelosin, 64 anni, missionario Pime, in Thailandia da 29 anni, e da più di 12 impegnato nel recupero di bambini di strada abusati dai genitori, usati come strumento di piacere per il turismo sessuale, abbandonati dalle loro famiglie.
[...]
 
 
Secondo p. Pelosin, la sola denuncia rischia di essere sterile. “Vivo in mezzo a tanti casi di vittime della pedofilia, e non da parte di preti, ma da parte di membri del circolo familiare delle vittime: padri verso i figli; fratelli maggiori verso fratelli minori; zii e parenti verso i nipoti… È qualcosa che colpisce in profondità i bambini. Eppure io preferisco non parlarne mai in pubblico, non farne oggetto di conversazione. Anzitutto perché altrimenti rischio di spingere le vittime alla disperazione; in secondo luogo perché puntare tutto sul negativo non porta a nulla. Molto meglio essere discreti e aiutare i colpevoli e le vittime. Solo così si può far nascere il positivo anche da queste esperienze amare. Assieme alla giustizia, bisogna usare anche la misericordia”.
 
P. Pelosin ha salvato molte volte ragazzi 12enni dal giro della prostituzione (soprattutto omosessuale, da parte di occidentali).
Rimane stupito del fatto che “le denunce contro i preti vengono da un mondo permissivo e anarchico, dove la violenza e la libertà sessuale sono affermati come un diritto: “C’è come una vendetta nei confronti della Chiesa che si erge a giudice delle azioni degli altri”.
“In realtà questo è un momento per prendere coscienza della bellezza dei bambini, della loro dignità e fragilità, del loro bisogno di rispetto e amore che tutti devono portare loro, a partire da genitori, insegnanti, e dalla società in generale.
E bisogna ripensare ai bambini che vengono soppressi nel seno materno: è questo è il più grande abuso, che perfino una madre fa al suo bambino, magari con l’approvazione ufficiale di quelle autorità per perseguono gli abusi sessuali dei preti”.
 
Un altro fatto che stupisce p. Pelosin è che “ci sono denunce ai preti solo su questi scandali sessuali e non su altri aspetti del loro lavoro, come manipolazione di soldi, ruberie, pigrizie”.
Tutto questo lo spinge a pensare “che vi sia una vera e propria campagna contro il papa e i sacerdoti”, dimenticando che oltre a questi casi umilianti “vi è anche tantissimo bene che viene compiuto”.
 
L’ultima raccomandazione di p. Pelosin è di “non temere di far fronte a tutti questi scandali: essi sono un’occasione di purificazione”. E dopo aver citato la lettera che Benedetto XVI ha scritto ai cattolici irlandesi sugli scandali dei preti pedofili qualche settimana fa, aggiunge: “È il momento per un esame di coscienza mondiale: dovremmo prendere coscienza dei diritti dei bambini poveri, che non hanno cibo sufficiente, non possono andare a scuola, muoiono delle malattie più comuni perché non possono curarsi.
La comunità internazionale deve domandarsi sulle responsabilità di questi abusi su milioni di bambini, che a causa dell’indifferenza finiscono per essere poi abusati in tutti i sensi dagli adulti: schiavitù, sesso, accattonaggio, bambini-soldato, spaccio di droga. Non è forse il mondo ricco e indifferente a negare i diritti a milioni di bambini?”.

 

 
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CONTRO CHI SPUTA SUI PRETI

Post n°159 pubblicato il 24 Marzo 2010 da diefrogdie
 

CONTRO CHI SPUTA SUI PRETI

In Pakistan, un cristiano è stato arso vivo in per aver rifiutato di convertirsi all'islam.

Ancora una volta, le ciglia del mondo libero si abbassano sulla tetra sorte dei cristiani (Giulio Meotti - Legna da ardere - http://www.ilfoglio.it/zakor/463).

Ma intanto, scorre sui giornali il fiume dell’ipocrisia di un attacco gratuito ed ingiustificato contro la Chiesa, secondo i dettami di quello che in sociologia si chiama “panico sociale”:  l’articolo di Massimo Introvigine (http://www.avvenire.it/Cultura/scandali+pedofilia+caso_201003180904251170000.htm)
 è tutto da leggere e da ricordare, da parte di chiunque non voglia soggiacere alla “ipercostruzione sociale” che deforma il fenomeno, e che l’autore analizza e smaschera, da valente sociologo qual è.
Io preferisco, allora, riportare la testimonianza di un missionario comboniano, indignato per la campagna dei media, dal titolo "
Contro chi sputa sui preti ".

Sono in Italia da alcuni giorni e sono davvero amareggiato, addolorato per questi continui attacchi al Santo Padre, ai sacerdoti, alla Chiesa cattolica, usando la diabolica arma della pedofilia.

E’ vero, questo argomento sembra interessare più a certi giornali e alle loro fantasie e allucinazioni che al pubblico: perché ho incontrato migliaia di persone e per lo più giovani, ma nessuno mi ha posto una domanda su questa questione. Il che significa che, sebbene esista questo flagello nel mondo e abbia intaccato anche la chiesa, con la dura, chiara e forte condanna del Santo Padre, siamo lontani anni luce da quel fenomeno di massa, come se tutti i preti fossero pedofili, come vogliono farci credere. Sono quarant’anni che sono sacerdote, sono stato in diverse parti del mondo, ho vissuto in brefotrofi, scuole, internati per bambini, ma non ho mai trovato un collega colpevole di questo delitto. Non solo, ma ho vissuto con sacerdoti, religiosi che hanno dato la vita perché questi bimbi avessero la vita.

Attualmente
vivo in Paraguay, la mia missione abbraccia tutto l’umano nella sua povertà, quell’umano gettato nell’immondizia dal sensazionalismo dei media.

[…]

Non voglio strappare le lacrime a voi che siete come le pietre ma solo ricordarvi che anche per voi un giorno quando la vita vi chiederà il “redde rationem vilicationis tuae” questa chiesa, questa madre contro cui avete imparato bene il gioco dello sputo, vi accoglierà, vi abbraccerà, vi perdonerà.

Questa madre, che da 2000 anni è sputacchiata, derisa, accusata e che da 2000 anni continua a dire a tutti coloro che lo chiedono: “Io ti assolvo dai tuoi peccati, nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo”.

Questa madre, che sebbene giudichi e condanni duramente il peccato e richiami    duramente il peccatore reo di certi orrendi delitti, come la pedofilia, non chiude e non chiuderà mai le porte della sua misericordia a nessuno.  Mi confortano le parole di Gesù “le porte dell’inferno non prevarranno mai”. Come mi conforta l’immensa santità che trabocca dal suo corpo di “casta meretrix”.

Allora non perdiamo tempo dietro i deliri di alcuni giornalisti che usano certi esecrabili casi di pedofilia per attaccare l’Avvenimento cristiano, per mettere in discussione la perla del celibato, ma guardiamo le migliaia di persone, giovani in particolare, incontrati personalmente in una settimana di permanenza in Italia che credono, cercano e domandano alla chiesa il perché, il senso ultimo della vita e che vedono in lei l’unica possibile risposta.

Personalmente mi preoccupa di più l’assenza di santità in molti di noi sacerdoti che altre cose per quanto gravi e dolorose siano. Mi preoccupa di più una chiesa che si vergogna di Cristo, invece che predicarlo dai tetti.

Mi preoccupa di più non incontrare i sacerdoti nel confessionale per cui il peccatore spesso vive quel tormento del suo peccato perché non trova un confessore che lo assolva. Alle accuse infamanti di questi giorni urge rispondere con la santità della nostra vita e con una consegna totale a Cristo e agli uomini bisognosi, come non mai, di certezza e di speranza. Alla pedofilia si deve rispondere come il Papa ci insegna. Però solo annunciando Cristo si esce da questo orribile letamaio perché solo Cristo salva totalmente l’uomo.

Ma se Cristo non è più il cuore della vita, allora qualunque perversione è possibile. L’unica difesa che abbiamo sono i nostri occhi innamorati di Cristo. Il dolore è grandissimo, ma la sicurezza granitica: “Io ho vinto il mondo” è infinitamente superiore.

Padre Aldo Trento, missionario in Paraguay -

http://www.ilfoglio.it/soloqui/4697

 

 
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CAOS LISTE E DECRETO...INTERPRETATIVO!

Post n°158 pubblicato il 06 Marzo 2010 da diefrogdie
 

CAOS LISTE E DECRETO...INTERPRETATIVO!

Di fronte al problema del caos liste che si era venuto a creare, al Presidente del Consiglio non è nemmeno venuto in mente di consultare direttamente le opposizioni. Di chiedere un incontro congiunto con i suoi capi, di presentarsi dicendo semplicemente la verità, e cioè denunciando gli errori compiuti dal suo schieramento, assumendosene interamente la responsabilità come dovrebbe fare un vero leader, chiedendo se esiste la possibilità di un percorso condiviso di comune responsabilità per rendere la competizione completa e reale dovunque, nell´interesse primario dei cittadini elettori.

Tutto questo, che dovrebbe essere un elementare dovere istituzionale e politico, è tuttavia inconcepibile per una leadership eroica e monumentale, che non ammette errori propri ma solo soprusi altrui, mentre prepara abusi quotidiani.

Quest´ultimo, con la falsa furbizia del decreto "interpretativo" (la legge da oggi si applica solo per gli avversari, mentre per noi stessi la si può "interpretare", accomodandola), completa culturalmente la lunga collana di leggi ad personam, che tutelano la sacralità intoccabile del leader, sottraendolo non solo alla giustizia ma all´uguaglianza con suoi concittadini.
Anzi, è l´anello mancante, che collega la lunga serie di normative ad personam al sistema stesso, rendendolo in solido oggetto dell´arbitrio del potere: persino nelle regole più neutre, come quelle elettorali, scritte a garanzia soltanto e soprattutto della regolarità del momento supremo in cui si vota.

Nella concezione psicofisica del potere berlusconiano, la prova di forza rassicura il Premier, dandogli l´illusione di crearsi con le sue mani la sovranità stessa, fuori da ogni concerto con l´opposizione, da ogni limite di legge, da ogni controllo del Quirinale.
Un´autorassicurazione che nasce dal prevalere della cosiddetta "democrazia sostanziale" rispetto a quella forma stessa della democrazia che sono le regole, la trasparenza e le procedure, vilipese a cavilli e burocrazia.
Emerge dallo scontro, secondo il Premier, l´irriducibilità del potere supremo, che rompe ogni barriera di consuetudine e di norma se soltanto lo ostacolano, e non importa se la colpa è sua: anzi, da tutto ciò trae l´occasione di fondare un nuovo ordine di fatto, che basa sullo stato d´eccezione, fondamento vero della sovranità di destra.

Ma c´è, invece, qualcosa di crepuscolare e di notturno - dicono certi commentatori - in questa leadership affannosa e affannata che usa la politica solo per derogare da norme che non sa interpretare nella regolarità istituzionale, mentre è costretta a piegarle su misura della sua necessità cogente e contingente, a misura di una miseria politica e istituzionale che forse non ha precedenti: e non può trovare complici.

Le opposizioni, tutte, lo hanno capito. Molto semplicemente, un leader e uno schieramento che hanno bisogno di un abuso di potere in forma di decreto anche per poter continuare a fare politica, non possono avere un futuro.
 

 
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L'AQUILA ASPETTA IL MIRACOLO

Post n°157 pubblicato il 27 Febbraio 2010 da diefrogdie
 

Bellissimo articolo de L'Espresso che racconta quanto non ci dicono i tlegiornali sulla situazone de L'Aquila ad un anno quasi dal terremoto.
Quì c'è solo un sunto, l'articolo completo è:
http://espresso.repubblica.it/dettaglio//2120844/&print=true

L'Aquila aspetta il miracolo
di Primo Di Nicola

Sfollati a quota 40 mila. Macerie ancora da rimuovere. Rischi inquinamento. È lungo l'elenco dei problemi irrisolti. A dieci mesi dal sisma

 
Vigili al lavoro davanti al palazzo del Governo
La nomina a ministro annunciata dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, una commossa lettera di addio agli abruzzesi su una pagina del 'Centro'. Così Guido Bertolaso, capo della Protezione civile, alla fine di gennaio ha passato le consegne al nuovo commissario per la ricostruzione, il presidente della Regione Gianni Chiodi e al suo vice, il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente.
Se ne è andato con la riconoscenza dei terremotati per il modo in cui la Protezione civile ha offerto i suoi generosi aiuti e l'orgoglio per quanto realizzato per avviare il rientro alla normalità, a cominciare dal Progetto Case (Complessi antisismici ecocompatibili ecocostenibili), oltre 180 edifici, per non parlare di qualche migliaio di Map, le casette in legno.
In tutto, Bertolaso ha speso oltre 1 miliardo e mezzo di euro per assistere la popolazione e completare opere in grado di dare un tetto sicuro a oltre 20 mila persone. Un successo, insomma, anche se non sono solo rose.
Nell'eredità che lascia a Chiodi ci sono anche problemi: il numero degli sfollati ancora in alberghi e case private; una situazione incandescente nei comuni fuori dal cratere del sisma; una città intasata di macerie; i guasti ambientali provocati dal Progetto Case.

La carica dei 40 mila Il problema più grande è senza dubbio quello degli sfollati aquilani. A oltre dieci mesi dal terremoto e nonostante le promesse del premier che aveva assicurato una casa per tutti entro il 31 dicembre, sono oltre 40 mila gli aquilani che continuano a vivere in hotel (6 mila), caserme (1.100), appartamenti lungo la costa (2.400) e soprattutto in autonoma sistemazione in case in affitto o altro (più di 31 mila).
Come mai così tanta gente non è riuscita ad avere un nuovo alloggio o a rientrare nelle proprie abitazioni? La questione non è di poco conto visto che, a parte tutto il resto, assistere questa massa di sfollati costa tantissimo: un giorno in albergo vale fino 70 euro a persona, gli affitti arrivano a un massimo di 800 euro. Morale: dallo scorso aprile sono già stati spesi oltre 220 milioni per dare ospitalità agli aquilani. Certo, i terremotati da sistemare sono risultati tanti, oltre 70 mila, ma le ragioni per le quali ancora oggi circolano tutti questi sfollati, secondo Giustino Masciocco, assessore alle Politiche abitative del comune, "vanno fatte risalire alle stime sbagliate della Protezione civile sul fabbisogno delle abitazioni da costruire per coloro che avevano visto la propria distrutta dal sisma e nei ritardi con i quali si stanno riparando le case poco danneggiate". Una tesi confermata da Cialente che definisce tutto ciò "la nostra Waterloo". Cominciamo dall'errore di calcolo.


Conti in rosso  [...]


Avanti piano Ma la fetta più grossa dei 40 mila è senza dubbio quella costituita dagli abitanti meno danneggiati e le cui abitazioni sono state classificate B e C (le A sono quelle agibili), circa 15 mila case riguardanti 30 mila persone. Vista la lieve entità dei danni, riparabili in poche settimane, proprio la veloce sistemazione di queste abitazioni avrebbe dovuto favorire il rientro degli sfollati. Invece, gli interventi più leggeri si stanno rivelando una via Crucis visto che ancora all'inizio di febbraio pochissimi lavori sono partiti. Colpa del caos normativo provocato dai decreti del governo in materia di ricostruzione che ha spinto la gran parte dei terremotati a temporeggiare; della mancanza del prezzario della Regione Abruzzo varato solo a metà settembre; dei lenti controlli sulla regolarità delle pratiche; dell'allungamento dei termini per la presentazione delle richieste di contributo prorogati fino al 31gennaio. Un circolo vizioso che dovrebbe spezzarsi ora che Cialente dice di voler usare il pugno di ferro con l'obbligo di inizi lavori entro sette giorni dalla concessione del contributo pena la perdita dello stesso e di qualsiasi forma di assistenza. Un giro di vite che dovrebbe consentire al massimo entro il mese di agosto il rientro nelle case dei 40 mila sfollati aquilani.

Terremotati invisibili Sono quelli dei comuni fuori dal cosiddetto 'cratere' del sisma dimenticati persino dalle statistiche della Protezione civile (nel suo sito non compaiono). Quanti siano esattamente nessuno lo sa. E già questo la dice lunga sulla delicatezza della questione. Una stima fatta dal consigliere regionale Giuseppe Di Pangrazio, fa ammontare a quasi 10 mila il loro numero. Si tratta di persone di paesi che ricadono dentro le province dell'Aquila, Teramo e Pescara. Solo a Sulmona ce ne sono quasi mille e vivono in albergo o ospiti in abitazioni di amici e parenti.
Da questi sfollati 'invisibili' si levano proteste per il diverso trattamento rispetto all'Aquila. Nel loro caso non è stata la Protezione civile a farsi carico dell'assistenza. A queste incombenze hanno dovuto pensare i comuni che, come Pratola, dallo Stato hanno avuto solo 250 mila euro, 100 mila dei quali per fronteggiare l'emergenza e i restanti per finanziare la ricostruzione dei fabbricati. Una miseria considerando che, a Pratola, le richieste di contributo sono state 150 con importi che quasi sempre superano i 40 mila euro. E non basta: avere il contributo non è semplice, occorre dimostrare la relazione tra il danno subito e il terremoto. Il che è facile solo a dirsi, vista la macchinosità dei controlli. La presidente della provincia Stefania Pezzopane chiede per questo "la cessazione della disparità di trattamento". Anche per evitare il ripetersi di quello che è successo a Natale quando nello stesso albergo la Protezione civile ha consegnato pacchi dono ai terremotati dell'Aquila lasciando a mani vuote gli 'invisibili'del cratere.

Un muro di macerie Tra quelli aperti lasciati in eredità dalla Protezione civile, secondo l'assessore alle politiche ambientali dell'Aquila Alfredo Moroni, quello delle macerie "è il problema dei problemi". Nonostante un'intesa raggiunta con il comune nei mesi scorsi per risolvere lui la questione, Bertolaso ha passato le consegne lasciando per le vie del centro storico ancora chiuso circa 4 milioni di tonnellate di materiale frutto di crolli e demolizioni. E ora questa enorme massa impedisce la circolazione dei mezzi necessari ad avviare anche la minima riparazione degli immobili danneggiati, come a piazza S. Maria Paganica oppure nella storica via Cascina.
La questione non è trascurabile: "Se non liberiamo le strade", spiega Moroni, "non è possibile nemmeno avviare la ricostruzione". Per questo Cialente aveva scritto a Bertolaso sollecitandolo ad allestire i siti necessari allo smaltimento dei rifiuti. Il sindaco aveva addirittura invocato l'impiego del Genio militare. Ma senza successo. Così oggi per la drammatica emergenza aquilana è in funzione un solo sito per lo smaltimento delle macerie, mentre altri due potrebbero essere allestiti a breve. Ad appesantire la situazione c'è poi la circostanza che la normativa in materia è particolarmente spinosa. E gli amministratori preferiscono procedere con i piedi di piombo per evitare guai giudiziari. Se comunque anche gli altri due impianti verranno aperti, con una spesa di 30 milioni di euro nel 2010 verranno rimosse 1 milione di tonnellate di detriti, quasi un terzo del totale. Ma occorre fare di più: con questo ritmo ci vorranno infatti tre anni per aprire le vie del centro storico ai mezzi necessari alla ricostruzione. Troppi.

Chi inquina di più L'emergenza del terremoto in Abruzzo si è aggiunta a un'altra, quella ambientale del fiume Aterno. A questo fiume il cui bacino è da sempre assediato dagli scarichi fuori norma di molti paesi e persino della facoltà di ingegneria ambientale dell'università dell'Aquila, la Protezione civile ha assestato un altro colpo con le fogne non depurate di alcuni insediamenti del Progetto Case: quelli di Assergi, Camarda e Paganica che vanno a inquinare l'affluente Vera; ma soprattutto quello di Bazzano, per il quale l'associazione Libera si appresta a scendere sul sentiero di guerra, completato in fretta e furia per consentire a Berlusconi di consegnarlo ai terremotati il 29 settembre, giorno del suo compleanno.

Il caso di Bazzano [...]
L'Espresso (11 febbraio 2010)
 
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IL CRIMINALE ISLAMICO (E IL SUO SERVO D'OCCIDENTE)

Post n°156 pubblicato il 26 Febbraio 2010 da diefrogdie
 

Gheddafi lancia la guerra santa contro la Svizzera

"Dobbiamo proclamare con tutti i mezzi il Jihad contro l'infedele e apostata Svizzera", ha dichiarato Gheddafi in un discorso a Bengasi per l'anniversario della nascita di Maometto. Per il leader libico la guerra santa "contro la Svizzera, il sionismo, contro l'aggressione straniera non è terrorismo. Qualunque musulmano nel mondo che abbia fatto accordi con la Svizzera è un infedele (ed è) conto l'Islam, contro Maometto e il Corano". Le ire di Gheddafi, già ai ferri corti con la federazione elvetica per l'arresto del figlio Hannibal e della moglie il 15 luglio 2008 a Ginevra, sono state scatenate a freddo dal referendum del 29 novembre scorso in cui il 57,5% degli svizzeri ha votato a favore del divieto di costruire minareti.

Per inciso,  penso che con il voto in questione (si veda il post 141 - HEIDI E I MINARETI), la Svizzera ha mostrato che cosa non vuole: non vuole moschee, non vuole muezzin, non vuole sharia. In una parola, non vuole essere islamizzata.

Fa specie che il miglior amico nel mondo Occidentale di quel buffone criminale psicopatico di gheddafi è silvio berlusconi, che addirittura lo ha omaggiato nel suo recente viaggio in Italia.

Io, per mio conto, preferisco la cioccolata made in Switzerland, le donne biondissime, i panorami incontaminati, le montagne bianchissime e la  gente fieramente attaccata ai propri valori e tradizioni.

STOP ISLAM!

 
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Come si difende un quartiere

Post n°155 pubblicato il 16 Febbraio 2010 da diefrogdie
 

Un ottimo articolo non demagogico, serio ed intelligente a firma Angelo Panebianco sul fenomeno dei ghetti, di cui ci si è già occupati

Come si difende un quartiere

Lo scontro interetnico di via Padova a Milano ha portato nuove sofferenze a due categorie di persone, del tutto incolpevoli: i vecchi abitanti della zona e gli immigrati che vorrebbero lavorare in pace.

Gli italiani di via Padova,
esasperati, e impossibilitati ad andarsene (anche, probabilmente, in molti casi, a causa del deprezzamento subito dai loro alloggi), denunciano le condizioni di degrado e la mancanza di sicurezza.
Ma anche gli immigrati che lavorano hanno la loro pesante dose di disagi. Non sono, presumibilmente, leghisti quegli immigrati che a Gianni Santucci (sul Corriere di ieri) dicevano: «A distruggere le vetrine c'erano troppe facce che vedo in giro a non far niente tutto il giorno » oppure «Devono prenderli e mandarli a casa».

Ci sono in gioco due questioni, difficili da gestire.
La prima riguarda la clandestinità, la sua frequente connessione con attività criminali, nonché il ruolo di primo piano che i clandestini svolgono sempre nelle rivolte urbane.
La seconda riguarda la formazione di ghetti multietnici all' interno delle città.
Come ha scritto Isabella Bossi Fedrigotti, sempre sul Corriere di ieri, ciò che è successo in via Padova può accadere in altri quartieri di Milano e in tante altre città.
Combattere l'immigrazione clandestina è difficilissimo. Ma lo è ancora di più se tanti operatori, religiosi e settori di opinione pubblica mostrano un'indulgenza che sfiora la complicità verso il fenomeno. Come è fin qui accaduto.
Che senso ha, in nome di una sciatta e del tutto ideologica «difesa degli ultimi », disinteressarsi delle gravissime conseguenze che la clandestinità porta con sé e che sono destinate a pesare sia sugli italiani che sugli immigrati regolari?
Le probabilità di scontri etnici, quanto meno, diminuiscono se la clandestinità viene arginata e i facinorosi allontanati.
E migliora, per tutti, la vivibilità dei quartieri.

La seconda questione riguarda la formazione di ghetti multietnici. E' un problema ancora più difficile da risolvere di quello della clandestinità.
A causa del fatto che i ghetti si formano quasi sempre in modo spontaneo, seguendo dinamiche che sono proprie del mercato (degli alloggi). Il ministro degli Interni Roberto Maroni, nella sua intervista al Corriere di ieri, ha detto cose responsabili e condivisibili.
Ma ha forse sopravvalutato la possibilità di impedire per il futuro eccessi di concentrazioni etniche nelle aree urbane.
I ghetti si formano perché l'afflusso di immigrati spinge le persone che temono un deprezzamento eccessivo della loro proprietà a vendere. E quando il deprezzamento è compiuto, il quartiere si riempie di immigrati poveri. E' difficile bloccare questi processi.
In un bel film che circola in questi giorni nelle sale, An education, due allegri mascalzoni sbarcano il lunario prendendo in affitto appartamenti in quartieri di soli bianchi e poi subaffittandoli a famiglie di colore. Le vecchine del quartiere si spaventano, svendono di corsa case e mobilio. E i due mascalzoni arraffano tutto l'arraffabile.

Forse, consistenti sostegni economici alle persone che, a causa del flusso immigratorio, vedono deprezzate proprietà ed esercizi commerciali, servirebbero di più che non tentativi di pianificazione nella distribuzione urbana dei vari gruppi etnici. Alleviando il danno, ciò forse contribuirebbe anche a ridurre il rancore verso gli immigrati.

Angelo Panebianco - www.corriere.it 

 
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I fatti di Milano sono assurdi. Basta. Basta. Basta.

Post n°154 pubblicato il 15 Febbraio 2010 da diefrogdie
 

I fatti di Milano sono assurdi. Basta. Basta. Basta.

 

Sicuramente queste righe non le leggerà nessuno - tranne i soliti tre o quattro visitatori casuali del blog - , ma preferisco gettare una goccia di realismo nella melmosa galassia conformista e politicamente corretta dei blog, piuttosto che sposare acriticamente e passivamente il mito dell'immigrato bravo e buono, bisognoso assoluto e primario di aiuto e libero da ogni dovere.

Dopo gli incendi dei centri di accoglienza a Lampedusa, i disordini della Chinatown milatenesi, gli scontri vergognosi di Rosarno, l'invasione del Sagrato del duomo da parte di centinaia di maomettani oranti (!?), ora la devastazione del quartiere più multietnico di Milano.Sicuramente, come dice Bersani, la rivolta di Milano dimostra che è fallita la politica di integrazione e sicurezza del governo. Pier Luigi Bersani, va giù duro commentando i fatti di via Padova. Quello che è accaduto "è una cosa gravissima" - ha detto Bersani. In effetti, governano loro (il Cento-destra!?) il Paese, la regione, la città, ed è fallita (forse perchè non è mai iniziata) una seria e rigorosa politica sia di integrazione sia e soprattutto di sicurezza.

 

Allora che fare? Il lassismo di sinistra ed il terzomondismo di bandiera è ridicolo, ed anti-storico. Mira a proteggere i più deboli, ma chi sono i più deboli? Gli arroganti maomettani che in spregio ad ogni legge fanno i cazzi loro? O forse i vecchietti di tante periferie abbandonate delle nostre città che vorrebbero solo vivere in pace?

Forse, seppur nello sconforto generale, la posizione politica più realista è quella della Lega - se almeno si liberasse dal nano, avrebbe sicuramete il mio voto!!!
La Lega parte all'attacco. Matteo Salvini, eurodeputato e consigliere comunale, chiede "controlli ed espulsioni casa per casa", piano per piano» nei quartieri multietnici della città. «Quello che è accaduto è una risposta a tutti coloro che ritengono che l'integrazione possa avvenire per legge o per decreto - dice all'Ansa Calderoli - Sono cose da matti, stiamo pagando una ideologia sbagliata del passato e anche gli errori odierni di qualcuno che pensa che l'integrazione possa realizzarsi attraverso delle modifiche numeriche». Senza citarlo, una bacchettata a chi, come il presidente della Camera Gianfranco Fini, chiede che siano ridotti i tempi per ottenere la cittadinanza. Calderoli ricorda che la Lega considera «da sempre essenziale quantità, qualità e controllo» dell'immigrazione.

Ma questa è l’Europa, oggi, con i suoi 8 milioni di extracomunitari senza permesso di lavoro e di residenza. Questa è l’Unione Europea, i cui 27 Paesi faticano a consolidare una legislazione comune, omogenea, su come affrontare le sfide dell’immigrazione extracomunitaria. È almeno dal 2004 che si cerca di raggiungere questo risultato, e molti passi avanti sono stati fatti, se non altro sulla carta (come quello della «carta blu», il sistema simile alla «green card» americana che dovrebbe attirare l’immigrazione altamente qualificata): ma nei fatti, il panorama legislativo attuale è ancora come l’abito di Arlecchino. E il prezzo più alto lo pagano i laboratori sociali dove si compie (e spesso fallisce) l’esperimento dell’integrazione: le città. 


C’è, ad esempio, la Francia (10,1% di immigrati sulla popolazione totale), che non parla di «espulsioni» ma di «partenze umanitarie»: termine che si riassume in un’iniziale «protezione sul posto», per l’immigrato non in regola, e poi nel suo accompagnamento verso un «paese d’origine sicuro», ammesso che ne esista uno. Sembra che funzioni. Ma le città della Francia, proprio loro, non sono modelli di integrazione: come hanno insegnato a suo tempo le fiamme della banlieue, divampate fin dietro Pigalle. E c’è poi l’Olanda (10%), che a molti neo-immigrati non solo chiede di seguire un corso di lingua, ma anche di dare un’occhiata a un film dove, fra l’altro, si assiste a un bacio fra omosessuali e si vede la panoramica di una spiaggia per nudisti. Messaggio sottinteso: queste cose sono normali nella nostra società, sei disposto ad accettarle? Ma anche qui, non si sa quali siano i risultati di questa assimilazione a tappe forzate. Anzi, l’assimilazione è una coperta piena di buchi: ad Amsterdam si moltiplicano gli scontri fra immigrati indonesiani e di Timor Est; il venerdì in qualche moschea si ricorda ancora il rogo di Schipol (11 immigrati morti nel Centro di detenzione dell’omonimo aeroporto, nel 2005) e Theo van Gogh è pur sempre stato ucciso in Olanda, non in Arabia Saudita. E dire che le ultime statistiche della Ue sembrerebbero certificare la vera notizia, una notizia controcorrente: l’immigrazione extracomunitaria è in calo, non in aumento, per via della recessione.

 

Ma che la clandestinità non sia più una condizione angelica, come pensano tanti illusi (Gad Lerner, Fini e altri), bensì un’infrazione: questo è logico, e socialmente giusto.
Sono per l’integrazione e, se la demografia lo imporrà, anche per il meticciato: ma non è un gioco di società per benestanti e benpensanti, trattasi di una cosa seria.

Io, comunque, guardo soprattutto al dolore delle vittime dell’insicurezza, che non è una bandiera xenofobica della Lega, ma una realtà di cui si prende carico un ottimo ministro dell’Interno, uno che la lotta ai Casalesi e alla mafia la fa non a chiacchiere, cari amici terzo-mondisti ad oltranza.
L’Italia deve attrezzarsi per combinare le misure per la sicurezza con quelle per l’integrazione, ancora troppo deboli ed inefficienti, e questa è una responsabilità del governo da sollecitare e sorvegliare.

Voglio chiudere con un commento di un visitatore del blog, che si definiva semplice "uomo di strada": “Basta così, c’è un limite a tutto! Questo è il nostro Paese, questa è la nostra cultura, e chi non l’accetta è pregato di andarsene. Non costringiamo nessuno a venire nel nostro Paese, ma se l’ospite vuole vivere con noi, deve accettare le nostre regole, stabilite ormai da lungo tempo. Non desideriamo trasformarci in un Paese multiculturale e chi non intende accettare il nostro modo di vivere, non si meravigli se sarà accompagnato alla porta”.

 
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Il cardinal Bagnasco, la gente dei caruggi genovesi, i trans

Post n°153 pubblicato il 10 Febbraio 2010 da diefrogdie
 

Mi è piaciuto molto questo commento all'incontro fra il Cardinale Bagnasco ed un gruppo di transessuali.

Parola e ascolto tra la gente anche nei vicoli più bui

Come foto di gruppo può sembrare inconsueta: il cardinale Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, assieme alle suore missionarie di Charles de Foucauld e a un gruppo di transessuali sorridenti nei loro abiti femminili.

È successo che una visita pastorale ha portato Bagnasco in quella comunità contemplativa missionaria nei caruggi del vecchio Ghetto, e che – oltre a rappresentanti di extracomunitari e senzatetto – anche dei transessuali hanno chiesto di incontrarlo.
Bagnasco ha detto di sì. Si è parlato, si è cantato un inno alla Madonna della Guardia. Alla fine quella foto, che forse scandalizzerà qualche benpensante: il cardinale, le suore e delle signore molto bionde, molto truccate, in quella ostentazione di femminilità propria di chi sogna d’essere nato donna.

O forse, dalla parte opposta, qualcuno sorriderà: ben gli sta, a questi cattolici sessuofobi, lo "scherzo" di una foto col presidente dei vescovi insieme a «Regina», «Lucrezia» e le loro amiche. Ma non c’è "scherzo", e non c’è scandalo. Non c’è scherzo, perché i trans hanno portato seriamente le loro ragioni all’arcivescovo.

Hanno detto che sono credenti e che soffrono nel sentirsi discriminati; che sono nati così, e non c’è stata per loro alcuna scelta.

E, vera o no che sia questa affermazione, soggettivamente per qualcuno almeno del popolo dei caruggi può essere sincera. Comunque, era in realtà una domanda: ci siamo anche noi, noi fatti così, ascoltateci. E l’arcivescovo si è seduto, e ha ascoltato.

E proprio non c’è scandalo, in quello scatto che allinea le sorelle di Charles de Foucauld e la porpora di Bagnasco con i boa di struzzo di Regina e delle altre: perché andare tra gli uomini, tra i giusti e i peccatori, è il mestiere della Chiesa e dei suoi pastori. Il suo antico, misericordioso mestiere. Fra gli uomini, in mezzo a loro, senza distinzioni fra chi è "a posto" e chi no.
Fin da quando, e son passati duemila anni, gli "onesti" del tempo – ce ne sono purtroppo in ogni epoca – si scandalizzavano perché quel tale, quel Gesù, sedeva a tavola con certa gente, e non scacciava le prostitute, anzi le trattava con una misericordia più grande.

Quel Gesù che diceva di non essere venuto per i giusti, ma per i peccatori. (Cioè, per noi tutti).
Il cardinale nei caruggi ha dunque sentito le ragioni di Regina, e ha intuito, nelle parole, nelle facce, la lunga sofferenza e la silenziosa vergogna di quei ragazzi che nell’età della adolescenza si scoprono diversi. E cercano di affermare di essere donne coi più vistosi segni di una esasperata femminilità: in vite spesso poi di grande solitudine, spese sull’angolo di una strada.
Il cardinale ha ascoltato, poi ha fatto quella prima carità cristiana che è la verità: siamo figli del peccato originale, ha detto, e quindi peccatori. Ha chiamato, dunque, le cose con il loro nome, fuor dalla nebbia del politicamente corretto e del facile buonismo. Poi, ha detto la cosa più importante: che Cristo è morto per tutti.

Che le porte di Dio sono aperte a tutti. Formidabile, antica parola in quella casa nei vicoli di Genova. Cristo morto per tutti. La Sua misericordia abbraccia chiunque lo domandi. E solo Lui sa davvero cosa c’è, in fondo ai cuori.
E se sono migliori gli onesti che si scandalizzano e accusano – quanti, anche oggi, sulle pagine dei giornali – o i più conclamati peccatori. Quella foto inconsueta da Genova, che bella. Il pastore che va fra la sua gente, e non dice di no a nessuno. Che sta a ascoltare, afferma la verità, ma annuncia la misericordia. Che fa il grande, straordinario mestiere della Chiesa. Portare Cristo fra gli uomini: anche in fondo ai vicoli più bui.


Marina Corradi - www.avvenire.it
 
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LEGITTIMO IMPEDIMENTO: CHE SCHIFO!!!!

Post n°152 pubblicato il 04 Febbraio 2010 da diefrogdie
 

Ecco lo schifo che è stato approvato in parlamento. Ecco come berlusconi sfuggirà ai processi contro di lui. Ecco la legalizzazione dell'autocertificazione (sigh!) per uscire da un processo. Ecco il Privilegio che i suoi legulei gli hanno costruito su misura. Ecco come viene trafitta a morte la Legge ed il principio dell'Eguaglianza dei cittadini di fronte alla Legge. Ecco cosa accadrà fino all'entrata in vigore della Legge costituzionale che stravolgerà a fondo la Costituzione per l'interesse privato di berlusconi...

IL TESTO:

Ddl Camera 889 - Disposizioni su impedimento a comparire in udienza

Art. 1.
1. soppresso.

2. Per il Presidente del Consiglio dei ministri costituisce legittimo impedimento, ai sensi dell'articolo 420-ter del codice di procedura penale, a comparire nelle udienze dei procedimenti penali, quale imputato o parte offesa, il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste dalle leggi o dai regolamenti e in particolare dagli articoli 5, 6 e 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, dagli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e successive modificazioni, e dal regolamento interno del Consiglio dei ministri, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 268 del 15 novembre 1993, e successive modificazioni, delle attività preparatorie e consequenziali, nonché di ogni attività comunque connessa alle funzioni di governo.

3. Per i Ministri l'esercizio delle attività previste dalle leggi e dai regolamenti che ne disciplinano le attribuzioni, nonché di ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di governo, costituisce legittimo impedimento, ai sensi dell'articolo 420-ter del codice di procedura penale, a comparire nelle udienze dei procedimenti penali quali imputati o parti offese.

4. Il giudice, su richiesta di parte, quando  ricorrono le ipotesi di cui ai commi precedenti, rinvia il processo ad altra udienza.

5. Ove la Presidenza del Consiglio dei ministri attesti che l'impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni di cui alla presente legge, il giudice rinvia il processo ad udienza successiva al periodo indicato che non può essere superiore a sei mesi.

6. Il corso della prescrizione rimane sospeso per l'intera durata del rinvio, secondo quanto previsto dall'articolo 159, primo comma, numero 3), del codice penale, e si applica il terzo comma del medesimo articolo 159 del codice penale.

7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 2.
01. Le disposizioni di cui all'articolo 1 si applicano fino alla data di entrata in vigore della legge costituzionale recante la disciplina organica delle prerogative del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri, nonché delle modalità di partecipazione degli stessi ai processi penali e, comunque, non oltre diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, salvi i casi previsti dall'articolo 96 della Costituzione, al fine di consentire al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri il sereno svolgimento delle funzioni loro attribuite dalla Costituzione e dalla legge.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Non resta che ripetere: stai distruggendo la giustizia e la democrazia!
Fatti processare. E basta!

 
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Per il giorno degli smemorati

Post n°151 pubblicato il 28 Gennaio 2010 da diefrogdie
 

Per il giorno degli smemorati

Nell'odierno Giorno della memoria, si ricorda “l'orrore di crimini di inaudita efferatezza, commessi nei campi di sterminio creati dalla Germania nazista”, “specialmente dell’annientamento pianificato degli ebrei” e anche quanti “a rischio della propria vita, hanno protetto i perseguitati, opponendosi alla follia omicida” ha detto Papa Benedetto XVI. Le “innumerevoli vittime di un cieco odio razziale e religioso, che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte in quei luoghi aberranti e disumani” sono state ricordate oggi da Benedetto XVI che ha pregato perché “la memoria di tali fatti, in particolare del dramma della Shoah che ha colpito il popolo ebraico, susciti un sempre più convinto rispetto della dignità di ogni persona, perché tutti gli uomini si percepiscano una sola grande famiglia. Dio onnipotente illumini i cuori e le menti, affinché non si ripetano più tali tragedie”.

 

 

Mentre in Italia si ricorda l’Olocausto e in Parlamento si avviano indagini sull’antisemitismo, c’è un rapporto che dovrebbe allarmare i sepolcri imbiancati della memoria: “Era dalla Shoah che in Europa non si vedeva tanto antisemitismo”. A diffonderlo è l’Agenzia ebraica guidata dall’ex dissidente sovietico Nathan Sharansky.
Il rapporto denuncia “l’alleanza fra sinistra e islamisti”, e spiega come Iran, Turchia e Venezuela siano i principali sponsor del nuovo odio.
Giorni fa il mentore di Ahmadinejad, l’ayatollah Mesbah Yazdi, ha definito gli ebrei “i più corrotti della terra”. Dice il rapporto che “per il 43 per cento degli europei, gli ebrei sfruttano il passato per estorcere denaro”. Nel vecchio continente spicca l’Olanda per incidenti antisemiti. In Francia ci sono stati 631 attacchi, contro 431 dell’anno precedente.

Certa politica – purtroppo anche di sinistra – ha fatto uso della peggiore propaganda per sminuire la legittimità d’Israele come stato ebraico e questa propaganda oggi permea l’opinione pubblica occidentale”, recita il rapporto.

“L’Europa occidentale è diventata una piattaforma dei gruppi musulmani estremisti che pianificano attacchi contro obiettivi ebraici”. Nell’informazione si equiparano sempre più “ebreo, sionista e nazista”, mentre Israele è come l’“apartheid”.
Anche in ambito cattolico – spiace dirlo – affiorano i vescovi negazionisti, ma più che il folclore neonazista e il tetro clericalismo antigiudaico, è la saldatura fra mondo progressista e diaspora islamica europea a intimorire l’Agenzia di Sharansky, che così definisce il nuovo antisemitismo: “Le tre D: demonizzazione, delegittimazione e doppia misura”. Tutta la nostra vigilanza morale veglia sugli ebrei morti ed espone i vivi alla violenza genocida.

Sugli ebrei morti nella shoah siamo quasi tutti d'accordo, almeno in occidente. A prevalere è il sentimento del cordoglio e il rifiuto dell'orrore nazista. Tutto bene, dunque? Non proprio. C'è qualche considerazione ulteriore da fare.
Primo, che questo atteggiamento non è poi così universale come si potrebbe pensare. Infatti, illuminati governanti come l'iraniano Ahmadinejad non si vergognano di esprimere apertamente il proprio anti-semitismo.
Secondo, che perfino l'Onu è pronto ad ascoltare più Ahmadinejad che Israele.
Terzo, che l'Onu fa così anche perché le menti più illuminate dell'occidente si sono convertite da tempo in massa al dogma filo-palestinese
.
Quarto, che va diffondendosi il negazionismo, ideologia secondo cui la shoah non è
mai esistita.
Quinto, che l'insieme di tutto questo porta ormai troppa gente ad accettare tranquillamente l'accostamento folle tra gli ebrei e i nazisti, e tra lo Stato ebraico e l'"Apartheid
".

 
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