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GENOA

 

UN AMORE GRANDE

La sera di giovedì 7 settembre, il portone del civico numero 10 di via Palestro, nel nuovo cuore della città di Genova edificato poco più di una decina d'anni prima, era aperto. Alla spicciolata arrivarono dei singolari personaggi che, a vederli oggi, si sarebbe detto fossero appartenuti al Circolo Pickwick. Se l'aspetto tradiva la loro provenienza, i loro cognomi - come si seppe più tardi - non potevano che confermarla: Charles De Grave Sells, S.Green, G.Blake, W.Riley, D.G.Fawcus, Sandys, E.De Thierry, Jonathan Summerhill Senior e Junior, e soprattutto Charles Alfred Payton. Questi, futuro baronetto dell'Impero Britannico, era il Console generale di S.M. la Regina Vittoria a Genova. E l'appartamento (all'interno 4) che accolse l'allegra compagnia d'Albione era proprio la sede del Consolato inglese nella Superba. La cerimonia che stava per andare in scena era l'ufficializzazione del circolo sportivo che da oltre un anno svolgeva una indefessa attività, àuspici e protagonisti i residenti britannici nel capoluogo ligure: il Genoa Cricket and Athletic Club.

 

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« Un programma anticapitalistaPadania, bianca e cristiana »

Mi scusi Presidente

Post n°354 pubblicato il 31 Maggio 2008 da riddik61
Foto di riddik61

Mi scusi Presidente non è per colpa mia ma questa nostra Patria non so che cosa sia. Sono le parole con cui inizia la canzone di Giorgio Gaber “io non mi sento Italiano”, e di questo sento la necessità di parlare, io oggi non mi sento più essere Italiano. Un paese che combatte la mafia senza riuscire a sconfiggerla sul territorio e nella testa della gente, dove dopo 30 anni di emergenza rifiuti le strade di parte della Campania sono invase da cataste di rifiuti e parte di quel territorio è inquinato da discariche abusive. Un paese dove la precarietà non è solo lavorativa, ma ormai è parte integrante della nostra esistenza di tutti i giorni, dove io lascerò un sistema di diritti e di salvaguardia sociale devastato e cannibalizzato dal politico di turno. Una classe politica che mi fa rimpiangere i Fanfani, i Longo, i De Martino, fatta di nani e ballerine dove andare al potere è il fine supremo. Dove una conversione religiosa, che dovrebbe essere una cosa personale, un momento alto, intimo, è sbattuta in pasto alla televisione, con il benestare di chi là fatta, alla stregua del programma “C’è posta per te”. Potrei continuare, la televisione, l’Alitalia, la 194, i diritti delle coppie, la chiesa, l’immigrazione, la costituzione, come vede gli argomenti sono molteplici e stanno a testimoniare che non siamo un paese normale. Andrò a votare per testimoniare il mio essere diverso, ma sono convinto che non basta più, io voglio dissociarmi da una classe politica che non mi rappresenta, da una larga parte di popolazione, proletaria e salariata, che pensa solo al proprio orticello, e non si accorge di essere come il Rumeno o l’Albanese che tanto disprezza, usata e sfruttata. Non posso essere per questione di studi “un cervello in fuga”, sarei già emigrato verso altri lidi, ma con questa lettera voglio esternare tutto il mio malessere, la mia rabbia per un paese in cui non mi riconosco più.

“Questo bel Paese
pieno di poesia
ha tante pretese
ma nel nostro mondo occidentale
è la periferia.”
Giorgio Gaber

 

Con amarezza, distinti saluti.

 

 
 
 
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Un blog di: riddik61
Data di creazione: 28/06/2005
 

CHE GUEVARA

 

HO SENTITO CHE NON VOLETE IMPARARE NIENTE

Ho sentito che non volete imparare niente.
Deduco: siete milionari.
Il vostro futuro è assicurato - esso è
Davanti a voi in piena luce. I vostri genitori
Hanno fatto sì che i vostri piedi
Non urtino nessuna pietra. Allora non devi
Imparare niente. Così come sei
Puoi rimanere.

E se, nonostante ciò, ci sono delle difficoltà, dato che i tempi,
Come ho sentito, sono insicuri
Hai i tuoi capi che ti dicono esattamente
Ciò che devi fare affinché stiate bene.

Essi hanno letto i libri di quelli
Che sanno le verità
Che hanno validità in tutti i tempi
E le ricette che aiutano sempre.

Dato che ci sono così tanti che pensano per te
Non devi muovere un dito.
Però, se non fosse così
Allora dovresti studiare.

-Bertolt Brecht

 

UN DOVEROSO RICORDO

immagine

www.uaar.it

Campagna di “sbattezzo”


Il più importante riconoscimento giuridico ottenuto dall’UAAR.

In risposta all’arroganza delle gerarchie ecclesiastiche, abituate a millantare cifre fantasiose sul numero dei proprî fedeli basate sui battesimi, l’UAAR ha sensibilizzato i proprî soci a chiedere alle parrocchie la cancellazione del proprio nome dai registri dei battezzati.

L’indisponibilità dimostrata dal clero cattolico ad accogliere questa richiesta ha spinto l’UAAR a presentare un’istanza al Garante per la tutela della privacy: quest’ultimo, nel settembre 1999, si è pronunciato sull’argomento riconoscendo il diritto di ogni cittadino a veder annotata la propria volontà di non essere più considerato un fedele della Chiesa cattolica. Il 21 novembre 2002 la Conferenza Episcopale Italiana, riunita in seduta plenaria, ha preso ufficialmente atto della legittimità delle richieste di cancellazione degli effetti civili del battesimo formulate dai soci UAAR.

Da allora, migliaia di cittadini italiani si sono “sbattezzati”, anche se nel frattempo l’obiettivo “statistico” è venuto meno (le cifre diffuse sui battesimi sono comunque non vere).

Il timore di subìre pratiche religiose quando non si hanno più le forze per impedirle; la spinta a uscire da un’organizzazione sempre meno religiosa e sempre più politicizzata, mandandole un segnale molto forte; la volontà di non essere più considerato, da un punto di vista legale, subordinato alle gerarchie ecclesiastiche; la scelta di essere coerenti fino in fondo; l’orgoglio di rivendicare la propria identità atea: tutte queste motivazioni hanno creato un vero e proprio fenomeno di costume, che ha attirato l’attenzione di diversi media.

Per maggiori dettagli consultate la scheda relativa: troverete anche un modulo pro-forma da compilare e spedire per cancellare ogni effetto civile derivante dall’appartenenza alla Chiesa cattolica.

 

QUARCÖSA


Aldo Gennaro

Ho bezëugno de credde
in quarcösa
co no segge lontan
comme o çê.
Quarcösa co segge ciù vixin,
ciù concreto,
co me parle, co me stagghe a sentî.
Co me dagghe amicizia, emoziôin, amô.
Co me fasse sognà.
Che insemme se posse
giöi, soffrî
de tûtto quello che o futuro
da vitta o l'avià da parte pe noî.
E questo quarcösa
vêuriae che ti fosci tì.

 
 

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