Reticolistorici
evenementistica storica in un incrocio di reti - a cura di Oscar Brambani
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Soffiate via dalle conche dei Tritoni, dalle conchiglie delle Naiadi, dalle narici dei mostri marini, le acque erompevano in filamenti sottili, picchiettavano con pungente brusio la superficie verdastra del bacino, suscitavano rimbalzi, bolle, spume, ondulazioni, fremiti, gorghi ridenti; dall’intera fontana, dalle acque tiepide, dalle pietre rivestite di muschi vellutati emanava la promessa di un piacere che non avrebbe mai potuto volgersi in dolore. Su di un isolotto al centro del bacino rotondo, modellato da uno scalpello inesperto ma sensuale, un Nettuno spiccio e sorridente abbrancava un’Anfitrite vogliosa: l’ombelico di lei inumidito dagli spruzzi brillava al sole, nido, fra poco, di baci nascosti nell’ombria subacquea (da "Il Gattopardo")
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"Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento, perché Bertolt Brecht
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Post n°156 pubblicato il 26 Gennaio 2014 da reticolatistorici
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Post n°155 pubblicato il 26 Gennaio 2014 da reticolatistorici
BARACCA CENTOVENTI
Baracca centoventi, un lungo urlare di numeri scavati sulla pelle e in contrappunto l’eco delle stelle nelle notti di ghiaccio.
Inermi e rotti, là sul tavolaccio al buio dello scorrere dei giorni stillano ai volti lacrime di sale in attesa dei forni per un odio ancestrale.
Baracca centoventi, nelle sere ancora i fumi delle ciminiere acri tra i corpi stesi nell’orrore cumuli d’ossa senza dignità
stremati burattini senza fili snodati e vuoti, soli, abbandonati, umani non più umani desiderosi dell’eternità. Tra le mani giorni che se ne vanno tutti uguali e rimpianti e preghiere.
Un vecchio figge gli occhi nella gora ove è costretto a stare a lungo in piedi per inutili appelli, ripetuti nella notte più volte e ancora e ancora in cerca di un’aurora, che sa che non verrà.
La libertà è sepolta nei ghigni dei guardiani. Dentro l’animo scuro il vecchio esala l’ultimo sospiro.
Baracca centoventi, nell’attesa di una fine pietosa un respiro angoscioso, poi… più niente.
Tramonteranno i giorni, e da laggiù risorgerà la luna, all’imbrunire, indifferente…
S’alterneranno uguali altri domani e giorni e giorni e giorni… ed altri corpi al gelo seccheranno o bruceranno ai forni…
Baracca centoventi, nel grigiore sotto un cielo di piombo e senza stelle un violino stonato in agonia quasi come d’antica sinfonia d’una dimenticata giovinezza.
Baracca centoventi adesso vuota di lai pietosi di speranze vane solo lacrime amare nella mota.
Il latrato di un cane annuncia a tutti la comune sorte: le illusioni rubate… poi la morte.
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