Trenta parlamentari si appellano a Bondi: intervenga
POMPEI — Interpellanze parlamentari in difesa di Pompei «sfregiata » dalle ruspe e da una serie di interventi che hanno trasformato uno dei capolavori dell’architettura antica in una sorta di mega stadio, buono per cimenti atletici e perché no anche calcistici. La conclusione più avvilente è che il teatro antico non c’è più e basta questo per giustificare l’allarme scattato in seguito alla denuncia del Cor- riere del Mezzogiorno. I più risentiti si appellano a Riccardo Muti perché rifiuti di esibirsi in un contesto che ha snaturato la sacralità dei luoghi. Cosa accadrà? Si teme il peggio perchè la mobilitazione parte dal basso — l’indignazione dei comuni mortali e le denunce apparse sui siti e su Facebook—ma risale lungo la scala politica e giudiziaria: un dossier, lo abbiamo già scritto, è all’esame della Procura di Torre Annunziata e da ieri mattina un gruppo di trenta deputati del Partito democratico (da Luisa Bossa a Giovanna Melandri a Giuseppe Fioroni e Michele Ventura) ha rivolto una interrogazione urgente al ministro della Cultura, Sandro Bondi, chiedendo «se sia a conoscenza del modo con cui sono stati condotti i lavori presso il Teatro Grande dell’area archeologica di Pompei e, soprattutto, «se è stato informato della invasività di detti interventi che avrebbero deturpato la conformazione originaria del sito archeologico». Nel cantiere gigantesco del «nuovo » Teatro Grande si è lavorato impastando il cemento—come le foto che pubblichiamo dimostrano inequivocabilmente—e si è alterato irreparabilmente lo stato dei luoghi: il teatro nel quale il 10 giugno dovrà esibirsi Riccardo Muti non è più uno dei monumenti più prestigiosi della città antica, ma è un’altra cosa, più imponente ma molto meno collocabile, sul piano estetico ma anche urbanistico e funzionale, nel meraviglioso equilibrio dello scenario pompeiano. Si annunciano, intanto, possibili sviluppi giudiziari. Il capo della procura di Torre Annunziata, Diego Marmo, ci ha detto. «È ancora presto per fare previsioni di qualsiasi tipo, tra qualche giorno ne riparleremo ». Sulla gravità dei rilievi documentati fotograficamente il magistrato non si è pronunciato, ma ha riconosciuto che «è giusto approfondire tutti gli episodi contestati ». Per capire meglio e, soprattutto, per completezza d’informazione, ieri pomeriggio abbiamo raggiunto telefonicamente il Commissario straordinario Marcello Fiori — uno dei bracci operativi di Guido Bertolaso — per chiedergli se aveva voglia di commentare la notizia. Il commissario è stato gentilissimo, magari gli sarà costato, ma fermissimo nell’opporre un «no» secco e senza appello. Stesso rifiuto anche sulla voce di un suo ritiro da Pompei a fine giugno. Si sa bene che il 30 giugno scade il commissariamento. Su quest’ultima previsione abbiamo qualcosa da obiettare perché il ministro Bondi, dopo aver esaltato le magnifiche sorti e progressive della «cura Fiori» che aveva impegnato fino all’ultimo spicciolo i cento e passa milioni stanziati dal Governo, finalmente munifico con Pompei, aveva pregato il commissario di restare ancora «almeno fino a dicembre». La verità è che nella sala della casa dell’Aquila, durante l’ultima inaugurazione della Domus ristrutturata, ci fu un’autentica ovazione per Marcello Fiori che fece fatica a dissimulare la sua gioia. Perciò sarebbe lecito attendersi una proroga al mandato. In attesa degli sviluppi ritorniamo sulle denunce che, intanto, sono diventate più circostanziate. All’interno del Teatro Grande, come sostengono alcuni archeologi che, naturalmente, restano anonimi, le ruspe hanno distrutto completamente le tracce degli impianti idrici collegati ad un bacino per la raccolta di acqua. Questo impianto è (era?) una vera chicca perché, come si legge in una relazione, «serviva a spruzzare gocce di acqua profumata sugli spettatori per proteggerli dalla calura estiva». Secondo le testimonianze di Lucrezio e Plinio che hanno descritto le «spansiones », cioè queste tecniche raffinate in uso nei teatri romani. Per le altre brutture c’è l’imbarazzo della scelta: si va dallo sventramento effettuato con i mezzi meccanici per smontare le soglie sulla summa cavea, alle canalizzazioni per ospitare i cavi dell’impianto elettrico nei muri antichi e al rifacimento dei gradini originali in tufo moderno alterando per sempre, è scritto ancora nel documento, uno dei più antichi teatri romani conosciuti. A proposito dei gradini, tra l’altro, è rilevante un’altra denuncia. I gradini antichi erano sagomati perché chi sedeva non infastidisse con i piedi gli spettatori seduti sotto. Ora tutto questo non c’è più e i parlamentari, così come aveva già fatto qualche giorno fa l’onorevole Luisa Bossa, chiedono al ministro Bondi «se e quali provvedimenti intenda prendere e se intenda, per i prossimi interventi, garantire maggiore tutela e cura per un sito culturale conosciuto in tutto il mondo». Il discorso della vigilanza, tra l’altro, è centrale in questa vicenda perché uno degli argomenti utilizzati dagli autori delle denunce è costituito dal fatto che i lavori sono andati avanti senza il controllo degli ispettori archeologi che sono preposti a questa incombenza. I rilievi, infine, riguarderebbero la zona alle spalle del teatro nella quale ha lavorato con grande impegno una équipe di archeologi dell’Università di Cincinnati. L’area in questione sarebbe stata completamente stravolta per realizzare canali per le tubazioni e vasche per i servizi igienici: «Quando torneranno a Pompei gli archeologi di Cincinnati — conclude il documento — resteranno sbalorditi e avranno qualcosa da scrivere sui giornali d’oltreoceano». Carlo Franco - Corriere del Mezzogiorno