Creato da fabbri.giancarlo il 08/08/2012
Giancarlo Fabbri giornalista freelance

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Messaggi di Giugno 2018

Sagra di San Pietro nella parrocchia di Rastignano

Post n°1118 pubblicato il 28 Giugno 2018 da fabbri.giancarlo
 

Collage San Pietro

Il logo della Sagra e la locandina del film

Pianoro (Bologna)

Venerdì 29, sabato 30 giugno e domenica 1 luglio nella parrocchia di Rastignano si terrà la Sagra di San Pietro con in orario preserale stand gastronomico, bar, gelateria, giochi e attrazioni varie. Venerdì 29 alle 19 messa solenne con inaugurazione del nuovo “Parco dei bambini nati in cielo” seguita alle 20 da una cena comunitaria e dalle finalissime del 5° Trofeo di Rastignano. Torneo di calcio a sette che si è svolto, a partire dall’11 giugno, nel nuovo e bellissimo campo da calcio parrocchiale in sintetico, che ha visto la partecipazione di tanti ragazzi. Per l’occasione il servizio di bar, autogestito dai giovani, ha ampliato il suo menù con piadine, hamburger e bibite alla spina.

Alle 21 di sabato 30 giugno, invece, nel salone del bar con visione gratuita ci sarà la proiezione del film “Ameluk”, in collaborazione con l’associazione di volontariato culturale e sociale Amici di Tamara e Davide, e con la partecipazione di Carlo Dellonte che del film ne è coautore e cosceneggiatore. Il filmato, girato nel 2015, ha una durata di 90 minuti ed è stato diretto da Mimmo Mancini. E’ una storia che si svolge in un piccolo comune pugliese mentre prepara le festività della Pasqua organizzando la Via Crucis del venerdì santo. Sennonché chi deve sostenere la parte di Gesù, il barbiere locale, ha un infortunio e il parroco decide quindi di sostituirlo con Jusuf, il tecnico delle luci, che in paese è chiamato Ameluk, che però e giordano e di fede islamica. Questa decisione di far interpretare la drammatica Passione di Cristo a un musulmano sconvolge gli abitanti del paese pugliese che poi si dividono tra sostenitori e calunniatori. Con i sostenitori che addirittura decidono di candidare il musulmano Jusuf a sindaco, nelle imminenti elezioni comunali, contro i signorotti locali. Un film che strapperà agli spettatori sorrisi e risate ma fornirà anche argomenti di riflessione.

Domenica 1 luglio alle 11.30 ci sarà una messa presieduta dal vescovo ausiliare emerito di Bologna, monsignor Ernesto Vecchi, seguita dalla benedizione inaugurale della nuova vetrata del battistero della chiesa. Vetrata artistica realizzata dallo scultore e ceramista faentino Goffredo Gaeta in collaborazione con la vetreria artistica Giordano Capiani di Faenza (Ravenna). In pratica l’opera d’arte riguarda le dieci finestre della parete di sinistra, quella a nord della chiesa, completando il progetto promosso dall’ex parroco don Severino Stagni, oggi parroco a Ozzano, grazie a una donazione della famiglia Sazzini. Un’opera che non arricchisce solo la chiesa ma l’intera comunità di Rastignano.

 
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Pianoro e dintorni in “Savena Setta Sambro”

Post n°1117 pubblicato il 27 Giugno 2018 da fabbri.giancarlo
 

02 Loredana e Alberto Pudioli

Loredana e Alberto Pudioli nella loro storica bottega

Pianoro (Bologna)

Sul numero 54 del periodico semestrale di storia, cultura e ambiente “Savena Setta Sambro”, edito dalla Minerva per conto dell’omonimo Gruppo di studi, ora in edicola, ci sono molti argomenti su Pianoro e dintorni. Molto immodestamente cito il saggio-intervista “Alimentari Pudioli: cent’anni di un’istituzione rastignanese” dove Alberto Pudioli nipote racconta una saga familiare, che ha fatto la storia della frazione, mentre descrive com’era l’antico Palazzaccio che fu abbattuto negli anni Sessanta per poi costruirvi sopra l’attuale palazzone. Poi cito la recensione del mio libro “Acqua passata. Storie cronache e personaggi di Pianoro”, raccolta di articoli pubblicati sulla rivista, magistralmente scritta dallo storico e scrittore pianorese Adriano Simoncini.

Con Simoncini che nello stesso volume ha presentato altri due libri di autori pianoresi, pure questi editi dal Gruppo di studi Savena, Setta e Sambro: “Dín dón campanón”, raccolta di testi dialettali di Maurizia Lazzarini e Adriano Simoncini, e “Il sangue di Panico” un romanzo di ambientazione medioevale opera prima di Atos Benaglia; e uno di Marco Nascetti, classe 1925 di San Benedetto Val di Sambro, a titolo “Una favola vera… ”, edito da Savena, Setta e Sambro, dove racconta la vita nell’Appennino nel fosco periodo tra le due guerre mondiali. Per info, abbonamenti e arretrati aprire il sito web del gruppo di studi: www.savenasettasambro.com oppure inviare una e-mail all’indirizzo: redazione@savenasettasambro.com.

Ritornando al folto sommario Domenico Cerami racconta del culto di Sant’Antonio Abate nell’Appennino, Danilo Demaria dei ribelli della montagna e della fascinosa Grotta delle Fate di Monte Adone, ancora Simoncini sulla biblioteca di Pianoro (o di Babele), Roberto Da Re sulla bonifica e la forestazione dl territorio nel dopoguerra, Romano Colombazzi di Silvio Mucini sindaco della ricostruzione di Pianoro, Gian Luigi Zucchini degli artisti pianoresi Paolo Medici pittore e Roberto Da Re nelle vesti di scultore, Giuseppe (Pino) Rivalta sui botroidi e sui cogoli di arenaria della Val di Zena (da visitare il Museo dei Botroidi di Tazzola al Monte delle Formiche), Umberto Fusini e William Vivarelli ci raccontano (con belle foto) del Barbagianni, il botanico Giancarlo Marconi ci descrive il noce, Franco Calzolari il lungo assestarsi del fronte lungo la Linea Gotica e il Contrafforte pliocenico, Ferruccio Teglia di Pian di Macina ci racconta dell’orto biologico dei contadini di un tempo, poi il tema di Simone studente pianorese di scuola media e infine la notizia della mostra fotografica di William Vivarelli esposta in regione fino a tutto luglio.

E scusatemi se pensate che ci sia poco di … Pianoro e dintorni.

 
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Già in edicola la natura, la storia e le storie delle valli bolognesi

Post n°1116 pubblicato il 26 Giugno 2018 da fabbri.giancarlo
 

Collage Sasesa 54

Nalla foto la copertina del libro e William Vivarelli premiato da Daniele Ravaglia

Appennino bolognese

Savena, Setta e Sambro sono i nomi di tre torrenti dell’Appennino bolognese ma tali nomi, insieme, compongono la testate di una rivista semestrale che ha colmato un vuoto nel panorama culturale del vasto territorio interessato dai tre nostri corsi d’acqua. E non sfugge ai più che l’acqua è simbolo di vita, di conoscenza e di saggezza trasmessa anche attraverso la bella immagine di copertina – la foto di William Vivarelli di un fresco rio di montagna – del “Savena Setta Sambro” numero 54. Un periodico semestrale di storia, cultura e ambiente, edito da Minerva per conto dell’omonimo gruppo di studi storici, che lo scorso 17 giugno è stato presentato in sede a Monzuno. A rimarcare l’importanza dell’evento la presenza, oltre che dei collaboratori, di amministratori locali dell’Appennino e di personalità della cultura.

Un numero 54, stampato e distribuito a Bologna dalla casa editrice Minerva, che è già disponibile anche nelle edicole dei sei comuni interessati dal lavoro del gruppo di studi: Castiglione dei Pepoli, Grizzana Morandi, Loiano, Monghidoro, Monzuno, Pianoro, San Benedetto Val di Sambro e Sasso Marconi. Il suo sottotitolo: “Rivista semestrale di storia, cultura e ambiente” evidenzia i suoi indirizzi di documentazione, raccolta e divulgazione su quanto riguarda la ricerca storica, geofisica, naturalistica, culturale e artistica della montagna.

Un vero libro, ha 208 pagine, che ha come condirettori il presidente del Gruppo di studi Daniele Ravaglia, direttore generale di Emilbanca, e lo scrittore Adriano Simoncini dove i 36 articoli che lo compongono formano, con i volumi precedenti, una sorta di enciclopedia storica e naturalistica del territorio. Il volume in brossura, sobrio, elegante, con una grafica rinnovata, rende infatti possibile approfondire lo studio del tessuto antropologico e naturalistico di questo territorio ricco di testimonianze. E raccogliere l’intera collana, anche se purtroppo non tutti gli arretrati sono disponibili, è quasi come avere nella propria biblioteca, o in quella della scuola, un patrimonio culturale e storico che cresce ogni anno. La rivista contiene infatti interventi, articoli e saggi brevi accompagnati da molte immagini, quasi tutte inedite, con un vasto ventaglio di argomenti per poter accontentare ogni persona che ami questi luoghi. Per informazioni, abbonamenti e arretrati aprire il sito web del gruppo di studi: www.savenasettasambro.com o inviare una e-mail all’indirizzo: redazione@savenasettasambro.com.

 
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I misteri della Croara tra castelli e fortezze scomparse

Post n°1115 pubblicato il 20 Giugno 2018 da fabbri.giancarlo
 

Forte 01 Monte Calvo

Il forte di Monte Calvo simile a quello scomparso sul Monte Croara

San Lazzaro (Bologna)

Tra i misteri della Croara possiamo aggiungere anche quelli relativi ai castelli e ai fortini scomparsi nell’area a cavallo del confine tra i comuni di Pianoro e San Lazzaro. Infatti se ci sono dubbi sull’esatta collocazione dell’antico castello Castro Corvariae (Castello dei Corvi), citato in un documento del 1084. C’è chi lo pone alla sommità del colle della Croara (Mons Corvariae), altri ancora nel vicino colle denominato “Monte Castello”, toponimo ripetuto sulla vicina casa colonica detta “Predio Castello”, o “il Castello”, non ci sono dubbi che sul colle della Croara ci fu una fortificazione militare, così pure come su Monte Calvo e altre alture vicine o attorno a Bologna.

Oggi non se ne vede traccia tranne un fosso, a mo’ di trincea, sia perché la cima del colle è coperta di vegetazione sia perché la parte sud-ovest del colle, il versante sulla valle chiusa dell’Acquafredda, fu demolita dai lavori di cavatura della selenite (gesso). Lo stesso interno della collina fu svuotato a spirale, come una chiocciola, fin quasi un centinaio di metri di profondità dall’imboccatura di quella che oggi è chiamata “Grotta Gionni”, che si affaccia sulla pianorese via Ca’ Bianca, distruggendo anche cinque cavità naturali.

Da un’indagine preliminare e sommaria, condotta alla fine degli anni ’90, sembra che i resti del forte furono ricoperti dalla terra di scarto della cava aperta negli anni ‘50 dalla Iecme. Impianto che, assieme ad altri, fece scomparire le piccole cave dei gessaroli che ricavavano poche tonnellate di roccia. Infatti nel bolognese, dal 1945 al 1972, furono asportati, cotti e macinati più di due milioni di tonnellate di selenite. Parte del forte quindi dovrebbe essere ancora sotto il terreno. Con Giovanni (Gionni) Saporito, proprietario dell’ex cava, che venti anni fa espresse l’intenzione di fare dei sondaggi per trovare eventuali resti della fortificazione e, se ci sono ancora, riportarli alla luce.

Pensando a quel forte, e ai tanti altri dell’apparato difensivo militare posto a difesa di Bologna, viene istintivo accostarlo all’immaginaria Fortezza Bastiani del libro “Il deserto dei tartari” di Dino Buzzati. Una struttura militare realizzata e presidiata da un contingente in armi in vista di un attacco da parte dei tartari, nel nostro caso gli austriaci, che non arriveranno mai.

Forte Croara faceva infatti parte di una cerchia difensiva realizzata nel 1859 dopo la cacciata degli austriaci. Per evitare la riconquista di Bologna il governo bolognese, con l’appoggio piemontese, si unì in lega con Parma, Modena, Firenze e le legazioni emiliano-romagnole per fronteggiare un’eventuale azione militare degli austriaci e dell’esercito pontificio. Partendo da Casalecchio sino a San Ruffillo, sul piano, poi sulle cime dei colli a sud di Bologna, il perimetro della città fu costellato da una linea di forti e batterie voluta dal generale Manfredo Fanti, comandante della Lega. Nella sola valle del Savena c’erano nel versante sinistro, sotto il Comune di Bologna, i forti di Monte Donato, Paderno, Camaldoli, Bandiera, Barbiano, Jola e, nel destro, quello di Biancano nel Comune di San Lazzaro con la batteria di Miserazzano, e nel Comune di Pianoro: Monte Calvo, Croara, Calvadello, con le batterie Sampiera e Canovazza. A valle le batterie San Ruffillo, Bastia, Lunetta Gamberini, la polveriera di Rastignano, al Paleotto, per la fabbricazione e il deposito delle munizioni.

Il trinceramento fortificato aveva un organico di ben 25 mila uomini che disponevano di 496 tra cannoni ed obici dei quali 204 per le postazioni di pianura e 292 per quelle sui colli. Con l’annessione del marzo 1860 svanivano i timori di un’invasione ma le opere militari furono completate. Dopo cinque anni le opere erette furono dichiarate inutili dalla Commissione permanente per la difesa dello Stato e, nello stesso anno, moriva il Fanti. Alcune fortificazioni, polveriere e dei magazzini furono poi riadattate dal Genio militare per altri usi; il resto fu lasciato nel completo abbandono e di quasi tutti, se non ne perse la memoria, se ne perse la traccia.

 
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Due giorni di “Ozzano InCanto” alla Quaderna

Post n°1114 pubblicato il 20 Giugno 2018 da fabbri.giancarlo
 

Villa 04 Isolani

Ozzano (Bologna)

I prossimi giovedì 21 e venerdì 22 giugno alla Quaderna di Ozzano si terrà la seconda edizione di “Ozzano InCanto”, un festival per corali promosso e organizzato dalle associazioni Gruppo Musicale di Ozzano (www.musicaozzano.it) e Archivio Sonoro col patrocinio del Comune di Ozzano. Il programma: giovedì 21 giugno alle 20.30, a Villa Isolani in via Molino 6, si esibiranno la corale Quadriclavio di Bologna diretta da Lorenzo Bizzarri e la corale Polifonia Santa Rita, sempre di Bologna, diretta da Cristian Gentilini; venerdì 22 giugno, alla stessa ora, nella chiesa di Santa Maria della Quaderna, in via Bertella 60, si terrà il saggio finale del corso per direttori di coro “Progetto Chorus 2018” organizzato dalla società corale Euridice con direttore artistico Pierpaolo Scattolin. I cori laboratorio partecipanti sono: coro Madre Francesca Foresti di Ozzano, diretta da Michele Ferrari; la Libera Sonum Ensemble di Urbania (PU) diretta da Simone Spinaci; il coro Euridice di Bologna con direttori Pierpaolo Scattolin e Maurizio Guernieri. L’ingresso alle serate è libero e gratuito. Dopo i concerti buffet per cantare e stare insieme in allegria.

L’intento del festival, ci spiegano dalle associazioni organizzatrici, è di promuovere e divulgare la musica corale, senza l’ausilio di impianti di amplificazione, per valorizzare un ascolto acustico e di realizzare eventi in luoghi belli e interessanti del territorio ozzanese. Particolarità del festival, diventato un appuntamento fisso nell’agenda annuale della cultura bolognese, è il valorizzare il canto corale nelle sue molte forme: religiosa, popolare, antica, contemporanea e di ricerca.

Gli organizzatori sono infatti convinti che la musica corale ha la grande importanza, e il fascino, di donare a chi la esegue e a chi la ascolta una emozione intensa e unica. Inoltre si pone l’accento su cosa significhi cantare in coro: condividere un’attività, anche se hobbistica, per un fine comune in cui il contributo di ciascuno degli elementi che formano il coro è fondamentale. Cantare in un coro significa anche trovarsi ogni settimana alle prove, non solo per trascorrere del tempo insieme, anche per una crescita personale di ciascun individuo che si mette in relazione con gli altri in modo costruttivo e soddisfacente.

I canti e le interviste fatte ai direttori dei cori vengono documentati, e alle corali selezionate per il festival viene fatto dono di dvd video e registrazioni professionali degli eventi a cui hanno partecipato. E tali contributi servono anche a mantenere l’attività divulgativa del festival tramite web. Infine il festival “Ozzano InCanto” partecipa alla festa europea della musica.

 
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