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ALCHIMIA - IL RACCONTO (+ O - ORDINATO)
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« Il risveglio da un sogno | Messaggio #15 » |
Motanga scivolava sull'acqua, come se avesse una guida lubrificata. Vento sedeva tra i due marinai ascoltava in silenzio il racconto di Otto, nei suoi occhi si leggeva un velo di preoccupazione. Sguardi veloci e intensi con Sbrillo. Il giovane alchimista, in pensiero perchè vedeva l'amico stranizzato dall'accaduto, cercava di cogliere dalle parole del suo compagno quel qualcosa che lo teneva sull'attenti. Otto finito il racconto e la tisana si addormentò pacificamente sull'amaca. Vento e Sbrillo si portarono a prua e appoggiati alle corde delle vele si guardarono negli occhi senza emettere alcun fiato. Sbrillo ruppe il silenzio << Tutto ciò è strano, alcune cose non combaciano. Il mio amico non avrebbe mai abbandonato me e la sua adorata Motanga per una donna non conosciuta. Inoltre ho visto due figure e lui continua ad affermare che fosse solo con lei, quando lo ha soggiogato, legato e imbavagliato. Potrebbe essere un incantesimo, ma se conosco il mio Otto potrebbe essere qualcosa di diverso...ho bisogno di meditare per esprimere un giudizio.>> I due fecero un sospiro all'unisono e Vento prese parola << Erano due sicuramente, ho sentito la presenza di una mia sorella e di un'entità molto forte, sicuramente un mago. Ora ho uno strano sentore, non riesco a definirlo. I miei poteri sono affievoliti, il varco tra il vostro mondo e il mio si è ingrandito, più passa il tempo e minori saranno i poteri delle Zingare. Devi affrettarti ! Raggiungi il Volksoestrom e passa...il mio pensiero sarà con te, come un'ombra ti seguirà. >> Il cuore del giovane alchimista ribollì, lo irradiò un calore per tutto il corpo. La gola secca non gli permise di proferir parola e la Zingara avvertito il cambiamento in lui si congedò con un cenno e scomparve.
Si diresse a poppa a controllare il suo amico, aveva il viso tirato come sforzato e delle marcate occhiaie blu. Preparò un infuso di sambuco e fiori d'arancio, lo avrebbe fatto sudare e rilassare. Lo svegliò con dolcezza, ma Otto sbarrò gli occhi lucidi, lo guardava quasi con odio le pupille erano minuscole e una bava gialla gli scendeva da un'angolo della bocca. <<Deh! Amico mio, bevi e riposa, ti sentirai meglio >> Senza alcuna parola ingurgitò il contenuto della tazza e ricadde in un sonno tormentato.
La notte arrivò troppo presto e con essa un vento freddo che smuoveva il mare. Avevano poche leghe da percorrere ancora, ma non si sarebbero potuti spingere fin dentro il Volksoestrom con Motanga, non sapeva cosa li avrebbe aspettati al di là di quel vortice gigantesco. Doveva trovare una baia tra le migliaia di scogli affilatissimi e ormeggiare il veliero. Non era facile con la pioggia che gli bagnava il viso ancor più delle onde che sballottavano la barca. Una luce intermittente dalla costa, la decisione di dirigersi verso essa non ebbe nemmeno il tempo di essere vagliata. Era una speranza in un momento in cui le speranze erano affogate nei flutti travolgenti del mare del Nord.
La luce non smetteva di indicargli la via, più si avvicinava più sentiva il suo cuore leggero e le paure allontanarsi. Quando ebbe la costa a vista si rese conto di dove si stava dirigendo. Scogli a perdita d'occhio, taglienti come le lame del suo amico Mastro, onde alte almeno cinque metri che si scontravano contro la riva con fragorosa potenza. Mente lucida. Calcolo. Le possibilità erano da scartare in fretta, gli scogli o il vortice. Prese la sua decisione e correndo da poppa a prua da solo riuscì a cambiar rotta. Adesso stavano entrando nel raggio d'azione del vortice sembrava che il mare fosse tranquillo. C'era uno stacco netto tra i due mari, dove si trovavano adesso i le onde descrivevano una spirale che si chiudeva dentro il mare. Lentamente la barca si faceva trasportare. Sbrillo si appoggiò all'albero maestro e cercò di rimettere in ordine i pensieri. Se adesso si trovava a poche decine di minuti dal baratro doveva avere una spiegazione. Un rumore sordo ruppe il silenzio irreale. Sbrillo si voltò e si trovò faccia a faccia con il peggiore dei suoi nemici. Otto brandiva uno dei suoi famigerati coltelli gli occhi completamente bianchi e con quella bava gialla che gli scendeva dalla bocca si dirigeva verso il giovane alchimista. Egli sapeva che non avrebbe retto un confronto con il suo amico in quello stato, era stanco e l'amico era sicuramente posseduto da un demone maligno. Si spiegò molte cose, ma adesso doveva trovare una soluzione. Non poteva far del male al compagno, ma doveva portare a termine la spedizione, non avrebbe neppure potuto rimandare. << Deh! Stupido di un alchimista >> urlò Sbrillo a se stesso. Prese la rincorsa e scavalcò l'amico facendo perno sulla sua testa. Corse verso l'amaca, li vicino doveva esserci il sacco con le pozioni trovate nella casa sulla collina. Lo aprì, ne estrasse una azzurra, una gialla e una fucsia. << Simile con simile>> prese la gialla e la scagliò sull'amico, un vapore ocra lo avvolse. Svanito il fumo suo amico era disteso sul ponte.
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LE AVVENTURE DI MOTANGA
Il vento soffiava leggermente da Nord. Sbrillo esausto contemplava il cielo strappato di nuvole, mentre sorseggiava quella bevanda denominata Adrenina, dal sapore dolciastro e il colore purpureo, sedeva su una sedia in una terrazza del centro del paese di Faglie. Dal balconcino si affacciò Otto, era sudato con gli occhi spiritati, aveva avuto una litigata con una delle sue donne e poi l'aveva posseduta per due ore abbondanti.
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Sbrillo aveva capito che Otto voleva la sua pozione magica, magari per concludere in bellezza con la dama o magari per riuscire a dirle che era meglio non vedersi più. Controvoglia preparò l'intruglio, lo assaggiò, e lo mise di fronte alla porta di Otto, bussò e si diresse nuovamente in terrazza. Sapeva che in una decina di minuti sarebbe stato lì accanto a lui e avrebbero deciso finalemente il da farsi.
Erano anni che si frequentavano e si scambiavano opinioni varie, avevano avuto la possibilità di fare alcune traversate insieme, ma adesso si trattava di scegliere se formare una ciurma e rimettere in sesto Motanga o continuare ognuno per la propria strada come sempre.
Passarono altre due ore, l'attesa uccideva Sbrillo che nel frattempo aveva cominciato a mischiare Tequila, Adrenina e il suo personale intruglio a base di Foglia del Diavolo. Decise di muoversi, andò a cercare la Musa dei Cerchi di Fuoco.
Faglie era la città natale di Sbrillo, ma non ci si muoveva a suo agio, preferiva viaggiare e stare continuamente in balia della corrente. Ma si sa: i sogni per realizzarsi hanno bisogno di tempo, vera volontà e fatica.
Per sua fortuna trovare una Musa non era un sogno, sua personale confidente era entrata nella vita del giovane Sbrillo poco tempo prima ed aveva occupato immediatamente un ruolo stabilizzante. Infatti Arachiù, così lo conoscevano in paese, era solito avere momenti di follia incontrollabile che manifestava con un arrossamento del viso (diventava magenta in alcuni casi) e un'insaziabile bisogno di sputare veleno e acido citrico su chiunque fosse alla portata della sua voce. Il compito che la Musa assolveva con tenerezza era quello di portarlo nuovamente nel mondo razionale che solitamente ordinava il giovane marinaio.