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La vita

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Volere è potere.

Post n°859 pubblicato il 13 Giugno 2022 da amaitti
 

L’uomo che ha fermato il deserto.
Yacouba Sawadogo ha 75 anni, più o meno.
Forse 80. Non lo sa nemmeno lui con sicurezza,
perché conta gli anni in base al ciclo vitale di semina e raccolti.
E proprio intorno a raccolti e agricoltura ruota tutta la sua vita.
È nato nel Burkina Faso, uno dei paesi più poveri al mondo,
dove la siccità provoca carestie, e il deserto avanza inesorabile.
Ma Yacouba Sawadogo ha dedicato la sua vita a lottare
contro il deserto e recuperando e rielaborando un’antica
tecnica africana di coltivazione, detta zaï, è riuscito a trasformare
in foresta ben 40 ettari di quello che un tempo era un terreno
arido e non più produttivo. Praticamente intorno a ogni pianta
lui scava un piccolo pozzetto circondato da pietre, e poi lo riempie
di letame. In questo modo le poche piogge si concentrano
in una piccola porzione di terreno e non si disperdono.
E il terreno, che assorbe acqua e concime, diventa fertile.
È un lavoro duro e pesante, ma alla fine dà i suoi frutti: piante,
arbusti e alberi iniziano crescere rigogliosi, lì dove ormai
non cresceva più nulla.
Oggi Yacouba Sawadogo è un uomo rispettato e amato da tutti,
ha anche vinto premi importanti come il Right Livelihood Award.
Ma non è stato sempre così: all’inizio veniva deriso
dagli altri agricoltori, ormai rassegnati e impotenti,
che non credevano nei suoi metodi. Alcuni lo prendevano
per matto e visionario, il governo lo osteggiava.
Qualcuno aveva anche cercato di boicottarlo,
con incendi dolosi e altri atti di vandalismo.
Ma poi il tempo gli ha dato ragione, e alla fine
gli altri agricoltori sono andati da lui a imparare
queste tecniche, che di anno in anno erano
sempre più perfezionate.
Oggi è proprio lui, nonostante l’età, a continuare
a insegnare i suoi metodi, tanto in Burkina Faso
quanto in altri paesi afflitti dalla desertificazione.
Perché con uno sguardo lucido e altruista Yacouba Sawadogo
ha ben chiaro un fatto importante, cioè che il suo progetto
non riguarda solo lui o la sua famiglia o il suo villaggio,
ma riguarda il futuro:
“Non voglio mangiare oggi, e lasciare le generazioni
future senza niente da mangiare”.
Ecco, pensare alle generazioni future non è solo un atto
di (stra)ordinaria gentilezza: è necessario e urgente.
Non solo in Burkina Faso.

fonte: la farfalla gentile

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