Messaggi di Gennaio 2023
La pianta miracolosa che cresce nel deserto e nutre (anche) le api Albero nazionale per gli Emirati Arabi, venerato in India, ora i ricercatori dell’Università Bicocca ne hanno verificato le potenzialità anche per l’uso farmacologico e cosmetico. E a Pisa, invece, si studia l’albero del fico per recuperare i terreni agricoli in abbandono Gli Indù lo venerano, gli Emirati Arabi lo hanno eletto ad albero nazionale, nelle aree più povero del Messico, ma anche in Perù, Bolivia e Paraguay è stato sfruttato per la sopravvivenza. Parliamo di una pianta sempreverde con un piccolo fiore giallo spinoso che molti popoli da sempre ritengono «miracolosa». È la Prosopis cineraria o albero di Ghaf, un vero sopravvissuto di fronte a temperature infuocate e dure condizioni del deserto che i ricercatori dei Dipartimenti di Biotecnologie e Bioscienze e di Scienze della Terra dell’Università Bicocca di Milano hanno deciso di studiare. La pianta è davvero un rimedio medicinale, ma le foglie e i suoi bacelli si possono usare in cucina e come foraggio per gli animali da allevamento, migliora i micronutrienti del terreno, previene l’erosione del suolo (grazie alle sue radici profonde), è una delle piante più importanti per il foraggiamento delle api nel Golfo Persico grazie alla lunga e abbondante fioritura. La medicina popolare Le specie di Prosopis, scrivono i ricercatori che hanno passato in rassegna tutti gli studi più recenti sulla pianta, sono una delle fonti di proteine nelle regioni aride e semiaride del mondo, in Africa, nell’Asia occidentale e nel continente Indiano, ma anche fonte di carboidrati, lipidi e minerali. Ma sono anche state usate come medicina indigena popolare: le cortecce amare curano la lebbra, la dissenteria, l’asma; i fiori pestati si mescolano con zucchero e sono usati per proteggere contro l’aborto in gravidanza; l’estratto dei baccelli schiacciati si usa per il mal d’orecchi e il mal di denti, il frutto si usa come sedativo. È stata dimostrata la proprietà antibatterica, antidiabetica, addirittura antitumorale. Il potenziale ecosostenibile Dell’albero di Ghal si usa proprio tutto: semi, baccelli, foglie, corteccia. E ora il loro utilizzo viene caldeggiato anche per l’industria cosmetica: l’anti-age è l’ultima frontiera. Gli estratti della pianta miracolosa si sta rivelando un aiuto per lo sbiancamento della pelle, con un alto potenziale idratante e anti acne, prezioso ingredienti per prodotti di lusso ecosostenibili. Perché, sottolineano i ricercatori: «L’utilizzo di fonti naturali ricche di principi attivi offre evidenti vantaggi rispetto ai composti sintetici in termini di ecosostenibilità». Il fico per contrastare la desertificazione Intanto, un team di genetisti, chimici, fisiologi vegetali, entomologi, arboricoltori e analisti sensoriali del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa hanno lavorato dal 2020 al 2022 arrivando a sequenziare il genoma del fico con un metodo innovativo, che ha consentito loro di confermare che la coltura del fico è ideale per il recupero dei terreni salini marginali. La salinità del terreno non determina, infatti, una variazione degli zuccheri totali e dei principali componenti dei frutti. Anzi, l’aumento del livello endogeno di acido salicilico nei frutti delle piante sottoposte a stress salino farebbe ipotizzare un effetto “priming”, cioè una strategia adattativa che migliora le capacità difensive della pianta. Il suo genoma fa della pianta del fico la risposta ottimale per recuperare i terreni altrimenti persi per l’agricoltura. |
L’idea di “controllare” la natura è figlia di una mentalità ingenua e non priva di tratti patologici – tanto più nell’epoca cosiddetta di Antropocene in cui gli esseri umani hanno occupato quasi ogni angolo del pianeta. La natura non è controllabile. Non dipende da quanto siamo forti e tecnologicamente avanzati. Semplicemente, è più grande di noi. O più piccola. In “Rachel dei pettirossi” dedico uno spazio a quello che Edward O. Wilson definì “il Vietnam dell’entomologia”. Il tentativo, clamorosamente fallito, di eradicare la formica rossa dagli Stati Uniti. Aerei, programmi tecnici, tonnellate di Ddt ma niente da fare. Bastò che poche formiche rosse sfuggissero al “controllo” perché il problema si riproponesse e gli Stati Uniti d’America perdessero la loro guerra contro quel minuscolo, indomito animale. La formica rossa venne ribattezzata proprio così: solenopsis invicta (nella foto). Un micro-animale che non possiamo sconfiggere. Se mettiamo la relazione umanità-natura sul piano della guerra, abbiamo già perso. La guerra sarà sempre asimmetrica. Creature di pochi millimetri sono alla fine più potenti di una portaerei. Inoltre, rischiamo di perdere anche quando vinciamo, cioè quando facciamo piazza pulita della vegetazione ripariale, cementiamo gli argini dei fiumi, ripuliamo le spiagge di ogni frammento marino, antropizziamo urbi et orbi. Il conto torna indietro, salato. A un anno esatto dalla scomparsa di Edward O. Wilson (26 dicembre 2021), a sessant’anni da “Primavera silenziosa”, la lezione del grande naturalista dell’Alabama e della nostra Rachel Carson non è ancora stata imparata. Spacciamo la propaganda per soluzione, la superficialità per scienza, i fucili e la violenza per argomenti capaci di convincere il naturale-non-umano a farsi da parte. Verrà il giorno in cui sostituiremo le vecchie formule e i valori dell’egoismo con la conoscenza e i valori dell’ecologismo, il cui principio generale (Rachel Carson docet) è il seguente: non controllo della natura (patologia) ma patto con la natura (ecologia). Danilo Selvaggi (Lipu) |
Inviato da: amaitti
il 29/12/2023 alle 15:26
Inviato da: cassetta2
il 26/12/2023 alle 15:05
Inviato da: amaitti
il 06/10/2023 alle 21:22
Inviato da: Fanny_Wilmot
il 05/10/2023 alle 18:40
Inviato da: amaitti
il 24/09/2023 alle 18:49