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ALLARME SUICIDI.

Post n°1255 pubblicato il 02 Giugno 2022 da scricciolo68lbr

Ma cosa sta succedendo?

Il suicidio è considerato un grande problema di salute pubblica; è causato da aspetti psicologici, sociali, economici, biologici e culturali (Barrio, 2007). Il suicidio colpisce tutte le fasce d’età e, sebbene nel mondo le statistiche riguardanti il periodo dell’infanzia siano più basse, recentemente sono aumentate, provocando scalpore per la tragicità dell’evento. Talvolta accade che i bambini non abbiano strategie “adattive” sufficienti per far fronte ad alcune situazioni stressanti in famiglia: diversi studi dimostrano infatti che nel periodo di transizione tra la tarda infanzia e l’adolescenza avvengano vari cambiamenti interni ed esterni che impattano sulla emotività, sulla capacità di percepirai a livello fisico e per ultimo, ma non meno importante, sulla tenuta mentale di colui che li vive (Unicef, 1999). Per tale ragione, in tutto il mondo il suicidio è molto comune anche tra i giovani ed è la terza causa di morte sia per le ragazze che per i ragazzi tra i 15 e i 19 anni (dati WHO, 2019). Da molti anni, in molti paesi, soprattutto nell’era post Covid, i tassi di suicidio nei bambini e nei giovani sono in aumento: uno studio epidemiologico condotto in 101 paesi tra il 2000 e il 2009 ha rilevato che il 14,7% dei suicidi si è verificato in bambini tra i 10 e i 14 anni di età (Kõlves & De Leo, 2015); nel  2018 le registrazioni di decessi per suicidio dell’Office for National Statistics (ONS) mostrano un aumento del 22% in un anno del tasso di suicidio nei giovani sotto i 25 anni. Anche in Europa il suicidio sembra essere la seconda causa di morte tra i giovani, dopo gli incidenti stradali. Circa 1.200 ragazzi all’anno, nella fascia di età 10 – 19 anni, si tolgono la vita. Oltre ai tassi del suicidio, anche i tassi di autolesionismo sono in aumento, specialmente tra le ragazze e tra coloro che hanno meno di 20 anni. Questo dato è importante in quanto l’autolesionismo costituisce uno dei fattori di rischio per un successivo suicidio. È interessante notare come per le ragazze l’aumento sia iniziato più tardi (2013 rispetto a 2010 per gli uomini) ma sia raddoppiato molto rapidamente (entro il 2018); sembra infatti che tale aumento coincida con l’impatto dei social media e con la crescente domanda di servizi di salute mentale per bambini e adolescenti (Lennon, 2018). Come se questi dati non fossero di per se allarmanti, tra le nostre Forze dell’Ordine, è notizia di oggi, non si arrestano i suicidi. Nicolosi di UNARMA chiede: “Prendere subito provvedimenti”. Oskar Luciani, carabiniere di 55 anni, prende tra le mani la sua pistola d’ordinanza e si toglie la vita. Accade nella sua abitazione di Fermo. Il quarto suicidio tra le forze dell’ordine nelle Marche, il ventinovesimo in Italia nel 2022. Una strage silenziosa di cui non si parla sufficientemente. Sul tema interviene Antonio Nicolosi, segretario generale di UNARMA: “Ci sono morti silenziose a cui vorremmo dar voce e dignità. Le Forze Armate, di polizia e del soccorso pubblico stanno vivendo un periodo di profondo stress e purtroppo molti colleghi si sono trovati da soli in un momento molto buio, in cui sottovalutare il benessere psicologico sul posto di lavoro non può che aggravare la loro condizione”. Anche nelle carceri suona l’allarme: si registrano due suicidi a distanza di pochi giorni a San Vittore. Il problema forse, le lunghe liste di attesa per i detenuti con disturbi mentali prima di ricevere le cure specialistiche. C'è preoccupazione per i ripetuti suicidi, a distanza di pochi giorni, da parte dei detenuti del carcere milanese di San Vittore. Due giovani detenuti presso il settimo reparto della Casa Circondariale ‘Francesco De Cataldo’ San Vittore di Milano si sono tolti la vita a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, lo rende noto l'Osservatorio carcere e territorio di MilanoAbou El Maati, un giovane di 24 anni, cittadino italiano di famiglia egiziana, si è ucciso nella notte di giovedì 26 maggio. Giacomo Trimarco, 21 anni, ha deciso di farla finita ieri. Era in attesa di trasferimento in luogo di cura da mesi e destinatario di misura di sicurezza in REMS (una struttura sanitaria per l’esecuzione delle misure di sicurezza dedicata alle persone affette da disturbi mentali). Aveva già tentato due volte il suicidio nelle settimane precedenti. tentativo di suicidio è il segnale di un disagio intenso. Quando una persona arriva a compiere l’atto, significa che considera il suicidio l’unico modo per mettere fine a una sofferenza divenuta insopportabile. Alcuni segnali d’allarme possono permettere di riconoscere una situazione a rischio. Esistono delle soluzioni. Per questo è importante ascoltare, parlarne e cercare aiuto. Le cause del suicidio. La persona che tenta il suicidio esprime con il suo gesto una sofferenza intollerabile, talmente grande che la morte, in quel momento, sembra essere l’unica risposta possibile. Nella maggior parte dei casi, il tentativo di suicidio viene commesso in modo impulsivo, senza riflettere, ed è la conseguenza di una crisi come, ad esempio, un conflitto, la rottura di un legame affettivo o un fallimento scolastico. Questi fattori scatenanti sono la classica «goccia che fa traboccare il vaso». Ma il suicidio può anche essere imputabile ad altre cause, come la presenza di un disturbo psichico (vedi capitolo «I principali disturbi psichici»), la perdita del posto di lavoro o difficoltà finanziarie, un senso di profondo isolamento sociale, dolori cronici, una grave malattia. È difficile definire con chiarezza le cause all’origine del gesto. Comunque sia, il suicidio o il tentativo di suicidio esprimono una richiesta d’aiuto. È importante prendere sul serio i segnali d’allarme e intervenire per proteggere la persona in difficoltà. Il disagio esistenziale e il rischio di suicidio si manifestano spesso tramite stanchezza, tristezza, abbattimento, ansia, irritabilità o addirittura aggressività, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno, dell’appetito, dell’alimentazione e/o di dipendenza. La persona ritiene di essere inutile, di aver fallito, di non riuscire a trovare delle soluzioni ai propri problemi, si sminuisce e non ha autostima. Questi sintomi sono accompagnati da una chiusura in se stessi, da un distacco dalla famiglia e dagli amici, dall’abbandono degli interessi e delle attività consuete, in alcuni casi anche da comportamenti autodistruttivi o pericolosi. Alcuni segnali possono dare adito al sospetto che qualcuno voglia compiere un gesto estremo, come un cambiamento brusco delle abitudini, una sofferenza psichica ancora più intensa, pensieri di morte, la ricerca di armi da fuoco, lo stoccaggio di farmaci, la distribuzione di oggetti personali o la consegna di una lettera d’addio. A volte anche la repentina e/o inattesa scomparsa dei sintomi può essere sospetta. In genere, prima di compiere il gesto estremo, le persone parlano, in modo diretto o indiretto, della loro intenzione di suicidarsi. Per questo è importate restare vigili e all’ascolto. Se si ha l’impressione che una persona del proprio entourage stia molto male, non è mai troppo tardi per reagire. Si può ascoltare il suo disagio, parlare delle proprie preoccupazioni e, per esempio, accompagnarla dal suo medico di famiglia per ottenere aiuto. Se ci si trova personalmente in un forte disagio, è bene ricordare che esistono diverse forme di aiuto esterno che possono sostenere e accompagnare per «uscire dal tunnel». Le seguenti linee telefoniche sono a disposizione giorno e notte, 7 giorni su 7:

143 Telefono Amico

147 Consulenza telefonica di Pro Juventute (consulenza specifica per adolescenti e bambini).

 

 

 

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