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MULTATE LE SOCIETÀ DI CALCIO I CUI TIFOSI HANNO FISCHIATO GIORGIO NAPOLITANO.

Post n°1630 pubblicato il 02 Ottobre 2023 da scricciolo68lbr
 

Il minuto di silenzio, all'interno degli stadi di calcio osservato domenica 24 settembre 2023, in memoria di Giorgio Napolitano, ma non solo quel gesto, dovrebbe essere una cosa scontata se guardiamo al suo significato, eppure in realtà, pare non essere così, visto che è stato violato!

Tra sabato e domenica, infatti, durante il minuto di silenzio per ricordare la figura dell'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, venuto a mancare venerdì 22 settembre all'età di 98 anni, in molti stadi di Serie A si sono sentiti cori, fischi e urla che certamente niente hanno a che vedere con un semplice e rispettoso omaggio a chi non c'è più. Tuttavia hanno pur sempre un valore di dissenso, cosa che in un Paese democratico, dicono che l'Italia ancora lo sia, dovrebbe essere concesso e garantito dalla Costituzione come espressione della propria personalità. Ora accettiamo anche l'ipotesi di considerarlo un gesto di maleducazione, volgare, di mancanza di rispetto per la memoria di un defunto, ma non rappresenta certo un reato e non viola alcun regolamento, se non quello della buona educazione.

Eppure, nonostante si faccia fatica a crederlo, per questa ragione Empoli, Fiorentina, Verona, Lazio e Udinese sono state sanzionate dal giudice sportivo con un'ammenda da 5.000 euro per non aver rispettato la disposizione della Figc. Il giudice sportivo, però, ha voluto sottolineare come a Milano e Roma, dove sono andate in scena Milan-Verona e Lazio-Monza, il resto del pubblico presente a San Siro e all'Olimpico abbia disapprovato. Per lo stesso motivo, il giudice di serie B ha multato per 2.000 euro il Catanzaro e il Como. Per lancio di oggetti, invece, sono state sanzionate Lecce con una multa da 4.000 euro, Milan e Salernitana con 1.500 euro a testa di multa. 

È vero, è morto Giorgio Napolitano, ma non è detto che tutti debbano esprimere motivi di elogio, o sbaglio? Gli italiani poi hanno emoria e ricordano lerfettamente quando un politico, durante la sua carriera, ha remato contro gli interessi del Paese e degli italiani. Lo sa chiunque guardi questa povera Nazione in una prospettiva vaga di una sopravvivenza, di una resistenza, di un minimo di boccata d’ossigeno a un declino votato alla distruzione, sempre più accentuato, da decenni, quotidianamente, senza sosta. Una crisi morale, culturale, nazionale, economica e patriottica che un personaggio come Napolitano se proprio vogliamo dire che non abbia contribuito a rafforzare, possiamo dire che nulla ha fatto che possa essere ricordato per contrastare questo declino. Anzi secondo alcuni, i tifosi allo stadio, ad esempio ha partecipato al declino e da protagonista. Non solo nella demonizzata cosiddetta “Seconda Repubblica”, ma praticamente da quando la sua carriera ha spiccato il volo.

Napolitano, anti-italiano amante delle Patrie altrui. Durante i suoi giorni di ricovero in condizioni gravissime, Giorgio Napolitano è stato definito da Papa Francesco “un servitore della Patria”. Qualcuno ha addirittura scambiato l’affermazione per carità cristiana, dovuta da parte di un Pontefice che creda nel verbo cattolico. Nulla di più sbagliato. Per non infierire su un uomo morente non è obbligatorio raccontare sciocchezze, ma semmai non infierire: dovrebbe essere un concetto elementare. L’affermazione di Bergoglio invece, c’entra poco con la cristianità: è semplicemente una sciocchezza. O, se preferite, una falsità bella e buona.

Perché il signor Giorgio Napolitano, nella sua carriera politica, di Patria ne ha avuta qualcuna e l’ha servita, questo è verissimo. Tuttavia come molti hanno detto, ed è giusto ripetere le verità assolute, non è obbligatorio essere originali – tra queste non figura quella italiana. Amico dei sovietici in tempo di guerra fredda, successivamente passa all'altra sponda, e diventa pappa e ciccia con gli americani (e nel caso del 2011, pure con i francesi). Degli italiani, in questa mesta storia, non c’è alcuna traccia. C’è solo l’immagine di un personaggio triste, da sempre dalla parte opposta agli interessi italiani.

Una carica monopolizzata dagli interessi anti-nazionali. Per il poco che in teoria conta l’incarico – discorso lungo da non affrontare in questa sede – l’ultimo presidente della Repubblica che ha davvero difeso gli interessi del Paese è stato Francesco Cossiga. Da Oscar Luigi Scalfaro in poi, il buio. Si potrebbe salvare qualcosa della presidenza di Carlo Azeglio Ciampi, quanto meno sulla sponsorizzazione dell’Inno di Mameli e su una visione parzialmente onesta intellettualmente sulla guerra civile 1943 – 1943 (citando i volontari di Salò, il presidente disse: “In modo diverso, anche loro amavano l’Italia), ma anche nel caso di questa eccezione parliamo di un nome lugubre, che tra gli anni Ottanta e Novanta ha contribuito a liquidare parte del potere finanziario e industriale italiano, quindi come dire, al massimo la sua parentesi al Quirinale si può considerare come un piccolo pentimento, non molto di più.

Ritornando ai dischi di domenica, ricordo la tutela sancita dall'articolo 21 della Costituzione. 

La Costituzione non utilizza la formula “libertà di espressione”, bensì la formula “libertà di manifestazione del pensiero”. La libertà di manifestazione del pensiero è espressamente prevista e tutelata nell’art. 21 della Costituzione, composto di sei commi: il primo concerne la libertà di manifestazione del pensiero in generale; i quattro commi centrali disciplinano solo la libertà di stampa; il sesto sempre la libertà di stampa, ma assieme alle altre forme di “manifestazione” .

Il diritto alla propria opinione è tutelato nella Carta costituzionale:

  • Nel momento statico: ciascuno può liberamente crearsi un proprio patrimonio di idee e non può essere discriminato in base ad esse;
  • Nel momento dinamico: ogni individuo può manifestare liberamente (salvo i limiti di cui si dirà) le proprie idee in qualsiasi luogo, con qualsiasi mezzo (parola, scritto etc.) ed in qualsiasi campo (politico, religioso etc.);
  • Nel momento negativo: ogni individuo è libero di tenere segrete le proprie opinioni e non può essere costretto a divulgarle .

L’art. 21 si apre con la decisa affermazione che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione . La particolare ampiezza della formula costituzionale garantisce la titolarità del diritto a tutti i cittadini, senza distinzione. Per quanto riguarda le persone giuridiche private, la dottrina prevalente ha riconosciuto anche ad esse la titolarità del diritto .  Altro dubbio ha riguardato gli stranieri come titolari della libertà di espressione alla pari con i cittadini. La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’art. 45 della l. 3 febbraio 1963, n. 69, relativa all’ordinamento della professione giornalistica, che consentiva l’iscrizione degli stranieri all’Albo dei giornalisti solo a condizione di reciprocità, lo dichiarò illegittimo, ma “limitatamente alla sua applicabilità allo straniero al quale sia impedito nel paese di appartenenza l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana” (sent. n. 11 del 1968) .

Il diritto di manifestare il proprio pensiero include anche il proprio risvolto negativo, cioè il diritto di non manifestarlo. il diritto di cui all’art. 21 Cost. contiene la “libertà negativa di manifestazione del pensiero” . Nessuno, pertanto, può essere costretto a manifestare il proprio pensiero, né può subire sanzioni per non averlo fatto. Questa garanzia, ovviamente, si riferisce alla manifestazione del pensiero, non dei fatti, sicché non riguarda, ad esempio, il trattamento che l’ordinamento pratica ai testimoni e a varie altre figure soggettive .

Il secondo e terzo comma prevedono una serie di garanzie per il mezzo della stampa, sottraendolo a qualsiasi forma di controllo come le autorizzazioni o censure e può essere soggetta a sequestro soltanto per effetto di un atto motivato dell’autorità giudiziaria . Il quarto comma prevede delle deroghe a tale principio, permettendo alla polizia giudiziaria, in caso di assoluta urgenza, di poter procedere al sequestro della stampa periodica, ma tale sequestro è valido in un lasso di tempo limitato richiedendo la convalida dell’autorità giudiziaria . Dalla lettura del quarto comma si evince come fosse di primaria importanza per l’Assemblea Costituente, condizionata dalla reazione agli abusi del fascismo, una ridefinizione dei poteri dello Stato nei confronti del libero esercizio della libertà in esame . Nello specifico, la disciplina si sostanzia nella cancellazione di qualsiasi forma di autorizzazione preventiva, nell’esclusione di ogni tipo di censura ed altresì nell’individuazione del sequestro dello stampato (autorizzato con atto motivato nei soli casi previsti dalla legge) come unico possibile strumento di intervento sull’esercizio della libertà di stampa.

L’articolo si conclude, infine, con il quinto e il sesto comma, che prevedono rispettivamente la possibilità per la legge ordinaria di imporre la pubblicità dei mezzi di finanziamento della stampa periodica e l’unico limite previsto dalla norma alla libertà di manifestazione del pensiero rappresentato dal concetto di buon costume . La nozione stessa di buon costume è molto discussa. La dottrina costituzionale ha cercato di restringere la portata del limite alla sfera del pudore sessuale, intendendo per buon costume l’insieme delle pratiche e delle convinzioni legate alla sfera della vita sessuale, per cui sono punibili quelle manifestazioni del pensiero che vanno contro ciò che nella comunità si crede giusto , con particolare riferimento alla speciale tutela della personalità dei minori. Il concetto costituzionale di buon costume finisce per coincidere con la nozione penalistica del medesimo, quale espressa dall’art. 529 c.p. , che punisce in quanto osceni gli atti e gli oggetti che offendono, secondo il comune sentimento, il pudore e nell’art. 528 c.p.  che vieta le pubblicazioni e gli spettacoli osceni . È evidente che si tratti di un parametro generico, variabile da periodo a periodo. Rispetto a tale limite, diviene rilevante l’atteggiamento e la valutazione dei giudici, tenendo conto dell’importanza delle reazioni della opinione pubblica.

Anche innaltri Paesi accadono cose simili. Vorrei da ultimo ricordare cosa è accaduto in Francia, alla prima partita dei mondiali di rugby 2023: quando il presidente Macron è stato annunciato e si è avvicinato al podio per il suo intervento, lo Stade de France gremito si è fatto sentire con sonori fischi e “buuu” di contestazione, al punto che il presidente francese con un un certo imbarazzo ha dovuto attendere che i boati calassero prima di parlare.

Come a dire... tutto il mondo è Paese...

La considerazione finale che mi sento di proporre è che l'Italia ha costruito le politiche degli ultimi trent'anni sui pilastri di una finanza sregolata e di una cieca fede nel mercato, il “neoliberismo”. Ora la finanza sta distruggendo, gran parte è stata già distrutta, l’economia reale – l’Italia ha oggi un quarto della produzione industriale in meno di vent'anni fa e paga il 10% di tutta la spesa pubblica solo per gli interessi sul debito – e le politiche di austerità imposte dall’Europa stanno provocando una grande depressione. Abbiamo tempo per cambiare strada, ma non con questa classe politica marcia e corrotta.

È necessario rimettere al centro l'essere umano, nella sua duplice componente materiale e spirituale, posizionare al centro della società le persone, il lavoro, l’economia reale. Legare le mani alla finanza spregiudicata, che cosi tanti danni ha fatto, cambiare le regole dell’Europa, oppure uscirne semplicemente, e usare la politica in modo nuovo, per proteggere la società, i lavoratori, i più deboli, i valori della nostra Costituzione, i diritti dei cittadini. Infine migliorare il sistema fiscale, perseguendo una più equa ridistribuzione delle risorse. Favorire la nascita e la crescita dell'istituzione familiare, la prima forma di società con cui ciascun individuo si trova ad avere a che fare. Se la famiglia funziona, è quasi certo che i componenti di quel nucleo saranno cittadini che non avranno difficoltà ad inserirsi nella società.

La spesa pubblica deve tagliare le spese per armi e proteggere il welfare, non distruggerlo, come invece è accaduto e come dimostrano i tagli apportati negli ultimi trent'anni, da governi come li chiamate voi, di sinistra e di destra, io direi conservatori e progressisti.

Il problema del debito pubblico va affrontato con un’azione comune delle autorità europee azzerando gli spazi per la speculazione. Se poi non ci si riesce prenderne atto e oensare ad uscire da una unione che unione è solo sulla carta. E poi si deve far ripartire la domanda, con investimenti che devono costuire produzioni sostenibili, e creare posti di lavoro di qualità.

Giá... ma quale classe politica nuova si prenderá il carico di fare tutto questo?

Nel nostro piccolo, intanto noi cosa possiamo fare? Ciascuno di noi, cosa può fare per attivare questo cambiamento?

Intanto uscire dall’individualismo, ricostruire relazioni sociali con le persone con cui lavoriamo, coi vicini di casa, quelli con cui condividiamo le stesse idee, valori e obiettivi. Poi agire collettivamente – protestare insieme se e quando serve, inventare soluzioni comuni quando le condizioni lo lermettono - per lavorare e vivere meglio. Infine riscoprire la politica: se non ci riprendiamo la politica, se i giovani non tornano a fare politica, se non riscopriamo i valori di solidarietà e sussidiarietà, sarà sempre e solo quel 10% dei più ricchi e potenti... a decidere per tutti.

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