Creato da scricciolo68lbr il 17/02/2007

Pensieri e parole...

Riflessioni, emozioni, musica, idee e sogni di un internauta alle prese con la vita... Porto con me sempre il mio quaderno degli appunti, mi fermo, scrivo, riprendo il cammino... verso la Luce

 

Messaggi del 13/09/2023

ROMA BRUTTA E SPORCA! UGL ALL’ATTACCO DI GUALTIERI!

Post n°1603 pubblicato il 13 Settembre 2023 da scricciolo68lbr
 

Gualtieri? “Una meteora che appare, glorifica visite ed eventi” sindaco di una città sporca, trascurata, dove la sicurezza è un miraggio”. La lettera al primo cittadino del segretario dell'Ugl di Roma e Provincia, Ermengildo Rossi, è il dipinto di una Capitale verso il “fallimento”.

In assenza di relazioni sindacali dall'inizio della consiliatura, il leader del sindacato si rivolge al sindaco con una lunga lettera nella quale evidenzia uno ad uno le criticità della città, puntando soprattutto sull'unica soluzione sulla quale il Campidoglio ha manifestato “latitanza”, il tema del lavoro, alla vigilia della fine conclamata del reddito di Cittadinanza. Scrive Rossi: “La nostra preoccupazione è altissima, Sindaco, per quel che riguarda il lavoro. E per quel che riguarda la povertà legata al lavoro. Salari che non cambiano in un mondo dove tutto cambia, dove sempre più famiglie toccano con mano il dramma della povertà, pur lavorando. Questo è un dramma incredibile che si vive anche nella nostra Città, per cui nessuno, neppure Lei, si assume responsabilità che possano far alleviare la pressione sui lavoratori di questa città. C’è chi lancia l’allarme per quel che succederà - e sta già succedendo – quando verranno a mancare i sussidi previsti dagli aiuti di stato ormai riformati, richiedendo a gran voce un intervento nel sociale da parte della Sua Amministrazione”.

Il dramma della povertà

Ancora Rossi: “Non ci risulta la progettualità necessaria sul creare posti di lavoro, sul mettere a fattore comune ricerca ed offerta, investimenti coordinati sul come poter risollevare quel sociale che tocca con mano l’abisso, ma pur vorrebbe risollevarsi. Eppure ci sarebbero così tanti temi da voler affrontare, così tante idee da poter realizzare, così tanti nodi da poter sciogliere per creare lavoro. Tanti li abbiamo già sottoposti alla Sua attenzione. Vede, Sindaco, noi pensiamo che la povertà sia un dramma. Un dramma difficile, violento, che ti rende immobile e ti costringe con le spire della sua forza verso la disperazione. La povertà non va isolata, certo. Va gestita, incanalata, risolta. Ma soprattutto la povertà va combattuta. E si combatte con il lavoro, con le opportunità, con la trasparenza di un’Amministrazione, la cui responsabilità è la Sua, Sindaco. La povertà si combatte anche con progetti legati alla pubblica utilità. Così come la sporcizia si combatte con azioni straordinarie di pulizia, il decoro di una città si migliora creando armonia, anche nel verde pubblico, i servizi si migliorano con azioni straordinarie di efficienza”.

L'appello del sindacato

A leggere la lettera di Rossi, viene da pensare che la “vicinanza” storica dell'Ugl al centrodestra, sia sufficiente per non avere nessun tipo di dialogo con l'istituzione Comune, anche sei temi sono più o meno gli stessi che propongono le organizzazioni sindacali. Così il sindacalista conclude: “Siamo convinti che quello che stiamo offrendo è inadeguato, triste, spesso offensivo. Siamo convinti che quello che non ci piace vada combattuto. Siamo convinti che Roma meriti di più. Molto di più. Di più di passerelle, di vacue promesse elettorali, di spot senza seguito, di progetti di facciata. Ma soprattutto siamo convinti che per Roma valga la pena combattere. E che questa città non meriti silenzio. E quello che ci preoccupa di più, Sindaco, è proprio il Suo di silenzio, rispetto alla devastazione ed al degrado ingiurioso in cui versa la nostra meravigliosa Città, la Roma Capitale del Mondo e oggi d’Italia”.

 
 
 

LANDINI SPENDE TANTI SOLDI (NON SUOI) PER LA COMUNICAZIONE!

Post n°1602 pubblicato il 13 Settembre 2023 da scricciolo68lbr
 

Cgil, il caso Gibelli esplode. Spuntano le reali spese per la comunicazione del sindacato: cifre enormi

Maurizio Landini alla fine ha deciso di parlare e di raccontare cosa c'è veramente dietro al licenziamento dello storico portavoce della Cgil Maurizio Gibelli, ma la toppa se possibile rischia di essere peggio del buco. Il segretario - si legge su Il Giornale - è stato netto sull'argomento: "Si trattava di un lusso che non potevamo permetterci. La questione - tuona il numero uno della Cgil - è molto semplice, il sindacato ha proceduto a una riorganizzazione interna e accanto a me non vedete un portavoce, figura che non esiste più perché è un lusso che non possiamo permetterci: viviamo del contributo degli iscritti e dobbiamo avere attenzione a come spendiamo i soldi". Peccato che le cose non stiano esattamente così: lo stipendio di Gibelli gravava sulla Cgil per appena 55mila euro lordi annui.

La "riorganizzazione" della comunicazione, appaltata da Landini un paio d’anni fa alla srl Futura (di cui Cgil nazionale è socia di minoranza al 48,8% ma di cui garantisce le esposizioni), si è rivelata invece - prosegue Il Giornale - piuttosto costosa. Nel bilancio ufficiale Cgil 2021, alla voce "oneri per il comparto comunicazione", la cifra è di 2.846mila euro. Nel 2022, si registrano 2.710mila euro, di cui 2.141mila per Futura srl. Nel corso del 2022, si legge, "sono stati effettuati versamenti in conto capitale per euro 2.002.800 per permettere a Futura srl la prosecuzione del proprio consolidamento".

Ma Landini, - riporta Il Giornale - quando si tratta di protagonismo politico personale, non bada a spese. Anche se le iniziative hanno poco o nulla a che fare con i compiti del sindacato: basti pensare che nel 2022 la Cgil ha speso 500mila euro circa per finanziare tre manifestazioni per la "pace" e reclamare di sospendere immediatamente il sostegno alla lotta di liberazione dell’Ucraina invasa.

 
 
 

MAROCCO: AIUTI SOLO DA QUATTRO PAESI!

Post n°1601 pubblicato il 13 Settembre 2023 da scricciolo68lbr
 

Gli aiuti al Marocco dall'estero arrivano secondo le scelte del governo marocchino che ha deciso di accettare la solidarietà solo di alcuni stati "amici": UK, EMIRATI ARABI, SPAGNA E QATAR! La Francia non è tra questi. Una scelta che ha innescato molte polemiche."Ho assistito a tante polemiche in questi giorni che non hanno motivo di esistere. Noi siamo qui, abbiamo la possibilità di fornire aiuti umanitari diretti. Spetta ovviamente a Sua Maestà il Re e al governo del Marocco organizzare gli aiuti internazionali. E quindi siamo a disposizione della loro scelta sovrana", ha dichiarato il presidente francese Emmanuel Macron.

Mentre re Mohammed VI ha chiesto alle autorità e ai cittadini di pregare in tutte le moschee del Regno, monta la polemica per gli aiuti. Il Marocco come accennato, ha accettato squadre di soccorritori soltanto da quattro Paesi - la Spagna, il Regno Unito gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar - e tutte le altre persone che stanno aiutando sono volontarie. La denuncia arriva anche dal presidente della Ong francese Secouristes sans Frontières, Arnaud Fraisse: "Normalmente avremmo preso un aereo che decollava da Orly un minuto dopo il sisma. Purtroppo non abbiamo ancora l'accordo del governo marocchino". 

Macron è su tutte le furie per questo aut-aut. Ma il Maricco non recede, non vuole neppure sentir parlare della Francia! Da molti Paesi è comunque partita la gara di solidarietà. L'Algeria ha proposto un piano urgente per fornire aiuti, qualora Rabat volesse accettarlo visto i difficili rapporti con i vicini. L'Ue stanzia un finanziamento iniziale di 1 milione di euro "per sostenere gli sforzi di soccorso messi in atto dai partner umanitari nel paese". La Commissione Europea precisa che al momento il Marocco "non ha fatto richiesta di assistenza".

L'Italia, tramite il ministro degli Esteri Antonio Tajani, si è detta pronta a inviare aiuti e team sanitari. Come hanno fatto la Francia, la Turchia e gli Stati Uniti. 

Per quanto riguarda gli italiani che si trovavano nel Paese durante il terremoto, la Farnesina ha fatto sapere di aver fornito assistenza a 500 connazionali con lo stesso ministro Antonio Tajani che segue, in costante contatto con l'ambasciatore Armando Barucco, gli sviluppi della situazione.

 
 
 

QUOTIDIANI: PER REPUBBLICA E LA STAMPA UN VERO E PROPRIO TONFO!

Post n°1600 pubblicato il 13 Settembre 2023 da scricciolo68lbr
 

Crollano Repubblica (-14%) e La Stampa di Massimo Giannini. I dati Ads mettono in luce la scarsa performance dei quotidiani.

Libero fa il botto. Secondo i dati Ads, a luglio 2023, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, sono diversi i quotidiani che perdono lettori. E non si parla solo di qualche copia.

Partendo dal Corriere della Sera, nel giro di un anno il quotidiano diretto da Luciano Fontana ed edito dalla Rcs di Urbano Cairoregistra una perdita del 3,8%. In rosso anche il secondo della classe, Repubblica, che, però, vive un vero e proprio crollo. Rispetto a luglio 2022, il colosso di casa Gedi porta a casa “solo” 152.994 copie, facendo registrare così un calo del 14,2%. Restando a Torino tra i corridoi di Gedi, anche La Stampa di Massimo Giannini segna un tonfo dell’11% rispetto all’anno precedente.

Come riporta ItaliaOggi, con un calo decisamente ridotto, ma indubbiamente rilevante, anche il Sole 24 Ore vira in rosso. Il quotidiano di Confindustria registra infatti un calo del 6% fermandosi a 123.311 copie vendute a luglio. Il Messaggero di Francesco Gaetano Caltagirone, da parte sua, cede a luglio il 7,6% rispetto allo stesso mese del 2022.  

Brutte notizie anche per il Giornale. La testata fondata da Indro Montanelli nel 1974 registra una flessione delle vendite del 10,3%. Ma ecco che, dopo fiumi di dati in rosso, arriva anche un esempio di controtendenza. Libero, il quotidiano degli Angelucci (insieme al Tempo e al Giornale per il 70%), porta a casa una buona performance a luglio 2023 segnando il +10,2% sul 2022.

Proseguendo, il Fatto Quotidiano, seppur lieve rispetto ai tracolli sopracitati, anche il quotidiano diretto Marco Travaglio vive un momento di flessione registrando il -2% delle vendite. Infine, brutte notizie anche per Maurizio BelpietroLa Verità, edita e diretta dal giornalista, perde l’11,9% fermandosi a 31.065 copie vendute.

 
 
 

LA MAGGIORANZA URSULA NON C’È PIÙ!

Post n°1599 pubblicato il 13 Settembre 2023 da scricciolo68lbr

Voto Green Deal, la maggioranza Ursula non c’è più. Ue vira a destra?
QuiFinanza

La Commissione europea si è vista respingere dal voto in Parlamento una delle proposte portanti sulla sostenibilità nell’ambito del ‘Green Deal’, il piano per la transizione energetica. Popolari (Ppe) e liberali (Re) si sono infatti alleati con conservatori (Ecr) e sovranisti (Id) inviando un chiaro segnale politico all’esecutivo comunitario: la cosiddetta “maggioranza Ursula”, che ha sostenuto l’attuale Commissione, vaccilla. E a maggior ragione proseguono le manovre di avvicinamento fra Popolari e Conservatori che potrebbe portare ad un cambio della guardia nelle elezioni Europee previste a giugno del 2024, di cui il voto in questione potrebbe essere il primo segnale. Dunque una Unione Europea che è pronta a spostare sul centrodestra il proprio baricentro politico, con Manfred Weber(Popolari) che da settimane dialoga con Giorgia Meloni (a capo dei Conservatori) per  tagliare fuori i socialisti.

Timmermans è un delinquente”: con queste parole Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, definiva poco prima del voto sulla legge europea sul ripristino della Natura, il Vice Presidente e n. 2 della Commissione Frans Timmermans, responsabile del progetto Green Deal e delle politiche sul Clima nella Commissione Von der Leyen; Timmermans è oramai arcinoteo, SI È DIMESSO qualche giorno fa ed è oggi candidato a diventare primo ministro nei Paesi Bassi per una coalizione tra socialisti e verdi (Partij van de Arbeid e Groen Links); questa inedita alleanza è in buona posizione nei sondaggi per le elezioni anticipate previste in autunno, che si annunciamo però totalmente imprevedibili e si giocheranno in buona parte sul tema dell’immigrazione oltre che sul clima.

Frans Timmermans, socialista, è stato ministro degli esteri olandese, e non è nuovo a polemiche e controversie.

Prima di arrivare a Bruxelles nel 2014, aveva pubblicato uno stranissimo documento di 54 punti sulle competenze da togliere alla Ue, per fortuna finito nel dimenticatoio: era il politico olandese più popolare e non esattamente un federalista. Commissario alle questioni istituzionali e ai diritti fondamentali tra il 2014 e il 2019 nella commissione Juncker, è stato protagonista di scelte totalmente sballate, come quella di eliminare con un tratto di penna in nome del principio “legiferare meglio” il primo, visionario pacchetto di norme sull’economia circolare, frutto di un attento e minuzioso lavoro del suo predecessore commissario Petrovic o quella di rimandare per anni l’azione contro il deterioramento delle democrazie ungherese e polacca, per poi comunque diventare la loro bestia nera quando si decise a intervenire anche per le insistenze del PE, chiedendo di attivare la cosiddetta procedura art.7, che, se adottata, permette di sospendere i diritti che derivano dall’essere membri della Ue. Non se ne fece nulla grazie all’impossibilità di raggiungere il necessario consenso al Consiglio e si decise, dopo altri anni, di agire attraverso la sospensione dei fondi.

Frans Timmermans lascia la Commissione Ue: “Mi candido alle elezioni nei Paesi Bassi”

Questa è la stata sicuramente la ragione della feroce opposizione di polacchi e ungheresi alla sua nomina a Presidente della Commissione nel 2019. Come primo VP ha chiesto e ottenuto di essere responsabile del Green Deal, il grande piano europeo di normative e finanziamenti che ha l’obiettivo di permettere alla Ue di diventare il primo continente a emissioni nette zero per il 2050, favorendo al contempo innovative attività economiche e nuovi posti di lavoro.

Timmermans passa oggi, ben al di là delle sue intenzioni, per essere una sorta di Pasdaran verde; la destra europea, e in particolare il PPE guidato da Manfred Weber, ha deciso di concentrare su di lui strali e calunnie, pensando di recuperare consenso sfruttando la preoccupazione di molti elettori ed elettrici di fronte al rapido cambio epocale richiesto dall’urgenza climatica, ma anche frutto della volontà di favorire potenti lobby – in particolare nel campo dell’energia fossile e dell’ agro-industria (vedi le dichiarazioni di Prandini) e dal suo sostanziale eco-scetticismo; in realtà non è sempre stato così. Timmermans è sempre stato convinto dell’impossibilità di abbandonare il gas e si è adeguato ai rapporti di forza interni ed esterni alla Commissione; ha ceduto su temi quali l’introduzione di gas e nucleare nella tassonomia verde, facendole perdere gran parte della sua carica innovativa, e alla potentissima lobby agricola, che ha dimostrato di essere molto più forte politicamente di quella dell’industria e dell’automotive; su spinta anche della Presidente Von Der Leyen, quando la destra e il PPE ha iniziato ad attaccare duramente il Green Deal, ha accettato di diluire le proposte della Commissione su suolo, pesticidi, economia circolare, emissioni industriali e inquinamento dell’aria. Forse era inevitabile, visti i nuovi rapporti di forza anche al PE. Ma il paradosso è che questo non gli ha impedito di diventare il simbolo del Green Deal e lo spauracchio della destra anche nel suo paese.

Ed è forse proprio per avere il parziale controllo del portafoglio sul clima in questi ultimi cruciali mesi prima delle elezioni europee che pare che il PPE europeo abbia chiesto al primo ministro uscente Mark Rutte di sostituire Timmermans con l’attuale ministro degli esteri Wopke Hoekstra fino al termine del mandato della commissione Von der Leyen (dicembre 2024). Hoekstra è il leader dello screditato partito democristiano, rappresentante di punta del fronte dei “frugali” quando era ministro delle finanze, eco-indifferente notorio, con nessuna esperienza sul clima. Rutte ha preso questa decisione senza consultarsi con il suo governo, accordandosi con Von der Leyen; non è perciò una sorpresa che la nomina sia stata accolta con grande nervosismo dal fronte progressista al PE, che si aspettava di ritrovare la Ministra di D66 e promette battaglia quando il candidato commissario si presenterà all’audizione dei parlamentari europei, passaggio obbligato per la sua nomina definitiva.

Anche se Hoekstra non avrà il rango di vicepresidente e dovrà agire sotto la supervisione del socialista slovacco Sefcovic, sarà lui a rappresentare la Ue nei negoziati della COP 28 di Dubai. È evidente che se il Partito popolare continuerà la sua battaglia contro il Green Deal pensando di averne un vantaggio elettorale, il fatto di avere uno dei suoi con le mani nella macchina europea può rappresentare un punto di forza importante nei negoziati globali sul clima per i Paesi che nutrono dubbi sul tema della transizione verde e anche per rivedere il dossier ancora non completati del green deal, rivedere il piano generale sulle case green alla strategia zero pollution. Anche perché Sefcovic non è certo un “cuor di leone” su questi temi. Insomma, la partenza di Frans Timmermans dalla Commissione europea potrebbe certo avere conseguenze positive (un primo ministro rosso-verde in Olanda) ma anche proseguire lo scivolamento della Commissione europea e della Ue in generale verso posizioni che si, contraddicono gli impegni presi nel 2019, quando la maggioranza Ursula (PPE, PSE, liberali con l’appoggio dei 5stelle, ma senza i Verdi che decisero di sostenere o respingere di volta in volta le diverse normative) si era formata sulla base di un accordo con al centro proprio il Green Deal, ma probabilmente portare la politica europea sul tema green verso posizioni meno rigide e piu condivise.

Dopo una estate in cui in Europa hanno tentato di fare oassare l'idea e l'opinione dal punto di vista climatico, e delle temperature, che siamo stati di fronte alla stagione più calda degli ultimi anni, ma vi dico subito che è tutta una grossa balla, poichè abbiamo avuto uno dei mesi di luglik meno caldi di sempre, con contrazione del consumo di energia elettrica (ciò vuole dire condizionatori meno accesi); e siccome abbiamo visto come la maggioranza Ursula non sia più credibile sull'argomento, vista anche la freddezza di molti Paesi europei, tra cui l'Italia, abbiamo assistito in europarlamento al disimpegno del PPE dal Green Deal e alla decisione di allinearsi con il fronte (definito dalle sinistre più retrogrado e negazionista) delle destre europee, portando un pò di novità.

Oramai la sinistra europea non trova più argomenti per portare acqua al sul mulino sul tega Green e molti Paesi europei non credono più agli slogan della sinistra sulla crisi irreversibile del clima per cui alle prossime elezioni europee queste forze politiche della sinistra non godono più del fabore dei pronostici, anche perchè la transizione Green è una cosa veramente deleteria poichè l'Ue tenere legate le economie dei vari Paesi ad un sistema economico insostenibile e ingiusto. 

 
 
 

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tante volte rimangono
fanno male anche se dette per rabbia
si ricordano
In qualche modo restano.
Le parole, quante volte rimangono
le parole feriscono
le parole ti cambiano
le parole confortano.
Le parole fanno danni invisibili
sono note che aiutano
e che la notte confortano.
                                  i
 
 

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