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Messaggi del 27/05/2024

NUOVA PISTA: FU UN AEREO ISRAELIANO AD ABBATTERE IL DC-9 SOPRA USTICA.

Post n°1835 pubblicato il 27 Maggio 2024 da scricciolo68lbr
 

Articolo tratto integralmente, dal Quotidiano Ilfattoquotidiano di domenica 26 maggio 2024.

Il volo di linea IH870 dell'Itavia, partito dall'aeroporto di Bologna e diretto a Palermo il 27 giugno 1980finì la sua rotta nel mar Tirreno meridionale. Ci furono 81 morti. Le ipotesi seguite furono quelle di una bomba a bordo e di una guerra nei cieli.

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di Marco Lillo

 

A 44 anni di distanza dalla strage di Ustica escono un libro e un’inchiesta tv con documenti inediti e testimonianze esclusive che rilanciano la pista israeliana.

Ad abbattere per errore il Dc9 dell’Itavia, causando 81 morti, sarebbe stato un aereo militare israeliano che volava in segreto senza farsi tracciare. L’obiettivo della sua squadriglia sarebbe stato un altro: un aereo civile francese con un carico di uranio arricchito destinato al programma nucleare iracheno. Due giorni prima, il 25 giugno, c’era stato un primo volo decollato da Marsiglia con un carico di uranio. Gli israeliani si attendevano un secondo volo per Bagdad, previsto per il 27 giugno e non effettuato. Report stasera (25 maggio 2024) dedicherà a questa pista (ipotetica ma avvincente) l’inchiesta realizzata da Luca Chianca in tandem con Claudio Gatti, il primo sostenitore di questa tesi, l’autore del libro “Il quinto scenario - Atto secondo”, edizioni FuoriScena.“Atto secondo” perché già nel 1994 Gatti aveva dedicato un libro alla pista israeliana che ora si arricchisce di documenti e testimonianze scovate in anni di lavoro.

Già corrispondente in USA de L’Europeo e poi inviato speciale del Sole 24 ore, Gatti smonta i quattro scenari finora più esplorati e il loro presupposto logico. Cioè che prima di essere colpito da un missile (italiano, americano, francese o libico) quel giorno vicino al DC9 dell’Itavia sfrecciasse un aereo di Tripoli con Gheddafi a bordo. Per Gatti e Report quell’aereo libico semplicemente non c’era. Anche se Gheddafi e il suo braccio destro Abdessalem Jalloud amavano farlo credere alla stampa. Nel libro c’è un telegramma inedito del 16 febbraio 1989. L’ambasciatore a Tripoli Giorgio Reitano scrive a Umberto Vattani, allora consigliere diplomatico del presidente del consiglio Ciriaco De Mita: “Perdura il silenzio delle autorità libiche sulla questione del DC-9 Itavia nonostante i miei ripetuti interventi (...). Mie precise richieste hanno ricevuto risposte evasive o dilatorie che lasciano chiaramente intendere che esiste notevole riluttanza da parte libica ad approfondire l’argomento (...). La spiegazione più semplice dell’atteggiamento assunto dalle autorità libiche è che l’ex primo ministro libico Jalloud, e prima di lui Gheddafi, abbiano voluto sfruttare propagandisticamente una questione quale quella di Ustica, sulla quale non dispongono in realtà di elementi specifici, nel quadro dell’ormai tradizionale polemica contro gli Stati Uniti”. La lettera fa parte di un carteggio “riservatissimo” ormai declassificato sulla strage di Ustica. La tesi più accreditata sulla guerra aerea è sempre stata quella di un volo per Varsavia con a bordo Gheddafi. Gatti pubblica una lettera del 5 aprile 1991 dell’ambasciatore italiano a Varsavia alla Farnesina: “Il vicecapo del protocollo del ministero (polacco, ndr), dopo minuziose ricerche compiute in questi giorni, mi ha oggi confermato che non (dico NON) esiste la minima traccia – nelle sue parole, ‘neanche la più labile’ – circa una progettata visita in Polonia del presidente Gheddafi per il 27 giugno 1980 o giorni contigui”. L’ipotesi del libro e di Report è suffragata da ragionamenti sul movente, sul possibile colpevole, cioè lo Stato di Israele e il suo premier dell’epoca, Menachem Begin, oltre che su alcune testimonianze. 

Anche Gatti ammette che manca “l’impronta digitale sul corpo del reato” e che senza un’indagine giudiziaria che lo confermi, “quello che io sottopongo rimarrà uno ‘scenario’ ”. Però, secondo i giornalisti investigativi protagonisti delle due inchieste, Israele avrebbe avuto “un movente assolutamente straordinario che non lasciava spazio né a rinvii né a misure alternative ”. Non solo. Israele aveva anche una forza aerea con esperienza in operazioni di quell’eccezionalità e un leader politico, Begin, disposto a tutto nel nome della sicurezza nazionale. Il 27 giugno 1980 lo stop al programma nucleare iracheno, questa è la tesi, avrebbe potuto spingere Begin a ordinare un attacco “zombie” contro un aereo francese sul cielo italiano. 

Il libro si apre con un breve contributo di Giuliano Amato. L’ex premier, che in passato era sembrato propendere per la pista francese, scrive che “neppure sullo scenario israeliano quanto l’autore ci dice ha la forza probatoria della smoking gun, ma è vero che Israele voleva allora impedire l’arrivo a Saddam Hussein di uranio arricchito destinato all’ordigno atomico di cui lo stesso Israele era il sicuro bersaglio – una motivazione esistenziale.

È vero inoltre che Israele, che avrebbe dopo bombardato il quartier generale tunisino dell’OLP, era capace di concepire e di attuare un’azione volta a intercettare in volo quel trasporto di uranio. Ed è vero che il serbatoio ausiliario trovato fra i relitti, e liquidato dai periti come un vecchio arnese americano, era di un tipo che gli americani avevano venduto a Israele”. Amato ha detto a Report: “Si è indagato per anni su scenari che avevano in partenza elementi molto più deboli non c’è davvero ragione perché non si indaghi seriamente anche su questo scenario che è più forte di altri. La nostra magistratura dedichi un po’ di attenzione anche a questo. Perbacco la merita”.

Report ha intervistato due testimoni. Il primo è l’avvocato Enrico Brogneri che già tempo fa aveva raccontato a Gatti di aver visto la sera della tragedia un aereo militare volare bassissimo a Catanzaro. Il secondo, intervistato da Luca Chianca di Report, è Sebastiano Stranges. Quella sera a Bovalino, sulla costa ionica calabrese vide una strana scena: un caccia militare si fermò e fece alcuni volteggi attendendo altri due aerei simili per poi proseguire. Gli aerei visti da Stranges e Brogneri avevano una forma simile ai caccia israeliani e una particolarità: qualcuno aveva passato una mano di vernice sulla livrea in modo da renderne irriconoscibile la nazionalità.

Report ha intervistato Victor Ostrowsky, ex agente del Mossad; David Ivry, allora comandante dell ’Aeronautica israeliana e Shlomo Nakdimon portavoce del primo ministro di allora Begin che ha detto: “Ci sono delle cose che non si possono dire neanche in segreto sono cose che non saranno mai conosciute, e saranno portate nella tomba delle persone che le hanno vissute”. Nel 1994 l’ambasciatore di Israele contestò così il primo libro di Gatti: “Non ci sarà mai un ministro o un ufficiale israeliano che possa prendere una decisione criminale come è quella di abbattere un aereo civile”. Però in un libro dell’analista militare israeliano Ronen Bergman si sostiene che, due anni dopo il disastro di Ustica, Israele pensò di fare un agguato aereo contro Arafat e per un soffio fu evitato un errore con relativo abbattimento di un aereo civile.

 

 

 

 
 
 

JOHN ELKANN SARÀ ASCOLTATO DAI MAGISTRATI DI TORINO.

Post n°1834 pubblicato il 27 Maggio 2024 da scricciolo68lbr
 

27 maggio 2024

Per aprire la successione legittima di Marella Caracciolo, vedova dell’avvocato Gianni Agnelli, la giudice Nicoletta Aloj impone ai fratelli John, Lapo e Ginevra Elkann di esibire i documenti riguardanti le società finanziarie e i conti bancari all’estero riferibili alla nonna. Così come ordina al notaio Urs von Gruningen, esecutore delle ultime volontà di Marella, morta il 23 febbraio 2019, di produrre le carte delle operazioni di inventario all’apertura della successione, compresa “la ricognizione dei beni ereditari, anche il relazione – come si legge nell’ordinanza del tribunale di Torino – alle indagini effettuate sui conti esteri delle società offshore, e l’inventario sugli stessi eventualmente realizzato”. In pratica, la giudice vuole perimetrare i “rapporti bancari o le società finanziarie formalmente intestati a Marella Caracciolo o comunque a lei riferibili”. Per Margherita Agnelli è un passaggio favorevole dopo che la Cassazione a gennaio ha annullato parzialmente l’ordinanza che imbrigliava le sue richieste originarie. Com’è noto Margherita dopo avere sottoscritto nel 2004 una transazione in teoria tombale con i figli da 1,2 miliardi di euro, con cui rinunciava all’eredità del padre, è tornata alla carica con azioni legali sia in Svizzera, con tre distinte cause, che in Italia sul piano civile e penale, sostenendo che l’accordo è nullo perché nel 2004 le sarebbero stati nascosti beni mobili e immobili del padre protetti da società estere di cui avrebbe appreso l’esistenza solo in un secondo momento. La causa civile riprenderà il 2 dicembre con l’audizione dei testimoni, tra cui il presidente di Stellantis, John Elkann.

FONTE:

https://www.lidentita.it/eredita-agnelli-john-elkann-sara-sentito/

 
 
 

IL MISTERO DEI CONTI ESTERI DEGLI ELKANN.

Post n°1833 pubblicato il 27 Maggio 2024 da scricciolo68lbr
 

Eredità Agnelli, ma quando e come sono finiti all'estero i soldi contestati agli Elkann e che c'entra l'Avvocato?
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di Jacopo Tona
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Da dove arrivano i soldi all’estero contestati a John Elkann nell’ambito della guerra sull’eredità Agnelli che vede lui e i suoi fratelli Lapo e Ginevra contrapposti alla madre Margherita? E che c’entra l’Avvocato Gianni?

Proviamo a fare un po’ di chiarezza con le ultime rivelazioni sul caso

Quando si tratta di eredità, c'è un teorema da tenere ben presente: la potenza dei litigi è direttamente proporzionale alla quantità di beni da dividere tra i contendenti. Figuriamoci nel caso della famiglia Agnelli - Elkann. I casi recenti di cronaca ce lo confermano, tirando in mezzo anche altre problematiche, relative a liti familiari, cause legali, soldi all'estero, proprietà immobiliari, tentativi di riappacificazione falliti, possibili frodi fiscali, firme dubbie e antiriciclaggio. La morte dell'Avvocato più famoso d'Italia, il cui nome resta indissolubilmente legato alla Fiat, alla città di Torino e alla cronaca mondana, ha scatenato un pandemonio. Vale la pena quindi di fare un punto della situazione, raccogliendo tutte le ipotesi che sono state avanzate nell'ultimo periodo. Oggi, il giornale Libero ha pubblicato un articolo in cui si riporta il ritrovamento di alcuni documenti relativi al 2013, provenienti dai magistrati della Procura di Milano. Queste carte sarebbero saltate fuori nell'ambito delle indagini che i pm di Torino stanno portando avanti, relative a un'indagine per presunte irregolarità fiscali su John Elkann, nipote di Giovanni Agnelli e figlio di Margherita. Secondo quanto riportato da Libero, l'Avvocato avrebbe lasciato all'estero un patrimonio inestimabile. Il documento in mano ai pm sembrerebbe confermare quanto affermato da Margherita Agnelli, la figlia di Gianni e madre di John, Lapo e Ginevra Elkann, la quale ha sempre detto che i presunti fondi esteri le sarebbero stati nascosti. Dal canto suo, il figlio John sostiene invece di avere sempre normalmente dichiarato al fisco il suddetto patrimonio estero, e di aver svolto tutto alla luce del sole.

Come riportato oggi anche da La Veritài fondi svizzeri lasciati da Giovanna Agnelli e da sua moglie, Marella Caracciolo, supererebbero i 900 milioni di euro. Si tratta quindi di una cifra ingente, non di certo briciole facili da nascondere, ma sta di fatto cheall'epoca delle indagini del 2013 sarebbe stata la giustizia elvetica a bloccare tutto il procedimento. Come riportato da La Verità, la stessa figlia Margherita non avrebbe avuto idea dei conti esteri del padre. D'altronde, prima dell'introduzione delle norme sul riciclaggio, pare che fosse pratica diffusa, tra i miliardari, quella di non far figurare il proprio nome tra gli intestatari dei conti esteri, affidandosi a dei prestanome. Così accade che un giorno a Margherita pare sia arrivato un bonifico da 100 milioni di euro da parte della sede svizzera di Morgan Stanley, e che alla seguente richiesta di spiegazioni circa l'accredito la stessa banca non avrebbe fornito alcuna risposta. Dopodiché, in maniera quasi fortuita, capita che un caro amico di Margherita Agnelli (il giornale di Belpietro fa il nome di Carlo Revelli) avrebbe ricevuto informazioni da un fratello operante proprio in Morgan Stanley, il quale avrebbe raccontato che alla filiale di Zurigo tutti avrebbero saputo che il fondatore della Fiat avesse depositato proprio un ammontare di denaro stimabile tra gli ottocento milioni e il miliardo di euro, il quale poi, in un modo o nell'altro, sarebbe stato spostato dalla Svizzera al Liechtenstein. Ed è proprio nella minuscola monarchia mitteleuropea che si chiude, anche se non completamente, il cerchio. Come avevamo già raccontato, infatti, è in Liechtenstein che, sempre secondo La Verità, sarebbero stati individuati i custodi dei 900 milioni contestati ora a John Elkann, nella figura di Johannes Gebhart Matt, uno dei due amministratori della Blue Dragons Ag e della Dancing Tree Ag, due cosiddette cfc, o società controllate. Alla luce delle indagini e dei fatti odierni, dunque, il caso non accenna minimamente a sgonfiarsi, e tra prelievi importanti, carte prepagate sospette, accuse reciproche, imprenditori russi e perquisizioni, non possiamo fare altro che aspettare il prossimo colpo di scena.

FONTE:

https://mowmag.com/attualita/eredita-agnelli-ma-quando-e-come-sono-finiti-all-estero-i-soldi-contestati-agli-elkann-e-che-c-entra-l-avvocato

 

John Elkann (febbraio 2024) rompe per la seconda volta in una settimana il silenzio sulla ventennale disputa sull'eredità di Gianni Agnelli, suo nonno, per smentire l'esistenza di propri fondi nascosti all’estero: sono tutti noti e dichiarati al Fisco, non c’è alcun tesoro nascosto. 

Nei giorni scorsi è emersa dalle carte dell’inchiesta di Torino la titolarità in capo a John Elkann – presidente di Stellantis e ceo di Exor, nonché dominus della dinastia Agnelli in qualità di titolare del 60% della Dicembre – di alcune società in Lietchenstein, delle quali è stata comunicata al Fisco italiano la proprietà nelle dichiarazioni integrative dei redditi presentate il 31 ottobre 2023 in relazione agli anni di imposta 2019-2020-2021, ovvero quelli a partire dalla scomparsa della nonna Marella Caracciolo, di cui John è erede insieme con i fratelli Lapo e Ginevra. 

Le società di John Elkann in Liechtenstein

Oltre alla disponibilità di beni collocati all’estero (quadro RW) «ragionevolmente derivanti dall’eredità di Marella Caracciolo» e già dichiarati nelle dichiarazioni fiscali presentate nei termini ordinari, scrivono i pm di Torino nel decreto di perquisizione, emerge «la presenza di redditi tramite “controlled foreign companies”», tra le quali Blue Dragons Ag e Dancing Tree Ag, entrambe società (la prima creata nel 2017, la seconda nel 2020) con sede presso la fiduciaria Tremaco a Eschen, in Liechtenstein.  

È questo il riferimento dei legali di Elkann  Paolo Siniscalchi, Federico Cecconi e Carlo Renella nota, nella quale rinnovano la «fiducia nel lavoro dei magistrati»: «Non è nostra intenzione farci trascinare in una rissa mediatica poiché ci sentiamo più a nostro agio a rispondere nelle sedi giudiziarie come abbiamo sempre fatto negli ultimi venti anni», esordiscono gli avvocati di Elkann, «ma è di immediata evidenza l’incompatibilità logica e giuridica tra la disponibilità di fondi, peraltro nota da anni, e la circostanza riportata da taluni organi di informazione per i quali sarebbero stati “nascosti”. È un’evidente contraddizione, perché gli stessi fondi sono stati regolarmente dichiarati al fisco dal nostro assistito, che ha pagato le imposte dovute e continuerà a farlo». 

L’assetto della Dicembre società semplice

La nota ribadisce quindi il punto chiave della ventennale contesa sull’eredità: «L’attuale assetto proprietario della Società Dicembre, che è stato definito oltre 20 anni fa e che riflette la precisa volontà dell’Avvocato Agnelli nell’assicurare continuità alle attività della famiglia, volontà arcinota e accettata da tutti gli interessati quando ancora egli era in vita, non può in alcun modo essere messo in discussione».

La nota è stata diffusa attorno alle 19:30 di sabato 17 dai legali di Elkann, che già nei giorni scorsi avevano emesso una lunga dichiarazione per rivendicare la posizione del loro assistito nell’inchiesta di Torino, che lo vede indagato per concorso in reati fiscali della nonna Marella Caracciolo dopo un esposto del dicembre 2022 della madre Margherita Agnelli (difesa dall’avvocato Dario Trevisan) che vuole ottenere il riconoscimento che Marella era effettivamente residente in Italia per poter invalidare le successioni regolate in Svizzera e rientrare nell’eredità, oggi invece tutta in mano a John, Lapo e Ginevra Elkann, i suoi primi tre figli, mentre sono rimasti fuori lei stessa (in base a un accordo del 2004 per il quale ottenne 1,3 miliardi di euro) e i cinque figli avuti con il secondo marito, Serge de Pahlen. 

Sono in corso una causa civile a Torino e almeno tre cause in Svizzera sull’intricata eredità di Marella e, a cascata, di Gianni Agnelli. L’inchiesta penale appena partita potrebbe rappresentare un punto di svolta. 

FONTE:

https://www.milanofinanza.it/news/eredita-agnelli-i-legali-di-john-elkann-non-c-e-alcun-tesoro-nascosto-al-fisco-202402172037165974#:~:text=John%20Elkann%20rompe%20per%20la,c'%C3%A8%20alcun%20tesoro%20nascosto.

 

 
 
 

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