Creato da scricciolo68lbr il 17/02/2007

Pensieri e parole...

Riflessioni, emozioni, musica, idee e sogni di un internauta alle prese con la vita... Porto con me sempre il mio quaderno degli appunti, mi fermo, scrivo, riprendo il cammino... verso la Luce

 

Messaggi del 04/07/2024

CHABAD LUBAVITCH CHI SONO SECONDO IL VATICANO?

Post n°1874 pubblicato il 04 Luglio 2024 da scricciolo68lbr

Articolo tratto da Avvenire.

Abbiamo letto sul sito di Sacchetti delle pratiche di negromanzia, per diretta ammissione della setta sionista, svolte nei tunnel sottostanti la sinagoga di New York. Leggete invece come Avvenire (organo di informazione di proprietà del Vaticano), parla di Chabad Lubavitch, in maniera del tutto lusinghiera... e non poteva essere altrimenti.

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STORIE. Chabad, gli ebrei «d’assalto»

È senza dubbio uno dei fenomeni più importanti dell’ebraismo contemporaneo. Sottovalutato, come accade spesso con i grandi cambiamenti che si giocano negli stretti confini di una confessione religiosa, senza sforare troppo in ambito profano. Si tratta di Chabad – acronimo ebraico di Saggezza, Comprensione e Conoscenza – il movimento degli ebrei Lubavitcher, chiamati così dal nome della cittadina nell’attuale Russia da cui prese inizio la loro storia oltre due secoli fa. È il gruppo chassidico divenuto, nella seconda parte del ’900, non solo il più numeroso, con oltre 200mila aderenti, ma quello di gran lunga più dinamico e in espansione, all’insegna di una missione ben precisa: riavvicinare all’ortodossia ebrei agnostici o non praticanti, riportare una presenza ebraica viva in comunità ridotte al lumicino, iniziarne di nuove là dove l’ebraismo non era mai arrivato o quasi, diffondere – anche con l’uso assai spigliato dei mezzi di comunicazione – la propria spiritualità.

Questo è ciò che è avvenuto per esempio in Cina, dove Chabad è arrivato nel 2001, trovando pressoché il vuoto; in meno di 10 anni è diventato il perno di una comunità di 1500 anime a Shanghai, aprendo centri in altre sei città. È ciò che è avvenuto in India, dove il nome dei Lubavitcher è salito tristemente agli onori delle cronache perché due di loro – il rabbino Gavriel Noach e sua moglie Rivka, oltre a 4 ospiti del centro Chabad in cui si trovavano – sono stati uccisi negli attacchi terroristici del 2008 a Mumbai. È ciò che è avvenuto in zone estreme come la Repubblica del Congo o nelle lande più marginali dell’America latina come il Paraguay, in cui una minuscola comunità ebraica, data come prossima all’estinzione all’inizio degli anni ’80, ha trovato con l’arrivo di Chabad una nuova vita. È avvenuto ovviamente negli Stati Uniti, dove i Lubavitcher emigrarono per sfuggire alla persecuzione nazista, stabilendo a Brooklyn la loro casa madre, e in altre 70 nazioni, dove sarebbero ormai circa un milione gli ebrei coinvolti nelle attività di Chabad – scuole, opere di carità, attività editoriali e di formazione religiosa – e in cui spesso la sua presenza è preponderante.  «Lo zelo e il tipo di missione ricordano lo slancio di evangelizzazione dei movimenti nel post-Concilio» commenta un sociologo cattolico, ma osservatore del mondo ebraico, come Paolo Sorbi. Il paragone ci sta, in un certo senso, anche per quanto riguarda le frizioni sorte negli anni tra Chabad e l’ebraismo istituzionale. Nel 2004, a Vilnius, una contesa tra il rabbino capo Simonas Alperavicius e i Lubavitcher portò a una misura a cui nemmeno il regime sovietico era giunto: la chiusura dell’unica sinagoga in città. Un episodio dai contorni simili, dove si arrivò anche alle mani e pesantemente, avvenne a Praga nel 2005. In Russia il grande appoggio che Putin diede fin dall’inizio della sua presidenza a questi chassidim militanti (e al loro rabbino capo, nato a Milano, Berel Lazar) per arginare l’influenza del Congresso ebraico russo, attorno al quale gravitavano alcuni degli oligarchi contro cui l’apparato siloviko aveva scatenato la resa dei conti, ha lasciato strascichi pesanti nella comunità ebraica. Difficoltà, dissapori e tensioni, per altro pari all’entusiasmo suscitato in moltissimi dal lavoro di Chabad, che non derivano solo da questioni di posizionamento o di leadership.

Nascono anche (o soprattutto) da una questione dottrinale potenzialmente esplosiva: il fatto che una larga parte di Chabad vede in Menachem Mendel Schneerson (1902-1994), che del movimento è stato il settimo e ultimo Rebbe – titolo che designa la somma guida spirituale nel mondo chassidico – il Messia atteso da Israele. Non poca cosa. Una fede, questa, sulle cui origini ci sono letture diverse, ma che è certo essersi accentuata negli ultimi anni della vita di Schneerson, dopo la fine del comunismo sovietico e la prima guerra del Golfo, letti come segni escatologici. Alla scomparsa del Rebbe, la credenza che costui fosse il salvatore atteso non si è spenta, ma si è rimodulata nell’idea di un Rebbe che non sarebbe in realtà morto o che sarebbe comunque destinato a tornare, risorgendo, per il compimento dell’opera messianica. I Lubavitcher si sono poi divisi fra mishichist, che professano esplicitamente la loro fede nel Rebbe Messia, e non mishichist, coloro che hanno abbandonato tale credo o, secondo la lettura di un ex esponente di Chabad come Melech Jaffe, che hanno semplicemente scelto di tacere su questo aspetto, conservando le proprie convinzioni nel segreto. A far detonare un dibattito che ribolliva ormai da anni nell’ebraismo ortodosso è stato un libro scritto nel 2001 da David Berger, autorevole storico dell’ebraismo alla Yeshiva University di New York, dal titolo The Rebbe, the Messiah, and the scandal of orthodox indifference (Il Rebbe, il Messia e lo scandalo dell’indifferenza ortodossa). In quello studio, ristampato e aggiornato nel 2008, Berger contestava tra le altre cose, alla luce di una lunga e dotta disamina della Tradizione, l’idea che potesse essere considerato Messia un ebreo morto prima di aver compiuto la sua opera liberatrice. Conseguentemente accusava Chabad di eresia o, nel migliore dei casi, di patente contraddizione con uno dei pilastri della fede ebraica. Non solo, Berger imputava almeno ai Lubavitcher mishichist, per la loro fede in un Messia che muore e risorge e in una lettura di diversi passi profetici per avvalorare tale credo, «un’erosione della distanza tra ebraismo e cristianesimo» e il «consegnare munizioni letali alla predicazione cristiana». Apriti cielo. Jacob Neusner, l’ormai celebre studioso a cui ha dedicato grande attenzione anche Benedetto XVI nel suo Gesù di Nazaret, recensì in modo entusiastico il libro di Berger definendolo il «più urgente uscito negli ultimi decenni» per quanto riguarda l’ebraismo, giudizio ribadito con forza ad Avvenire a distanza dieci di anni. Da parte Lubavitcher si parlò di un attacco fratricida e di una scandalosa distorsione della realtà. Una discussione che è esplosa e da allora non si è più fermata, alimentata anche da una nutrita serie pubblicazioni sul tema, l’ultima delle quali è il libro di Elliot Wolfson, studioso di mistica ebraica della New York University, che con il suo Open secret (Segreto svelato) cerca di fare luce sul mistero del Rebbe e sull’esoterismo dei suoi insegnamenti. Nel frattempo Chabad e il mondo ortodosso si intrecciano, si osservano, si confrontano – e un rimando a questa situazione si può incontrare a Gerusalemme dove, esattamente di fronte al Muro del Pianto, campeggia la grande insegna di Colel Chabad, una mensa per i bisognosi gestita dai Lubavitcher – entrambi probabilmente consci del fatto che attorno al Rebbe Messia si sta giocando una partita non di poco conto per il futuro dell’ebraismo tutto.

FONTE:

https://www.avvenire.it/agora/pagine/chabad_201002151014364600000

 

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Accadeva invece il 26 dic 2022: Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, indontra Chabad Lubavitch.

Pubblicato in News il ‍‍26 December 2022 - 2 טבת 5783

Otto luci per l'identità e la vita. Otto luci contro l'oscurità. Da Roma a Napoli a Milano, per otto giorni, l'Italia ebraica si è illuminata dentro e fuori sinagoghe, spazi comunitari, piazze e case. In Piazza Barberini, nel cuore di Roma, si è svolta la tradizionale cerimonia di accensione organizzata dal Chabad Lubavitch dal 1987. Sempre a Roma, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha assistito all'accensione del secondo cero al Museo Ebraico come ospite d'onore della locale Comunità ebraica.

“La storia di questa festa è una storia di coraggio e speranza. È la storia di un popolo che lotta per difendere la propria identità, le proprie tradizioni e la propria fede”, ha affermato con visibile commozione. Sono valori, ha rimarcato, che “il popolo ebraico ha sempre conosciuto, e per questo la sua identità e le sue tradizioni hanno attraversato i secoli e sono ancora vive”. Si tratta, in fondo, della capacità, ha sottolineato Meloni, «di rendere resiliente il popolo ebraico, pur avendo dovuto affrontare tante difficoltà e atrocità, compresa l'ignominia delle leggi razziali». Il presidente del Consiglio ha inoltre definito la Comunità ebraica “parte fondamentale dell'identità italiana” e “un pezzo della mia identità”.

La cerimonia è stata aperta dalla presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello. “Siamo orgogliosamente italiani pur rivendicando una diversità che riteniamo utile alla crescita del Paese”, ha rimarcato. Esplorando il concetto di identità che è centrale nella celebrazione di Hanukkah, Dureghello ha parlato di un modello ebraico proteso verso “la capacità di costruire società in cui l’educazione e la scuola rappresentano la base”. Forte apprezzamento è stato poi espresso per l'azione della presidente Meloni e del governo “per contrastare definitivamente le ambiguità ancora presenti in una parte del Paese riguardo al fascismo e alle sue responsabilità”, nonché per alcune posizioni assunte in ambito internazionale. Prima dell'accensione dell'Hanukkiah da parte del sopravvissuto all'Olocausto Sami Modiano, ha preso la parola il rabbino Riccardo Di Segni. La festa ebraica delle luci, ha ricordato, è significativamente intrecciata con la storia della comunità romana. I primi ebrei provenienti dalla Giudea arrivarono in città per invocare un'alleanza contro Antioco Epifane “e così nacque la comunità ebraica di Roma; dopo ventidue secoli è ancora qui ed è ancora vitale”.

FONTE:

https://moked.it/international/2022/12/26/prime-minister-meloni-hanukkah-the-story-of-a-people-defending-its-identity/

 
 
 

NUOVE RIVELAZIONI DI PIETRO SULLA SORELLA EMANUELA ORLANDI!

Post n°1873 pubblicato il 04 Luglio 2024 da scricciolo68lbr
 

“Mia sorella Emanuela è stata riconsegnata, ma non alla famiglia. Era coinvolto il cardinale Poletti”: le rivelazioni di Pietro Orlandi. E spunta un nuovo nome.
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articolo di Alessandra De Vita
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Articolo del 23 giugno scorso apparso sul quotidiano Il Fatto Quotidiano.

“Mi scrivono sacerdoti e suore da ogni parte del Mondo per darmi sostegno nella mia battaglia. Non comprenderò mai perché il Vaticano preferisce subire i dubbi di mezzo mondo, piuttosto che dire cosa c’è dietro alla vicenda di Emanuela. Si tratta di qualcosa di pesante ma devono uscirne fuori. Qualunque sia la verità. Prima o poi crollerà tutto quel fango. Soltanto dopo, si potrà ricostruire una Chiesa nuova”: sono parole di speranza, nonostante tutto, quelle di Pietro Orlandi che ieri, sabato 22 giugno, ha tenuto a Piazza Cavour a Roma il 41esimo sit-in, nell’anniversario della scomparsa della sorella Emanuela Orlandi, la 15enne rapita il 22 giugno del 1983 nel cuore di Roma. Orlandi, che da 41 anni invoca giustizia per sua sorella, ha tracciato un possibile scenario su come e perché la vita di sua sorella sia stata risucchiata da un mistero senza fine.

“Mia sorella è servita a livello mondiale per portare a termine un ricatto ma una ragazzina, anche se cittadina vaticana, non può essere il solo oggetto del ricatto. Il fatto che sia cittadina vaticana è servito solo a mettere pressione, ma l’oggetto del ricatto è stato presentato prima del rapimento. Lei è stata usata solo a livello mediatico”. “Questi 40 anni ce li ho tutti in testa, c’è chi mi ha accusato di andare in tv per soldi. Sono tutte bugie, non ho mai preso nemmeno un solo euro. La mia ricompensa è poter parlare di Emanuela, non è una cosa assurda o anomala quello che faccio io. Per me è normale non accettare passivamente un’ingiustizia, andrò avanti sempre”.

Alle centinaia di persone arrivate ieri a Roma da tutta Italia che sostengono la sua lotta ha provato a raccontare da dove provenga tutta la sua ostinata forza, lasciandosi andare a un racconto più personale: “Immaginate di tenere per mano la persona più cara al mondo, di girarvi e non vederla più. Passano gli anni e non te ne accorgi, sei fermo a quel momento e vale per tutte le famiglie di persone scomparse. Vivi una serenità apparente, la tua vita è legata a quel giorno. Il tempo si annulla, non ha più senso, si dilata. Per me il 22 giugno del 1983 è durato un secondo in più e in quel secondo è racchiuso ciò che è successo a Emanuela. L’unica cosa che mi dà la percezione del tempo è la mia famiglia, mia moglie e i miei figli che sono cresciuti senza conoscere la zia. Se fossi rimasto solo, mi sarei annullato. Avrei vissuto in un mondo surreale, il loro affetto mi tiene aggrappato alla realtà”.

Tornando sul ricatto, Pietro Orlandi ha fornito nuovi elementi: “C’è ancora qualcuno che ricatta qualcun altro. Vorrei che chi indaga sulla scomparsa di mia sorella – al momento la Procura di Roma, quella Vaticana e la commissione parlamentare – convocassero la persona che mi ha consegnato dei documenti che mi fanno pensare che ci sia un legame in questa storia con l’Inghilterra”. Si tratta di una persona che più di un anno fa ha contattato il fratello di Emanuela Orlandi. Quest’uomo gli ha detto di essere stato coinvolto in una delle fasi del rapimento e di aver poi preso parte al trasferimento della ragazza a Londra in un appartamento adiacente a un convento gestito dai padri Scalabriniani. In pratica, è stata una sorta di suo carceriere pur non avendo avuto contatti diretti con la ragazza nella fase di prigionia. Secondo quest’uomo, vicino sia alla malavita romana che al gruppo dei Nar (nuclei armati rivoluzionari) e in particolare al gruppo guidato da Stefano Soderini (fonte: Notte Criminale di Alessandro Ambrosini) “a gestire la situazione di Emanuela sarebbe stato il cardinale Ugo Poletti. Lui spesso parlava con mia sorella a Sant’Apollinare, Emanuela lo conosceva bene come conoscevamo bene altri cardinali e prelati, essendo nati e cresciuti in Vaticano. Quest’uomo mi disse che per Poletti era difficoltosa e dolorosa questa situazione ma non poteva farne a meno. Mi ha anche detto che tutto era organizzato da più di un anno (come emerge anche dai famosi cinque fogli di Londra venuti fuori, nda). Mi spiegò che c’erano questi “festini” in cui erano coinvolti personaggi importanti e che lui aveva il compito di portare delle ragazzine in queste situazioni. Così è successo anche il 22 giugno del 1983, ma Emanuela ha seguito un altro percorso. Per rapirla si sono serviti di persone della Magliana ed è stato usato anche Poletti. Loro, il Vaticano, erano i ricattati. Ma chi sa la verità e poi viene a casa mia e mi dice che Emanuela è vittima del terrorismo internazionale allora è complice (Papa Giovanni Paolo II, nda). Questa persona di cui parlo che mi ha consegnato i documenti e una foto di una collanina di Emanuela sta in un’inchiesta di Otello Lupacchini. Lo scorso agosto, dopo avermi dato i documenti è sparito, mi scriveva dal dark web. Si è ben premunito, non credo affatto sia questo l’atteggiamento tipico di un mitomane. Ho parlato con Fioravanti (altro terrorista di estrema destra, nda) e si ricorda di lui ma con un altro nome. Ho visto che nell’inchiesta di Lupacchini c’è l’indirizzo di un negozio dove lo si può rinvenire. Ho dato tutto anche alla commissione parlamentare e alla Procura”.

C’è un altro nome che ieri per la prima volta Pietro Orlandi ha tirato in ballo pubblicamente ed è quello di Stefano Soderini, ex Nar anche lui. Per la Procura è sua la voce di alcune telefonate dei presunti rapitori. “Non a caso, ha detto Pietro Orlandi, sulla sua agenda personale hanno trovato il numero di Poletti. Pare che Poletti si sia avvicinato a loro, non si può trascurare questo dettaglio. La pista di Londra è vera, io ne sono convinto. Penso che Emanuela, dopo che alcune richieste sono state soddisfatte dalle persone ricattate, sia stata riconsegnata ma non alla famiglia perché testimone diretta di cose troppo grosse. Non hanno avuto la coscienza di darla di nuovo in pasto ai criminali perché ci sarebbero stati per sempre dei testimoni e quindi un nuovo ricatto. Qualcuno se si è fatto carico di Emanuela per conto del Vaticano. Seppure fosse ancora viva, le hanno distrutto la vita quel giorno”.

 
 
 

NEGROMANZIA AMMISSIONE DA PARTE DELLA STESSA SETTA!

Post n°1872 pubblicato il 04 Luglio 2024 da scricciolo68lbr
 

Immaginate cosa sarebbe successo se ad ammetterlo fosse stato un membro di a,to rango delle gerarchie ecclesiastiche vaticane... ebbene sui media mainstream e non avrebbero scatenato un vero e proprio putiferio!

Invece quello che è stato ammesso dal capo della setta Chabad Lubavitch, è passato talmente sotto silenzio, che solo il giornalista Cesare Sacchetti, lo ha pubblicato su X. Non c'è una parola di tutto questo sui media mainstream, e questo la dice lunga sul fatto di ben comprendere a chi rispondo i media che si auto definiscono: "I professionisti dell'informazione".

È notizia del 21 giugno scorso. David Saltzman, membro della setta di Chabad Lubavitch afferma che nei tunnel della sinagoga di New York si pratica la "negromanzia". In pratica i vari membri di Chabad usano dei cadaveri nella speranza di far tornare in vita il messia degli ebrei. La negromanzia è una pratica di chiara derivazione satanica.

Restano diverse domande irrisolte. Di chi sono quei cadaveri? E a parte i materassi dove venivano posti i morti, cosa ci faceva un seggiolone da bambino in quei tunnel? È questo quello che avviene nelle altre sinagoghe in giro per il mondo?

 
 
 

HETHER PARISI: “NULLA PIÙ OGGI È REALE!”.

Post n°1871 pubblicato il 04 Luglio 2024 da scricciolo68lbr
 

Chi non conisce la showgirl Heather Parisi? Chi non l'ha apprezzata nei programmi del sabato sera, targati Pippo Baudo, della serie Fantastico?

Stamane, la showgirl Heather Parisi, oramai lontana da anni dalle luci della ribalta e da quelle del piccolo schermo, ha pubblicato un nuovo video sulla sua pagina Instagram, attraverso cui ha cercato di porre alcune domande ai suoi follower circa la società e il mondo che viviamo oggi.

Una Heather Parisi apparsa decisa e concreta, che rivolgendosi alle telecamere ha detto che oggi è superfluo dire che la “nostra società è governata e si regge sulla menzogna”, al punto che ormai questa situazione viene accettata dalle persone, senza che esse facciano nulla. “Mai nella storia – ha proseguito – la diffusione dell’inganno è stato così capillare e penetrante come ai giorni nostri. Ciarlatani e millantatori sono presenti trasversalmente in ogni campo, non solo nei mezzi di informazione mainstream, ma anche nella informazione cosiddetta alternativa, dove esistono i disinformatori di professione, comprati e pagati per fare opposizione controllata”.

Disinformatori che per Heather Parisi sono presenti anche nella politica, nella medicina, nella scienza e nella cultura, definendoli “imbroglioni al servizio permanente ed effettivo di pochissimi detentori di ricchezze folli”. Aggiungo io, che non hanno a cuore il bene del mondo, né tantomeno dei suoi abitanti, ma solo il proprio.

Ma tale situazione viene accettata dalla maggior parte delle persone senza fare nulla: come si è arrivati a questo punto? Si domanda ancora l’artista, chiedendosi “Da dove viene l’apatia di una società che ha rinunciato a pensare?”.

Per Heather Parisi oggi nulla è reale (come diceva John Lennon), dalla quotidianità alla politica che ci governa, “Quale verità possono avere 'promesse e slogan elettorali' che non verranno mai mantenuti perchè le decisioni vengono prese a più alti livelli, a livello sovra-nazionale, da un elite di persone che se ne infischia delle promesse fatte da altri?”. Anche i nostri gusti e le nostre idee sono irreali, prosegue nel suo “sfogo” l’ex ballerina, spiegando che ogni giorno siamo formati e le nostre “menti plasmate, le nostre idee suggerite”, una situazione che accade fin dalla scuola. Anche la religione, aggiungo io, non è immune dal proporre questo lavaggio del cervello ai propri fedeli, pochi rimasti al dire il vero, visto che le chiese sono sempre più deserte.

Secondo Heather Parisi in ogni campo del nostro quotidiano, dal lavoro alla vita privata, passando per quella sociale, “siamo dominati da un numero estremamente piccolo di persone che tirano i fili dei meccanismi che controllano la mente pubblica”. E’ come se vivessimo in un grande Truman Show, il famoso film con Jim Carrey, con l’obiettivo di “manipolare, polarizzare, propagandare e controllare la popolazione”.

Heather Parisi dice di sorridere quando gli altri le fanno notare che era una ballerina cercando di zittirla: “Mi fa sorridere, io ho fatto la televisione quando la televisione era esercizio del pensiero e per il pensiero… fateci caso, oggi cosa è la tv? Se non un gigantesco insieme di reality, oggi anche i notiziari sono reality e diventa difficile distinguere fra ciò che è reale e ciò che è una farsa accuratamente costruita”. 

 

Per l’ex ballerina italo americana, siamo delle cavie che vengono controllate tramite la paura: “La paura per la salute, per la sicurezza, per i risparmi, per la sopravvivenza”, e da ciò derivano quindi “con immancabile puntualità le crisi nazionali, le pandemie, i disastri naturali, gli attacchi terroristi, gli omicidi di genere, (la disforia di genere ndr), le sparatorie nei campus, innalzati a simbolo di una società che deve cambiare”. Quando siamo controllati dalla paura smettiamo di pensare e una società di questo tipo risulta quindi essere più facilmente controllabile.

Per Heather Parisi “I media mainstream sono i sicari a cui è affidato il compito di premere il grilletto per uccidere la nostra voglia di pensare, i giganti dei social media sono i delatori di professione che con la censura spengono sul nascere qualsiasi voglia di pensare, bollandola come pericolosa disinformazione”.

Secondo la ballerina è giunto il momento di cambiare, di reagire alla minaccia reale dello “stato di polizia delle élite che ovunque sta prendendo il sopravvento”.

Come darle torto?

 
 
 

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                       I

Le parole contano
dille piano...
tante volte rimangono
fanno male anche se dette per rabbia
si ricordano
In qualche modo restano.
Le parole, quante volte rimangono
le parole feriscono
le parole ti cambiano
le parole confortano.
Le parole fanno danni invisibili
sono note che aiutano
e che la notte confortano.
                                  i
 
 

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