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Messaggi del 13/05/2022

È FUGA DALLA TV...

Post n°1240 pubblicato il 13 Maggio 2022 da scricciolo68lbr

La grande fuga dalla TV.

«Questo inverno la tv tradizionale ha visto un calo di oltre 2 milioni di contatti in media al giorno, rispetto a due anni fa. È per me questo dato non rappresenta una, sono più di due anni che non guardo più la TV. Che bisogno c’è di continuare a ripetere che il mondo è cambiato e poi non fare nulla per cambiare anche noi?».

Traducendo in “freddi” numeri, il risultato è sempre più evidente (e a tratti spiazzante per i pubblicitari e per chi in genere campa di pubblicità): nella fascia del prime time, quella tra le 20.30 e le 22.30, gli ascolti sono calati di 2,5 milioni rispetto a un anno fa, raggiungendo in media i 23,1 milioni di italiani, ovvero meno del 40% della popolazione totale. Un dato negativo che non si toccava da diciotto anni. 

Una fuga lenta, ma costante nel tempo e che ha avuto un’accelerazione recente, una fuga progressiva ed inarrestabile sembra dalla tv generalista per come la conosciamo insomma, certificata da Studio Frasi, che ha analizzato ed elaborato i dati Auditel da cui emerge che l'ottobre 2021 merita la maglia nera negli ascolti degli ultimi undici anni. Era dall'ottobre 2010 che l'ascolto del giorno medio non scendeva sotto i 10 milioni e rispetto alla prima serata il calo è ancora più evidente: i 23,1 milioni di ascolto medio, meno del 40% della popolazione.

Ma quali sono le cause di questo calo drastico? I motivi sono molteplici e li conoscono bene tutti gli editori, che in maniera trasversale sono costretti a fare i conti con il segno meno e una diminuzione di pubblico lungo tutta la giornata. Il primo ha a che fare con il modo di guardare la tv: si va sempre di più verso una fruizione meno lineare e senza un palinsesto prestabilito e questo riguarda il pubblico più giovane che progressivamente si è allontanato dalla tv generalista. Tanto che sono rarissimi i casi in cui le fasce di pubblico young guardano la tv sul divano con i genitori. «Ma il servizio pubblico è tale se parla a tutti i cittadini, non solo ad un pubblico più che maturo, come oggi», ha osservato tranchant Marinella Soldi del gruppo Discovery Channel, in un’intervista al Corriere della Sera

Un altro fattore ha a che fare con il passaggio al nuovo digitale terrestre, con lo switch off cominciato il 20 ottobre 2021 (e che si concluderà nel 2023): migliaia di televisori, soprattutto quelli che hanno più di una decina d’anni, non sono in grado di leggere il nuovo formato di trasmissione. Stando alle rilevazioni di Studio Frasi, a vedersela peggio sono le reti tematiche del servizio pubblico, penalizzate dal non essere più visibili sui vecchi televisori (con l'eccezione di RaiNews24): -16% sia nell'intera giornata che in prima serata. A questo si sommano l’aumento del 25% di persone che nell’ultimo anno hanno guardato la tv tradizionale su internet (sette milioni e mezzo di italiani) e la crescita esponenziale delle smart tv (si stima che in Italia ce ne siano oltre 10 milioni), che porta all’aumento degli ascolti per i cosiddetti over the top, le piattaforme come Netflix, Amazon Prime Video e Disney+, o ancora Dazn che ha acquisito i diritti della Serie A. «Tra ottobre 2020 e ottobre 2021 l'ascolto per almeno un minuto da tv connesse è quasi raddoppiato, passando da 11,6 milioni a 21,8 milioni», spiega all’Ansa Francesco Siliato, responsabile dell'Osservatorio Tv dello Studio Frasi. Passare dal vecchio al nuovo televisore – avendo tutto a portata di mano con lo stesso telecomando - cambia le abitudini, spinge a scoprire nuovi canali e nuovi broadcaster, sia gratuiti che a pagamento. «Tuttavia la sensazione di fine pandemia spinge verso il mondo fuori casa: alla tv si è già dedicato anche troppo tempo tra lockdown e timore di uscire», aggiunge Siliato. 

Terzo fattore ma non per questo meno importante i cambiamenti delle abitudini sono state innescate dalla “pandemia” e da come le varie reti hanno trattato il tema. Troppe bugie, troppe falsità riscontrate un po’ su tutte le reti, hanno contribuito a disorientare ed allontanare il pubblico dal piccolo schermo. Un effetto boomerang dopo l’“effetto Coronavirus” e il boom di ascolti registrato nel 2020. Sicuramente a ottobre 2021, c’è una flessione importante, ma bisogna tenere presente che la rilevazione è stata comparata a ottobre del 2020, periodo eccezionale in cui la platea del prime time era arrivata a 25,5 milioni di spettatori. Allora la crescita della tv generalista è stata molto forte, perché effetto della pandemia: iniziavano ad esserci di nuovo delle restrizioni, le persone non uscivano di casa, le regioni si coloravano diversamente, iniziava la cosiddetta seconda ondata. Per questo il dato va contestualizzato nell’eccezionalità del momento iniziato con la pandemia a marzo 2020. A ottobre 2019 e 2018 la platea del prime time era di 24,5 milioni dunque significa che quest’anno c’è stata una flessione ma non così ampia se si guarda solo al dato dello scorso.

Fuga sì, ed importante, ma non un crollo epocale, secondo gli esperti, almeno per ora. Nemmeno per quanto riguarda la pubblicità: i primi mesi dell’anno hanno segnato una decrescita della raccolta del 10% rispetto allo stesso periodo del 2020.

Ma come si fa ad invertire la marcia e a rivitalizzare la tv generalista, l’unica ancora capace di catalizzare davanti alla tv milioni di persone (lo dimostrano show evento come Sanremo, i grandi appuntamenti sportivi, e ancora prodotti come le serie tv, con Montalbano in grande spolvero anche in replica o novità come Imma Tataranni Blanca, le uniche sopra i 5 milioni di spettatori in questi mesi)? 

Bisogna cambiare metodo, il pubblico adesso è molto più attento e quando si sente tradito dalla TV, fugge altrove, ad esempio sul web, per trovare le notizie più corrispondenti alla verità, rispetto alla propaganda ed alla narrativa dettata dal governo sulle reti pubbliche e private. Occorre cambiare, sparigliando i giochi, interpretando il cambiamento sociale e le richieste del pubblico di maggiore verità, in modo innovativo, slegandosi da logiche vecchie e corporative, rendendo più appetibili i nuovi contenuti. «Non si può investire nel nuovo e insieme lasciare intatto l’esistente: per questo dovremo compiere scelte, magari difficili, impopolari, ma non vedo alternativa», azzarda la Soldi. Ma per fare questo serve un cambio di marcia tutt'altro che facile da innescare: «La tv italiana è per tradizione più una tv di volti che di meccanismi e questo è un grosso limite: innova poco, resta una TV troppo legata alla politica ed ai partiti, e pensa di salvarsi sempre attraverso la popolarità dei volti. Ovvio che il personaggio ha un peso, ma noi siamo troppo abituati a pensare ‘il nuovo programma di’ e non alla sua struttura. Perché poi se un personaggio di valore viene messo in un programma che non funziona, quel programma non funziona, punto. All’estero funziona diversamente e non è un caso che la ricchezza dei format stranieri sia tanta rispetto alla nostra.

 
 
 

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