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Il regno di Vlad si trovava davanti a una svolta pericolosa. Per difendere il suo paese contro le incursioni ottomane era entrato in conflitto con Maometto II. La protezione dei mercati valacchi e dell’economia del paese in generale gli aveva procurato l’ostilità dei sassoni e, indirettamente, quella del re Mattia Corvino, il quale permetteva a due pretendenti che minacciavano il suo trono - Dan e Basarab - di risiedere in Transilvania, e che da essi si aspettava armi e vestiti, poiché, aggiungeva, «il mio esercito è nudo». Nel febbraio-marzo del 1459, Dan aveva annunciato agli stessi cittadini l’intenzione di recarsi presso l’Imperatore (Federico III), e questa volta chiedeva un aiuto pecuniario.
Infine, il 3 aprile, Mattia Corvino proibiva ai cittadini di Braşov l’esportazione di armi verso la Valacchia, un ulteriore segno della tensione che regnava tra i due principi. Si può facilmente immaginare lo smarrimento di Vlad e dei boiardi; questi ultimi non vedevano certo di buon occhio la situazione senza vie d’uscita nella quale li aveva relegati l’intransigenza del loro voivoda. Alcuni dovettero suggerire una pace con il sultano, che poteva attaccare in ogni momento la Valacchia con la scusa del tributo non riscosso. Alla fine i loro timori si rivelano infondati perché Maometto II si limitò a conquistare Semendria e altre fortezze, mettendo cosi fine all’indipendenza dello stato servo per oltre tre secoli e mezzo.
Pasqua di sangue
Vlad vedeva la propria posizione indebolirsi sempre più all’interno del suo paese. Avendo egli una concezione molto particolare della condizione di «sovrano», si sentì in dovere di reagire. Il suo piano d’azione ebbe il merito della semplicità: sbarazzarsi di tutti i possibili traditori e sostituirli con dei fedelissimi. Per portare a termine questo piano, organizzò un gran banchetto nel palazzo principesco di Tãrgovişte la domenica di Pasqua del 1459 che, quell’anno, cadeva il 25 marzo. Il racconto del pamphlet tedesco del 1463 descrive la scena: ”Invitò a casa sua tutti i signori e i nobili del paese; quando il pranzo ebbe fine, si rivolse al più anziano e gli chiese di quanti voivoda o principi che avessero regnato sul paese si ricordasse. L’uomo rispose quel che sapeva; poi interrogò anche gli altri, giovani e vecchi, e a ciascuno chiese quanti poteva ricordarsene. Uno rispose cinquanta, un altro trenta, uno venti, un altro dodici, e nessuno era abbastanza giovane per ricordare [ meno di ] sette. Allora fece impalare tutti quei signori che erano in numero di cinquecento”.
Cinquecento persone impalate in occasione del memorabile banchetto dato nel palazzo di Tãrgovişte, la cifra è, oltre che impressionante, falsa. Teniamo innanzitutto presente che questo raduno non si è potuto svolgere all’esterno, poiché era il 25 marzo. Bisogna allora prendere in considerazioni le dimensioni del salone per i ricevimenti del palazzo, oggi in rovina, ma che è stato studiato dagli archeologi. Esso era lungi dall’essere immenso: lungo dodici metri e largo sette. Non vi si poteva sistemare più di due tavoli nel senso della lunghezza e una in quello della larghezza, dove sedeva il principe. Anche se ciascuno dei due tavoli fosse stato lungo dieci metri (bisogna mettere il passaggio dei servi e dei piatti) e anche se i convitati si fossero suddivisi sui due lati del tavolo, non si sarebbe potuto sedere più di quaranta persone. Considerando il principe, il metropolita, che sedeva alla sua destra, e qualche altro favorito sistemato vicino al voivoda, non si può comunque sorpassare la cifra di una cinquantina di persone.
A ogni modo, la notizia cinquanta boiardi massacrati dovette aver fatto senz'altro scalpore. Stranamente, nelle fonti contemporanee non si trovano altre testimonianze su quest’evento. Naturalmente esistono coloro che descrivono la morte dei nemici del voivoda, uomini, donne, bambini impalati, bruciati vivi, sepolti fino al collo nella terra e poi finiti con le frecce, bolliti nei calderoni, impiccati, decapitati, eccetera. Possiamo dunque concludere che il massacro della domenica di Pasqua del 1459 ha avuto come vittime soprattutto i boiardi che non appartenevano alla cerchia dei consiglieri del principe.
Vlad, dunque, si circondava di uomini di fiducia di ogni specie, anche turchi e tartari. La sua corte doveva assomigliare a quella dei sultani ottomani, dove si parlavano le lingue slave, il greco e, per ultimo, il turco. Nello sterminio del 1459, le cifre riferite dai contemporanei - 500 boiardi nei pamphlet tedeschi, alle quali si aggiungono 20.000 persone secondo Calcondila - sarebbero dunque esagerate e risulterebbero dalla confusione con altre azioni violente del principe. Calcondila riferisce anche che Vlad confiscava i beni delle vittime per donarli ai suoi favoriti, uomini nuovi che non facevano parte della nobiltà valacca.
Dan III e il colpo di statoNell’epoca in cui Vlad Dracula massacrava i suoi oppositori in Valacchia e conduceva una guerra commerciale contro i sassoni della Transilvania, la guerra civile continuava a dilaniare l’Ungheria, dove Mattia Corvin portava avanti la lotta contro Federico III. Fu allora che una tregua di dieci mesi (dal 24 agosto 1459 al 24 giugno 1460) mise provvisoriamente fine alle ostilità tra l’imperatore e Mattia, che ne approfittò per restituire la libertà allo zio. Mattia Corvino promise di partecipare alla crociata a capo di 40.000 uomini, ma a condizione, lui pure, della pace con l’imperatore e del suo riconoscimento come re d’Ungheria.
Il papa Pio II gli offrì allora una somma di 40.000 ducati per finanziare il riscatto della corona, a patto che non concludesse nessuna pace separata con Maometto II. Per ottenere il suo scopo, però, Mattia aveva più che mai bisogno dell’aiuto dei sassoni della Transilvania, che partecipavano per Federico III nonostante la generosità che il re aveva dimostrato nei loro confronti. L’ultimo ostacolo a quest’intesa rimaneva Vlad Dracula e la sua intransigente politica di guerra commerciale. Il principe valacco si rivelava a tutti gli effetti un vassallo scomodo, indipendente e guerrafondaio nei confronti di quei turchi che Mattia voleva tenere a distanza finché il suo conflitto con Federico III non si fosse risolto. E questo nonostante l’impegno solenne di partecipare alla crociata, poiché il giovane re sapeva benissimo che una guerra su due fronti rischiava di essere disastrosa sia per l’Ungheria sia per lui stesso.
Ecco perché autorizzò il pretendente Dan a scacciare Vlad dal trono della Valacchia. Dan, passato alla storia romena con il nome di Dan III, godeva dell’appoggio degli abitanti di Braşov che gli concedevano ospitalità e gli fornivano il denaro necessario all’arruolamento dei mecenati. Questo denaro proveniva, almeno in parte, dalla vendita delle mercanzie dei privati cittadini della Valacchia bloccati a Braşov.
Non appena le nevi iniziarono a sciogliersi, durante la settimana di Pasqua del 1490 - che cadeva il 13 aprile - Dan III varcò la frontiera e marciò contro le forze di Vlad Dracula. L’impresa non fu coronata dal successo, anzi. Il 22 aprile un certo Biagio annunciava da Pest agli abitanti di Bafta (Bardejov, in Slovacchia) la disfatta del pretendente, la sua cattura, la sua decapitazione e le sevizie che Dracula aveva inflitto ai partigiani di Dan. Il pamphlet tedesco del 1460 aggiunge un dettaglio macabro: “[Dracula] fece prigioniero il giovane Dan e fece leggere l’orazione funebre dai suoi sacerdoti; quando ebbe finito, fece scavare una tomba secondo l’usanza cristiana e vicino a questa lo decapitò”.
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