raperonzolobla bla |
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Ho cercato tutta la notte parcheggio, girando in tondo, nel sogno. E non trovavo collocazione. Il posto, quando c’è, non consente manovra. Lo sterzo, lo specchietto, il piede: non sincronizzo le cose e non mi basta lo spazio, mai. Per fortuna a un certo punto sono planata leggera sulle tue labbra, in una classe anonima, al cambio d’ora. Transitorio il bacio e tu truccato come un punk (forse ho letto troppo Larsson ultimamente). Ma l’importante, in quel passaggio di consegne di una staffetta giornaliera, pindarica e senza sosta, è stata la morbidezza del tuo sorriso. Per un momento almeno ... è stata “casa”. |
"Verrà il momento che anche il più buono ti morderà, anche se non gli hai fatto niente, perciò mordilo per prima. Le persone di burro ciascuno se le spalma facilmente sulla sua fetta di pane" (Meimaridi dixit) Non capisco perché se sei educato, diventi invisibile, se invece punti i piedi, sei degno di rispetto. Mi rattrista aver trascorso anni a chieder scusa e posso? sperando d'esser accettata. Ho bussato e avrei dovuto al contrario semplicemente entrare in un territorio che è d'altri come mio. O forse no. Non mi dispiace. Mi fa sentire comunque molto sola. |
Certe guerriere si chiudono in un silenzio eloquente, fatto di sguardi sotto ciglia di sbieco. Soffrono rabbiose mentre sembrano scostanti. Non si fanno capire perché non trovano chi le voglia capire. Certe guerriere hanno un drago sotto pelle, il marchio di quello che è stato, promemoria di quello che sarà. Piangono senza far rumore. Accartocciate in un angolo della metro mentre schegge d'uomini scorrono dal finestrino. Certe guerriere si mordono il labbro prima che il dire tradisca un pensiero che nessuno starà a sentire. E se colpiscono, se decidono, quando e se sferrano il pugno, prima di tutto si feriscono da sé. Sapendolo. |
"Guardati e di’: sono la migliore, la migliore, nessuna è migliore di me. Dillo oggi, dillo domani, ci credetti. E sì, che hanno meglio di me le altre? Quelle belle sanno di essere belle. Ma a me nonna Eléni aveva insegnato a crederci." (da Le streghe di Smirne) Questa è la storia di una donna bruttina che imparò a lasciar perdere lo specchio e a raccontarsi talmente d'esser bella da convincersene. Ma come s'apprende l'arte del "crederci"? Se sei stata educata una vita a sentirti "sottratta", "mancante" e "insufficiente", come s'impara ad "aggiungere", ad "addizionare" e a "moltiplicare"? Se ascolti chi critica e non consideri chi elogia, se ogni volta pesa di più l'appunto che l'apprezzamento, come si trasforma un picche nell'asso pigliatutto?
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Post n°32 pubblicato il 19 Febbraio 2012 da rodopiecassandra
Archiviato anche queso festival, non mi resterà ricordo alcuno dei motivi passati all'Ariston. Non capisco: di certe trasmissioni degli anni Settanta e Ottanta - la mia giovinezza - ho in mente passi, ritornelli, pubblicità. Invece dell'oggi proprio nulla. La mia memoria non funziona più. O meglio, non s'imprime nulla in essa, perché nulla mi tocca. Non rido, non piango, non mi com_muove niente che passi in TV. Non sto parlando dell'emozione stile Maria De Filippi, quella dei fazzoletti e lagrimatoi pianificati a tavolino con incontri fra amori perduti o famiglie disperse. Parlo di quelle canzoni che ascoltavi e canticchiavi come colonna sonora del banale e di certi pianti empatici davanti a film che ti facevano sentire un po' meno solo e un po' meno incompreso. Adesso è tutto molto patinato. Persino la gaffe. Anche lo sbaglio, indice di scarsa attenzione e ancor meno professionalità, ha una dignità televisiva: Morandi può dir scempiaggini a iosa e gli si perdona tutto perché la televisione ormai non è una dimensione educativa o di sogno, ma un prolungamento anche un po' più becero e perciò più rassicurante della quotidianità. Non so. Rimpiango il tuca tuca della Carrà e la sua maghetta con l'ombelico di fuori. L'ironia garbata di Dorelli e di Corrado. E Fred Astaire che ballava il tip tap e faceva sembrare leggero ma pulito il mio minuto di relax... |
L’onestà è fittizia e contro natura. Così conclude amareggiato Leo Gullotta, prestando la voce al Baldovino di Pirandello. Già. L’onestà è una concezione astratta. Una tensione, forse, ma se si concretizzasse, ci costringerebbe a una lite perenne. Non sarebbe salva alcuna apparenza Nessuna finzione. Si direbbe pane al pane. E non sarebbero da poco le conseguenze. Tutti diciamo che vorremmo la franchezza. Ma poi la desideriamo addomesticata questa sincerità altrui: deve esserci sì, ma non deve comprometter troppo il progetto che stiamo costruendo su di noi. Non deve sovvertire cantina e attico, deve lasciar intatti ascensori verso il decoro e vie d’uscita a salvezza degli errori. Dolorosa forma, il progetto. Che c’incatena. |
Post n°29 pubblicato il 02 Novembre 2011 da rodopiecassandra
Firmavo circolari. Si sono presentati in successione un piano di "evacuazione" e uno di "accoglienza". Ho trovato la cosa buffa. Trovo che la vita ha più senso dell' ironia degli uomini certe volte. Ogni giorno ti svegli e c'è una novità che contraddice le costruzioni che faticosamente ti sei eretto per anni. Un po' come quando aspettavi la festa dei tuoi sogni a quindici anni e due ore prima ti spuntava il pedicello nel punto più visibile della faccia. Solo che il fondotinta non maschera quasi mai. Funziona di più il contrattacco. Riderci ed esibire minimizzando. Se solo imparassi questo lezione che insegna il provvisorio e la sospensione del giudizio...
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Sono stata a vedere "Sconcerto" con Servillo e "Urge" con Bergonzoni questa settimana. Tutto pieno. Il teatro torna ad essere punto di incontro, che gioia! Forse siamo in tanti a bofonchiare in cuore e sul palco qualcuno ci dà modo di sentirci più umani e meno soli. Strano che fossero uno lo spettacolo dell'insufficienza della parola, l'altro il gioco pirotecnico del linguaggio. Contraddizioni apparenti, però, a ben guardare. Invece forse il senso è proprio che la parola può e non può al tempo stesso. Racconta ma non esprime, allude ma non definisce. E' potenza vasta ma non atto infinito. Di fronte alla disperazione e al disincanto di oggi sfiora , fa intravedere risorse possibili e canta frustrazioni e conati. Proprio come l'essere umano che ama e non sa dirlo. Anche quando crede di farlo. |
Sono giorno di terremoti esistenziali. Mi interrogo sulle mie responsabilità. Esserci è difficile. Credi che basti assicurare il quotidiano. La crescita. Ma esserci significa forse, soprattutto, saper sparire, quando è giusto. Nel senso che si diventa invadenti con la propria presenza che pretende di risolvere, ordinare, programmare. La vita poi ti ripaga punendo la tua presunzione e sottoponendoti variabili impazzite. Gli antichi la chiamavamo "hybris", la tracotanza. Coi miti insegnavano a starne in guardia. Ma si vede che ho tradotto senza imparare. Mi sento persa in una bottiglia di vetro. Come una nave senza mare. Ho proceduto sempre credendo disperatamente a una rotta, nonostante i venti spesso contrari. Ora, però, svanisce il senso di questo mio zigzagare. E' duro pure custodire una scheggia nel cuore, sapendo che deve restare lì, senza che sia rimossa. Pesa. Non fa male, ma pesa. Lì. ferma, conficcata in un angolo, come una bomba che, se toccata, può deflagrare e far vittime innocenti. Cammino stamane. Come un automa. |
C’è chi vuole il partito della Gnocca. Io per me vagheggio quello del Fagiolo. Quello dei profumi di sedano, in cucina, un Ottobre qualunque, la mattina. Mi dirai “snervante questo tuo rispondere ai miei baci con sogni di terracotte fumanti sulle braci …”. Mio caro, io guardo al padre fondatore del libero letto in libero senato, colui che unoetrino putineggia assonnato. Mi adeguo al Lucullo smargiasso. Inneggio alla terrina fin sul mio materasso. Interdico l’intercettazione, spostando semplicemente i termini della questione. Dico Fagiolo. E -tu m’intendi... - parlo di cotenna. Così m’insegna chi partì da un’infima antenna. Abbi Fede, come lui. Saranno paste e lenticchie, notti di godurie flautulenti. Saranno amplessi orgiastici, tipo sangue fra i denti Credi al Divino che ci mostra il percorso anche se, quando m’abbracci all'alba, io ti cambio discorso.
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7 Ottobre. Data neutra. Di quelle che non ricorderò forse. Ma repentini passaggi. Da gelati estivi a cioccolate calde. Ho un improvviso bisogno di focolare, fra una miriade di zucche e fantasmini della Lindt. Magari di castagne sbucciate e vino rosso. Di plaid a scacchi. Di rimanere ranicchiata con un brusio televisivo di sottofondo. Tipo nenia... Qualche lagrima la mattina, quando non so bene come e perché. Un'impressione di sogno sfuggente, come il senso delle cose. Sono piena di buoni propositi. Pro...appunto... Li sposto avanti. E intanto viaggio indietro con la memoria. Nostalgicamente. Che sciocchezza questa inquietudine che m'impedisce sempre di stare. Anche quando forse è l'unica cosa che davvero vorrei :( |
Le copie, anche vicine, sono sempre infedeli. Per questo forse m'impaccia scrivere, al momento: perché mentre mi guardo, già sfuggo e più non m'appartengo. Preferisco dire, fare, persino arrovellarmi a ri_ pensare. Non vedermi disegnata impropriamente. E con le mani mie, per giunta. Non avrei nessun equivoco a cui appellarmi, nessun fraintendimento cui aggrapparmi, se fossi io a crocifiggermi in uno stato rappreso che non riconosco già più. Restano i tratti dei contorni, è vero. Quelli dello schizzo, per fortuna (o per impegno) coerenti. Se però vado al dettaglio, io mi perdo. I sentimenti restano, integri, perché sempre nuovi, nella loro persistenza. Provati col raschietto, che incide e poi cancella, ma lascia il solco e quello ripercorre pure quando sfuma. Lascia che viva quest'abbozzo. Mutevole. Che sono. Se t'amo - e questo E', ne son sicura- questa è l'àncora e l'ancòra. |
Dalla parrucchiera. Gossip da bigodino ... Cicaleccio fra riviste autunno-inverno 2011. Mentre Mariucci mi fa la piega, uno strombazzare vivace di auto attira l'attenzione di tutte le clienti. Passa un corteo di macchine col fiocchetto tipico dei matrimoni attaccato all'antenna radio ... Oggi sposi ... Commenti. Casco numero 1: "Belli!" Casco numero 2: "Bravi!!" Casco numero 3: "Coraggiosi!!!"... |
"Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina". ... e da lì una sequela di studi per cercarla invece, la dimostrazione. E pare che il teorema, in sé, non fosse poi così determinante per le applicazioni. Ma la ricerca sì. Ecco ... mi pare che sia questo il senso. Spesso non è evidente il perché. Anche di cose minute. Come di cose importanti. Però ci passi una vita a tentare di spiegartele ... per curiosità o, forse, per ostinazione. Io di ostinazione ci vivo e muoio ogni giorno. E' una sfida continua a superarmi nei limiti e un castrarmi perenne nel prenderne atto ... Fermat. Gran bel tipo lui. "Io lo so come si fa, ma adesso scusate non c'ho spazio...". A pensarci, basta davvero poco per dirsi "una persona risolta"... |
Ah, possedere la magia... ...quella di sospendere il tempo in un’isola di musica come fruscii d’onde. In un quartiere vecchio il cui sapore di ferro battuto non è ancora ruggine, ma solo edera rampicante e profumo di tende. In un parco fitto di muschi e verdi sfumati dai riflessi di ruscelli sotto un ponte anonimo di legno bagnato. In uno spazio incorrotto, ma percorso ogni giorno. Non visto. Ma colto all’improvviso compiendo un gesto banale. L’incanto di “colei che nasconde” e serba per sé quello che sfugge o che altri rifiuta... |
Siamo tutti in buona fede. Forse. Ma l'effetto è straniante. Tipo ingorgo stradale. - Ho chiamato Maria Teresa. Alessandra, Daniela e poi te. Possibile che della stessa persona mi diate versioni diverse? Direi che è verosimile. Siamo quattro vissuti differenti e, di conseguenza, quattro sensibilità non raffrontabili. Ma non ci metti poi che tu che ci ascolti ti sintonizzi con ognuna di noi a frequenze diverse? La responsabilità è solo di chi racconta? |
Sono un tipo solitario. Mi piace guardare le vite possibili. Quelle che non è detto siano più felici, ma sono "altro" da me e mi ricordano i bivii in cui ho scelto e strade che ho scartato. Ipotesi sulle esistenze, sui discorsi, sui gesti affettati di signore distanti che mi annientano l'autostima e, al contempo, mi riaffermano l'identità. Sorrido come se capissi. Invece sono confusa in nebulose di pensieri. Con un senso continuo di perdita e di precarietà. Come non avessi goduto né riconosciuto ciò che mi è stato offerto nel passaggio. Penso. Penso sempre. Fino ad esaurire le parole. Non so come, ma si spengono. Come cinguettii irrisolti. Come fumetti bianchi. Ma non rinuncerei per nulla al mondo a questo silenzio che ho intorno, fra brusii che spesso non mi interessano. Non so quando sia accaduto. Che la solitudine io abbia cominciato a cercarla. |
Quando ero ragazzina - avrò avuto 10 anni o forse meno - impazzivo per quei libri che, ad apertura, assumono rilievi inaspettati: montano castelli, scale, finestre che si aprono e porte che si chiudono. Come fisarmoniche, d'incanto campeggiano mondi colorati dal piattume di un foglio satinato. Esplodono possibilità. Gatti con gli stivali, cappuccetti dagli occhioni impauriti e lupi inseguiti dallo schioppo del cacciatore impavido, nanetti col piccone e scarpette di cristallo miste a zucche e topi grigi. Mi fermo ancora rapita nel settore dei bimbi delle librerie della mia città. Vorrei una scusa credibile per comprarne uno. E leggerci anche per me, così d'un tratto, una sorridente terza dimensione. |
INFO
PER TE AMORE MIO
Mi ha detto che secondo lui la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesci a fare ciò per cui è nata. Allora, lì, è felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare. Quando aspetti o ricordi, mi ha detto, non sei né triste né felice. Sembri triste, ma è solo che stai aspettando, o ricordando. Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda. Semplicemente è lontana.
Alessandro Baricco, da “Questa Storia”