Cavalieri Templari
"Non nobis Domini, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam"
“Se il fine è giusto non può essere sbagliata la lotta”
"M' interessa poco essere giudicato da quelli che chiamano bene il male e male il bene,
che fanno tenebre della luce e luce delle tenebre"
“E’ grande chi, colpito dalla sventura, non perde neanche un poco la sapienza, non meno grande è chi, baciato dalla fortuna, non se ne lascia illudere. Ma è più facile trovare chi ha saputo conservare la sapienza nella sfortuna, che chi non la perse nella buona sorte"
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L'intervento divino nell'immaginario dei crociati
Post n°10 pubblicato il 19 Dicembre 2009 da jacquesdemolay1118
E' possibile che con il sole ormai alto nel cielo, nella confusione della battaglia, complici anche l'estrema varietà di genti che caratterizzavano l'armata cristiana facendone, in effetti, una realtà molto eterogenea, gli stemmi e le insegne di qualche cavaliere fossero confusi e riconosciuti come quelli di San Michele e San Giorgio o d'altri santi, o ancora come quelli di angelici guerrieri. D'altra parte in circostanze analoghe, in occasione cioè di scontri vittoriosi, molti tra le fila dei crociati ebbero l'impressione di essere affiancati da combattenti celesti, o come nel caso della presa di Gerusalemme nel luglio 1099, dai loro compagni caduti in battaglia. Viste le difficoltà di gestire la marcia e reperire viveri per l'esercito, tra le cui fila è bene ricordare, vi è un grandissimo numero di pellegrini non combattenti, i comandanti crociati prendono la decisione di dividere l'armata in due tronconi che viaggeranno a distanza di un giorno di cammino. All'alba del 1° luglio, in prossimità di Dorileo (l'odierna Eskishehir), l'esercito turco di Kilij Arslan attacca l'accampamento del contingente d'avanguardia composto dai normanni del meridione d'Italia guidati da Boemondo e da quelli francesi agli ordini del duca Roberto, oltre ai cavalieri del conte di Fiandra, del conte Stefano di Blois e di un reparto bizantino. Disponendo al centro i pellegrini disarmati, con le donne incaricate di rifornire d'acqua i soldati, Boemondo organizza la difesa e invia messaggeri al secondo esercito; la tattica dei turchi è comunque insidiosa per i cavalieri occidentali, abituati ad affrontare il nemico con cariche travolgenti. Diversamente da loro, questi avversari rifiutano lo scontro diretto, combattono impegnando veloci arcieri a cavallo che dopo aver scoccato le loro frecce si ritirano per far rapidamente posto ad altri. Verso la fine della mattinata, quando ormai le forze e le speranze dei crociati cominciano a venir meno, improvvisamente la pianura è scossa dalla carica del secondo contingente crociato: lanciati al galoppo sopraggiungono per primi Goffredo di Buglione e Ugo di Vermandois, fratello del re di Francia, seguiti dal conte di Tolosa con il resto dell'esercito, e il loro arrivo modifica lo scenario della battaglia. Non è difficile immaginare come questa vittoria rafforzasse tra i pellegrini ed i cavalieri cristiani la convinzione che la loro impresa fosse sotto la protezione divina e che quest'ultima si manifestasse concretamente attraverso l'impegno armato di angelici guerrieri. Di un nuovo intervento di celesti rinforzi, i crociati ebbero modo di approfittare durante la battaglia che pose fine all'assedio di Antiochia, nel giugno dell'anno successivo; tenuto conto delle condizioni nelle quali versava l'intera armata cristiana, spossata al pari dei pellegrini da mesi di stenti e privazioni e considerato il gran numero di cavalieri costretti a combattere appiedati o al più a dorso di umili animali da soma causa la grande moria di cavalli, la vittoria apparve quasi miracolosa, in armonia con la forte carica mistica che aveva caratterizzato la permanenza ad Antiochia. Sono oramai svariati mesi che tra i crociati circolano voci riguardo ai sogni e le visioni che interessano uno strano personaggio, tale Pietro Bartolomeo, noto per la sua condotta ed i modi non proprio esemplari. In una delle sue apparizioni l'apostolo Andrea gli avrebbe rivelato il luogo dove è sepolta la Sacra lancia, usata dal centurione romano per trafiggere il costato di Gesù dopo la crocifissione. Vistasi riconoscere dopo questo ritrovamento l'attendibilità delle sue dichiarazioni, Pietro Bartolomeo continua a riferire di visioni ed apparizioni delle quali è oggetto, molte delle quali incoraggiano l'impresa dei crociati e che, invitandoli a penitenze e mortificazioni, ne garantiscono il buon esito. Nonostante le pessime condizioni dell'esercito e l'apparente posizione di svantaggio, grazie alla strategia di Boemondo che ha assunto per l'occasione il comando delle operazioni, i crociati riportano una schiacciante vittoria, mettendo in rotta le milizie turche. Un'ottantina d'anni dopo la battaglia di Antiochia, una nuova circostanza apparentemente disperata per i crociati, vede ancora l'intervento di schiere celesti in soccorso delle loro forze. Baldovino, informato delle mosse del Saladino e radunati 500 cavalieri, raggiunge rapidamente Ascalona che teme essere il primo obiettivo da difendere, riuscendo a precedere l'esercito avversario. Ma le intenzioni di Saldino si rivelano presto altre: lasciato un piccolo contingente a proseguire l'assedio e tenere di fatto prigioniero il giovane re, si rimette in marcia risalendo verso l'interno, in direzione di Gerusalemme. Quando il giovane Baldovino legge l'indecisione e l'incertezza negli occhi dei suoi cavalieri che esitano ad attaccare, consapevole che è in gioco la vita del regno smonta da cavallo e, in ginocchio con il viso nella sabbia, prega piangendo. L'emozione che suscita la scena scuote gli animi dei cavalieri che dopo aver giurato di non sottrarsi allo scontro, si schierano in posizione di battaglia e con la Vera Croce in prima fila portata dal vescovo di Betlemme, lanciano la loro carica travolgente contro l'ignaro Saladino e il suo esercito. Non conosciamo le sensazioni di Saladino all'apparire dei crociati, ne se anch'egli al pari dei cavalieri cristiani abbia l'impressione che San Giorgio combatta al loro fianco; gli uomini di Baldovino al termine della battaglia, pur riconoscendo il valore individuale di alcuni, distintisi dagli altri per coraggio e abilità, confessano di aver avuto la certezza che il Santo cavaliere guidasse la loro carica vittoriosa. A distanza di pochi anni, Gerusalemme venne persa dai cristiani dopo la disfatta dei corni di Hattin, dove i crociati subirono una pesante sconfitta ad opera dello stesso Saladino: nonostante il valore e lo slancio dimostrati in battaglia, nessun intervento di angeli guerrieri soccorse i cavalieri di Terra Santa, così come durante l'assedio e la caduta di San Giovanni d'Acri, altro episodio epico della storia delle Crociate che vide cavalieri e fanti battersi strenuamente contro un avversario impari. Il 7 ottobre 1571 al largo delle coste di Lepanto, la flotta cristiana della Lega Santa e quella turca agli ordini di Alì Pascià forte di 222 galee e 90.000 uomini, si scontrarono dando vita ad una straordinaria battaglia navale. |
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