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The Fairy Round

Il diario di una rapsodica psico-musicista

 

 

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A spasso per il Belgio (seconda parte)

Post n°94 pubblicato il 26 Giugno 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Dove eravamo rimasti? Ah sì. Più o meno sul treno da Bruxelles a Leuven.
Siamo arrivati (puntualissimi… non fatemi commentare) e questa volta non ci sono state esitazioni o sbandamenti. Anche perché l’albergo era a circa 300 metri dalla stazione. Neanche io sarei riuscita a perdermi.
L’albergo era carino… l’unica cosa inquietante era che sorgesse di fronte a quello che aveva tutta l’apparenza di un carcere (torrette di guardia e filo spinato compresi). Comodo: chi non paga il conto viene trasferito direttamente al di là della strada.
Serata tranquilla. Abbiamo scoperto le bellezze di Leuven… e soprattutto le sue impedibili statue!

Abbiamo anche trovato un posto carino dove mangiare (dopo aver girato tre volte tutto il paese alla ricerca di un posto non troppo turistico dove fermarci). Abbiamo ordinato una antipasto che aveva le dimensioni di una porzione per due persone (buono però). Al solito l’acqua costa più del vino e/o della birra. Ma ho voluto fare l’atipica e ho ordinato la mitica “acqua del duca”. Che dal prezzo avrebbe potuto essere champagne, o almeno grappa di quella buona. Invece era solo acqua… e poca per di più.
Il giorno dopo iniziava il convegno. Io ero tranquilla dovendo parlare solo il secondo giorno di lavori. Così ho potuto dedicarmi all’acclimatamento. Capire che persone ci sono, com’è il l’atmosfera…
Uno dei mie hobby preferiti ai convegni è quello di individuare i tipi più strani e bizzarri (che non mancano mai! E poi soprattutto spiare il nascere e l’evolversi di flirt fra congressisti. Questo è divertentissimo!
Ad esempio c’era il sosia di Rolf Lislevand (era proprio uguale ma non era lui: ho controllato) che faceva numeri da cartoni animati per sfuggire a una spagnola che ci provava spudoratamente con lui. Sembravano Brigitta e zio Paperone. Poveretto.
Poi c’era un prof. tedesco che in una delle cene comunitarie ha arpionato una giovane promessa locale e cercava evidentemente di stenderla con il suo (forse un po’ dubbio) fascino. Solo che appena lui si è allontanato un attimo (credo per prendere da bere a lei… pure galante il povero diavolo) lei ne ha approfittato per dileguarsi. La faccia di lui quando è tornato al tavolo con due bicchieri in mano e l’ha trovato vuoto era da filmare. Poveretto anche lui.
Poi c’era una misteriosissima greca che parlava benissimo l’inglese (con accento americano… la prima greca che parla così bene l’inglese), e non solo! Ho casualmente scoperto che parlava correntemente anche l’olandese! E aveva chiaramente una qualche relazione altrettanto misteriosa con un signore alto serio e sempre impeccabilmente vestito con completi grigi all’ultima moda. Casualmente dove c’era lei (tavolo della colazione, ad ascoltare un intervento, a bere un caffè) arrivava lui. Quasi non parlavano ma si scambiavano sguardi “saputi”. Per me erano spie.
A metà pomeriggio sia io che il capo eravamo cotti. Così abbiamo deciso di fuggire e perderci uno dei keynote speech che prometteva di essere terribilmente noioso, dedicandoci a un po’ di sano riposo a vantaggio della cena sociale prevista per la sera. Così ci siamo avvicinati all’uscita con nonchalance, facendo generici commenti (in inglese per essere sicuri di essere capiti da tutti gli eventuali interessati) sul tempo. Arrivati con passi felpati in prossimità dell’uscita abbiamo iniziato a dire quanto sarebbe stato bello prendere una veloce boccata d’aria, visto che c’era un bel venticello. Siamo usciti guardandoci intorno con sguardi furtivi, sempre elogiando la qualità dell’aria di Leuven. Una volta fuori abbiamo sostato per qualche minuto in prossimità dell’ingresso, sempre parlando di quanto fosse bello da quelle parti mentre piano piano guadagnavamo centimetro dopo centimetro lo spazio verso il primo angolo. Appena girato l’angolo ce la siamo data a gambe e siamo andati senza scrupolo alcuno a riposarci!
Alla sera tutti belli riposati e in forma abbiamo studiato sulla cartina il percorso per arrivare alla sede della cena sociale e siamo arrivati fieri della nostra indipendenza. Si è scoperto che il tutto avrebbe avuto luogo presso la scuola alberghiera locale, e sarebbe stato organizzato e gestito dagli studenti. Carinissimi, gentili ed emozionati. E del tutto incapaci di dire o capire una sola parola in una lingua che non fosse l’olandese. Noi siamo arrivati per primi e non sapevamo cosa fare… Alla fine abbiamo fatto finta di ammirare ogni tipo di decorazione della stanza, per togliere loro dall’imbarazzo e panche per non stare in piedi lì come imbecilli per quelle che avrebbero anche potuto essere ore (gli altri proprio non si vedevano).
Alla fine siamo stati salvati dall’ottavo giro di commenti delle foto appese nell’ingresso dall’arrivo del gruppo di congressisti. Si erano dati tutti appuntamento presso l’università per evitare di perdersi. Ma noi siamo talmente avanti da esserci arrivati da soli, senza perderci e in anticipo. Che classe gli italiani, eh? (certo c’era anche il fatto che essendo scappati nel pomeriggio non sapevamo dell’appuntamento, ma in ogni caso saremmo andati da soli per dimostrare la nostra elevata capacità di orientamento…….)
Cena divertente… e alcolica. Ogni commensale aveva qualcosa come 6 bicchieri. Appena si faceva il gesto di bere da uno arrivava un cameriere che lo riempiva. E siccome erano così agitati e timorosi di sbagliare chi aveva il coraggio di dire “basta”? Poi magari ci rimanevano male! Dopo la prima mezz’ora eravamo tutti piacevolmente allegri e tendenti a ridere e fraternizzare. (Sottile tecnica psicologica questa dei camerieri evidentemente….).
Noi eravamo al tavolo con un gruppo di simpatici e folli americani. E in breve mi sono trovata a sapere tutto sugli appuntamenti galanti della mia vicina di tavolo (una docente di psicologia con i capelli rosa, che mi ricordava tanto Tonks di Harry Potter), della sua famiglia allargata (intricatissima… sembrava di sentire un riassunto di beautiful), per non parlare della famiglia del suo capo (che sembrava Bilbo Baggings, per rimanere in tema romanzi). Inoltre sono rimasta colpita dalla loro tendenza a fotografare TUTTO: noi, i piatti, i bicchieri, i camerieri, loro stessi…
Tornata in abergo un po’ barcollante sono stata colpita dal fatto che avrei forse dovuto ripassare la presentazione, ma ero forse non proprio al mio massimo come funzionalità cognitiva. Sono riuscita in qualche modo a fare il mio discorso e la cosa mi ha sollevata. Se riuscivo ad arrivare in fondo con il vino nel sangue la mattina dopo quando sarei stata presumibilemnte sobria tutto sarebbe senz’altro andato per il meglio.
E in effetti nonostante un po’ di (comprensibile) panico da pre-presentazione tutto è andato bene. Ho pure risposto bene alle domande (una delle quali veramente maligna) che mi sono state fatte. Forse avrei potuto parlare “meglio” (a voce più alta e con un accento migliore)… ma quando sono agitata mi si annodano le corde vocali e tendono ad emergere strani comportamenti (infatti imitavo il modo di parlare del mio capo – credo per sentirmi più sicura – sono scema lo so – ma nessuno è perfetto e io senz’altro meno degli altri).
Ma tanti mi hanno fatto i complimenti per il contributo (interessante e metodologicamente ben strutturato) per cui… Prova superata con successo direi.
Altre note dal convegno. La seconda sera sono venuti tre ragazzi a suonare jazz (contrabbasso, batteria e sax). Il contrabbassista a un certo punto (forse per catturare un po’ di attenzione?) ha tentato un mezzo spogliarello, ma è stato intercettato da uno dei docenti che gli ha messo davanti uno dei pannelli del poster. Peccato.
Poi come non ricordare il viaggio di ritorno?
Avevamo un po’ di tempo e abbiamo girato ancora un po’ per Bruxelles, scoprendo che avevamo mirato a visitare il giardino reale che ovviamente è chiuso al pubblico, così non potendoci passare attraverso abbiamo dovuto fare un giro allucinante per tornare in stazione (che ormai conoscevamo come le nostre tasche) dove siamo arrivati distrutti. Trasferimento in aeroporto per scoprire che il ceck in era chiuso, e i banchi invasi da una folla impressionante di umanità varia. Cosa più preoccupante un aereo della nostra compagnia era circondato da veicoli dei vigili del fuoco. Per non pensarci siamo andati a mangiare qualcosa. Ero oramai convinta di riuscire a cavarmela con il francese gastronomico così ho ordinato quello che credevo fosse un piatto di simil-polpettine… e mi è arrivato un piatto di pasta (scotta) alla bolognese. Va bene. Non mi azzarderò mai più neanche a pensare di sapere il francese.
Alla fine siamo riusciti a fare il ceck in, e abbiamo perfino trovato un collega che andava come noi a Milano. Insieme abbiamo appreso che il volo precedente al nostro era annullato. Insieme abbiamo tremato davanti al sempre crescente ritardo del nostro.
Insieme abbiamo trionfato quando ci hanno imbarcato e siamo finalmente partiti. Ci era anche venuto in mente di promuovere un coretto da gita di classe (con canzoni tipo “Michelle” o “Questo piccolo grande amore) ma poi più della musica ha potuto la stanchezza.
Vi dico solo che sono arrivata a casa alle due di notte.
E così si è conclusa anche questa avventura….

 B.

 
 
 
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