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Un blog creato da SunnySmiling il 13/10/2006

Travelling Miles

Percorsi, Cammini & Sentieri

 
 

IL TUO SORRISO

P. Neruda

Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l' aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.

Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l' acqua che d' improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d' argento che ti nasce.

Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d' aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.

Amor mio, nell' ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d' improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perchè il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.

Vicino al mare, d' autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.

Riditela della notte,
del giorno, delle strade
contorte dell' isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l' aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perchè io ne morrei
.

 

...E ALTRI...

Citazioni nei Blog Amici: 7
 

 

andare e venire...

Post n°53 pubblicato il 06 Maggio 2007 da SunnySmiling

Quanto e' difficile andare e venire...

Andarsene da Milano
       dall'autonomia, dalla responsabilita', dal presente che e' anche futuro,

per tornare a Pavia
      nella limitazione, nella corresponsabilita', nel presente che e' anche passato

E poi ripartire da Pavia
     dal nido, dal familiare, dalle opportunita' conosciute, dai cicli noti

per ritornare a Milano
     nel vuoto, nel personale, nelle mare delle opportunita' sconosciute, in cicli ignoti

Capita che non mi va di scendere. Sto bene a Milano, sto bene a fare le mie cose da sola, a decidere per me stessa, a organizzarmi in funzione dei miei ritmi e dei miei impegni. Non mi va di tornare in mezzo alle tensioni, ai rancori, alla rabbia; non mi va di tornare a dovermi regolare in funzione di altre 4 persone; non mi va di dovermi ritrovare a spiegare, a confrontarmi, a discutere di questioni gia' affrontate, gia' risolte, ma ancora da rivangare...

Poi capita che mi ritrovo a guardare dalla finestra della mia stanza il verde dei campi... a sentire l'abbaiare del cane alla sera, e a svegliarmi col sole dai vetri al mattino...

    .... capita che non so che fare e decido di fare 500m e raggiungere il parco a piedi, magari con la chitarra, magari per una corsetta, magari solo per sdraiarmi sul prato...

              .... capita che sono triste e mi metto al pianoforte, tiro fuori vecchis partiti e mi accompagno mentre canto, senza preoccuparmi di inquilini e coinquilini...

     .... capita che posso cenare fuori con amici, o fare un giro in centro, o semplicemente trascorrere un pomeriggio con N. come ne abbiamo trascorsi tanti, la scorsa estate....

E cosi' di tornare a Milano, non mi va piu'...

...di tornare a stare da sola, non mi va piu'....

...di tornare a stare nell'ombra dei grattacieli, non mi va piu'...

...di perdermi paesaggi / profumi / colori / rumori familiari, che mi danno radici, mi danno sostegno, mi danno sostanza, non mi va piu'...

...di buttarmi a capofitto nel lavoro, nel presente, nel futuro, non mi va piu'...

Rimando l'orario della partenza, torno di malavoglia, con lo stomaco stretto... salgo le scale con la gola asciutta, poso il sacco della spesa davanti alla porta di ingresso, giro due volte la chiave nella toppa, apro la porta di casa.........

suspence....

Chi c'e' chi non c'e'?....

In che condizioni trovero' l'appartamento?....

Che effetto mi fara' entrare nella stanza buia, con le tapparelle abbassate?...

Entro di corsa,
Sistemo le mie cose,
Attacco il pc alla linea, cerco contatto col mondo conosciuto...

Lentamente il fiato rallenta,
riprende spazio al serenita'.

Sono a casa.
Posso finire di lavorare in pace.
Domani andro' da B. a mangiare.
In settimana magari staro' una sera da N.

... e sabato saro' di nuovo a Pavia...

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Vvvvvoooooomm...

Post n°52 pubblicato il 03 Maggio 2007 da SunnySmiling

Ieri, per la prima volta in vita mia, ho preso in mano un arco e con quello ho fatto vibrare la mia prima corda...

Non pensavo che potesse ancora emozionarmi cosi', il rendermi conto della qualita' e della quantita' di diversi suoni che potenzialmente posso produrre.

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Ho cominciato col prendere in mano lo strumento, appoggiarlo a terra e pizzicarne le corde, come sono abituata a fare... Sono rimasta per un po' assorbita in quell'esplorazione, applicando schemi conosciuti a una realta' inverso piuttosto diversa... ma trasmetteva sicurezza...

Saggiavo la differenza di consistenza delle corde, la diversa apertura della mano sinistra per muoversi sulla tastiera, il timbro piu' asciutto che assumeva il suono, risuonando in quel modo, attraverso quel particolare tipo di legno...

Somiglianze e differenze.

Poi B. mi ha invitata a prendere in mano l'archetto.

All'inizio ero tesa e contratta, temevo di non riuscire a tenere sollevato l'archetto per il suo peso e pensavo alla posizione delle dita sui crini; l'ho su una corda, una di quelle spesse, e, facendo pressione, ho cominciato a tirarlo lentamente verso sinistra

Ccrcrgrrrrrc-tss-ccrrrrccggrg...g-g-ggg

...EHM....!!!! 

Che GRATTATA!!! :D :D l'arco non scivolava, inciampava e saltellava. Ho interrotto lo scempio e sono scoppiata a ridere!

B. e' allora intervenuta, prendendo la mia mano con l'archetto stretto, sciogliendo la tensione della presa (che ora era piu' morbida e naturale) e facendomi sentire con quanta pressione dovevo appoggiarla sulla corda.

Dalla mia mano ha fatto uscire un suono breve, intenso, e pieno.

Sorpresa da questa novita' sonora, mi sono interrotta per un istante. L'ho guarda, e ho sorriso illuminata.

Quindi ho riprovato da sola.
Dopo un attacco incerto ho rilassato la mano e trascinato l'archetto dalla base sino all'estremita' opposta lungo la corda...

cccrrrg-vvvvvoooooooooooooooooooooom......

... mamma mia che bel suono... che bello produrre quel suono... che bello utilizzare una tecnica mai usata prima per crearlo... io...

Scusate, non vuole essere egocentrismo; e' stato davvero emozionante scoprire quanti modi posso avere a disposizione per produrre suoni;
e per produrne di cosi' diversi...

Ognuno espressione di me...

Perche' ovviamente il mio suono non era come quello di B.

Era piu' incerto, aveva un altro timbro, un altra sostanza...

E poi, pur essendo il primo, era gia' il prodotto di esperienze passate: delle note lunghe che tante volte ho sentito fare a nicolo' sul suo violino; dei movimenti che tante volte ho visto compiere in orchestra; dei suoni che avevo nell'orecchio in quel momento, dopo aver ascoltato la mia amica suonare... a tutto questo, piu' o meno attentamente, pensavo nel tentativo di produrre il mio suono...

un suono che riproduceva queste piccole cornici della mia storia e rifletteva le mie odierne tensioni;
un suono che rispecchiava qualcosa del mio passato di musicista su altri strumenti, e la mia inesperienza su quelli ad arco;
un suono in cui cercavo profondita' e stabilita', e questo vi ho trovato...

Che bello essere in quel suono...

 
 
 

cicli

Post n°51 pubblicato il 29 Aprile 2007 da SunnySmiling

Il vaso ribolle inquieto.

La pantera si divincola nervosamente, fischiando e ringhiando.

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Intanto ho ripreso a indossare pantaloncini in piazza leonardo...

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Scorcio Mantovano

Post n°50 pubblicato il 17 Aprile 2007 da SunnySmiling

Appena arrivata. Ho un’ora solo per me e la citta’. Non ho dubbi: il Lago. Decido di portarmi dietro chitarra e portatile, e mi avvio. 

Attraverso piazza d’Arco (quante attese fuori dall’appartamento, quante grida, quanti giochi, quanti pettegolezzi, quanti scorni, quanti momenti, quante persone...)

Scusi Signorina, non ha la macchina, vero?” Sorrido: “No, mi spiace!”

Proseguo in via Fernelli.

Il portone con la targa “Nuova Scuola di Musica” che non e’ piu’ tale da anni, ma nessuno si e’ preso la briga di toglierla... anni di tran tran avanti indietro, di suoni, di prove, di volti, di insieme…

Piazza Canossa, con la piccola edicola - qualcuno esce dalla chiesa, il Cafe’ e’ ancora li’, c’e’ un banchetto per la frutta, quante volte la “Ferrari” del Maestro (un ferrovecchio di bicicletta che nessuno gli avrebbe rubato :) ) parcheggiata qui...

Entro in stato di flusso. Cammino e mi lascio attraversare da immagini, suoni, profumi passati e presenti, in un confronto che avviene in maniera talmente immediata che le due linee temporali paiono persino sovrapporsi, confondersi, generando una dimensione nuova, unica, particolare, soggettiva, esclusivamente mia... Quello che percepisco io, in questo momento, nessun altro puo’ percepirlo...

Con andatura tranquilla, stato d’animo sereno, assorbito, attraverso la citta’...

Via Verdi. L’ex Gulliver, la libreria, c’e’ ancora anche lei; il Piedigrotta: c’e’ ancora; il fornaio impregna ancora l’aria del mattino con il pane appena fatto; il via vai di gente a piedi e in bicicletta;

Salve Profe, come sta!” – e’ vero, qui ci sono i profe, non i prof! :D

Piazza Erbe...

Sant’andrea, il bar dello champagne quell’ultimo giorno al contempo triste e brioso, san Lorenzo... Mio Dio, quante volte sono passate di qua... quanti scenari, quanti frammenti dalla mia memoria entrano a far parte del mio montaggio estermporaneo...

Incontro fugacemente lo sguardo di un passante, un signore sulla quarantina che passeggia con un marsupio stretto in vita; guardandomi esclama: “Quale incantevole visione! Buon concerto!”.

Neppure questo mi scuote; sono troppo assorbita per schiantarmi di nuovo nella dimensione presente e troppo serena per irritarmi nel ricevere apprezzamenti non richiesti. Voglio prenderla bene. Ringrazio persino, e proseguo.

La gelateria, Caravatti e le sue brioche del mattino, i portici di corso umberto, il cinema che non esiste piu’, “Follie”, il conservatorio, il Brol... – “Scusa!”

Mi giro. Ancora lo stesso tipo tipo.

Scusa, volevo donarti questa – e mi allunga una splendida cartolina di Mantova, al tramonto, di sera, attorniata dai Laghi - Con la tua presenza, tu che attraversi cosi’ luminosa la citta’, con il tuo strumento, valorizzi il fascino di Mantova... volevo ringraziarti per questo!dice tutto d'un fiato, in un italiano fluido ma con un non meglio identificabile accento straniero.

Raffinato, l’abbordatore. Estrefatta, ma affascinata da questa bizzaria gentile, non grezza e volgare, ringrazio il mio ‘estimatore’.

Anche la tua andatura e’ armoniosa, equilibrata...!

...Ossignore... e’ la reincarnazione di Dante e mi ha scambiata per la sua Beatrice?... ma l’ironia pertiene ad uno stato troppo pungente, troppo reattivo, in questo momento, per farsi strada nel cumulo soffuso di immagini e pensieri che mi affollano la mente. Non sono abbastanza pronta di riflessi per mettermi a ridere.

Sembra che stia descrivendo un’opera d’arte. Come se un artista avesse appena individuato quel quid, in uno scorcio, che lo rende degno di essere immortalato.
Mi sento lusingata e stordita: possibile che la mia serenita’ sia cosi’ tangibile, la mia dimensione cosi’ reale, da essere persino percepibile da altri?

Ma il tuo strumento, e’ un violoncello?
....
Beh, ma ti ci stai mettendo di impegno per turbarmelo, questo stato grazia, o cosa?!

Ehm no, e’ una CHITARRA...”

Ah.
...
allora aveva ragione mia sorella.

Stai andando a un concerto
?"

Minchia ma CHE FILM che si e’ fatto sto tipo nella testa!! Ma pensa che stiano girando un film degli anni 50?!

Spiego che mi porto dietro la chitarra perche’ e’ il mio strumento e vi sono affezionata, ma non sono concertista (notare che la custodia e’ di quelle stra mega campestri, morbida e con tascone, mica quella bella rigida e scura che si addice ad uno strumento da concerto......)

Ah, che bello! Quindi ti porti sempre dietro il tuo strumento! Bello Bello! mi immagino che ti capiti anche di andarci in bicicletta, con la chitarra in spalla"

Da come ne parla temo che stia visualizzando un'immagino molto piu' soave di quella che prende largo nella mia mente; scoppio a ridere, ricordando le acrobatiche pedalate con il "lirone" in spalla, che ai tempi scatenava non poche esilaranti battute tra amici e conoscenti.

Ce la contiamo su per qualche minuto, G. si presenta, mi lascia il suo indirizzo, prova a chiedermi il mio ma gentilmente declino e lui non se la prende minimanete, mi racconta che e’ qui ospite della sorella, che scrive libri e articoli, che ama le citta' d'arte e 'combatte contro il cemento che sta distruggendo i meravigliosi panorami italiani' (un pensiero per la zia Ody ;) )  scopriamo di essere tutti e due dalle parti di Pavia e lui ne approfitta per rimontare all’attacco e dire che allora assolutamente ci si deve proprio incontrare, prova a tirarmi dietro con loro, prima per pranzo, poi il battello – perche’ mantova va vista da li’, cosi’ si’ che e’ davvero valorizzata! – poi per cena, etc etc.

Non e’ invadente, solo estrosamente insistente. Ci facciamo due chiacchiere su pavia, su mantova, poi mi ringrazia, mi fa ancora un complimento e se ne va.

Rimango di nuovo sola, con la mia cartolina e il mio bigliettino scritto a mano, di fronte al Broletto. Li contemplo un po’ assente, ancora vagamente stordita. Sorrido, metto tutto nel marsupio e proseguo verso il Lago.

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Post N° 49

Post n°49 pubblicato il 14 Aprile 2007 da SunnySmiling

Cosa c’e’ nel mio zaino?

Questa la domanda con cui sono partita.

Non è da intendersi solo in termini metaforici, in termini di 'bagaglio di esperienze'; no, anche in concreto, stavolta: nel fare il punto della situazione pre-partenza (mi devo portare un altro maglione, mi devo portare un paio di pantaloni per uscire la sera, porto o non porto il lettore?...) mi sono chiesta CHI ERA la Raffy che partiva. Chi mi sentivo io, oggi, ora. Cosa avrebbero visto di me gli altri, a seconda di quanto avrei deciso di portare con me.

Cosi’, all’ultimo minuto, ho ridefinito un po’ il bagaglio.

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<< Non ho portato nulla da ‘tiro’, ne’ scarpe, ne’ pantaloni, ne’ gonne; Raffy, ora, non e’ in versione stra figa. Non solo non ci si sente, ma neppure le va di partecipare a cene in grande stile o di trascorrere serate in localetti mondani. No, mi porto solo due paia di pantaloni di lino, due magliette a maniche corte e un paio di felpine (almeno un cambio, perche’ la Raffy di oggi cerca i prati e la terra, il verde e l’acqua, il sole che fa sudare e puzzare e non le poltrone di casa o i locali climatizzati e profumati di essenze...)

Niente gingilli o maquillage, solo una matita per il trucco, perche’ il fatto che non sia in versione donna di mondo, non vuol dire che in questo momento mi senta di trascurarmi o sia particolarmente a disagio con me stessa; anzi, piu’ del solito sento il desiderio di avere un po’ cura di me.

Ho portato il portatile. Perche’ c’e’ molto di me, della me che ha trascorso questi ultimi mesi, nelle cartelle di questo database. E perche’ la Raffy di oggi, davanti al portatile ci passa meta’ della vita. Perche’ ci lavora. Perche’ ci studia. Perche’ ci scrive di se’. La Raffy di oggi e’ definita anche dai suoi mille impegni, la maggior parte dei quali si svolge prorpio di fronte a questo schermo.

Ho portato la chitarra. Con dentro solo quei due vecchi libri che da qualche settimana se stanno nel tascone della custodia. Solo quelli. Perche’ senza musica, in questo periodo non sono io. Perche’ con gli altri, da qualche tempo, mi ci relaziono spesso suonando; cantando; e preferisco raccontare questo di me, condividere questo con loro, piu’ di molte altre cose...

Penso che mi condividero’ cosi’, in questi giorni. Senza forzarmi di parlare, ma con tanto da mostrare, per chi avra’ voglia di cogliere... Andro’ a Mantova con tutti questi pezzi di me, con quanta piu’ ‘me’ possibile in spalla; e mi accorgo che il mio zaino non e’ poi cosi’ vuoto... e che le cose che porto in questo zaino, in fondo, mi piacciono... >>

 
 
 
 

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