Il Sesso x me!

Raccontare tutte le mie Fantasie Erotiche e anche alcune mie esperienze

 

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Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 24 Aprile 2007 da FalsOriginale
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 Soave e Altera Dama

Da dietro la visiera del casco scruto a sinistra e a dritta alla disperata ricerca di un parcheggio libero. Come fa un falco appostato sulla cima di un crepaccio cerco di individuare la mia preda. Possibile che neanche con lo scooter riesca a trovare parcheggio in centro città? È possibile. I veicoli sono talmente appiccicati che si ha l'impressione che sarà poi impossibile riuscire a raggiungerli. C'è un uomo che, camminando, sbraita all'interno del proprio cellulare. Ha un casco in mano... che stia per liberare un posto? All'avvicinarsi dell'urlatore a una moto parcheggiata, uno stormo di scooter inizia a interessarsi al posto. Si sentono brevi accelerate, gli sguardi si rivolgono nella direzione del centauro urlatore che, nel frattempo, ha messo in moto un bolide nipponico e indossato il casco. Noi tutti, affamati di parcheggio, ci guardiamo e, quasi come se ci stessimo contendendo una preda, cerchiamo di intenderci su chi possa far valere diritti di precedenza. Non vi è dubbio, sono io. Reclamo il mio diritto posizionandomi in prossimità del posteggio e questo fa sì che il resto dello stormo desista e reindirizzi la propria attenzione verso altre direzioni, verso altre prede. La moto esce pian piano dalla zona di sosta, il suo conducente continua a sbraitare nel telefonino incastrato tra la guancia e il casco. Bene. Compio una rapida manovra e cautamente mi sistemo. Ripongo il casco nel sottosella e mi dirigo, non particolarmente entusiasta, verso la mia destinazione.

La mia incursione in centro città è conseguenza di una richiesta pervenutami ieri quando, d'improvviso, ho sentito squillare il telefonino, il numero non compariva sul display. Riservato.

Telefonata di lavoro penso -Pronto?!?- Dall'altra parte sento una voce entusiasta che non mi aspetto. Senza convenevoli e senza dichiarare la propria identità sicura di esser ben riconoscibile, mi dice -Ho bisogno di te! Sono disperata! Devi correre in mio aiuto!- quella voce la conoscevo bene; intuivo dal suo tono che un sorriso ammagliatore dominava il suo volto quasi fossi di fronte a Lei e tentasse di convincermi che non potevo dire di no a tanto esclusivo sorriso a me solo dedicato. Sapeva, per esperienza, che ben pochi maschietti sapevano dirle di no e Lei, questo innato ascendente sugli uomini, sapeva ben sfruttarlo a suo favore.

-Rimando tutti gli impegni e corro. Cosa succede?- rispondo io contraccambiando il tono sorridente. Mi spiega che quello di cui avrebbe bisogno è un cortese sopralluogo da effettuarsi presso la sua abitazione al fine di stabilire le cause del continuo riavviarsi di un vecchio e stanco computer. Lei confida che io possa risolverle il problema. Ci accordiamo per una mia visita il giorno successivo, oggi.

Lei è una donna affascinate, un'incantatrice. Lei, la soave e altera dama, è affabile e carezzevole come il latte ma chic ed esclusiva come lo champagne. Lei è leggiadria, eleganza, raffinatezza, eccentricità, charme, voluttà, superbia, lussuria; Lei è genuinità, ironia, delizia, cortesia, benevolenza, affabilità, amorevolezza, beatitudine. È un diamante dai mille riflessi. Lei, sapientemente, sa alternare dolci e angelici sorrisi a torvi sguardi. Un istante prima il suo viso è dolce e frizzante come l'alba, un istante dopo le sue espressioni diventano soffuse e misteriose come il tramonto. Lei sta su quel confine ultimo che regala la massima sensualità alle donne che, come i frutti, se colti troppo presto sono acerbi ma se colti troppo tardi sono guasti; Lei se ne sta, forse consapevolmente, crogiolando nel lungo secondo che la separa dall'imminente tramonto.

Esistono alcune donne che, sfidando la consequenzialità del tempo, raggiungono l'apogeo della propria femminilità quando tale virtù dovrebbe diventare privilegio di frutti più acerbi. Lei è tra queste. Dalle stagioni ha saputo ha saputo farsi plasmare e raccogliere i frutti migliori.

Suono il campanello -Dling Dlooong- immediatamente odo dei passi svelti che si avvicinano alla porta – Tic Toc Tic Toc Tic Toc

-Chi è? - pronuncia una voce inconfondibile mentre mani svelte armeggiano con lo spioncino

-Sono io- rispondo compiacendomi della confidenza con la quale posso a Lei rivolgermi.

Sento ruotare la serratura. La porta si spalanca sicura come accade se gli ospiti sono tanto attesi quanto graditi. D'improvviso ho di fronte Lei, la soave e altera dama, che mi travolge come un onda col suo ammaliante sorriso.

-Buongiorno- dico prima di compiere il benché minimo movimento e sfoderando quello che, nelle mie intenzioni, vorrebbe essere un sorriso avvincente. Con rapide occhiate, che sfuggono alla trappola del suo sguardo, noto che indossa una sorta di camicetta alquanto trasparente di colore bianco con un'ampia scollatura che consente, al mio sguardo furtivo e licenzioso, di intravedere e intuire i contorni dei suoi seni. Questi, seppur piccoli, risultano desiderabili. Un pareo a fantasie colorate le avvolge i fianchi celandola sino quasi alle caviglie. Ho l'impressione che sia trasparente anch'esso, forse a sufficienza da lasciare intravedere gli slip sottostanti. Sembrerebbero di color scuro. Vorrei soffermarmi su questo particolare ma Lei mi sta di fronte e mi guarda.

-Buongiorno- risponde Lei radiosa. Mi attendo una distaccata stretta di mano e invece, sorprendendomi, ecco che vedo annullarsi le distanze formali tra i nostri corpi. Lei si avvicina con fare affabile e questo fa sì che io possa sentire ancora più intensamente il suo profumo. Posa le sue mani sulle mie spalle.

-Vieni caro- dice affettuosamente invitandomi a entrare con quel suo strano accento che la rende ancor più unica e particolare. La polo biancha che indosso consente alla mia pelle di percepire, seppur debolmente, le mani di Lei che, delicatamente quanto brevemente, restano poggiate sul mio corpo attento e desideroso anch'esso di abbattere i confini della distaccata formalità e conquistare per qualche attimo le forme di Lei. Le mie braccia, immediatamente, si protendono verso la soave dama portando le mani sino all'altezza dei suoi fianchi dove, maliziosamente, si posano. Avverto le sue forme. Distinguo i suoi confini che si restringono in prossimità della vita, come magneticamente attratti dall'ombelico, e poi si allontanano armoniosamente all'altezza dei fianchi disegnando una esse (Silhouette). Le sue guance, prima la sinistra e poi la destra, sfiorano le mie accennando a un bacio di espansiva accoglienza. Il contatto tra i nostri corpi cessa e la soave dama arretra di un paio di passi. È una calda giornata d'estate e Lei, con la sua radiosità, sembra farne parte. Il suo sorriso e il suo corpo sanno d'estate. La sua luminosità mi riempie gli occhi come una limpida giornata di luglio, la sua dolce morbidezza vellutata, richiama ai sensi la frutta della stagione calda.

-Permesso...- dico io varcando la soglia

-Vieni, vieni- mi incoraggia Lei. La porta si richiude dietro di me. L'alba diventa tramonto in un batter di ciglia.

-Quella stupida macchina continua a ripartire- dice Lei riportandomi alla mia missione -Accendo, fa un qualche fischio, sbuffa un pochino e poi si concede una pausa... dopo un po' riparte daccapo...- Dal tramonto vedo risorger l'alba d'improvviso.

-Ma tu saprai domare la macchina ribelle!- dice Lei travolgendomi nuovamente con un voluttuoso sorriso e accennando una carezza sul mio braccio.

-La domiamo, la domiamo- contraccambiando il sorriso la rassicuro.

Ammiccando Lei pronuncia un - - rendendo unicamente suo un banalissimo “Sì”. É nuovamente il tramonto.

-Di qua- dice invitandomi a seguirla col cenno di una mano e voltandomi le spalle.

Lei cammina d'innanzi a me con passo sicuro. È elegante nei sui movimenti, il busto è bene eretto, la testa è alta. Le sue braccia corrono lungo i fianchi ondeggiando quasi impercettibilmente, le sue mani sono leggermente curvate e lasciano i palmi rivolti verso il basso. Le sue gambe quasi si incrociano ogni qualvolta compie un passo. I suoi contorni, che per qualche attimo ho carezzato, sono resi ora evidenti dalla luce che proviene dalla finestra posta di fronte a noi; il chiarore dipinge sul tessuto le sue gambe affusolate in una dinamica immagine di forme armoniose e lascive movenze. I glutei spiccati sono quasi interamente scoperti e velati esclusivamente dal sottile e licenzioso indumento tahitiano. Essi si muovono sinuosi eseguendo un'elegante danza di arcaica malia e silvestre eco femminile che fa riecheggiare in me un'ancestrale bramosia. In quel momento non vi è nulla nella figura di Lei che appartenga al nostro secolo. È una Eva senza tempo che incede ammaliante tra i giardini dell'Eden. Entriamo nel suo studio.

-Eccola qua la carogna!- dice sorridendo puntando il dito verso l'imputato che, mansueto, riposa posato sul pavimento. L'alba non fa quasi in tempo a sorgere che già è sopraggiunto il tramonto -Buon lavoro- si volta e mi lascia solo.


Mentre armeggio con l'algida e asessuata macchina continuo a ripensare alle forme danzanti e leggiadre di Lei. È intensa la sensazione che provo tanto che il mio corpo travisa e si mostra pronto all'amore, quasi fosse imminente. I miei sensi, completante, desiderano che Lei torni a essere vicina: il disegno delle sue curve, il calore delle sue mani e la tenera consistenza dei suoi fianchi, la volubilità dell'umore della sua voce, il suo profumo capace di colonizzare ogni ambiente. Una curiosità viscerale di assaporarla rende ancora più evidente l'oramai innegabile desiderio di Lei. Ho terminato. L'algida macchina è stata domata.

-Finito!- dico io a voce abbastanza alta

Lei finalmente torna da me, torna a riempire i miei sensi. Desidero assaporala. Un sorriso ardente della soave dama appaga, per qualche istante, i miei sensi, la sua essenza torna a riempie la stanza. Ci sediamo sul divano e, per un attimo, il pareo la tradisce. Quest'ultimo si apre svelandomi le sue gambe disadorne, la sua pelle liscia e bianca. Gli slip fuggono rapidi come inghiottiti dalle sue gambe strette ricordando una sorta di V che, inversamente alle sue forme, parte ampia dove Lei è più sottile per poi stringersi sempre più in prossimità dei fianchi dove le sue forme si fanno nuovamente generose contraddicendo così la natura accogliente del suo corpo. È invitante. Mi piacerebbe aver l'ardire di separare le sue gambe chiuse per ridare spazio alla sua inespressa intima vivacità vietata al tatto, celata all'occhio, al gusto e all'olfatto. Mi piacerebbe svelarla per intero tanto profondamente da poter raccontare a Lei di come Lei è fatta. Il pareo si richiude rapido. Lei mi sorride. Ha inevitabilmente colto il mio sguardo licenzioso violare la segretezza delle sue forme e adesso, attenta, se ne sta seduta sul bordo del divano. Forse è un poco a disagio per l'inaspettato aprirsi di quel sipario sulle sue più recondite forme e poggia, a loro difesa, i gomiti sulle ginocchia come a rinnegare il suo essere champagne. Ma Lei non può esser costretta e la sua indomabile, incontenibile, sfuggente sensualità prende il sopravvento anche sulla sua stessa volontà rimostrandosi quando Lei, protesa in avanti, gioca con le sue mani che si sfiorano i palmi, si sfregano e, quando si fermano, incrociano le dita; è in quell'istante che la scollatura della maglietta si apre rigonfiandosi e staccandosi dal petto. Intravedo i suoi seni che, sospinti dalle braccia l'uno contro l'altro, sembrano gonfiarsi. Al movimento delle mani corrisponde un loro sfregarsi, un loro muoversi. Lei mi guarda e sorride. La guardo e la desidero. Desidero baciarla, assaporala, desidero il suo corpo.

 
 
 
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