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FATEVI DUE RISATE...

Post n°122 pubblicato il 25 Aprile 2008 da guardiafaro
 

http://www.myspace.com/licentonara

 
 
 

FISSA QUESTO SIMBOLO!

Post n°121 pubblicato il 17 Febbraio 2008 da guardiafaro
 

 
 
 

RAGAZZA FANTASMA?

Post n°120 pubblicato il 23 Dicembre 2007 da guardiafaro
 

Questo video sarà sicuramente una "bufala", ma un po' di paura la mette...


 
 
 

CI HA LASCIATO UN GRANDE

Post n°119 pubblicato il 06 Novembre 2007 da guardiafaro
 

TRIBUTO A GUIDO NICHELI, SCOMPARSO DI RECENTE


 
 
 

Semisonic - Closing Time

Post n°118 pubblicato il 16 Ottobre 2007 da guardiafaro
 

 
 
 
 
 

Post N° 116

Post n°116 pubblicato il 07 Ottobre 2007 da guardiafaro
 

Vantiamoci dello sciacquone

sciacquone

Attorno la figura dello sciacquone del water si potrebbe erigere tutta una filosofia e intavolare ore di discorsi. Alcuni lo associano direttamente allo espletamento dei bisogni corporali, ma invece possiamo associare una funzione purificatrice, una mano invisibile che ci disfa di ciò che non è bello vedere.
Relegati in ogni bagno, per lo più di un colore bianco porcellana
o, addirittura, incorporato nel muro per evitarne anche la vista,
ora potrebbe diventare un motivo di vanto.
 

GlassToilets, infatti, una società di articoli per bagni nata in Canada, ha creato una serie di sciacquoni artistici. Il contenitore è completamente trasparente e all’interno, oltre all’acqua, si scorgono vari elementi. Esiste il modello acquario, quello della vaschetta per tartaruga, il paesaggio sommerso, il laghetto con le anatre e molti altri.
Il
prezzo di ogni sciacquone è di 295 $ canadesi, pari a circa 212 €.

www.gadgetblog.it

 
 
 

Post N° 115

Post n°115 pubblicato il 04 Ottobre 2007 da guardiafaro
 

MITICA SCENA DEGLI SCHIAFFI, DI "VIENI AVANTI CRETINO"


 
 
 

Post N° 114

Post n°114 pubblicato il 28 Settembre 2007 da guardiafaro
 

IL PRIMO SITO SUI SOTTERRANEI DI MILANO

Da oggi è on-line il primo e unico sito dedicato alla “Milano sotterranea”, cui farà seguito l’imminente pubblicazione del volume “Milano sotterranea e misteriosa” ( G. Padovan e I. E. Ferrario, Mursia Editore)

Il sito, che esplora un argomento noto fino ad ora solo a studiosi e ricercatori, nasce per raccogliere e divulgare ad un pubblico ampio informazioni, notizie e immagini completamente indedite del patrimonio sotterraneo del capoluogo lombardo, portando alla luce i risultati delle ventennali ricerche dello SCAM (Associazione Speleologia Cavità Artificiali Milano).

Sotterranei, pozzi romani e medioevali, cunicoli, canali coperti e ricoveri antiaerei giacciono ancora nel sottosuolo di Milano; alcuni esplorati e studiati, altri i cui segreti attendono di essere svelati.

Gianluca Padovan e Ippolito Edmondo Ferrario, promotori e ideatori del sito e autori del volume che seguirà, si propongono di restituire alla città di Milano una parte della sua storia attraverso la scoperta e lo studio delle cavità artificiali sotterranee, scrigni colmi di misteri e autentici gioielli di ingegneria civile e militare.
Perché i Milanesi – e non solo- abbiano consapevolezza dell’esistenza di una città affascinante e misteriosa che sopravvive sotto il suolo su cui ogni giorno camminano, nella speranza che si prosegua nella ricerca di ciò che ancora rimane del nostro passato.

www.milanosotterranea.com

http://it.novopress.info

 
 
 

Post N° 111

Post n°111 pubblicato il 14 Settembre 2007 da guardiafaro
 

AUDI A2, UNA DELLE MACCHINE PIU' BRUTTE CHE SIANO MAI STATE PRODOTTE DA QUANDO L'UOMO HA INVENTATO L'AUTOMOBILE... UN VERO ABORTO...

 
 
 

Post n°110 pubblicato il 12 Settembre 2007 da guardiafaro
 

Adzovic Rudzija

Zingaro di origine slava nato nel 1967 e domiciliato presso un campo nomadi a Torino di Sangro vicino a Chieti, dedito all' alcol e di temperamento paricolarmente violento, era solito picchiare moglie e figli, con i quali viveva in una roulotte. La sua furia arrivò al culmine Il 21 luglio 1994 quando massacrò la moglie con una mazza da baseball, che morì in ospedale dopo 10 giorni di coma.
Mentre si attendeva la conclusione del processo l'uomo, tornato nel campo nomadi, era sempre in stato di ebrezza e molto violento, e la sua follia lo portò ad uccidere a bastonate anche sua figlia Jadranka di soli 5 anni, dando alle fiamme alcune parti del suo corpo, mangiandone altre, e bevendone il sangue.
La condanna per la morte della moglie giunse nel 1999, e nel 2000 anche l'ergastolo per la morte della figlia. Non vi furono mai prove certe che avesse ucciso anche l'altra figlia Tamara di soli 6 mesi, morta per soffocamento nel febbraio del 1993, in quel caso, la procura di Foggia archiviò l'inchiesta.

Fonte: il "DIZIONARIO DEI SERIAL KILLER", di MICHAEL NEWTON.

 
 
 

Post N° 108

Post n°108 pubblicato il 09 Settembre 2007 da guardiafaro
 

Per caricare le vostre immagini su web, vi consiglio www.tinypic.com che a differenza di altri siti di hosting file vi permette di recuperare le vostre immagini attraverso un motore di ricerca interno e non occorrono registrazioni.

 
 
 

Post N° 107

Post n°107 pubblicato il 09 Settembre 2007 da guardiafaro
 

Il mito raddoppia! Fiat 500 abarth (ancora camuffata), in prova al Nurburgring. La sua uscita è prevista per il primo semestre 2008


 
 
 

Post N° 106

Post n°106 pubblicato il 08 Settembre 2007 da guardiafaro
 

8 SETTEMBRE 1943. LORO NON HANNO TRADITO!

 
 
 

QUANDO LA STUPIDITA' PRENDE SEMBIANZE UMANE

Post n°105 pubblicato il 08 Settembre 2007 da guardiafaro
 

 
 
 

Post N° 104

Post n°104 pubblicato il 28 Agosto 2007 da guardiafaro
 

STORIA DI UN MODELLO:ALFETTA

tratto da www.autotematic.it

L’Alfa Romeo Alfetta, considerata a ragione uno dei simboli dell’automobilismo italiano degli anni Settanta, nasce nel 1972, immediatamente dopo la “sorella” minore Alfasud. Nella gamma Alfa Romeo si va a posizionare tra la Giulia e la 2000 e sostituisce la 1750. L’Alfetta, che eredita il nome dalla celebre monoposto “Alfetta 159”, protagonista indiscussa delle competizioni negli anni a cavallo della seconda guerra mondiale, si presenta da subito come un modello fortemente innovativo, nella meccanica e nello stile.

Classica berlina a trazione posteriore, a quattro porte e cinque posti, l’Alfetta è equipaggiata inizialmente con un unico motore, il 1800 bialbero (1779 cc), da 122 CV a 5500 giri/minuto, ereditato dalla 1750 ed abbinato ad un cambio manuale a cinque marce montato posteriormente, che garantisce un’eccellente distribuzione dei pesi. Le sospensioni anteriori sono a quadrilatero deformabile con barre di torsione, mentre le posteriori, ereditate dalla 159, sono caratterizzate dall’originale ponte De Dion, con barra stabilizzatrice ed ammortizzatori idraulici telescopici, che caratterizzerà l’intera produzione Alfa Romeo (ad eccezione dell’Alfasud e delle sue derivate) fino al debutto della 164, alla fine degli anni Ottanta. I freni sono a disco a doppio circuito con servofreno e limitatore automatico di frenata al retrotreno, lo sterzo è a cremagliera; il serbatoio carburante ha una capacità di 46 litri.

La linea dell’Alfetta, realizzata dal Centro Stile Alfa Romeo con la collaborazione di Giugiaro (il design della coda e della linea di cintura sono suoi), è compatta e moderna, con uno spiccato andamento a cuneo, che le permette di ottenere un CX di 0,42. Nel frontale fa bella mostra di sé la mascherina in plastica nera con tre barre orizzontali cromate, che ospita al centro il marchio Alfa Romeo ed ai lati le due coppie di fari allo iodio. I paraurti anteriori, a lama con rostri gommati, ospitano le luci di posizione e gli indicatori di direzione. Il cofano motore è sormontato da due prese d’aria poste alla base del parabrezza. Nella vista di lato si notano le lamiere sottostanti portiere e paraurti posteriore verniciate di nero ed un occhio attento può cogliere il particolare dei finestrini laterali curvi, caratteristica inedita per un modello Alfa Romeo; le portiere anteriori sono dotate di deflettori apribili a compasso e nei montanti posteriori sono state ricavate due prese d’aria cromate. La parte posteriore è caratterizzata infine dai gruppi ottici a sviluppo orizzontale, divisi in tre sezioni, e dai paraurti a lama con rostri gommati, che rivestono anche parte della fiancata fino a raggiungere i parafanghi posteriori.

L’abitacolo, un po’ trascurato dal punto di vista delle finiture, è decisamente più ampio ed abitabile rispetto a quello della 1750, anche se si sta più comodi in quattro, dato che il quinto passeggero è disturbato dal tunnel di trasmissione e dal bracciolo centrale posteriore. La plancia, caratterizzata da un disegno pulito, lineare e moderno, è impreziosita da inserti in legno, materiale con cui è realizzato anche il volante regolabile in altezza ed inclinazione. La strumentazione, raccolta nel grande quadro posto di fronte al pilota, è composta da cinque strumenti circolari: contagiri con manometro olio, tachimetro con contachilometri totale e parziale, indicatore livello benzina, orologio, termometro acqua. Completo e raffinato l’impianto di climatizzazione, che può contare su numerose bocchette e sulla possibilità di regolare separatamente i flussi d’aria e la temperatura dei due lati dell’abitacolo. Sono disponibili, come optional, le cinture di sicurezza anteriori, la vernice metallizzata, i poggiatesta anteriori ed il lunotto termico. Il vano bagagli, grazie alla coda alta ed alla disposizione orizzontale della ruota di scorta, raggiunge la ragguardevole capacità di 510 litri.

L’Alfetta ottiene giudizi lusinghieri su strada, grazie alle eccellenti prestazioni (velocità massima di 180 Km/h, accelerazione da 0 a 100 Km/h in 9,8 secondi), all’ottima tenuta di strada ed al comfort di marcia. Generano critiche invece la visibilità posteriore, resa difficoltosa in manovra dalla coda alta, ed il cambio, che tende ad impuntarsi. Si rivela accettabile invece il consumo di benzina (11,5 litri / 100 Km).

Pochi mesi dopo la presentazione dell’Alfetta, nel 1973, l’Italia si trova a dover fronteggiare la crisi petrolifera, con il conseguente aumento del prezzo della benzina, le domeniche a piedi o a targhe alterne (leggendo i giornali di oggi verrebbe da dire che la storia si ripete, ma questa è un’altra storia...), ed infine l’introduzione dei limiti di velocità. Se prima della crisi petrolifera gli italiani, nel giudicare un’automobile, davano peso soprattutto alle prestazioni ed al motore, ora sono più interessati ai consumi ed al prezzo d’acquisto e di conseguenza l’Alfa Romeo, nella speranza di incrementare le vendite, presenta nel Gennaio del 1975 la 1600.
L’Alfetta 1600 è mossa da un motore di 1570 cc, anche questo già noto agli alfisti, caratterizzato da una potenza massima di 109 CV a 5600 giri/minuto e da una coppia massima di 142 Nm a 4300 giri/minuto. Le prestazioni rimangono accettabili, con una velocità massima di 175 Km/h, ma se i consumi scendono in media del 6-7 %, peggiorano accelerazione e ripresa. Più economica della 1800 anche nella dotazione di accessori, la 1600 si distingue dalla sorella maggiore per numerosi particolari di carrozzeria e dell’abitacolo. Il principale elemento di distinzione è costituito dai due soli fari anteriori, a cui si aggiungono tanti altri dettagli, come la calandra con una sola barra cromata, le prese d’aria sui montanti posteriori in plastica nera, i tergicristallo neri, i paraurti privi di rostri gommati. L’abitacolo perde i rivestimenti in legno di plancia e volante, il bagagliaio è rivestito con materiali più economici, la console centrale è semplificata così come l’impianto di climatizzazione, l’orologio è disponibile solo a richiesta, ma in compenso la strumentazione presenta un inedito sfondo azzurro.
Dopo poche settimane anche la 1800 è oggetto d’un leggero restyling, che interessa il frontale ed alcuni dettagli degli interni. Il modello 1975 è riconoscibile grazie alla nuova calandra, che perde i tre profili cromati ed ospita uno scudetto Alfa Romeo più grande, ed all’adozione di tergicristallo neri, come sulla 1600. Per contenere le emissioni inquinanti, il motore della 1800 è depotenziato fino a raggiungere i 118 CV.

Ultima novità del 1975 è l’Alfetta destinata al solo mercato statunitense ed equipaggiata con un motore ad iniezione meccanica Spica, di 1962 cc, che le permette di raggiungere i 175 Km/h. Dotata dei dispositivi antinquinamento e d’illuminazione previsti dalla legislazione americana, questa versione è facilmente riconoscibile per l’adozione dello specchietto retrovisore esterno, di inedite luci targa e di paraurti ad assorbimento d’energia in materiale plastico nero.

La commercializzazione dell’Alfetta 1600 dà i frutti sperati, le vendite aumentano e l’allontanasi della crisi petrolifera permette all’Alfa Romeo di ampliare la gamma verso l’alto. Nel Febbraio 1977 debutta così l’Alfetta 2000, che sostituisce l’Alfa Romeo 2000 berlina.
La nuova versione costituisce di fatto la seconda serie dell’Alfetta, tante e tali sono le modifiche apportate alla carrozzeria ed all’abitacolo. Le versioni 1600 e 1800 sono tuttavia escluse da un tale rinnovamento, ad eccezione dell’adozione di lievi modifiche alla strumentazione e, nella 1600, dei doppi fari anteriori. L’Alfetta 2000 è mossa dal motore bialbero di 1962 cc con alimentazione a carburatori; la potenza massima è di 122 CV a 5300 giri/minuto, mentre la coppia massima è di 175,5 Nm a 4000 giri/minuto; la velocità massima è di 185 Km/h, a fronte di un consumo medio di 10,1 litri/100 Km. Il motore più elastico e progressivo del 1800, e la nuova taratura delle sospensioni rendono ancora più piacevole la guida dell’Alfetta, che in questa versione risulta anche meglio insonorizzata. Esteticamente la 2000 è caratterizzata dal frontale basso e allungato, con un’inedita calandra nera e squadrata, circondata da fari rettangolari. I paraurti anteriori, con inserti in plastica così come i posteriori, ospitano ora i soli indicatori di direzione. Vista di lato l’Alfetta 2000 si riconosce subito per le nuove portiere anteriori, prive di deflettori, le inedite maniglie esterne e le prese d’aria in plastica nera sui montanti posteriori; posteriormente invece predominano i nuovi gruppi ottici, più grandi dei precedenti.
Nell’abitacolo sono stati oggetto di modifiche la plancia, la console centrale, il cassetto portaoggetti, il volante, i sedili. Sono disponibili nuovi colori di carrozzeria e migliora la dotazione di accessori: ora sono di serie il lunotto termico, i poggiatesta anteriori ed il temporizzatore del tergicristallo; sono invece disponibili a richiesta i cerchi in lega, la vernice metallizzata ed il condizionatore d’aria. La capacità del serbatoio carburante raggiunge i 49 litri, mentre il motore è ora garantito per due anni o 100.000 Km.

Un anno più tardi, nel Luglio del 1978, debutta l’Alfetta 2000 Lusso, che di fatto sostituisce la 2000, da cui si distingue per alcuni dettagli esterni (specchietto retrovisore nero, modanatura sottoporta più estesa) ed interni (plancia e strumentazione con inserti in finta radica, nuovi colori delle plastiche, nuovo sistema di climatizzazione, sedili e pannelli delle portiere in velluto). La modifica più interessante riguarda tuttavia il motore che, grazie al differente profilo degli alberi a camme, raggiunge la potenza massima di 130 CV a 5400 giri/minuto e la coppia massima di 177,5 Nm a 4000 giri/minuto; la velocità massima sfiora i 190 Km/h.

Nel 1979 è l’ora dell’aggiornamento delle versioni 1600 e 1800, che adottano le stesse portiere della 2000, hanno di serie le cinture di sicurezza anteriori e le luci d’emergenza e possono essere dotate di condizionatore d’aria. Il motore della 1800 guadagna 4 CV e torna a vantare una potenza massima di 122 CV, anche se la velocità massima risulta ridotta a 179 Km/h.

Passata la crisi, ormai sensibili al problema dei consumi, gli italiani si dimostrano sempre più interessati all’acquisto di vetture diesel, grazie al basso prezzo del gasolio ed al basso consumo dei motori diesel, il tutto nonostante l’iniquo superbollo che nel nostro paese colpisce questo genere di vetture. Dopo la deludente esperienza condotta nel 1977 con la Giulia Diesel, l’Alfa Romeo ci riprova e stavolta fa le cose in grande, presentando l’Alfetta 2000 TurboD, la prima vettura italiana con motorizzazione diesel sovralimentata. Mossa dal motore di 1995 cc con potenza massima di 82 CV a 4300 giri/minuto, prodotto dalla VM di Cento (FE), l’Alfetta turbodiesel raggiunge la velocità massima di 155 Km/h e consuma mediamente 8,4 litri/100 Km. La turbodiesel ha la stessa carrozzeria della 2000, da cui si distingue per le grandi feritoie orizzontali sul paraurti anteriore ed il tubo di scarico maggiorato; nel cruscotto cambiano le scale di tachimetro e contagiri e compaiono la spia per il preriscaldamento delle candelette e la spia della pressione di sovralimentazione. L’Alfetta a gasolio si comporta su strada come una vettura a benzina di media cilindrata, facendo dimenticare i problemi di rumorosità del motore diesel ed il classico ritardo di risposta dei motori turbocompressi; i consumi sono davvero contenuti e l’irrigidimento delle sospensioni, resosi necessario per contrastare l’aumento di peso, ha migliorato la tenuta di strada.

Nel 1981 debutta la 2000 LI America, con motore due litri da 128 CV ad iniezione meccanica e recupero dei vapori della benzina, associato ad un cambio manuale a cinque marce o ad un automatico a tre rapporti. La 2000 LI America è una versione speciale, meno di 1500 esemplari prodotti, realizzata per il mercato italiano e basata sulla “Sport Sedan”, denominazione data negli USA alla seconda serie del’Alfetta. Si caratterizza esternamente per i paraurti maggiorati, i doppi proiettori anteriori, le luci di posizione sulle fiancate anteriori, le fasce paracolpi laterali, i cerchi in lega.

A fine anno l’Alfetta è sottoposta ad un restyling, che finalmente permette di unificare stilisticamente l’intera gamma. Tra le principali novità estetiche dell’Alfetta ‘82 ricordiamo il portatarga nero inserito tra i gruppi ottici posteriori, le fasce paracolpi sulle fiancate e sottoporta, le coppe ruota nere, gli indicatori di direzione laterali arretrati e l’antenna radio incorporata nel parabrezza; nell’abitacolo fa bella mostra di sé il volante della GTV.
La 2000 si differenzia dalle altre versioni per la calandra color alluminio opaco e per l’adozione di lavatergifari, retrovisore esterno a comando elettrico, cinture di sicurezza e poggiatesta posteriori, vetri elettrici anteriori, pomello cambio e volante in legno, inserti in legno sulla strumentazione e sulla plancia. Tutte le versioni a benzina adottano l’accensione elettronica ed il cambio a cinque marce è caratterizzato da rapporti più lunghi: la 1600 raggiunge ora la velocità massima di 174 Km/h ed accelera da 0 a 100 Km/h in 10,3 secondi, mentre la 2000 raggiunge la velocità massima di 184 Km/h ed accelera da 0 a 100 Km/h in 8,3 secondi.

Sei mesi più tardi, nel Giugno del 1982, la gamma si arricchisce di una nuova versione, la Quadrifoglio Oro, mossa dal motore 2000 ad iniezione meccanica della 2000 LI America. A caratterizzarla esternamente ci pensano i doppi proiettori anteriori, gli inediti cerchi in lega, alcuni particolari di color marrone scuro, come la fascia sottoporta, i paraurti, la calandra, le cornici dei fari posteriori. La dotazione di serie è arricchita dall’adozione di check control, regolazione elettrica degli schienali anteriori e dell’altezza del sedile guida, vetri elettrici posteriori, chiusura centralizzata e trip computer. La Quadrifoglio Oro raggiunge la velocità massima di 185 Km/h e consuma mediamente 10,1 litri/100 Km.

Nello stesso anno, dopo intensi test su strada condotti con la collaborazione di venti tassisti milanesi, debutta l’Alfetta CEM (Controllo Elettronico Motore). Commercializzata in serie limitatissima, è stilisticamente uguale alla Quadrifoglio Oro, ma se ne differenzia profondamente nella meccanica, per l’adozione di un sofisticato impianto d’iniezione elettronica, con iniettori particolarmente compatti ed efficienti, e soprattutto per il funzionamento modulare del motore, che in condizioni di scarsa richiesta di potenza (come ad esempio quando si è in coda nel traffico cittadino), è in grado di funzionare a due anziché quattro cilindri, riducendo il consumo di benzina.

Nel Maggio del 1983 l’Alfetta conosce l’ultimo restyling della propria carriera, in occasione del quale vengono commercializzate la 2000 Quadrifoglio Oro iniezione elettronica e la 2400 Turbodiesel.
La nuova Quadrifoglio Oro adotta un sofisticato impianto di iniezione elettronica Bosch Motronic, e soprattutto è la prima berlina di serie al mondo ad adottare il variatore di fase: la potenza massima raggiunge i 130 CV a 5400 giri/minuto e la coppia massima i 182 Nm a 4000 giri/minuto; il consumo medio è di 8,6 litri/100 Km, un valore notevole per un motore a benzina di questa fascia di mercato.
La 2400 Turbodiesel monta infine un inedito motore, prodotto ancora dalla VM, di 2393 cc, con potenza massima di 95 CV a 4200 giri/minuto; la velocità massima è di 165 Km/h, a fronte di un consumo medio di 8,1 litri/100 Km.
Esternamente l’Alfetta ’83 si distingue dalle precedenti versioni per l’adozione di vari particolari in plastica nera, che ne appesantiscono ulteriormente la linea, come il fascione che integra i gruppi ottici posteriori, le fasce paracolpi laterali e sottoporta, lo spoiler anteriore, la calandra con scudo Alfa più piccolo e stilizzato; nel baule posteriore lo stemma Alfa Romeo è stato spostato in posizione verticale. La Quadrifoglio Oro mantiene la vecchia calandra e si caratterizza dalle altre versioni per i doppi proiettori anteriori, i cerchi in lega ed i fendinebbia. Nell’abitacolo è stata modificata la plancia, sormontata da un grande blocco che contiene strumenti e spie; tutte le versioni hanno ora di serie il check control, i vetri elettrici anteriori, la chiusura centralizzata, i sedili posteriori con poggiatesta incorporati.

Nell’autunno del 1984, al Salone di Torino, debutta l’Alfa 90, sfortunata erede dell’Alfetta (sarà prodotta per soli tre anni, fino alla nascita dell’Alfa 164), che esce definitivamente dai listini nel Marzo del 1985, dopo tredici anni di onorata carriera. Tredici anni in cui è stata l’oggetto del desiderio della media ed alta borghesia italiana, l’auto di professionisti, imprenditori, politici e delle nostre forze dell’ordine. Si dice sia stata l’auto più innovativa dell’Alfa Romeo nel dopoguerra, di certo è stata per anni la 2000 più venduta in Italia e non è un caso se ancora oggi in tanti continuano ad apprezzarla ed a guidarla con piacere.

 
 
 

Post N° 103

Post n°103 pubblicato il 21 Agosto 2007 da guardiafaro
 

FINALMENTE UNA RADIO ALTERNATIVA

RADIO BANDIERA NERA

 
 
 

carrellata di spot tv anni 80...

Post n°102 pubblicato il 12 Agosto 2007 da guardiafaro
 

 
 
 

Post N° 101

Post n°101 pubblicato il 12 Agosto 2007 da guardiafaro
 

JUVENTUS 5
AS ROMA 2


G O D O ! ! !

 
 
 

Post N° 100

Post n°100 pubblicato il 08 Agosto 2007 da guardiafaro
 

SCENA MITICA DI POZZETTO NE "IL RAGAZZO DI CAMPAGNA": TAAAC!


 
 
 
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