Post n°2047 pubblicato il
21 Febbraio 2017 da
namy0000
“‹‹Perché non ci bombardano più?››, chiede Annah che ha 12 anni. Non riesce a credere che i bombardamenti si siano fermati quattro mesi fa. Annah fa parte del popolo Nuba. Un’area grande quanto l’Austria, dove vive oltre un milione di persone. Questo popolo abita in Sudan da sempre, resistendo alla forzata centralizzazione e islamizzazione politica, culturale e religiosa dei vari Governi che si sono succeduti a Khartoum. I Nuba si sono uniti alla rivolta che ha portato nel 2011 alla scissione in 2 Paesi: Sud e Sud Sudan, ma le alchimie della politica internazionale hanno fatto sì che restassero inglobati nel Sudan. Un mese prima che il Sud Sudan celebrasse l’indipendenza, il 9 luglio 2011, la repressione di Khartoum aveva ripreso ad abbattersi feroce sul Nuba. Da allora, sono cadute su di loro migliaia di bombe. Lo scopo di questi bombardamenti sulla popolazione civile, sulle case e sui campi coltivati, sulle scuole e sui due ospedali esistenti, è di fiaccare la resistenza. Appena al di là del confine ci sono i campi petroliferi più ricchi del Sud Sudan. Ma i Nuda resistono coltivando le loro terre anche a rischio delle bombe. Annah vuole studiare. Lo scorso anno, andando a scuola, Annah vide una donna del suo villaggio morire dissanguata, colpita da una scheggia di bomba. Mi mostra una bomba inesplosa, conficcata nel terreno a una ventina di metri da un piccolo dispensario medico. Una bambina non può capire le ragioni delle interminabili guerre civili che scuotono il Sudan da anni. Il Sudan sta cercando di guadagnarsi il supporto diplomatico ed economico dell’Arabia Saudita. Ci vorrà un grande lavoro di riconciliazione per ricostruire insieme un Sud Sudan in pace” (FC n. 2 del 10 genn. 2016).
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