Post n°3541 pubblicato il 04 Marzo 2021 da namy0000
2021, Avvenire 4 marzo Gentile direttore, Massimo S. |
Post n°3540 pubblicato il 02 Marzo 2021 da namy0000
Tag: aereo, attualità, Coraggio, formula uno, macchine, memoria, mongolfiera, motore, paracadute, pilota, storia, tempo Il coraggio di David Purley. merita memoria dentro il tempo che ci spetta. Si chiamava David Purley. Era nato il 26 gennaio 1945 a Bognor Regis, un villaggio sulla Manica del West Sussex, Inghilterra. David fu pilota di corsa, in Formula 1, senza fortuna, per tre stagioni, 1973, ’74 e ’75. Ne scrivo qui perché fu grandiosa la sua storia umana, agganciata allo sport, che della vita è lo specchio più lindo, sempre.
Ne scrivo ora perché, ripensando a Purley trovo attualità e urgenza, dirò poi perché. Intanto, lui. Che da ragazzino salì di nascosto sul piccolo aereo del padre, accese il motore, decollò, svolazzò, atterrò felice e in salvo. Che da quel padre fu mandato in un collegio militare. Che entrò nei corpi speciali dell’esercito britannico. Coldstream Guard, paracadutisti assaltatori. Durante un lancio, il suo paracadute non si aprì. Si salvò afferrando in volo un compagno, atterrando aggrappato a lui.
Che in Belgio dentro un blindato saltò su una mina. Tutti morti, tranne lui. Che nel 1973, in Olanda vide la macchina del suo amico Roger Williamson in fiamme capovolta durante il Grand Prix. Si fermò, in una assoluta drammatica solitudine cercò per minuti interminabili di salvare inutilmente quel ragazzo innamorato della velocità come lo era lui. Che nel 1977, durante una prova a Silverstone si schiantò con la monoposto che aveva costruito subendo la più forte decelerazione mai vista su una pista. Acceleratore bloccato alla curva Becketts: da 173 orari a zero, in sessantasei centimetri, 29 fratture. Vivo.
Che cercò di riprendere a correre ma bisognava estrarlo dalla macchina perché da solo non ce la faceva. Che con una mongolfiera salì sino a 18 miglia di altitudine, 30 chilometri, stabilendo un record assoluto. Che si dedicò alle acrobazie aeree con un bellissimo Pitt Special. L’aereo al traino, carlinga, due ali di riserva, da montare per volare ovunque. Il 2 luglio 1985 con un ultraleggero, stava compiendo evoluzioni sul mare di Bognor Regis. Qualcosa andò peggio del solito, perse quota, si inabissò.
David aveva esaurito i crediti. Aveva poco più di quarant’anni. Morì dove tutto ebbe inizio. Sfidando il cielo di casa.
Correva con la tomaia delle scarpe tagliata sulla punta dei piedi, un sorriso da bimbo permanente, una gentilezza da antico signore. Lo incontrai che ero un ragazzo, quindicenne, nei box di Monza, poco dopo quel rogo del 1973 visto alla tele, un filmato che fa ancora male al cuore. Mi sembrava un gigante buono, un eroe inconsapevole e timido. Fissavo quei piedi, spuntavano dalle scarpe nei calzini bianchi mentre autografava il mio notes. Forse aveva addosso una scelleratezza incomprensibile, una voglia di morire dominante. Non so. Di certo era mosso da un coraggio superiore, qualcosa che impressiona, immaginandolo tra i capitoli scarni dalla sua biografia.
Per questo merita memoria, la merita ora. Coraggio, all’inizio di un anno come questo, dentro il tempo che ci spetta. È l’ingrediente più raro ma anche il più prezioso. Coraggio per darsi, per dare, senza calcolo o prezzo. Non serve per emulare Purley, è indispensabile per cercare di somigliargli solo un po’.
Lo dico mentre penso che con uomini così, esclusi dall’albo d’oro eppure campioni assoluti, vorrei vivere, vorrei fare, provare, stare per sempre. Dunque, coraggio. Almeno un po’. Coraggio. (Giorgio Terruzzi, Scarp de’ tenis, Febbr. 2021). |
Post n°3539 pubblicato il 02 Marzo 2021 da namy0000
Tag: dipendenze, evento, fatto, formare, giornali, informare, notizia, progetto, scolari, scuola, spazio, statistica, studenti, università Uno studente su tre è nella spirale degli stupefacenti. E la scuola che fa? Da agosto conosco Nicholas. È un giovane di 28 anni che fa uso di cocaina da quattordici. Non ha una casa. Non ha una residenza. Sua mamma, residente all’estero, è malata di tumore e depressa. Suo padre è uscito dal tunnel della droga dopo un’esperienza in carcere. Nicholas ha iniziato a farsi quando ancora era un ragazzo, quando frequentava la scuola.
Grazie a lui, ancora una volta, nella mia vita ho avuto modo di riflettere sulla dipendenza e sulla questione droga. Proprio mentre stavo dando una mano a Nicholas, da Palermo, mi è arrivata la notizia, scritta su Repubblica dal collega Salvo P., di una ragazza 30enne morta per droga nei vicoli del capoluogo siciliano. Ma chi ne parla? Avete visto forse un telegiornale dare questa notizia? Sui quotidiani nazionali si fa fatica a trovare spazio per un fatto che finisce nell’inserto locale della cronaca nera, se va bene. Da mesi quando accendiamo la Tv a qualsiasi ora del giorno e della notte, i talk show dei canali di Stato o quelli privati, quelli dei conduttori di sinistra e quelli di destra, parlano solo dell’emergenza Covid.
Il resto non conta più nulla. Non si parla più di disoccupazione, di occupazioni abusive, di disagio giovanile; di dipendenze, di povertà. Serve la giornata internazionale di questo o quell’evento per dedicare 120 secondi o due mila battute all’emergenza quotidiana. Poi tutto finisce in pochi minuti. Forse è il caso, invece, di soffermarci su un dato, da poco pubblicato, nella relazione annuale al Parlamento e redatta dal Dipartimento per le politiche antidroga: uno studente su tre è nella spirale degli stupefacenti. Il 3 per cento dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni è già schiavo della cocaina, e il 77,5 per cento dei consumatori ritiene di poterla reperire facilmente. L’87,5 per cento conosce i luoghi dove potrebbe trovare la “bamba”. Tra questi, nello specifico: oltre il 53 per cento si rivolgerebbe direttamente a uno spacciatore e/o al mercato della strada; il 45,5 per cento la troverebbe in discoteca, e il 40,9 per cento a casa di amici. Il 38,3 per cento la reperirebbe durante manifestazioni come rave e concerti; la scuola è indicata dal 18,7 per cento dei consumatori; la propria abitazione al 12,8 per cento; e oltre il 13 per cento la acquisterebbe su internet. Sono oltre 27.000 i ragazzi, pari all’1,1 per cento degli studenti che hanno riferito di aver fatto uso di eroina almeno una volta nella vita.
A partire dal 2015, le percentuali di tutte le tipologie di consumo non hanno subito sostanziali variazioni. Di fronte a questi dati, chi fa l’insegnate non può voltare lo sguardo dall’altra parte. In questi anni le politiche di prevenzione hanno fatto cilecca. Da quando sono entrato nel mondo dell’istruzione (2007) non ho visto un solo progetto per la scuola primaria sul tema delle dipendenze. Eppure il primo passo importante per ridurre i consumatori è la conoscenza, è mettere le persone nelle condizioni di sapere. Trent’anni fa già alle elementari si parlava di cannabis, di eroina: conservo nell’armadio una maglietta con una sorta di fumetto umoristico sul tema. Oggi più che mai abbiamo l’urgenza di iniziare a informare i nostri ragazzi, a partire dalle ultime classi della scuola primaria, dove non di rado ho visto bambini che giocano a fumare con sigarette di carta. Quei dati, quei numeri sono volti, storie di figli, di ex alunni che forse non hanno avuto una scuola dalla loro parte. (Alex C., Scarp de’ tenis, Febbr. 2021). |
Post n°3538 pubblicato il 24 Febbraio 2021 da namy0000
2021, Avvenire 23 febbr. Archeologia. Riemerge dal deserto la vita a Shahr-i Sokhta, la Pompei d'OrienteLa missione italo-iraniana nel sito Unesco ha portato alla luce importanti testimonianze della vita quotidiana nella città fissata dal deserto di sale a quattromila anni fa È chiamata la Pompei d'Oriente, ma a distruggerla e insieme conservarla non fu un vulcano ma le sabbie del deserto salato di Lut. Shahr-i Sokhta, nelle alture del Baluchistan, in Iran, è un fermoimmagine della storia. Il sito è oggetto di un Progetto archeologico multidisciplinare internazionale avviato nel 2016 dal dipartimento di Beni Culturali dell'Università del Salento che lo finanzia con il ministero degli Affari Esteri ed enti privati. La missione lavora congiuntamente Mansur Sajjadi per l'Iranian Center for Archaeological Research (che a Shahr-i Sokhta scavano dal 1997). Enrico Ascalone, direttore scientifico del progetto ha raccontato raccolto nel volume "Scavi e ricerche a Shahr-i Sokhta", che sarà presentato domani all'Università del Salento, una serie di nuove scoperte. Nata intorno alla seconda metà del quarto millennio a.C. nell'area del Sistan, non lontano dai confini con Pakistan e Afghanistan, collassata intorno al secondo millenio a.C. per cause ancora sconosciute e nella lista Unesco per il suo "valore universale", Shahr-i Sokhta era un fiorente centro di commercio e agricoltura, posto tra quattro grandi civiltà fluviali: Oxus, Indo, Tigri-Eufrate e Halil. «La nostra idea - ha raccontato in anteprima Ascalone all'Ansa - è che fosse una società strutturalmente eterarchica e non gerarchica. Diversi gruppi tribali coesistevano in pace, senza predominio uno sull'altro. Lo dimostrano le tipologie tombali e l'assenza di mura difensive, segno che non avevano apparato militare». Le concrezioni saline, poi, hanno sigillato reperti e strutture, restituendo agli archeologi interi spaccati di vita. «Su una superficie di 300 ettari, ne abbiamo scavato appena il 5% - dice ancora Ascalone - ma sappiamo che una delle attività più remunerative era il commercio di turchesi e bellissimi lapislazzuli. Gli edifici erano alti anche due metri, arricchiti di decorazioni parietali che, però, non rappresentavano figure, ma motivi geometrici. Lo stesso per giare, porte o sigilli: nessuna divinità, probabilmente perché senza un'elite al comando non c'era neanche bisogno di veicolare messaggi di propaganda. Di certo, amavano il lusso: ricoprivano i pavimenti con stuoie e usavano molte perle». Le ultime campagne di scavo hanno segnato due svolte. La prima, la datazione dello stesso centro, che gli esami sul carbone delle fornaci e delle cucine anticipano di 300 anni. Gli archeologi hanno trovato moltissime "proto-tavolette": «Sono rettangoli in argilla di 10 centimetri per 3 - spiega l'archeologo - Rudimentali, ma con annotazioni numeriche con linee e punti. Le abbiamo trovate diffusamente, anche in casa, e testimoniano una certa organizzazione sociale e amministrativa, oltre a una consuetudine ad annotare entrate e uscite. C'è anche un piccolo "metrino", un righello in argilla con linee distanti 1,1 centimetri. Sarà oggetto di studio, ma potrebbe essere stata la loro unità di misura, perché tutti i mattoni sono di misure multiple. Siamo nell'età del bronzo iraniano e questi rinvenimenti dimostrano l'inizio di un processo di urbanizzazione, che, secondo me, non si è compiuto proprio perché non esisteva un'elite. E perché non ci fu tempo». Perché "morì" Shahr-i Sokhta? "È il grande mistero da sciogliere ora - risponde Ascalone - Non ci fu un episodio scatenante come l'eruzione del Vesuvio. Il collasso, però, avvenne in pochi decenni». Per ora le analisi paleo-botaniche puntano l'indice sul clima. «Le variazioni dei monsoni avrebbero provocato ampie aree di siccità e queste una crisi commerciale ed economica». |
Post n°3537 pubblicato il 24 Febbraio 2021 da namy0000
Tag: aborto, concepimento, genitore, gestazione, intolleranza, madre, nascere, normalità, padre, parto, prepotenza, rifiuto, scarto, sordità, sordo, tutti uguali 2021, Avvenire 23 febbr. Anna B., la giovane che ha prestato il suo volto per la campagna di Pro Vita e Famiglia «Sono io, la ragazza del manifesto». Abbiamo scoperto, da un rapido sguardo sul profilo Facebook, che Anna è una ragazza di 23 anni con una marcia in più. Appena sotto il suo nome, sulla pagina social, si legge: «Essere sorda non è una disgrazia, ma una vittoria per la quale ho lottato». È stato quasi istintivo chiederle cosa significa questa frase. «L’ho tratta da una poesia che scrissi tanti anni fa, quando ancora ero una ragazzina – ci racconta –. Nella mia vita la sordità è stata spesso vista come una disgrazia, a scuola sono anche stata vittima di bullismo al punto che ho cambiato scuola tre volte. Infine questo mi ha portato a realizzare che la mia sordità mi ha insegnato ad essere più forte ad affrontare gli ostacoli quotidiani. Inoltre, ho scritto un romanzo verosimile che tratta la storia della mia sordità; e spero con tutto il cuore di riuscire a pubblicarlo un giorno per diffondere nel mondo un’adeguata consapevolezza di ciò che siamo». Questo tuo percorso dove ti ha portato? È terribile... L’aborto è un tema che divide, spesso causa contrapposizioni ideologiche. Secondo te perché non si riesce a parlare serenamente di questo tema? |
Inviato da: yarisdgl5
il 11/01/2021 alle 18:12
Inviato da: ReCassettaII
il 08/01/2021 alle 15:40
Inviato da: cassetta2
il 05/01/2021 alle 16:23
Inviato da: cassetta2
il 26/12/2020 alle 10:35
Inviato da: Dizzly
il 25/09/2020 alle 16:11