Post n°4111 pubblicato il 21 Marzo 2025 da namy0000
2025, FC n. 11 del 16 marzo Io influencer? In fondo lo siamo un po’ tutti. Ogni nostra azione, anche la più piccola, ha un impatto sugli altri, dice fra Stefano Bordignon, star su YouTube con oltre mezzo milione di iscritti al suo canale. Con le mie meditazioni on line cerco di contrastare il grande male di oggi: la solitudine. «Gestivo una birreria in cui ero sempre a contatto coi giovani. Era divertente, ma spesso quel divertimento diventava “scomposto”. Spesso mi sembrava di perdere solo tempo. Ho vissuto una vera e propria crisi umana e ho cercato di colmare questo vuoto interiore partendo dal Vangelo. Ho cominciato a leggerlo e ho scoperto un Gesù totalmente diverso da come lo immaginavo. Grazie a lui, la mia vita ha preso un significato più grande». È iniziato così il cammino spirituale che ha portato fra Stefano Bordignon ad abbracciare la vita religiosa, entrando nell’ordine dei Servi di Maria. (…) Ha raccolto queste meditazioni nel libro Abbi cura di te. Riscopri la bellezza di vivere (Piemme). «Coi miei contenuti desidero che le persone, attraverso la fede, trovino del tempo per se stesse. Spesso siamo stressati dai ritmi intensi della vita, sempre proiettati a guardare al di fuori di noi, e invece è importante guardare dentro, pregare, fare una meditazione, ascoltare il Vangelo». «Ho vissuto questo successo con grande gioia e altrettanta sorpresa. Mi fa piacere che le riflessioni quotidiane che propongo vengano accolte con favore da così tante persone. E qui arriva la sorpresa: non mi aspettavo che ci fossero tante persone con una “sete” spirituale così forte. Guardando alle nostre chiese e alle forme tradizionali d’evangelizzazione, si può avere l’impressione che la fede si stia desertificando, ma non è affatto così. Basta trovare, come ho fatto io nel mio piccolo, nuovi modi per portare la Parola del Signore e condividere con gli altri la gioia della fede». «La tecnologia offre tanti nuovi strumenti e ce ne offre sempre di più in futuro. Ci saranno dei cambiamenti, ma non credo che si arriverà a una “saturazione” vera e propria. Io faccio il possibile per cercare di annunciare il Vangelo nel migliore dei modi, di portare del bene alle persone. Spero che, anche grazie ai social, arrivi una nuova generazione che riesca a conquistare l’animo delle persone. Ci sono sempre spazi e modi nuovi per farlo. L’importane è che ognuno porti la verità di ciò che è. Io, per esempio, ho portato la mia semplicità e questo è piaciuto a tanti». «Nel libro ci sono due riflessioni sui problemi della società: la difficoltà di riconoscere il valore della dignità dell’essere umano e la solitudine, un problema condiviso da tanti, purtroppo. Con la mia opera, cerco di infondere speranza e coraggio in tutti coloro che si sentono abbandonati. Dio non abbandona mai e l’ascolto della sua Parola fa scoccare una scintilla nell’anima». |
Post n°4110 pubblicato il 18 Marzo 2025 da namy0000
Tag: costruttori, donarsi, dono, gratis, gratuito, numero crescente, riflessione, speranza, volontari, volontariato 2025, FC n.11 del 16 marzo In migliaia in Piazza San Pietro, a Roma, arrivati da tutto il mondo per il quinto appuntamento dell’anno santo, per il Giubileo dei Volontari. I Volontari. Un miracolo della tenerezza «Vi ringrazio molto, carissimi, perché sull’esempio di Gesù voi servite il prossimo senza servirvi del prossimo, per strada e tra le case, accanto ai malati, ai sofferenti, ai carcerati, coi giovani e con gli anziani, la vostra dedizione infonde speranza a tutta la società. Nei deserti della povertà e della solitudine, tanti piccoli gesti di servizio gratuito fanno fiorire germogli di umanità nuova: quel giardino che Dio ha sognato e continua a sognare per tutti noi», papa Francesco, dall’ospedale Gemelli, dove è ricoverato. I volontari applaudono, colorati e numerosissimi. Tra loro tanti giovani. Un numero crescente in Italia, come testimoniano i dati Istat che dicono che oggi raggiungono il 6,8 per cento (erano 3,8 nel 2021) di quegli oltre 4.000.000 di italiani che danno un po’ del loro tempo per il bene degli altri. Sottolinea la presidente della Federazione organismi cristiani di servizio internazionale volontario: «Abbiamo voluto lanciare un segnale di riflessione e di speranza. Noi rappresentiamo 97 soci che lavorano in 80 Paesi del mondo. Con la nostra presenza al Giubileo abbiamo pensato ci raccontare che ci sono migliaia di donne e uomini che sentono e riconoscono il dolore del mondo. Che vedono le ferite della guerra, del cambiamento climatico, delle ingiustizie. E che non si voltano dall’altra parte, ma provano a fare qualcosa. Perché non basta la denuncia, bisogna anche agire. E allora cerchiamo di donare tempo, vita, competenze, capacità per cercare di dare il nostro contributo perché le diseguaglianze diminuiscano, perché la grammatica dei diritti diventi pratica quotidiana». ….. Tra noi c’è chi cura la biblioteca, quello che va a raccattare la carta intorno ai fiumi, chi si occupa degli incendi boschivi, noi che siamo impegnati ndl campo assistenziale soprattutto dei più fragili. ….. Ha dichiarato papa Francesco, «una profezia, perché testimonia il primato della gratuità, della solidarietà e del servizio ai più bisognosi». Un «”miracolo di tenerezza”, che accompagna chi è nella prova portando un po’ di luce nella notte del dolore». |
Post n°4109 pubblicato il 14 Marzo 2025 da namy0000
Tag: ambiente, aquila, balenottera, fringuelli, gufi reali, lontre, natura, oasi naturali, orso, parchi naturali, pispole, specie, wwf 2025, FC n. 10 del 9 marzo Fulcro Pratesi. Il padre di Wwf Italia Fondatore e presidente onorario del Wwf Italia, nato nel 1934, è morto l’1 marzo scorso, a Roma, a 90 anni. Architetto, giornalista e illustratore, è stato un visionario capace di ispirare generazioni di ambientalisti. «La natura è tutto», diceva, «è ciò che ci salva dalla specie più dannosa: l’uomo». Dal lupo all’orso bruno marsicano, passando per l’aquila e la balenottera, il suo impegno ha portato alla salvaguardia di specie animali e vegetali e come di habitat fondamentali – sono oltre 100 oggi le oasi Wwf nella Penisola. “Nato” cacciatore, durante una battuta in Turchia ebbe come una conversione: «Davanti a me mamma orsa insieme ai suoi tre piccoli apparve come una visione, mi passò davanti, senza guardarmi. Mi sentii come san Paolo sulla via di Damasco e capii che dovevo cambiare vita», ricordava anche nell’ultima intervista al periodico dell’associazione, Panda. Così decise di dedicarsi completamente alla natura. Riunì alcuni amici e, su suggerimento del Wwf svizzera, fondarono il Wwf Italia. Era il 1966 e con la moglie Fabrizia, compagna di vita e d’impegno, stavano aspettando il quarto figlio. «All’epoca esistevano solo quattro Parchi naturali. Si potevano uccidere, legalmente, lupi e gufi reali, aquile e lontre, fringuelli e pispole. Scelsi di fare qualcosa di concreto: prendere una riserva di caccia e salvarla. Partii dalle paludi, le aree più odiate». Di lì in avanti, decenni di impegno e di traguardi ambientali: «Conoscere la natura, osservarla, amarla e difenderla: la vita è questo, null’altro. So che nell’altro mondo c’è qualcuno che mi sta aspettando, so che quando sarà il mio momento il Padre eterno dirà “questo è stato bravo, teniamolo da conto” perché ha apprezzato la bellezza di quanto ci è stato donato». |
Post n°4108 pubblicato il 10 Marzo 2025 da namy0000
2025, Avvenire, 5 marzo «Cece del mio cuore, sei stato coraggioso fino alla fine». L’addio di una mammaCosì Valentina Mastroianni ha raccontato sul suo blog la morte di Cesare, 6 anni, affetto da una malattia rara. La complicata storia del piccolo seguita su Facebook e Instagram da 600mila persone «Ciao Cece del mio cuore, sei stato coraggioso, senza paura, fino alla fine. Circondati dal nostro amore, grazie agli angeli del guscio, sei andato via da questa vita a cui tu hai dato tanto, senza chiedere niente. Ti ho fatto una promessa: non essere arrabbiata con questa vita. E ce la metterò tutta per far sì che il mio cuore urli solo cose belle in tuo nome. Tu ora vai, finalmente libero! Corri Cece, veloce come la luce, braccia aperte e vai». Così Valentina Mastroianni ha voluto comunicare sui suoi seguitissimi profili social la morte del suo terzogenito Cesare Zambon, morto a 6 anni lo scorso 21 febbraio 2025 all’hospice pediatrico “Il guscio” dell’ospedale Gaslini di Genova. Affetto da neurofibromatosi, malattia rara che colpisce una persona su circa 3.500-4.000, il bambino aveva perso la vista a 18 mesi a causa della patologia e aveva un tumore cerebrale che negli ultimi mesi gli aveva impedito di camminare, parlare, mangiare da solo. La madre Valentina aveva deciso di far conoscere la storia di suo figlio tramite un blog, poi attraverso la pagina Facebook (seguita da quasi 169 mila persone) e Instagram, con l’account “La storia di Cesare” che conta 429 mila follower. Con De Agostini ha pubblicato a settembre 2023 il bestseller “La storia di Cesare. Scegliere a occhi chiusi la felicità” e qualche mese fa – esattamente un anno dopo dal primo volume – è uscito “E voleremo sopra la paura. Noi e Cesare, mano nella mano”, in cui l’autrice scrive: «La storia di Cece, la nostra storia, ci ha mostrato che imparare a nuotare non sarebbe stato sufficiente. Cercare un equilibrio, nemmeno. Avremmo dovuto, in qualche modo, imparare a volare. Al di sopra del dolore, di ogni brutta notizia o difficoltà, persino della paura della morte. Sopra la follia. E noi voliamo, sogniamo, cambiamo. Sono sempre stati loro, i cambiamenti, a spezzare quella catena maledetta che ha legato tanti momenti della mia vita, dalla mia infanzia fino a qui. Voglio che sia così anche questa volta. Per Cece, Ale, Terry e Federico. Per me. Per noi». Valentina si è mostrata spesso sorridente, in tutta la sua bellezza, spiazzando chi immagina che una mamma sofferente debba essere sciatta, trasandata: «Io tengo molto al mio aspetto, è vero. Cerco di prendermi cura di me anche quando sarebbe molto più facile trascurarsi, lasciar perdere, focalizzare le energie su altre preoccupazioni. È il mio modo per fronteggiare la bestia contro cui sta combattendo mio figlio, e un po’ anche noi, e dirle: non mi butti giù, io sono forte, non mi lascio andare. Quando mi guardo allo specchio, voglio riconoscermi. E voglio farlo non solo come mamma di un bambino con il tumore, ma come Valentina, una donna, un essere umano. Proprio perché siamo innanzitutto persone, però, noi mamme non siamo tutte uguali e di certo non abbiamo lo stesso modo di reagire al buio», scrive nel libro, svelando anche di essere stata abusata da suo padre da bambina, per la prima volta all’età di sette anni, dopo che i suoi genitori si erano separati. Eppure questo trauma profondissimo non ha congelato la sua vita e la sua affettività ferita: «Tornare indietro è impossibile, ma c’è una cosa che, nel nostro piccolo, possiamo fare: cambiare il presente. Se non per salvare noi stessi, almeno i nostri figli, le persone che amiamo, le generazioni dopo di noi. Non è ancora troppo tardi». Anzi, Valentina ha trovato nell’amare una terapia infallibile: «Ho sempre pensato che fare del bene, in qualche modo, ci salvi. Dicono infatti che chi compie gesti di altruismo lo faccia per amore del prossimo, principalmente, ma in piccola parte anche per se stesso. A me, per esempio, salva dal vedere tutto nero, dal concentrarmi così tanto sulla malattia di Cece, sulla paura, sulle difficoltà della nostra famiglia, da non riuscire più ad alzare la testa. Invece, a volte, è tutto ciò che dovremmo fare: alzare la testa e guardarci attorno. C’è così tanto bisogno di prenderci cura gli uni degli altri», scrive. E aggiunge: «Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Una delle lezioni che la nostra folle maratona ci ha impartito, forse con qualche schiaffo di troppo, è proprio questa. Anzi, a pensarci bene, ancora prima della malattia di Cece, è stato il mio passato a insegnarmelo». In lei è maturata una consapevolezza: «In questi anni mi sono resa conto con stupore che i bambini come Cece non sono solo figli dei propri genitori. Cesare non è soltanto figlio mio, ma è figlio della comunità. Di quella comunità che deve avere cura dei più deboli, e non può, non deve, voltarsi dall’altra parte. Per chi lotta contro una malattia. Per chi prova a sopravvivere a un abuso, a guarire da traumi e a non lasciarsi definire dal male che gli è stato inferto. Per chi manifesta il proprio disagio e chi invece, per mille motivi, lo tiene chiuso a chiave dentro di sé. Per le famiglie come la nostra, per le storie travagliate come la nostra, sentirsi soli è terribilmente facile, ed è già una sconfitta». Il volume si chiude con tanti ringraziamenti a familiari, amici, conoscenti, anche ai followers: «l’energia positiva che ci mandate è così preziosa e ci arriva ovunque siamo. Grazie a chi, proprio attraverso i social, è riuscito poi a entrare nella nostra vita, quella che c’è dietro lo schermo». E al suo Cesare: «Un genitore crede di avere tanto da insegnare ai propri figli e invece sono io che ho imparato a vivere grazie a te». E in un post del 6 febbraio Valentina scrive: «L’unica certezza è l’amore. L’amore per Cece. Per la vita. L’amore che ci unisce. Ogni respiro. Ogni istante. Sapere che siamo fortunati. Per tutto il tempo avuto. Per tutta la vita goduta. Per i sorrisi inattesi». |
Post n°4107 pubblicato il 08 Marzo 2025 da namy0000
2025, FC n. 9 del 2 marzo Il 3 marzo compie 20 anni Domus de Luna, la realtà sarda nata per rispondere ai bisogni del territorio La forza di una rete che abbraccia le fragilità di grandi e piccini È una scelta nata sui banchi di scuola quella di Ugo B. e della moglie Petra P. «Già allora sapevamo che avremmo voluto una famiglia allargata», racconta Ugo, fondatore insieme a Petra di Domus de Luna, la realtà del Terzo settore sarda che oggi conta 200 operatori e altrettanti volontari. «Un futuro insieme e una casa in cui avremmo vissuto con bambini nostri e in adozione o in affido. Avvicinarci a conoscere quel mondo ha fatto la differenza». L’altro ingrediente è stata la Sardegna. «Qui gli orizzonti sono più lunghi e il tempo è come se trascorresse più lento, lo senti nel diaframma, favorisce pensieri accelerati su cosa vuoi fare da grande, cosa ti interessa davvero. Dopo anni in una multinazionale mi potevo permettere un periodo sabbatico». La scintilla è stata la chiusura, nel 2005, degli orfanotrofi. Ugo per mesi ha girato, incontrato, studiato il settore mettendo a servizio di questo nuovo progetto le sue competenze manageriali «per capire come funzionasse, quali fossero i servizi migliori. Il nome della nostra realtà? Nasce dalle porte “pubbliche” e ”private” a cui abbiamo bussato per proporre un modello nuovo, il nostro. La risposta? Sempre la stessa: “Voi volete la luna”. Ecco il nome della nostra fondazione, Domus de Luna con l’idea di “portar giù” la luna e trasformarla in casa». Il 3 marzo prossimo, questa realtà nata «per testimoniare serietà e solidità nei confronti dei bisogni delle persone» compie vent’anni. Nel tempo le case si sono moltiplicate: «Prima ci siamo occupati di dare un posto ai bambini, poi però quei bimbi crescono e che fai? Non ne fai una per quelli che ormai sono diventati dei ragazzini? Poi arrivano i più piccoli con le loro mamme, non crei una casa per loro?». E così nasce Casa delle Stelle, «che a sua volta genera comunità di accoglienza per mamme, ragazzi e bambini, spesso vittime di incuria grave, maltrattamento, abuso». Sa Domu Pitticca, «perché in sardo c’è un detto, su coru est mannu, ovvero “nella casa piccola c’è un cuore grande”, con l’intento di offrire cura e terapia a famiglie in difficoltà. Nella comunità di Domus de Luna a oggi sono stati ospitati 300 piccoli e meno piccoli». E ancora, l’Exmé nell’ex mercato di Pirri a Cagliari, «luogo di cura con la musica e le arti ispirato a Exodus di don Antonio Mazzi che sostenevo nella mia precedente vita. Un luogo di prevenzione con strumenti “vecchi” ma sempre attuali, come l’hip hop, il calcio o la street art che ogni anno raggiunge più di mille giovani. Tra loro chi vive una diversità psicofisica trova Casa Futuro per costruire una prospettiva indipendente». Una realtà, quella di Domus de Luna, che negli anni ha preso la forma dei bisogni del territorio e delle persone. «Dal 2020, con l’emergenza del Covid, distribuiamo beni di prima necessità alle famiglie con bambini piccoli (cibo, pannolini ecc.) grazie al progetto Ti abbraccio. Dopo esserci occupati dei più piccoli e dei ragazzi, ci siamo occupati del loro futuro lavorativo. E così è nata la Cooperativa dei Buoni e Cattivi, un’impresa sociale che offre opportunità di riscatto a chi ha vissuto fuori famiglia, a giovani del circuito penale, minori stranieri non accompagnati, ragazzi con disabilità: più di 140 ragazzi e donne in situazione di svantaggio qui hanno trovato la loro occasione». Ultimo atto, per ora, di questa lunga storia fatta di «trame trasversali», conclude Ugo, «dove il privato sociale – tra tutti, presenti da sempre, Con i Bambini e Fondazione con il Sud, ma anche Enel cuore Onlus e Fondazione San Zeno – il pubblico e la Chiesa collaborano per il bene comune» è l’Oasi del Cervo e della Luna, la più grande riserva naturale del Wwf in Italia «che combina lavoro e riscatto sociale, protezione ed educazione ambientale e dove, con la gestione di ristoranti e alberghi rurali, si impegnano persone fragili mentre si lavora alla tutela della natura con i giovani». E la cooperativa agricola Molto sociale con i suoi sei ettari di terreno di cui… dice tutto il nome. |
Inviato da: vitaslim
il 08/09/2024 alle 08:55
Inviato da: vitaslim
il 08/09/2024 alle 08:54
Inviato da: animasug
il 13/08/2024 alle 15:52
Inviato da: cassetta2
il 05/08/2024 alle 10:19
Inviato da: dailynews1
il 31/07/2024 alle 12:22