Post n°2086 pubblicato il
11 Marzo 2017 da
namy0000
“Un ragazzo osa la domanda più cruda, logica, necessaria: ‹‹Com’è che uno che nel 1968 voleva fare la rivoluzione s’è schierato così con il potere?››. Risponde Sergio Cusani, 68 anni, condannato per corruzione per Enimont ed Eni Sai, ha finito nel 2000 di scontare la pena (è stato 4 anni in carcere e sei mesi ai servizi sociali) e dal 2009 è riabilitato per lo Stato. Collabora con Fiom-Cgil e si occupa dei diritti dei detenuti. ‹‹Ero nato nella bambagia, a 17 anni contestai mio padre, molto autoritario, e me ne andai di casa. Quando nel 1973 Roberto Franceschi, mio compagno, fu ucciso da un proiettile sparato dalla polizia davanti alla Bocconi, la mia università, per tirarmi fuori, mi presentò suo padre, Aldo R., grande concessionario di Borsa. Studiavo economia, mi presi un abito buono e iniziai a seguire la finanza. Mio padre mi affidò dei soldi da gestire, li persi: “Erano i soldi per la tua casa a Milano”, mi disse. Lo sfidai: “Diventerò più ricco di te”. Ma come capita ai figli che contestano i padri e poi ne riproducono inconsciamente il modello, ai tempi ero affascinato dalle figure forti, decisioniste: Serafino Ferruzzi, Bettino Craxi, Raul Gardini… Sono entrato nel meccanismo del potere e ne ho subìto il fascino, perverso››” (FC n. 11 del 12 marzo 2017).
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