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La mia scuola
Post n°2113 pubblicato il 21 Marzo 2017 da namy0000
“Cara professoressa, sono la mamma di un ragazzo di 12 anni. Francesco ha svolto un tema sulla scuola: ‹‹La mia scuola, me l’aspettavo migliore: più studio e meno note o “versi”. I compagni sono gentili però ce ne sono otto o nove che mi disturbano sempre. Le scuole medie sono il peggio, è il periodo in cui non impari niente, sono quei tre anni in cui perdi tutto, dagli amici all’immaginazione, alla fantasia, dal bello della vita alla voglia di imparare››. La professoressa ci ha convocato per discuterne. Lo abbiamo sollecitato a scrivere per elaborare il disagio: il frutto è stato un appello all’insegnante, l’invito a capire i bisogni di ogni persona, a ‹‹girare per i banchi››, a unire i gruppetti presenti in classe – Alida”. “Cara Alida, gli anni della scuola media sono quelli in cui si entra in contatto con la più grande varietà di “versi”. Chi si forma per stare al di qua della cattedra sogna quelli della poesia, prova a spiegare qualche sonetto. Chi sta tra i banchi vive invece di pernacchie, fischi, richiami a distanza di ogni sorta. Due mondi contrapposti che si lanciano note e bassi voti di condotta da una parte, sfide continue o atti di bullismo dall’altra. Tuo figlio Francesco sta nel mezzo ed è sofferente. Ma proprio nel suo invito alla prof. sta la soluzione. È finito il tempo in cui l’obiettivo di un buon insegnante era mantenere la disciplina: oggi occorre lavorare per costruire un ambiente adatto all’apprendimento e per motivare gli studenti, guardando alle risorse di ognuno. Finalmente la scuola ha capito ciò che nelle aziende è noto da un po’: costruire buone relazioni aumenta il rendimento. A me pare che la collega ci stia provando, il tema che ha costretto i ragazzi a raccontarsi è un chiaro segnale di ascolto. Ma non è facile, si procede per tentativi ed errori. Conta che anche i genitori contribuiscano, che chi ha fatto un figlio vivace si senta ascoltato, dai prof. e dalle mamme degli altri, che non venga isolato. Nei miei quasi 15 anni di esperienza alle medie ne ho viste davvero tante. Nelle classi in cui si lavora bene all’inizio della prima ci si è dedicati alla conoscenza reciproca, spesso realizzando lavori di gruppo. Anni fa, con uno dei miei allievi più vivaci, famiglia separata con padre assente, ho trovato un barlume quando ho scoperto che amava il rap. Abbiamo scritto un testo, lui l’ha cantato e suonato: ha imparato così le regole della metrica e un po’ di figure retoriche. Ma soprattutto ha dato alla classe un’immagine di sé positiva, si è fatto apprezzare anche per un altro genere di versi. E il suo comportamento è cambiato – Maria Gallelli, Insegnante” (Pubblicato su FC n. 12 del 19 marzo 2017). |
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