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La burocrazia non

Post n°2193 pubblicato il 18 Maggio 2017 da namy0000
 

“La burocrazia non piace a nessuno, eppure sembra che in un modo o nell’altro ce ne sia sempre di più. Ne vediamo gli effetti in ogni aspetto della nostra vita. La burocrazia è diventata l’acqua in cui nuotiamo: ci riempie le giornate con le sue scartoffie e con i suoi moduli sempre più lunghi e complicati. Semplici bollette, multe e moduli d’iscrizione sono ormai regolarmente accompagnati da pagine e pagine di documentazione in legalese. Almeno fino all’ottocento, l’idea che l’economia di mercato fosse indipendente e contrapposta al governo è stata usata per giustificare misure economiche improntate al laissez faire, con l’obiettivo di limitare il ruolo dello stato. Questo effetto, però, non c’è mai stato. Tanto per cominciare, il liberismo inglese non ha portato a una riduzione della burocrazia statale. Anzi, è stata la proliferazione di consulenti legali, cancellieri, ispettori, notai e funzionari di polizia a rendere possibile il sogno liberale di un mondo di liberi contratti tra individui autonomi. E non ci sono ormai molti dubbi sul fatto che per mandare avanti un’economia di mercato servono mille volte più scartoffie che nella monarchia assoluta di Luigi XIV. Viviamo in un’epoca di “burocratizzazione totale”. C’è una scuola di pensiero secondo cui la burocrazia tende a espandersi seguendo una logica interna, perversa ma inesorabile. L’argomentazione è la seguente: se per risolvere un problema si crea una struttura burocratica, questa struttura invariabilmente finirà per creare altri problemi che, a loro volta, sembreranno risolvibili solo per via burocratica. Una variante di questa teoria dice che una burocrazia, una volta creata, farà in modo di rendersi indispensabile, cercando di esercitare un potere a prescindere da quello che vuole farne. “Ogni burocrazia si adopera per rafforzare la superiorità della sua posizione, mantenendo segrete le sue informazioni e le sue intenzioni. Nella misura in cui ne è capace, nasconde le sue informazioni e le sue azioni allo scrutinio critico”, scrive Max Weber, uno dei maggiori intellettuali tedeschi vissuti tra l’ottocento e il novecento. Come osserva la stesso Weber, un effetto collaterale è che quando si crea una burocrazia è quasi impossibile sbarazzarsene. Le primissime burocrazie di cui siamo a conoscenza risalgono alle civiltà della Mesopotamia e dell’antico Egitto, e rimasero praticamente intatte per secoli, resistendo al succedersi delle dinastie e delle élite dominanti. In modo simile, ripetute ondate di invasioni non bastarono a sradicare l’amministrazione cinese che, con le sue strutture burocratiche, le sue relazioni e i suoi sistemi di valutazione, rimase saldamente al suo posto a prescindere da chi, volta per volta, rivendicava il mandato del cielo. L’unico modo per sbarazzarsi di una burocrazia consolidata, secondo Weber, è semplicemente eliminarne tutti i componenti, come fecero Alarico e i goti nella Roma imperiale o Genghis Khan in alcune zone del Medio Oriente. Il fascino delle procedure burocratiche sta nella loro impersonalità. I rapporti burocratici, freddi e impersonali, sono molto simili alle transazioni finanziarie: da un lato sono privi di anima e dall’altro sono semplici, prevedibili e trattano tutti più o meno allo stesso modo. La burocrazia ci permette di interagire con altre persone senza doverci impegnare in complesse ed estenuanti forme di relazione. Questa sicuramente è una parte del fascino della burocrazia. Le relazioni impersonali, favorite dalle burocrazie, non sono solo comode e convenienti. Se Weber ha potuto descrivere la burocrazia come l’incarnazione stessa dell’efficienza razionale è perché nella Germania dei suoi tempi le istituzioni burocratiche funzionavano davvero. L’istituzione simbolo, l’orgoglio dell’amministrazione tedesca, era l’ufficio postale. Alla fine dell’ottocento, il servizio postale tedesco era considerato una delle grandi meraviglie del mondo moderno. La sua efficienza era leggendaria e gettò una specie di ombra spaventosa su tutto il novecento. Storicamente, i servizi postali emergono dall’organizzazione degli eserciti e degli imperi. In origine erano un modo per trasmettere rapporti operativi e ordini a lunga distanza. L’impero romano aveva un sistema simile, e più o meno tutti gli eserciti adottavano sistemi di corrieri postali finché nel 1805 Napoleone non passò all’alfabeto semaforico. In Europa, molte delle istituzioni centrali di quello che sarebbe poi diventato lo stato sociale (dalla previdenza sociale alle pensioni, dalle biblioteche pubbliche agli ospedali pubblici) non sono state create dai governi, ma dai sindacati, dalle organizzazioni di quartiere, dalle cooperative, dalle associazioni  e dai partiti operai. Cos’è l’email se non un gigantesco ufficio postale elettronico superefficiente? Non ha forse creato a sua volta l’illusione di una nuova forma di economia cooperativa che nasce dalle spoglie del capitalismo, per poi inondarci di truffe, pubblicità e offerte commerciali indesiderate, dando la possibilità allo stato di spiarci in modi sempre nuovi e più creativi? È significativo che, pur nascendo in ambito militare, il servizio postale e internet siano considerati entrambi strumenti che impiegano tecnologie militari per scopi squisitamente antimilitaristi. In tutti e due i casi, una forma di comunicazione minimalista e ridotta all’osso, tipica dei sistemi militari, si trasforma in una piattaforma invisibile per costruire tutto quello che non è: sogni, progetti, dichiarazioni d’amore e passione, effusioni artistiche, manifesti sovversivi e qualsiasi altra cosa. Ma questo vuol dire anche che la burocrazia ci attrae e ci sembra più liberatoria proprio nel momento in cui scompare: quando, cioè, diventa talmente razionale e affidabile che ci illudiamo di poterci addormentare su un letto di numeri e di ritrovarli al risveglio tutti al loro posto. I computer hanno avuto un ruolo cruciale in tutto questo. Il guaio è che tutto questo è successo dopo la caduta dell’orribile e antiquato socialismo burocratico e il trionfo della libertà e del mercato. Certamente è uno dei grandi paradossi della vita contemporanea, ma a quanto pare siamo diventati sempre più restii ad affrontare la questione. La burocrazia incanta quando diventa una sorta di tecnologia poetica. Per gran parte della storia, questo potere è stato in mano agli imperatori o ai comandanti degli eserciti vittoriosi, perciò potremmo addirittura parlare di una democratizzazione del despotismo. Un tempo, il privilegio di alzare la mano e far sì che un esercito invisibile di ruote e ingranaggi si organizzasse da solo per soddisfare i propri capricci era riservato a pochi eletti. Nel mondo contemporaneo può essere suddiviso in milioni di pezzi piccolissimi e messo a disposizione di chiunque sappia scrivere una lettera o schiacciare un interruttore” (David Graeber, antropologo, Financial Times, Regno Unito, da L’utopia delle regole, pubblicato in Italia da Internazionale n. 1104 del 29 maggio 2015).

 
 
 
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