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Trattati internazionali
Post n°2209 pubblicato il 27 Maggio 2017 da namy0000
Trattati di libero scambio. Dei due trattati tanto discussi dopo la loro scoperta casuale, il Ttip e il Ceta, non se ne sente più parlare. Immediatamente dopo l’approvazione da parte dell’Unione europea del Ceta, il 5 febbraio di quest’anno, è calato il sipario. Tutto tace. Il Ttip, riguarda la più grande area di libero scambio esistente con la metà del Pil mondiale e un terzo del commercio globale. Il Ceta è stato approvato ed è - anche se in attesa delle approvazioni definitive, che devono esprimere i parlamenti dei Paesi membri dell’Ue - in vigore. Oppure è la quiete che annuncia una tempesta ancora più forte, qual è – a mio parere – quella che porta alla definitiva approvazione del Ceta e, con essa, alla discussione di un identico trattato, il Ttip, con gli Stati Uniti d’America. Un trattato, per il momento, bloccato dal neo presidente Trump, che, nel rispetto delle sue dichiarazioni fatte durante la campagna elettorale, continua la sua battaglia contro i trattati e i globalismi. Uno dei suoi primi atti è stato quello di non riconoscere il TPP (Trans Pacific Partneriato), l’accordo sottoscritto dagli Stati Uniti con altri 11 Paesi che danno sull’Oceano Pacifico.
Per ora vige la regola del silenzio. Un silenzio sospetto che deve preoccupare, sapendo che per le multinazionali - europee, americane o canadesi, non importa - niente è casuale quando si tratta di affari e di fatti eclatanti, come sono questi due accordi, che vedono protagonista l’Europa e, con essa, i due Paesi del Nord America….. Ecco il silenzio, elemento decisivo di questi trattati preparati da esperti che, in tutta segretezza, da anni stavano lavorando per la messa a punto dei testi da far sottoscrivere per la loro approvazione, ai diretti interessati, l’Unione europea, il Canada e gli Stati Uniti. Il silenzio che – viene facile da pensare – deve servire alle lobby per convincere, dopo aver convinto il Consiglio europeo, i governi e i parlamenti nazionali, sapendo bene che la questione è più complicata, visto che ci sono già stati pronunciamenti contrari da parte di alcuni governi nazionali e regionali. Ecco quel lungo silenzio di anni è tornato -- ripeto - subito dopo l’approvazione del Ceta, a rivivere come allora. Meno se ne parla e meglio è per non rischiare che vada a monte un’operazione fondamentale che ritma la marcia della liberalizzazione e della privatizzazione. Un’idea fissa delle multinazionali che continuano a pensare e a credere che la terra ha risorse e beni illimitati e, come tale, operare per appropriarsene e consumarle una volta messe sul mercato e con il solo scopo di accumulare più denaro possibile. Follia che, ogni giorno di più, sta contaminando il mondo con la terra costretta a reagire e, da un po’ di tempo a questa parte, a vendicarsi con il clima impazzito (non a caso), il cibo e l’acqua inquinati, gli esodi di massa. La possibilità di far esprimere i Parlamenti nazionali è una straordinaria opportunità da cogliere per squarciare il silenzio in atto e gridare con più forza “No Ceta, No Ttip”, soprattutto per salvare i nostri territori che sono la nostra identità e la sola risorsa che abbiamo per programmare il domani, il nostro domani e quello dei nostri figli. Diciamo ancora No a chi vuole questi trattati e costringiamo partiti e movimenti ad esprimersi in questa campagna elettorale per capire con chi stanno, se con i nostri piccoli preziosi territori - origine di qualità del nostro cibo, fonti di paesaggi unici, espressioni di storia, cultura, tradizioni – o contro di essi a sostenere i voleri della finanza, delle multinazionali, della globalizzazione più spietata. (di Pasquale Di Lena - pubblicato il 26 maggio 2017 in Pensieri e Parole > Editoriali) |
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