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Una mostra a Caserta

Post n°2294 pubblicato il 31 Luglio 2017 da namy0000
 

Una mostra a Caserta: da terra dei fuochi a terra dei fiori. Così sbocciano colori e futuro. Bellezza e armonia fanno vincere la vita, rafforzando la legalità. L’originale “contro narrazione” della zona d’Italia più inquinata dai rifiuti e avvelenata dalla criminalità. Presto si replica a Verona.

Gerbere e crisantemi. Bellissimi, freschi, colorati. Cuciti a mano o appuntati con la colla, uno per uno, su mantelli e drappi. La vita e la morte che si intrecciano per restituire l’uomo alla natura. E la natura a sé stessa. È di grande effetto la performance degli artisti Sasha Vinci e Maria Grazia Gallesi che portano la loro grazia in ambienti e luoghi lasciati all’incuria dalla distrazione degli uomini o violentati da abusi e illegalità. Interamente ricoperti da questa sorta di burqa realizzati a mano e tempestati di fiori impersonano, anzi diventano essi stessi, la fragilità della vita e l’eterno rinascere. ‹‹Armati di petali››, come scrive Daniele Capra, curatore della mostra che si è tenuta nella Reggia di Caserta e che si replicherà a Verona dopo l’estate, i due artisti sono capaci di rendere omaggio all’ambiente sfigurato per cominciare a sanarlo. ‹‹Per questo››, spiega il gallerista campano Gerardo Giurin, ‹‹li ho cercati e li ho portati qui, nella Reggia di Caserta, a due passi dalla Terra dei fuochi, in una mostra che abbiamo intitolato, proprio per contrasto con i luoghi inquinati e mortali, Terra dei fiori››. Un progetto sociale, oltre che estetico ed artistico, ‹‹come è la linea della mia galleria. Questi fiori così intrecciati ci dicono che dobbiamo pentirci perché dobbiamo ricordarci che dobbiamo “vivere”, non che dobbiamo “morire”. Si pensa sempre al Paradiso come qualcosa che dovrà venire, invece gli artisti immaginano un Paradiso che è qui e quindi va difeso oggi, giorno dopo giorno. Il messaggio è quello di un corpo che, quando muore, va a nutrire la terra e dunque fiorisce. Un ciclo che non bisogna interrompere. La vera morte è quando la terra, il pianeta, non è preservata. E qui, nel Casertano, lo stiamo vedendo con i nostri occhi. Abbiamo perso l’immortalità, perché questa non è più una terra che sboccia. Che dà continuamente vita. non siamo più la terra Felix, come gli antichi chiamavano questi luoghi per indicarne la fertilità››….. Ci sono i nomi delle aziende “pulite” che hanno sponsorizzato l’evento. ‹‹Volevo che ci fosse una coerenza con il messaggio della mostra››, sottolinea il gallerista. ‹‹Per questo, più che cercare semplici finanziamenti, ho voluto che a sponsorizzare questo evento ci fossero imprese e privati al di sopra di ogni sospetto, che non avessero ombre di collusioni. Soprattutto che fossero vicini al messaggio che vogliamo lanciare sul rispetto della natura e dell'ambiente››. Tra questi Olevo.it, un’azienda che si occupa di tutela e diffusione dell’olio extravergine di qualità. A Federica Lorenzetti si illuminano gli occhi, mentre parla della sua azienda con grazia e caparbietà. ‹‹Negli ulivi c’è una sapienza antica, sono piante secolari capaci di sopravvivere in condizioni difficili, che hanno una memoria superiore a quella di tante generazioni. Da loro dovremmo imparare per salvaguardare la natura››, racconta, mentre mostra le confezioni prodotte apposta per la mostra. ‹‹C’è chi ha offerto la cena per gli artisti, chi l’alloggio››, continua Giurin, ‹‹con l’idea che ciascuno concorre con la sua competenza e la sua passione alla realizzazione di un grande progetto››. Quello di riproporre la vita e la bellezza. I grandi poliedri ricoperti di fiori, simbolo fin dall’antichità di equilibrio e conoscenza, disseminano la mostra. Conducono il visitatore attraverso le foto e i disegni, per ritrovare la memoria. Per riprendere a costruire – proprio da quei mattoni esposti in mostra che sono la base di ogni edificare – un futuro diverso da quello mortifero che sta aggredendo l’ambiente e la vita. ‹‹Il territorio campano››, conclude Daniele Capra, ‹‹può essere anche la terra dei fiori. L’arte, che si propone di cambiare il mondo, deve suggerire una percorribile pratica di salvezza. E, forse, anche dall’estremo abbandono possono germinare onestà, bellezza, dignità››. (Annachiara Valle, FC n. 31 del 30 luglio 2017).

 
 
 
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