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L'adolescenza è un tempo bello
Post n°2873 pubblicato il 04 Dicembre 2018 da namy0000
Tag: Adolescenza, costruzione, maestro, maps, montagna, progetto, ragazzi, sogno, strada, studio, telefono, tempo bello, virtuale Cosa può aver spinto un ragazzo di 14 anni ad accoltellare un suo coetaneo? E dove ha trovato il coraggio per farlo? Gli adolescenti si preparano a scalare la montagna della vita, hanno bisogno di uno zaino zeppo di studio, educazione, sogni, progetti. Necessitano di maestri che siano anche testimoni credibili nell’indicare loro la strada da seguire, le trappole da evitare. L’adolescenza è un tempo bello e difficile, non si è più bambini e non si è ancora uomini. L’adolescente ha la forza di un leone, è impaziente, vuole arrivare subito. È anche fragile, ma non lo ammette; è capace di gesti di altruismo, di solidarietà, di volontariato. Allaccia relazioni con facilità. Riesce a commuoversi per le ingiustizie che sovente passano inosservate. Sogna e fa sognare. A volte sembra non tenga troppo in considerazione i consigli dei genitori, dei nonni, degli insegnati, del parroco che pur amava quando si preparava per la prima comunione. Occorre avere tanta pazienza e tanta sapienza con i figli a quell’età, sospesi come su un trampolino per il grande lancio. È il tempo in cui si scavano le fondamenta, la memoria è elastica, l’intelligenza è viva. A questa età è normale che si possono commettere errori. Certo, ci sono errori ed errori. C’è lo sbaglio che accade per pigrizia, negligenza, distrazione, per la voglia di essere autonomi. E ci sono errori che lasciano segni indelebili nella propria vita e in quelle degli altri. Gli adolescenti hanno estremo bisogno degli adulti che, a loro volta, devono imparare a essere discreti, amabili, attenti, disponibili, senza invadere il loro campo. Devono indicare la via e farsi da parte. Guardarli da lontano e scattare appena è necessario, sapendo che essi non ascoltano tanto quello che diciamo ma guardano quello che facciamo. Ad Aversa, la mia diocesi, in provincia di Caserta, un quattordicenne ha accoltellato alla schiena un suo compagno, a scuola. Avrebbe potuto ucciderlo. Il fatto ha gettato nello scompiglio i compagni, la scuola, la Chiesa aversana, i genitori delle due vittime. Solo pochi anni fa, Emanuele, un ragazzino della loro stessa età morì per una coltellata al cuore infertagli da un quasi coetaneo. Tutti siamo stati adolescenti, quindi tutti possiamo comprendere ciò che passa nell’animo di chi attraversa quell’età. Non è difficile pensare che ci sia stato tra loro un’incomprensione, un tafferuglio, un moto di gelosia per una ragazzina contesa. Non importa, non è il movente che attira la nostra attenzione ma la reazione spropositata, spaventosa. Perché uno studente gira con il coltello in tasca? Lo portava sempre o lo aveva preso quella mattina per fare del male al compagno di scuola? Da chi ha appreso un giovane che è poco più di un ragazzino a regolare i conti con la lama di un coltello? I compagni sapevano delle sue intenzioni? Comunque stiano le cose, ancora una volta, emerge la necessità di un’alleanza educativa tra scuola, famiglia, chiesa, società civile. Ancora una volta dobbiamo ammettere che è il mondo degli adulti che i nostri figli prendono a modello. Un mondo che potrebbe essere quello reale, della famiglia, del paese in cui si vive, o quello virtuale, spesse volte più presente del reale. Un mondo che annulla tempo e spazio e confonde fantasia e realtà. Un mondo verso il quale ci sentiamo un po’ tutti impotenti. È come se fossimo stati presi in contropiedi, alla sprovvista da qualcosa che è più grande di noi. Siamo chiamati ad essere attenti, umili, a chiedere aiuto a tutti. La battaglia educativa la si vince solo rimanendo uniti, rendendoci responsabili di ogni parola che pronunciamo e scriviamo; di ogni gesto che facciamo. Dobbiamo convincerci che i giovani ci guardano anche quando non ce ne accorgiamo; quando sono in crisi e sembrano sicuri di sé; quando fanno i gradassi e quando hanno il coraggio di confessarci le loro insicurezze. Quando un ragazzo di 14 anni aggredisce, ferisce, fa male a un suo coetaneo, non abbiamo una vittima e un carnefice, ma, a livelli diversi e con responsabilità diverse, piangiamo due vittime accomunate nello stesso, doloroso, amaro destino. Lacrime che potranno essere evitate nel momento in cui il mondo degli adulti si fa seriamente responsabile dell’ educazione della propria, cara gioventù (Maurizio Praticiello, Avvenire, 3 dic. 2018). |
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