Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

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Un movimento nuovo

Ad agosto, una ragazza svedese di 16 anni ha cominciato una protesta contro il cambiamento climatico, dando vita a un movimento a cui partecipano migliaia di suoi coetanei in molti paesi.

Il messaggio di Greta Thunberg al mondo ha raggiunto Davos un giorno prima di lei. Infatti Greta è ancora in treno, visto che ci vogliono 32 ore per attraversare l’Europa da un capo all’altro, e discutere di cambiamento climatico al Forum economico mondiale. Il messaggio l’ha registrato prima di partire, su una piazza davanti al parlamento svedese, a Stoccolma. Si vede lei, Greta, una ragazza di 16 anni infagottata in una giacca a vento bordeaux. Le sue lunghe trecce quasi scompaiono sotto il berretto e la sciarpa di lana. Le sue parole sono accompagnate da nuvolette di fiato gelato: “C’è chi dice che la crisi del clima l’abbiamo provocata tutti quanti. Ma è solo una comoda bugia. Perché quando tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. Invece di colpevoli ce ne sono, eccome”. Greta ha postato su Twitter questo video mentre era ancora in viaggio, una ragazzina in uno scompartimento ferroviario.

Al Forum economico mondiale, il vertice che ogni anno riunisce a Davos, in Svizzera, i leader economici e politici di tutto il mondo, il nome di Greta Thunberg non è tra quelli degli oratori in scaletta. Ma Jennifer Morgan, direttrice di Greenpeace, ha insistito perché il messaggio della ragazza arrivasse lo stesso ai partecipanti e scorresse su uno schermo nel centro congressi di Davos. Ottenerlo, spiegherà Morgan più tardi, non è stato facile: “Io però ho cercato di dirglielo chiaro e tondo; che figura ci fa il Forum di Davos a concedere la parola a Bolsonaro e negarla a una sedicenne che ha addirittura fatto partire un movimento?”.

Greta lancia accuse implacabili. Questa studente svedese è riuscita dove organizzazioni enormi come Greenpeace hanno fallito. Ora migliaia di adolescenti seguono il suo esempio e scendono in piazza per ricordare agli adulti le loro responsabilità in materia di cambiamento climatico.

La ragazza ha il volto coperto di lana a eccezione di una fessura per gli occhi quando, la sera del 23 gennaio, sale fin sulla Schatzalp, partendo da una delle tende dell’Arctic basecamp. Sì, perché trecento metri sopra la promenade di Davos, nel freddo glaciale, alcuni ricercatori della Lancaster university che studiano il clima dei poli hanno allestito un accampamento. Da lì illustrano il loro lavoro, e i risultati delle loro ricerche sono allarmanti. Ma la maggior parte dei venti giornalisti presenti, che cercano di scaldarsi con l’aiuto di bracieri, sta aspettando Greta.

Il 20 agosto 2018, quando era andata in piazza per protestare contro il cambiamento climatico, il mondo non le aveva prestato attenzione. Era rimasta seduta da sola davanti al parlamento svedese. Accanto aveva un cartello su cui aveva scritto a mano le parole: skolstrejk für klimatet, sciopero scolastico per il clima, più una pila di volantini che dicevano: “Di solito noi ragazzi non facciamo quello che gli adulti ci dicono di fare: li imitiamo. E visto che voi cagate sul mio futuro, ci cago anch’io”.

Il giorno dopo c’erano altri ragazzi seduti accanto a lei. Quello è stato l’inizio. Da allora, ogni venerdì gli studenti scendono in piazza in Germania, in Italia, nel Regno Unito, in Uganda, in Australia e negli Stati Uniti, sotto ‘hashtag ♯FridaysForFuture. Ora tutto il mondo vuole sapere chi è quella ragazza che è riuscita da sola a mobilitare le masse.

Dopo aver ottenuto dalla scuola una giustificazione per la sua assenza dovuta all’invito a Davos, Greta ha raggiunto la destinazione del suo viaggio. Ha l’aria stanca, e alle domande dei giornalisti risponde a bassa voce e a monosillabi.

Trascorre la prima notte all’aperto, in compagnia dei ricercatori. È un’avventura, dice: “C’è chi arriva a Davos a bordo di un aereo privato e dorme in alberghi di lusso. Altri arrivano in treno e dormono in tenda”. Ma non sente un po’ freddo, visto che siamo 18 gradi sotto lo zero? “Sì, sono un tantino preoccupata”, risponde Greta con un sorrisetto… “I giovani più di tutti dovrebbero rendersi conto che se non si fa qualcosa – prestissimo, adesso, subito – il loro futuro è a rischio”, dice… “Un giornalista belga mi ha appena detto che oggi a Bruxelles 35.000 studenti hanno partecipato alla protesta! Grandi!”.

A un certo punto però riusciamo ad acciuffare Greta per parlarci un quarto d’ora. “Visto che baraonda, Greta?”.

“Questi vertici sono sempre frenetici, ma l’interesse nei miei confronti non durerà a lungo”. “Perché pensi questo?”. “Perché è sempre così”. …

Greta Thunberg aveva 11 anni quando i medici le hanno diagnosticato la sindrome di Asperger, una forma di autismo. … “Se non avessi l’Asperger, se non fossi così strana, forse sarei rimasta impigliata in questo gioco di società che appassiona tanto gli altri”. Quando Greta parla della sindrome di Asperger, sembra quasi che i disturbi dello spettro autistico possano essere delle armi di protesta politica nel ventunesimo secolo.

Per Greta, tutto è cominciato con un documentario sui rifiuti di plastica presenti nel mare. Quando l’hanno proiettato a scuola, anni fa, quel documentario l’ha sconvolta. Ha pianto molto, parlato poco, e a un certo punto ha addirittura smesso di mangiare, tanto che i suoi genitori, su consiglio di uno psicologo, hanno cominciato a prender nota di quanto cibo mangiava e quanto impiegava a farlo. “Colazione: un terzo di banana in 53 minuti. Pranzo: cinque gnocchi in due ore e dieci minuti”. In seguito, la madre di Greta, nota cantante d’opera, ha pubblicato un libro intitolato Scener ur hjärtat (scene dal cuore). Nel libro la mamma di Greta ha scritto che le immagini dei rifiuti di plastica in mare si sono impresse sulla retina di sua figlia come un marchio a fuoco. E che, da allora, Greta vede ciò che gli altri non vogliono vedere. …

“Greta, ti fa innervosire quando ti attaccano sui social network?”.

“Succede. La gente sparge voci sul mio conto. Chiaro, la cosa mi disturba un po’. ma dimostra anche che sta succedendo qualcosa da cui la gente si sente minacciata. E questo è un bene”. … “Noi non andiamo a mendicare la comprensione dei politici. In passato ci hanno ignorato e continueranno a farlo. Ma le cose cambieranno, che gli piaccia o no”. … Greta si è sfilata dalle spalle le bretelle dei pantaloni rosa da sci e ha i capelli tutti spettinati. Beve un sorso dalla sua borraccia, mangia fragole e sembra una bambina parcheggiata lì dai genitori.

Alla fine, quando il moderatore del dibattito le si avvicina e le chiede se le va di aggiungere qualcosa, Greta si alza in piedi senza esitazione e ripete un passo del suo messaggio a Davos: “C’è chi dice che la crisi del clima l’abbiamo provocata tutti quanti. Ma è solo una comoda bugia…”.

Racconta che sua madre ha rinunciato alla carriera per non dover più volare. E suo padre, un attore, da 6 mesi mangia vegano, e l’accompagna a ogni conferenza: anche qui a Davos. …

Chiude con queste parole: “Gli adulti dicono sempre: ‘Abbiamo il dovere di dare una speranza ai giovani’. Io, però, la vostra speranza non la voglio. Non voglio che siate ottimisti, voglio che vi prenda il panico. Voglio che proviate la paura che provo io ogni giorno. E poi voglio che passiate all’azione. Voglio che facciate come se casa vostra andasse a fuoco. Perché sta andando a fuoco”.

Lei sparisce a un angolo di strada, dietro i giornalisti e i fotoreporter. Lì si è radunato un gruppetto di studenti svizzeri. Due ragazze cercano di arrampicarsi su un muro e di mettersi in posa per i fotografi. Qualche studente si fa un selfie ridendo. In mezzo a loro c’è Greta, seduta per terra tra la neve, seria e muta, come fosse sotto vetro, e strizza le palpebre per il sole. Passa una signora che fa jogging in pelliccia nera. È costretta a evitarla, scuote il capo e ride sprezzante: “Ach, Grrrrretttta, Grrrrretttta, Grrrrretttta”.

Il treno parte da Davos il pomeriggio del 25 gennaio. Alcuni passeggeri stanno filmando dai finestrini le montagne innevate. Non fanno attenzione alla ragazza con le trecce seduta accanto.

“Spesso mi sento dire: ‘Quanto sei brava, quanto sei coraggiosa’. Ma in realtà io sono timida. È per questo che davanti al parlamento ero seduta da sola. Se non fossi così timida sarei entrata a far parte di qualche organizzazione insieme ad altri ragazzi. Ma siccome non sono capace, preferisco fare da sola”. (Internazionale n. 1293 del 8 Febbr. 2019).

 
 
 
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