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La Chiesa oggi
Post n°3118 pubblicato il 28 Agosto 2019 da namy0000
Tag: aspetto, disuguaglianza, educatori, educazione, famiglia, Figli, figliol prodigo, modernità, parabole, scarto, sintetico, tema, uomo moderno Noi cristiani oggi (Mauro Magatti e Chiara Giaccardi, sociologi, sposi e genitori di 7 figli, 5 naturali e 2 adottati, Como, dove vivono, in una comunità di famiglie ospiti delle suore Figlie di Sant’Angela Merici, FC n. 34 del 25 agosto 2019)
L’uomo moderno è come il figliol prodigo della parabola evangelica che dopo più di 1000 anni di cristianità diventa consapevole di sé stesso, si prende la responsabilità di uscire di casa e di vivere autodeterminandosi, nell’illusione di bastare a sé stesso. Il tema cruciale che la modernità ha sollevato, senza saperlo risolvere e che la Chiesa fa fatica a gestire, è quello della libertà. La parabola del figliol prodigo riassume in modo sintetico ed efficace diversi aspetti: da una parte un Dio che è Padre. In questa parabola emerge tra l’uomo e Dio un rapporto di filiazione basato sull’Amore reciproco. Dio crea l’uomo a sua immagine. Come diceva il poeta Hölderlin, lo crea come il mare la terra: ritirandosi. Dopo la Riforma, la Chiesa ha sempre avuto il bisogno di controllare. Oggi invece c’è l’occasione di ripensare, anche partendo dai fallimenti della modernità, come giocare questa libertà. La parabola è esemplare perché dice che il padre che ama non è colui che desidera che il figlio faccia tutto quello che vuole lui, ma colui che desidera che il figlio sia libero, anche a costo di sbagliare. Se il figlio non fosse uscito di casa, avrebbe subìto il comportamento del padre. Il figlio che è uscito ha sperimentato e fatto i suoi errori e solo allora si costituisce tra i due un rapporto maturo e fecondo. La cosa bella è che il padre non gli dice di non andare via, ma gli dà la sua parte di eredità, nonostante non sia d’accordo. Chi è genitore lo sa: non si può impedire ai figli di prendere in mano la propria vita e di sbagliare. Quello che il genitore può e deve fare, dopo aver cercato di trasmettere con la vita ciò che ha imparato di importante, è stare sulla soglia con le braccia aperte, pregando e sperando che il figlio ritorni e che, nel frattempo, non si sia fatto troppo male. Il ritorno è una festa, è un’alleanza rinnovata, basata non sulla paura, ma sul desiderio. Noi moderni, come quel figlio, siamo cresciuti nella cultura cristiana ma abbiamo deciso di abbandonarla e siamo ancora là fuori, spaesati, delusi, in mezzo a tanti guai. La modernità, che ha tanti meriti, produce anche molti guai: solitudine, logica dello scarto, disuguaglianza, distruzione della natura. Tutti questi effetti possono essere letti, nell’ottica biblica e cristiana, come conseguenza del fatto che l’uomo pensa di autodeterminarsi. È quello che tutti i figli pensano di poter fare quando raggiungono l’età adulta. A livello storico siamo nel bel mezzo di questa contraddizione e non è ancora maturata nella modernità, se non in alcune componenti, questo desiderio del ritorno. Il ruolo della Chiesa è quello di essere la voce della coscienza, che sussurra: “Ma non ti ricordi di quanto stavi bene nella casa del padre?”, facendo maturare questo desiderio del ritorno. Serve una riflessione adeguata. Dal Concilio sono passati più di 50 anni e il mondo, in questo tempo, è cambiato radicalmente. La Chiesa, come sempre nella storia, è peccatrice e profetica allo stesso tempo. Forse oggi non riesce a essere consapevole del proprio ruolo. Anzitutto, va superata a divisione tra progressisti e conservatori che si è prodotta dopo il Concilio… Questo è il momento in cui noi moderni, come il figliol prodigo, ci siamo resi conto che l’autonomia e l’autosufficienza non regalano la felicità che avevano promesso. Se la Chiesa fa come il fratello maggiore della parabola e dice: “Ecco, te l’avevo detto di non andartene” non aiuta questo tempo. Se invece assume il ruolo del padre misericordioso, come a volte riesce a fare, forse può intercettare questa domanda di senso, suscitare il desiderio di una alleanza rinnovata. La Chiesa e l’uomo contemporaneo devono re-imparare quel movimento paradossale predicato da Gesù: “Chi vuole salvare la propria vita la perderà, chi è disposto a perderla, la trova”. La dottrina è un tentativo di mettere in sicurezza la verità e di definirla in maniera chiara, circoscrivendola come possesso di qualcuno e come qualcosa a cui bisogna sforzarsi di aderire… |
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