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Prete degli ultimi

Post n°3142 pubblicato il 09 Ottobre 2019 da namy0000
 

don Giovanni Marchina, prete degli ultimi.

‹‹C’è una salvezza anche per chi non crede, o dice di non credere. Non crede con la mente, ma con le azioni dimostra la sua fede››. Con queste parole, arricchite da molti esempi della vita di Stefania Quadrio, la mia prof dei primi due anni del Ballini, don Giovanni Marchina salutava con gratitudine per l’ultima volta, nella sua commossa Messa funebre, quella grande educatrice, da me e da molti altri alunni ammirata e invidiata. Erano anni di una quasi cieca ortodossia cattolica, rectus: clericale, medioevale. Don Giovanni portava luce in quel buio e gliene fui vivamente grato. Perché l’agnosticismo religioso, non ateismo, di persone come Stefania Quadrio e Maria Taglietti, anch’essa mia insegnante alle medie “Romanino”, era vissuto con ricca e operosa passione educatrice nella scuola e oltre le mura scolastiche. Don Giovanni, incompreso da molti, volle bene anche a loro. Anche don Giovanni viveva oltre le mura della sua piccola parrocchia, aperta a tutti i poveri, agli ultimi, anche o soprattutto a quelli che fisicamente puzzavano ed erano rifiutati, come i carcerati di Verziano, gli accampati nei dintorni della stazione, gli sfrattati.

Quando l’infermità lo colpì e lo fermò, lui sempre in moto, lui mai stanco, ma con sulle spalle l’invisibile zaino delle poche ore di sonno e dell’instancabile andare e venire per chi chiedeva aiuto, allora si ebbe un momento di grande stanchezza. ‹‹Meglio morire››, sussurrò una volta, una sola volta, mentre gli facevo visita a Mompiano. Tacqui, rispettando la sua sofferenza, pur tenendogli la mano.

Nella visita successiva gli chiesi: ‹‹Ci sarà un perché, don Giovanni?››. Era il fil rouge delle parole e dei silenzi di allora. Ci intendemmo subito. ‹‹Ci sarà sì, c’è. Ma noi siamo troppo piccoli e ignoranti per capirlo››. Ecco la grandezza di quell’uomo rattrappito dall’infermità, grande e libero nella mente.

Ed ecco la mia pochezza: da molto, troppo tempo, non gli facevo visita. La mia assenza aveva molti piccoli perché: la vita quotidiana, i piccoli guai. Solo ora apprendo dai quotidiani di ieri della sua morte. Un tardivo grazie a te, don Giovanni, e al vescovo Pierantonio che ha detto per lui l’ultima preghiera. Gli sono debitore, spero che assolva la mia pochezza, prima come uomo, come fratello, poi come prete. Forse un giorno lo rivedrò – Paolo Angelo (FC n. 40 del 6 ottobre 2019)

 
 
 
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