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I nostri figli e Internet
Post n°3159 pubblicato il 28 Ottobre 2019 da namy0000
Se noi adulti abdichiamo al ruolo educativo che ci spetta, non li aiutiamo a capire che anche on line bisogna essere umani e intelligenti. Venticinque ragazzi indagati: la maggior parte minorenni, 6 di loro addirittura preadolescenti della scuola secondaria di primo grado e quindi non imputabili. Il reato: essersi scambiati video orribili, violenti, filonazisti e pedopornografici all’interno di un gruppo WhatsApp chiamato “The Shoah party”. L’indagine è partita da Siena in seguito alla denuncia di una mamma che aveva guardato di nascosto ciò che il figlio faceva on line. Sconvolta per ciò che ha scoperto, ha pensato che denunciare era necessario. Da anni scriviamo anche su queste pagine che un preadolescente o un giovane adolescente che “pascola” per ore, ogni giorno, su Internet, vive una situazione a rischio. La preadolescenza e la prima adolescenza sono età in cui i giovanissimi vivono la condizione fisiologica del sensation seeker, ovvero dell’esploratore che va alla ricerca di nuovi territori in cui soddisfare il suo bisogno di piacere, gratificazione immediata, eccitazione intensa. Con tre click ti trovi al centro di mondi proibiti, dove tutto diventa possibile, esplorabile e utilizzabile. Puoi stupirti, eccitarti, attivarti, sentirti un guerriero, sperimentarti come un adulto che fa cose che i tuoi adulti di riferimento non farebbero mai e non vorrebbero che tu facessi. Tutto è lì a portata di mano, istantaneo e fruibile. Ma nessuno è presente a dare un significato “a quel tutto”. Da anni invito i genitori a considerare che essere presenti nella vita on line dei propri figli giovanissimi non significa invadere la loro privacy ma sostenere la loro crescita. Vuol dire aiutarli ad acquisire competenze per muoversi in un modo complesso, dove rischierebbero di farsi male e di fare male, se non siamo al loro fianco. È responsabilità di noi adulti aiutare a comprendere che in Rete si deve imparare ad essere profondamente umani, immensamente etici, intelligentemente consapevoli. Se noi adulti abdichiamo al nostro ruolo educativo e lasciamo i figli soli in uno spazio virtuale dove tutto può succedere, potrebbe accadere di trovarci a confronto con orrori come quello chiamato “The Shoah party”, di cui siamo venuti a conoscenza grazie a una mamma che ha infranto tutte le regole usate dalla maggioranza dei genitori attuali: ha spiato nel cellulare del figlio, ha deliberatamente invaso la sua privacy, è rimasta sconvolta dall’orrore che ha visto e se ne è assunta la responsabilità fino in fondo. Denunciando. Bloccando. Ricostruendo la cornice. Per suo figlio e per i nostri figli. Tutti noi, oggi, dovremmo esserle eternamente e immensamente grati (FC n. 43 del 27 ottobre 2019). |
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