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Testimonianza spirituale di un giovane

Post n°3769 pubblicato il 14 Settembre 2022 da namy0000
 

2022, FC n. 37 del 11 settembre

La testimonianza spirituale di un giovane

L’ultima volta che ho fatto la Comunione era il 17 luglio 2005, il giorno della mia Cresima. Un sacramento che ho ricevuto come tutti gli altri ragazzi solo perché in un piccolo paese come quello in cui vivo è importante fare quello che fanno tutti anche nella propria vita. Poi, però, non sono più passato in chiesa perché non avevo capito la necessità di confermare le promesse battesimali. Se oggi parlo in questo modo è perché ho potuto frequentare don Giuseppe R., un sacerdote che ha messo in pratica l’idea di Chiesa che papa Francesco ha auspicato dall’inizio del suo pontificato, quella di una “chiesa in uscita”, che non trascura le celebrazioni, le catechesi, l’oratorio, ma che trova anche il tempo di stare tra i giovani in piazza a spiegare la fede. E così, tra un panino e una bevanda, ha sempre trovato il modo, senza che nemmeno ce ne rendessimo conto, di fare catechesi a noi, ignari persino della meraviglia di esistere. Così facendo ci ha portato a farci le domande esistenziali della vita: perché vivo? perché Dio ci ha fatto nascere dal nulla? Don Giuseppe ci ha portato a riscoprire la Chiesa come madre, quando ancora eravamo convinti che i sacerdoti non facessero altro che “dir Messa” e andare via. Ci ha ridato l’entusiasmo di credere, senza cui tutto si spegne. Così, mentre in tante realtà sentiamo che ci si lamenta dei preti, si chiede di essere sbattezzati, si rifiuta l’8 per mille alla Chiesa, in una parola si rifiuta Cristo e la sua Chiesa, nel nostro paese siamo tornati a riscoprire la figura del pastore che ha “l’odore delle pecore”. Ci ha persino fatto capire il valore sempre più sconosciuto del celibato, con il suo esempio e le sue parole ci ha mostrato che il celibato non è una privazione ma un arricchimento, perché essendo lui “sposato” con la Chiesa è però allo stesso tempo padre, amico, fratello, nipote, sostegno di ogni persone che gli è stata affidata, di ogni bisognoso di consiglio o di aiuto spirituale o materiale.

Cito ancora un episodio che ci ha molto colpito: un giorno di lavoro in cui noi eravamo tutti impegnati, lui ha trovato il tempo di accompagnare una persona bisognosa anziana a fare la spesa (quante altre volte lo ha fatto con altre persone!) e allo stesso modo, in tutta semplicità, è andato a trovare un nostro amico, che si rifiutava di uscire per problemi di disagio sociale. Anche per quanto riguarda la vostra rivista, don Giuseppe ha sempre preferito mandare me o altri giovani della comunità ad acquistarla in diverse edicole, ovunque ci trovavamo, per dimostrare che ci sono ancora ragazzi che fra tante riviste effimere scelgono Famiglia Cristiana come unica luce cattolica nelle edicole. Se tutti facessero così, la vostra rivista avrebbe un grande aumento di lettori. Oggi, se pur non tutti frequentano la Messa, il linguaggio di quanti frequentano la piazza è notevolmente migliorato grazie alla presenza di questo sacerdote. Avendo frequentato molti locali fuori dal mio paese, ho trovato un linguaggio molto sporco e volgare. Nella nostra comunità, grazie a lui, ci si morde la lingua prima di lasciarsi andare, per il rispetto che don Giuseppe è riuscito a suscitare in tanti di noi. In una società secolarizzata e senza Dio non è questo un piccolo miracolo? La nostra comunità non è il paradiso in terra, sappiamo che siamo tutti peccatori, ma noi che oggi viviamo, studiamo, lavoriamo in tanti altri contesti, portiamo in noi l’esempio di un sacerdote che ci mostra come non si può fare di tutta l’erba un fascio. Io stesso, che in questa stagione estiva ho lavorato in una pizzeria frequentata da molti giovani, ho sentito bestemmie dai miei colleghi e datori di lavoro, ma seguendo il suo esempio li ho ripresi, ricordando loro la mia fede. E anche quando devo sbrigarmi per andare a Messa, ora non vengo più deriso, ma guardato con rispetto. Ora sta terminando il suo mandato in mezzo a noi, però sono convinto che se ci fossero più sacerdoti come lui ci sarebbe anche più fede – Daniele C.

 
 
 
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