Un mondo nuovo

Natale

Gesù nasce per ridare speranza a tutte le periferie della Terra

Lasciamoci ispirare da Lui, che scelse gli inaffidabili di allora per la lieta novella

Il Bambino Gesù si dona nelle periferie esistenziali di ogni dove, nei quartieri segnati dal degrado, dalla povertà, dall’abbandono. Lui proprio lì decise di abitare: tra chi non conta niente, alla grotta si presentarono, come direbbe don Tonino Bello, gli inaffidabili, ossia i pastori richiamati dal canto di gloria dell’esercito celeste.

Oggi sceglie di abitare nelle piazze di spaccio e in tutti i posti dell’oblio perché forse vuole scuotere quel mondo giovanile che ha perso il senso della vita, vuole umanizzarlo, vuole dire ai ragazzi: coraggio, sono nato per voi. Il canto di gloria, oggi, sia la partecipazione a una vita nuova, coinvolga tutte le vite a rischio, perché ritrovino il coraggio di riappropriarsi di un’esistenza vera e non d’illusioni o fughe, in cui Cristo si incarna, fa storia. I pastori vengono privilegiati con l’annuncio della lieta novella, primizia di salvezza, non tanto perché poveri, ma perché ritenuti inaffidabili, abituati a non andare troppo per il sottile, nella distinzione tra il proprio e l’altrui. Sono, però, credibili per Dio che sceglie i disprezzati, e li giudica idonei ad accogliere una straordinaria rivelazione. Dio non chiede le credenziali. Ecco perché pensa ai ragazzi oggi nelle varie piazze di spaccio, alle ragazze travolte dalla cultura di morte.

Gli inaffidabili diventano affidabili per Dio quando accolgono il Bambino Gesù. Per questo il 23 dicembre andiamo a deporlo in un’altra capanna, in uno dei quartieri di spaccio, nella morsa di 14 clan, per esprimere la speranza, che dove oggi si celebra la morte, è possibile l’annuncio di una vita nuova. Dio ha deciso di spiazzare tutti manifestando la sua gloria nei segni del non potere e della non violenza, altra espressione cara a don Tonino Bello.

La sua luce sconfigge la morte, e può far risorgere tutti i crocifissi che ci sono nei quartieri di Roma e di altre metropoli. Portiamo il Bambino Gesù, perché la preghiera a Lui umanizza, raddrizza ciò che è sviato, come abbiamo ricordato nell’Avvento. Proprio la mangiatoia, simbolo della povertà di tutti i tempi, è vertice, con la Croce, della carriera rovesciata di Dio che non trovava posto quaggiù, ma porta la speranza più grande e più vera. È inutile cercare Gesù nei prestigiosi palazzi del potere, non è lì, è vicino alle tende di chi è senza dimora, a tutti coloro che la nostra durezza di cuore classifica come intrusi o estranei. La mangiatoia, però, è anche il simbolo del nostro rifiuto, e il Vangelo di Giovanni contiene l’epigrafe della nostra non accoglienza: «È venuto nella sua casa, ma i suoi non l’hanno accolto». Accogliere Gesù e cambiare vita è un impegno per tutti in ogni Natale. Don Primo Mazzolari diceva che una religione che non rischia diventa un cimitero, e sottolineava come il Natale è un grande dono fatto alla povera gente. Povera gente di tanti anni fa e di oggi, anche se mutano gli imperi, le civiltà, le economie.

Gesù nasce dove c’è il rischio, non la tranquillità. Tutti dobbiamo correre quel rischio che Gesù ha corso per primo, per fermentare la storia come fece coi Dodici. Perciò dobbiamo essere chiesa in uscita, portare la luce di rinascita dove c’è il buio. Il Natale è un dono perché non ci sia più una realtà d’esclusione, ma d’inclusione. Ed è un messaggio di coraggio, di riscatto: un Bambino che vuole abbracciare tutti, principe della Pace nel nostro mondo di guerre, quelle conosciute e quelle di cui nessuno parla. (Nel mondo ci sono attualmente 60 conflitti in corso: vuol dire 120 popoli in guerra). Seguiamo questa Stella, vediamo dove ci porta la speranza, di cui Gesù è il grande motivatore. (don Antonio Coluccia, FC n. 52 del 24 dicembre 2023).