Creato da littlelone il 06/02/2014

anarchy in UAE

le avventure di un espatriato

 

 

this is doha, just wait!

Post n°6 pubblicato il 23 Marzo 2014 da littlelone
 

L'invettiva è una figura retorica. Si tratta di una frase, un discorso violento contro qualcuno. Nel passato, per esempio, nel mondo romano poteva accadere che un poeta, un politico o un uomo di cultura scrivesse un'invettiva contro qualche uomo potente che lui considerava nemico proprio o della sua parte politica. (wikipedia)

 

eccovi quindi le dieci cose serie e meno serie che mi mandano in bestia sul lavoro tra dubai e qatar.

 

1- la brillantina... faccio veramente fatica a tollerare chi si ricopre la testa di quella porcheria lucida, di cui non comprendo il senso: ovviamente la stragrande maggioranza dei miei colleghi dell'ufficio se ne spreme un tubetto ogni mattina sui capelli. forae la usano per sottolineare la brillantezza dei loro ragionamenti! uno dei pochi passi avanti in italia sono stati l'abolizione del borsello (che ci permette di riconoscere gli sbirri da alcuni km di distanza) e la scomparsa della brillantina. se persino un paese che va a rotoli ci è arrivato perchè tra i miei capi e capetti va così di moda? orribile!

2- quelli che cercano di ammazzarmi... qui purtroppo devo aprire una parentesi seria: il giorno più brutto della mia vita lavorativa è stato a trieste, tour jovanotti, dicembre 2011. per chi non lo sapesse quel giorno il crollo del ground support ha causato la morte  di francesco pinna, facchino di 19 anni e il ferimento di alcuni colleghi, tra questi il più grave, emanuele, si è ripreso del tutto solo dopo vari mesi di convalescenza. situazione di merda, che ne ha create altre altrettanto di merda. quel giorno ho capito che di questo lavoro si può morire. poi anche il ground support della pausini è crollato. altra tragedia. altro dolore.  lo sapevo anche prima, ma la consapevolezza dopo è assolutamente diversa. l'immagine di quel corpo a terra non se ne andrà mai dalla mia mente. anche se ne francesco pinna ne matteo armellini sono morti per loro colpe, entrambi indossavano i d.p.i. richiesti e non hanno avuto alcun ruolo nei crolli, ciò che possiamo fare noi è stare attenti a tutto quello che vediamo, ai nostri comportamenti, essere appunto più consapevoli di ciò che ci circonda, anche se magari non ci riguarda direttamente. 

in medio oriente il concetto di sicurezza non è molto lontano da quello italiano di una decina di anni fa: a volte compaiono dei caschetti, qualcuno porta le antinfortunistica, si sale in quota anche con l'imbrago. ovviamente quel rompipalle di italiano sta sempre a discutere! prima, durante, dopo... cerco di non perdere occasione per far presente che alcuni rischi sono inutili, che alcuni atteggiamenti mettono a repentaglio la sicurezza e il lavoro stesso, che fare gli spavaldi non porta da nessuna parte. tempo perso nel 90% dei casi, ma insisto, e a volte mi incazzo pure parecchio. se le vostre teste sono vuote potete anche prendere un cellulare in testa da  10 metri, ma se sono in giro almeno svuotatevi le tasche e non rispondete al telefono da sopra le truss... capre!

3- la security... se per fare una cosa pensate siano necessarie due ore, qui ne serviranno otto, perchè l'apparato di sicurezza richiede il suo tributo di sangue. l'accesso del materiale alle varie location dove ho lavorato è regolato da un codice oscuro, che ha una sola regola fissa: ti manca un pezzo di carta, sempre. quando finalmente si riesce a produrre la documentazione completa, che di solito prevede l'elenco completo di ogni singolo oggetto presente sul camion, con numero di serie e luogo di provenienza, poichè sono assolutamente proibiti tutti gli oggetti di fabbricazione israeliana, e in saudi arabia questo significa un altro certificato con relativo numero di serie e bollino, qualcuno procederà ad un controllo del materiale, talvolta certosino, talvolta superficiale, comunque non prima di due ore.  l'ossessione sicurezza, che ho sperimentato al massimo grado lavorando spesso per la famiglia reale del qatar, si riversa poi sui controlli personali. ovviamente per lavorare usiamo degli attrezzi, che devono però rimanere all'interno nelle 48 ore pre-evento. dopo l'immancabile "bomb-search" vengono installati i metal detector all'ingresso e non passa più nulla! leathermann? sequestrato! torcia? sequestrata! accendino? sequestrato! orchite? garantita! inutilità del tutto? totale! l'esperienza di chiunque sia entrato in uno stadio italiano e la stupidità della maggioranza dei security guys (alla fine poliziotti senza nemmeno la pistola) renderebbero semplice portare dentro qualunque cosa!

4- la logistica... la brillantina sulle lucide menti di chi organizza i lavori non ci sta mica per caso! quando bisogna decidere orari, spostamenti, posizioni tutto viene organizzato con la massima attenzione perchè lo stress sia garantito e lo spreco di fatica più totale. serve il palco? allora scarichiamo prima le luci, poi il video e infine il palco. che naturalmente dovrà andare dove sono stati scacacciati i bauli precedentemente. dobbiamo essere pronti alle sei di pomeriggio? inizio del montaggio la notte precedente, verso mezzanotte, in modo da fare una decina di ore, arrivare la mattina cotti, andare a letto tre ore e tornare per finire. il lavoro si poteva fare evitando la notte e iniziando alle sei di mattina, o addirittura splittando le squadre (palco e trussing di notte e poi audio video luci di mattina garantendo a tutti il giusto riposo)? certo ma "we are a team, we work together!"... "mecojoni!" (cit. jul ius) se il montaggio è stupido lo smontaggio va ben oltre  e vi giuro che è tutto vero. arrivo di tutti (compresa la manovalanza semplice, che non ha nulla da fare) alle ore 6, per le prove che durano fino alle 13, poi due ore di pausa per il bomb search... pranzo? no! quello arriva alle 15.30 quando le prove sono ricominciate in modo che il panino possa ungere le consolle come si deve! fine evento alle 22 (la manovalanza non ha ancora fatto nulla, ma è sul posto da 16 ore ed ha battuto il record mondiale di candy crush) e inizio smontaggio. 22.45 arrivo della cena, siamo un team mangiamo tutti insieme il nostro merdoso panino. alle 24 il vostro narratore ha terminato la sua parte di smontaggio e quindi verso l'una di notte si allontana dalla venue, accompagnato dal project manager, in direzione casa. via il responsabile i topi ballano, così nessuno fa più un cazzo per un paio d'ore. lo smontaggio procede sino alle 6, quando i primi tecnici iniziano ad avere visioni mistiche. ovviamente i camion da caricare sono bloccati dalla security. ovviamente non c'è più il proj manager, che è a letto a 200 km di distanza a spalmare brillantina sul cuscino. ovviamente non c'è nessuno che parli arabo. ovviamente i camionisti parlano solo arabo. ovviamente le apparizioni della madonna e di san giuseppe iniziano a moltiplicarsi. ovviamente tutto diventa complicato. ovviamente i responsabili della location iniziano a stressare i rimasugli perchè bisogna iniziare il setup dell'evento successivo. alle quattro del pomeriggio, dopo 34 ore consecutive di lavoro i miei colleghi possono finalmente salire in macchina e affrontare gli stessi 200 km fino a casa dove arriveranno dopo altre 4 simpatiche orette... tutta questa ascesa al golgotha (cit.) mi è stata raccontata altrimenti vi scriverei dal carcere dopo aver dato fuoco a qualcuno/qualcosa. il giorno dopo in ufficio il suddetto proj manager non si presenta perchè troppo stanco. quando finalmente lo incontro e gli comunico, in modo relativamente sereno, che il mio pastore tedesco è assolutamente in grado di prendere il suo posto fa una faccia meravigliata! e poi mi risponde...

5- "lo abbiamo sempre fatto così" cioè sempre sbagliato. non sarebbe il caso di farlo giusto visto che te lo sto spiegando come è "giusto" e come è "sbagliato" testa di cazzo?

6- il razzismo A... ovvero quello dei ricchi nei confronti dei poveri a cominciare dai local, poi quelli che parlano arabo (nella mia azienda libanesi, come il capo), poi gli europei, gli africani e quindi indiani, pachistani, nepalesi e filippini. agli occhi di un bianco europeo è davvero solo una questione di ceto sociale, le diatribe etniche mi risultano inafferrabili, mentre le differenze di trattamento economico sono abbastanza evidenti. questo argomento cercherò di illustrarlo più completamente ma serve per introdurre...

7- il razzismo B... ovvero quello dei poveri nei confronti di chi sta, del tutto involontariamente nel mio caso, un gradino sopra loro. per molti versi potrei anche accettarlo. meno quando è accompagnato dalla più totale paraculaggine nei confronti di chi comanda davvero. io sono cattivo, non mi saluti nemmeno per sbaglio, quando ho bisogno di qualcosa mi guardi male e appena arriva uno con la brillantina gli stendi i tappeti rossi? forunatamente questo non avviene con i ragazzi che lavorano direttamente con me e che stanno al livello base della piramide, ma solo con quelli che hanno già avuto qualche minimo avanzamento, perchè cerco di proteggerli per quanto mi è possibile, perchè se lavoriamo insieme non tiro indietro la mano quando c'è da camallare (dopo anni di facchinaggio artistico, come potrei?), perchè gli lascio usare la connessione dati del mio telefono per messaggiarsi con la famiglia. niente di che, ma abbiamo creato un buon clima nell'audio department e non mi odiano, oppure non lo danno a vedere, anche perchè alla fine sono uno sfigato come loro!  confeziono pillole di educazione marxista, revolution for dummies, sperando che capiscano bene chi è il loro nemico e chi è loro amico. il nemico è chi fa i soldi col tuo lavoro, quindi come ufficialmente stabilito anni fa  "l'unica difesa è la paga".  

8- quelli che "il cliente ha sempre ragione" anche e soprattutto quando il cliente non capisce un cazzo. il compito della produzione, di solito europea, in particolare francese, sarebbe quello di mediare tra le richieste dei clienti e noi che dobbiamo realizzarle, magari spiegando che certe idee non sono proprio geniali illuminazioni. forse per via della crisi che ha affollato questi lidi di creativi europei che non hanno grandi esperienza (ha portato anche me, vero, ma io sono un operaio, non un creativo), forse per via della soggezione che incute un multimiliardario come cliente più è stupida la richiesta più va esaudita. un esempio? ho montato un impianto audio, in modo che il suono non andasse a sbattere sul muro opposto. a tre ore dall'inizio dell'evento quella paratia viene rimossa e la stanza viene raddoppiata. peccato che nella seconda parte della stanza non si sentisse una mazza. il mio amico arek, qui da 4 anni ed esperto ormai di medioriente mi ha dato un prezioso consiglio: se un francese ti chiede qualcosa sorridi, vatti a fumare una sigaretta e torna, avrà già cambiato idea tre volte nel frattempo. perchè fondamentalmente, anche senza la brillantina sono delle teste vuote e non sanno cosa vogliono, lo chiedono male perchè sono francesi e in un inglese piuttosto improponibile, perciò fanno quello che gli viene detto soprattutto perchè incapaci di proporre alternative. riascolto "bartali" di paolo conte ogni volta che ho a che fare con loro. quando ci sono i tedeschi tutto funziona invece tutto come da stereotipo... su di loro nemmeno una piccola lamentela, mai!

9- il volo doha-dubai... doha è stato l'inizio di questa avventura: ogni inizio contiene tutte le promesse e le migliori intenzioni, che come in ogni storia, cozzano in modo più o meno nocivo con la realtà. per questo ci vado volentieri e me ne vado senza la gioia di tornare in un posto che casa non lo è ancora, anche se all'aeroporto posso comprare una bottiglia di vino o la birra. la compagnia su cui volo è una low cost (sebbene mediorientale e quindi finto chic) dedicata soprattutto ai russi, e nella lingua di putin sono tradotti gli annunci in arabo, anche adesso che l'aereo balla un po' e mi devo affidare all'espressione delle hostess per capire cosa succede. se non fosse che scrivo spesso sarebbe la peggior tratta aerea della mia vita (e la faccio 2 3 volte al mese) dopo il genova-roma... 

10- me stesso... spesso sono io il mio peggior nemico, quando per praticità accetto le cazzate, quando lascio correre, quando me la prendo per cose che non hanno senso. invece lo scopo è e deve essere far impazzire gli altri, rimanendo assolutamente indifferente, ninja and zen. non mi dai la stanza singola come abbiamo pattuito? perchè arrabbiarsi? me la prendo e ti porto il conto. proteggere il mio fegato e far esplodere quelli dei graduati, tifando ed insegnando rivolta, sempre e comunque.

 
 
 

postintimismo

Post n°5 pubblicato il 13 Marzo 2014 da littlelone
Foto di littlelone

nagoya, inverno dell'anno 2004, meganoidi japan tour. uno dei momenti che ricordo più volentieri della mia carriera lavorativa... la città ci era stata raccontata come la napoli del giappone, che è praticamente un ossimoro, multiculturale e aperta. tuttavia noi ci arrivammo di domenica. i negozi erano chiusi e le enormi strade tra i grattacieli quasi deserte, percorse solo dal lugubre corteo dei nazionalisti (fascisti, più o meno) che protestavano contro l'immigrazione coreana. facemmo anche delle foto, non senza rischi, prima di scoprire che la macchina era rotta e quindi bruciava la pellicola inesorabilmente. prima dell'apertura del club in cui si sarebbe svolto il concerto io e davide, il cantante, facemmo un breve giro nei dintorni, concordando sull'universale sensazione di tristezza della domenica, a qualunque latitudine. di nuovo quel senso di inutilità e vuoto in cui ero riuscito a navigare gioiosamente solo per un breve periodo, quando la domenica mattina era il prolungamento del sabato sera, quando il sound system dei rave party suonava ancora forte, la gente sorrideva, la droga in circolo aggiungeva "la ciliegina sulla torta" di un periodo rapido sfuggente e bello della mia vita. a parte quella e poche altre eccezioni l'atmosfera della domenica la ho sempre detestata.

il fatto che la domenica nei paesi arabi non esista sposta questo giorno al venerdì, ma non lo modifica affatto. la metropolitana di dubai apre all'una e mezza, il centro commerciale dove andavo a prendere il caffè a doha è inaccessibile causa family day, le strade sono deserte persino a sharjah: solo le moschee e relativi parcheggi sono affollati.

essere solo e non avere niente da fare fa venire un groppo alla gola e, a volte, anche un bel giramento di coglioni nei miei stessi confronti, pensando che un lavoro in italia ce l'avevo, che non sono partito per fame, ma per sfuggire al senso di oppressione che, inevitabile sebbene differente, mi ricoglie qui. tutto estremamente aggravato dal non poter passare la giornata sul divano a farsi le canne. 

inutile raccontare cazzate: l'entusiasmo della novità si sta smorzando, e inizio a sentire forte la mancanza dei "miei"... famiglia, amici, luoghi e abitudini lasciano un vuoto che non si riempie quando si è da soli in una città. io e dubai non facciamo eccezione. come mi era stato pronosticato il terzo mese è quello in cui si realizza che il cambiamento non è quello solito, di chi è abituato a passare da un tour all'altro, da un luogo all'altro... stavolta i riflessi condizionati non mi aiutano, la data in cui riassaggerò una pasta al pesto come si deve è ancora a tre quattro pagine di calendario e il numero dei giorni ha ancora tre cifre. vi risparmio il livello di tristezza che suscita il pensare che lorenzo al mio ritorno compirà cinque anni.

quindi annego nella malinconia? no. nemmeno per sogno. nemmeno il venerdì.

l'uomo è un animale che fa della capacità di adattamento una delle sue principali caratteristiche. quindi mi adatto. cerco di essere disciplinato, obbligarmi a fare le cose. solo ora realizzo che in queste settimane mi sono sforzato di non lasciarmi trascinare dai pensieri negativi e ho messo in atto una serie di contromisure. cerco di rosicchiare quello che questo posto ha da offrire, oltre alle lucine, ai mall e alle piste da sci, che tutto sommato non amo. qui, come a casa, c'è il mare. ma se a genova mi potevo permettere di snobbarlo, preferndogli una passeggiata nei caruggi, queste spiagge circondate da grattacieli rappresentano un buon antidoto alla noia. i libri ( digitali, per ragioni di spazio e reperibilità... e non vi nascondo la grande preoccupazione in vista dell'imminente uscita di "l'armata dei sonnambuli" dei wu ming che non sarà disponibile per kindle ancora per mesi!), la musica, la cucina mi aiutano a sopravvivere bene, cercando di non sfuggire a questo posto, ma facendolo diventare mio, innanzitutto conoscendolo. giretto al suq a far la spesa per preparare ricette della cucina araba, le cui spezie e sapori trovo piuttosto incompatibili con l'amata pasta. internet mi permette di sapere come va in italia e in famiglia (lodato sia skype, nonostante tutto), ma anche in che paese vivo, qual'è la sua storia, le sue abitudini. e il napoli mi regala discrete sofferenze e soddisfazioni. ogni volta che apro la mail o feisbùk e leggo di amici che cercano un "lavoro qualsiasi",di colleghi molto più esperti, a casa da settimane o che mi mandano c.v.  e altre piacevolezze la mia scelta (chiamiamola così, anche se molto è successo per caso) mi sembra una discreta fortuna da sfruttare.

in questo tentativo di disciplina ho tuttavia deciso di concedermi dei piccoli vizi, il principale è lo sdoganamento del ristorante italiano. se andando in giro non ci ero mai entrato ora che devo stare stabilmente qui ne ho trovato uno a doha e uno a dubai relativamente affidabili, e talora mi concedo degli antidepressivi tortellini in  brodo (ma mai, giuro, mai la pasta alla bolognese!). buono l'humus, ottimi fatush e babaganoush, ma la parmigiana fatta come si deve...

sento spesso una vocina che mi dice "sei uno stronzo, perchè la gente intorno sta peggio di te". la vocina ha ragione. ma potrebbe pure stare zitta. non sono le condizioni materiali a rendere ostica la vita qui. lasciarsi andare allo sconforto e alla solitudine, facendosi fagocitare dal lavoro è un attimo. qui ho visto colleghi che vivono in situazioni igieniche precarie, piuttosto che mangiando solo chicken noodles per settimane. tra gli impiegati della emirates airlines e tra gli espatriati in genere sono piuttosto frequenti i tentati suicidi e lo ho scoperto chiacchierando con alcuni assistenti di volo una sera quando rincasando ho trovato il building a fianco al mio pieno di ambulanze e polizia.  il mio motto non sarà "resistere resistere". farò di tutto per adattare l'ambiente, soprattutto lavorativo a me e non viceversa, combattendo e insegnando a combattere a quelli che ho intorno, la tendenza a spremerci, ricattarci, farci passare la voglia di lavorare. nel prossimo post racconterò dei miei colleghi filippini, degli orari e dei metodi di lavoro, dell'effetto che faccio io (che sono una discreta testa di nicchia) su persone abituate a un trattamento che definirei da stronzi. volevo farlo invece mi è uscito questo post un po' intimista e autoreferenziale. per il lavoro e le lotte sindacali dovrete aspettare la prossima volta.

del resto "THIS IS DOHA... JUST WAIT!"  

 
 
 

sharjah is not dubai

Post n°4 pubblicato il 27 Febbraio 2014 da littlelone
 
Foto di littlelone

 

confesso che ho mentito, ma ora vi dirò la verità! ...ehm cioè... ho mentito molte volte e non posso certo venire a raccontarvi ogni singola balla, ma... insomma... per farla breve: non vivo a dubai! 

purtroppo non vivo nemmeno in via balbi e non è che mi sia inventato tutto. ma non vivo a dubai.

la mia attuale abitazione, riviera towers building, si trova a 376 mt in linea d'aria dal confine che separa l'emirato di dubai da quello di sharjah e io sto dal lato sbagliato. se avete visto qualche volta in tv immagini di dubai saprete che è una città tutta luccicante, nuova, piena di attrazioni, feste, vita. come accennavo nel post precedente le regole di un paese arabo sono applicate con una certa moderazione per renderla il gigantesco luna park per ricchi che è. a dubai ci sono il mall of the emirates con la sua pista da sci e il dubai mall, ovvero il centro commerciale più grande del mondo, un autentico museo dell'umanità coniugato al presente assoluto. li dentro ci sono centinaia di negozi di ogni tipo, da cartier a victoria's secret, tutta la tecnologia all'ultima moda, una pista per il pattinaggio su ghiaccio, alcune centinaia di ristoranti, una libreria che potrebbe gareggiare con la biblioteca di alessandria per vastità e completezza. c'è persino una succursale di eataly (cosa che potrebbe spiegare molte cose su cosa sia questo brand realmente, dietro la facciata di biologicosostenibilenaturale, ma è un'altra storia). a dubai ci sono il barracuda e il barasti, posti dove si può bere impunemente e nei cui bagni ho avuto la sensazione di stare a londra a mezz'ora dalla chiusura dei pub, vista l'abbondante presenza di inglesi ubriachi intenti a pisciare appoggiati al muro. a dubai si possono vedere le rolls royce e le ferrari come in italia le fiat punto, le modelle russe che escono dai locali, telefonini da 10000 euro.

anche se dico che abito a dubai io vivo a sharjah

un po' come dire abito in piazza duomo a milano e stare davanti alla chiesa di binasco.

sharjah è l'emirato più legato all'arabia saudita, quindi le regole sono applicate lievemente più alla lettera, ma non solo. sharjah è una sorta di enorme dormitorio per chi lavora a dubai. anche qui ci sono palazzi enormi ma non hanno ne palestra ne piscina. niente eliporti all'ultimo piano nè ferrari nei garage (e in realtà non è così nemmeno dubai, se non alcune zone). il confine sulla strada è indicato da un enorme telepass arancione chiamato "salik" e attraversarlo in taxi costa 20 aed, circa 4 euro, equivalente al prezzo di una corsa di circa 15 km. la differenza non è avvertibile immediatamente, nè nell'architettura nè nella popolazione. a dire il vero la mia zona, al qasba, potrebbe essere ancora dubai. tuttavia entrando in un supermercato qualcosa si nota. se a deira, la zona dell'ufficio, si possono comprare verdure e frutta fresche, manzo e agnello di prima qualità, pesci fantastici al saffeer market sotto casa i prezzi nettamente inferiori sono giustificati dalla tristezza solenne provocata dai colori smorti, dalla sensazione di vecchio. niente zona dell'organic food, ma tante scatolette. niente uova bio nè pasta fresca, ma un sacco di prodotti da microonde. ammetto di essere un fighetto e di fare la spesa alimentare fuori dall'ufficio, a volte anche durante l'orario di lavoro, nei giorni morti, ma non traducetelo in inglese!

addentrandosi nel quartiere le differenze si fanno più chiare. riuscendo ad addentrarsi ovviamente, perchè dopo le 5 del pomeriggio il traffico è un mostro tentacolare che non lascia scampo, dato che la metro oltreconfine non arriva, e certe volte anche i taxi si rifiutano di avventurarcisi. la zona centrale di sharjah mi ricorda santiago, la capitale di capoverde. e poi ci sono le labour accomodation. la cosa più simile che mi viene in mente è la periferia de l'aquila post terremoto, con le casette prefabbricate e le parabole su ogni casa. credo che qui le condizioni di vita siano piuttosto dure, anche se mantengono una facciata pulita e dignitosa. qui vivono coloro i quali svolgono i lavori più umili, quasi tutti nepalesi e pakistani. qui si intravedono i meccanismi che fanno girare la giostra di dubai. 

chi abita in questi posti è certamente un cittadino di serie b, forse anche c, ma non immaginate le baraccopoli di rosarno. un salario minimo, l'assicurazione sanitaria e il diritto ad esistere sono garantiti a tutti quelli che sono riusciti ad entrare in questo paese dove per via della severità e della posizione geografica non credo sia possibile farlo da clandestini, sebbene non abbia informazioni certe al riguardo. inoltre il fatto che esistano delle comunità di immigrati piuttosto enormi rende possibile l'esistenza di legami fra le persone, che mantengono usanze e tradizioni dei paesi d'origine. soprattutto il venerdi si vedono partite di cricket in ogni prato, e non sono rari neppure gli assembramenti per assistere agli incontri di una sorta di lotta greco romana i cui campioni vengono sostenuti a gran voce, e economicamente, dal pubblico dei loro connazionali, che da vita a dei teatrini notevoli, soprattutto quando la sfida è tra indiani e pakistani, di solito animati da un rappresentante anziano di ogni gruppo. 

mentre scrivo ho il dubbio che il mio racconto possa far pensare a uno sfruttamento dal volto umano. non è così. anche perchè lo sfruttamento non può avere il volto umano. mi limito a notare le differenze rispetto al mio paese d'origine.  forse il tavolo dei potenti qui è così ricco che casca qualche briciola in più per chi sta sotto. tutto lì.

alla fine dei conti anche se mi sono commosso nel vedere i prodotti che compravo in italia esposti ordinatamente sugli scaffali della carrefour in centro e, sebbene comunque da privilegiato, mi sento meno fuori luogo (a casa sarebbe eccessivo) qui che tra le mille luci di dubai.

ps queste righe sono state scritte sotto l'influsso di "un polpo alla gola" di zerocalcare. l'ho trovato bellissimo...

 
 
 

welcome in dubai! ( inciampando per la città)

Post n°3 pubblicato il 22 Febbraio 2014 da littlelone
 
Foto di littlelone

 

la mattina della partenza da riyadh ho trovato sotto l'hotel un'enorme jaguar v8 bianca splendente, con un giovanissimo ed elegantissimo autista... chissà per quale stronzissimo personaggio sarà, pensavo aspettando il mio sfigatissimo driver. ok... era il mio pickup per l'aeroporto. per fortuna, a differenza di altre volte sono stato zitto!

pur non essendo un amante del lusso ( ad eccezione dei ristoranti con tre stelle michelin! ) devo ammettere che i 50 km percorsi su quella specie di treno a benzina me li sono abbastanza goduti. la storia del giovane autista si è rivelata la cosa realmente straordinaria di quel breve viaggio. si chiama mohamed, ha vent'anni e viene da gaza. ha studiato economia, ha lavorato per la apple ed è stufo marcio dell'arabia saudita. ha pensato che accompagnare le persone all'aeroporto lo avvicinasse maggiormente alla possibilità di andarsene da riyadh, e perciò ha scelto di fare l'autista. la sua è una storia normale per un  palestinese: ultimo di quattro fratelli è l'unico sopravvissuto a un raid israeliano. la sua casa è stata distrutta più volte, suo padre non lo ricorda perchè imprigionato da quando lui era piccolo, ciò che restava della sua famiglia lo ha spedito in KSA, a sei anni, non ricorda quasi nulla della palestina e non odia gli israeliani, perchè allah ha voluto che questa fosse la sua vita, ma pensa che la sua storia basti a testimoniare che "they are people with no heart". non mi ha nemmeno sfiorato l'idea di confrontare la sua storia con la mia, solo vorrei imparare qualcosa dal suo atteggiamento positivo e coraggioso. mi ha inviato il suo curriculum in una simpatica mail scritta in un inglese impeccabile come quello che parla, e mi piacerebbe poter fare qualcosa per lui. raccontare in queste poche righe la sua storia non è certo abbastanza, ma le storie hanno un loro potere che va oltre le scarse possibilità di questo narratore...

poi sono arrivato a dubai! 

ho passato alcuni giorni cercando di orientarmi, tra i piccoli problemi quotidiani. prima necessità: il telefono. io non ho ancora il mio id (carta di identità) quindi non potrei avere un numero locale, ma (almeno) a questo ci ha pensato l'azienda per cui lavoro.

tuttavia le banali operazioni di configurazione della sim card e dello smartphone si sono rivelate lievissimamente complicate dal fatto che di default le comunicazioni tra me e la compagnia telefonica erano state impostate in arabo. l'aiuto prezioso di un collega libanese mi ha salvato dal primo momento di sconforto di questa mia esperienza. non mi ero ancora reso conto di quanto fosse vitale per me internet, nè forse lo era stato tanto finchè ero in italia. 

superato questo primo ostacolo ho potuto iniziare a navigare tra i mille scogli di questo paese, e le sue regole, scritte e non. 

ho preso la metro la prima volta per incontrare alessandro, un mio compagno della sae che lavora qui, e silvia la sua compagna. non sono sposati, ma convivono senza problemi da tempo. credevo fosse una cosa non consentita, e in effetti non lo sarebbe, o forse si, cioè dipende... chiaro? no!

ero molto curioso e guardavo fuori dal finestrino l'imponente skyline, cercando di scorgere il burj kalifa o il burj al arab (le sole costruzioni che avrei riconosciuto) e vedendo solo una copia del big ben decuplicato, quando mi si avvicina una cortesissima impiegata filippina facendomi presente che ero nella carrozza "only for ladies and children", la seconda di ogni treno, dopo la gold class, perchè anche la metro qui ha la sua vip area. ho scoperto anche che è vietato fumare, portare pesce, sputare, bere e mangiare... gomme da masticare e caramelle incluse! se all'inizio alcune cose potevano risultare oscure ho poi capito che le molte differenti nazionalità riescono a convivere attraverso un sistema di regole complicate, talvolta mutevoli, a tratti assurde. 

dopo lo shock saudita immaginavo di trovare qui a dubai una rigidità simile: niente di più sbagliato! le regole qui sono estremamente elastiche, e ciò che non si può fare dopo un minuto diventa possibile, magari attraverso un percorso più complesso... tra gli esempi più evidenti mi vengono in mente il possesso di alcool e di carne suina. se a doha, in qatar non è possibile averli se non (gli alcolici) nei grandi hotel le soluzioni a dubai sono innumerevoli... dai bar sulla spiaggia legati agli hotel alla licence sino all'aeroporto non mancano le occasioni per sbevazzare volendo. anche per il bacon e il prosciutto... no problem! ci sono alcuni supermarket con l'angolo "pork", proibito solo ai musulmani e sinistramente somigliante alla zona dei film a luci rosse delle videoteche itliane di qualche anno fa!

se l'alcool è normalmente tollerato la guida in stato di ebbrezza non lo è, come non lo è l'ubriachezza molesta in giro per la città: per queste cose le pene sono estremamente severe, sebbene non esattamente quantificabili! se qualcuno fosse curioso... cannenemmenoaparlarnenonscherziamo!

ho alternato, come ho fatto spesso nella mia vita, momenti di disperazione ad altri di entusiasmo... le notizie che arrivano dall'italia tuttavia non permettono di prevedere un ritorno in tempi rapidi. non sto sostenendo che espatriare sia la miglior soluzione, e se un giorno qualcuno mi sentisse dire "non so come fai a stare ancora in italia" autorizzo chiunque ad abbattermi seduta stante! la mia scelta è legata a mille fattori, alcuni dei quali assolutamente personali ed individuali, ma fondamentalmente economici. così ho iniziato le pratiche per avere l'id degli emirati. la documentazione da presentare è piuttosto semplice: passaporto, fotografie, titoli di studio. questa viene inviata ad un ufficio chiamato "the black box". questa scatola nera è veramente tale: il suo benestare viene concesso o rifiutato senza alcun appello, in base a criteri assolutamente ignoti, e senza alcun tipo di spiegazione. non si sa chi ci sia dentro, nè quanto possa durare la verifica delle credenziali (da 24 ore a 45 giorni). fine delle discussioni.

aspetterò. del resto sto imparando a farlo im questo posto dai ritmi veramente lenti.

come è ovvio non ci ho capito ancora quasi nulla di come funzionano le cose da queste parti, ma spesso mi è venuta in mente una spiegazione di storia, della mia adorata prof. cosmelli... quella sulla tassa dell'infedele. ai tempi delle crociate i musulmani tolleravano le altre religioni, a patto che chi le professava potesse pagare un dazio. welcome to dubai! 

 

 
 
 

-non puoi rimandare in eterno... -no, solo ancora un po'

Post n°2 pubblicato il 08 Febbraio 2014 da littlelone
 
Foto di littlelone

prima di arrivare a dubai 10 giorni in arabia saudita... 

visto dall'italia il medio-oriente e il mondo arabo in genere era per me un concetto unico e non avevo idea delle differenze tra un posto e l'altro, in particolare emirati e arabia che hanno anche nomi simili ... ma durante il mio primo periodo in qatar avevo colto che la differenza è più o meno abissale. per il senso comune di un europeo l'arabia è quanto di peggio si possa immaginare. un paese assolutamente proibizionista su tutto, religioso fino all'integralismo, potenzialmente molto pericoloso. una sorta di riedizione islamica del nostro medioevo. le pratiche per avere il visto, molto complesse, non avevano fatto altro che rafforzare quest'idea: ho dovuto firmare almeno tre volte che ero cosciente che portare nel paese alcool e droghe può essere punito con la pena di morte. è punito con la stessa severità il possesso di materiale che in qualunque modo sia contrario o offenda la morale islamica, dalla pornografia a una serie di libri ed autori non meglio specificati. ero stato avvisato che hard disc, penne usb e altri supporti possono essere sequestrati all'aeroporto e spesso comunque non sono restituiti. onde evitare problemi ho portato un pc nuovo (quello da cui scrivo adesso) e ho rimosso dal telefono qualunque foto, nel dubbio che il topless della mia compagna o lorenzo nudo in spiaggia venissero scambiati per pedoononsochealtropornografia. purtroppo ho scordato di trasferire su dropbox proprio le foto delle vacanze che quindi sono ancora in italia con mio grande dolore. 

per il timore di rimanere vittima degli scanner antidroga ho portato quasi solo vestiti nuovi e ho pulito almeno una decina di volte la parte esterna delle valigie, rinunciando anche a fumarmi l'ultima la mattina della partenza! ero così in paranoia che a malpensa volevo chiedere ai poliziotti italiani di perquisirmi per bene al security check. ho reso l'idea?

lo stesso tipo di paranoia lo avevo nei confronti delle donne arabe: qualunque contatto con loro, anche un semplice "good morning" mi era stato detto che può avere conseguenze imprevedibili.

non ho alcun elemento che mi spinga a pensare che le mie preoccupazioni fossero immotivate, ma all'aeroporto non ho subito alcun controllo, ne personale ne sui bagagli. anche il controllo passaporti è filato liscio, anche grazie al visto per visita governativa (più powerful di altri) che mi ero tanto sudato in italia. avevo questo visto perchè stavo andando a lavorare per il global competitiveness forum (http://www.gcf.org.sa) una conferenza a base di economia, dove gestivo in beata solitudine l'audio della "plennary B" (per la serie si può essere eterni secondi anche senza fare il fonico di palco!). 

la conferenza non si preannunciava troppo avvincente, vista la natura degli argomenti trattati... una serie di dibattiti su vari argomenti di natura economica, di cui peraltro oltre la metà si svolgeva in lingua araba. amplificare qualcosa che non si capisce ho scoperto  che non è semplice, soprattutto per il rischio di brutali cali di concentrazione oltre alla sempre presente possibilità di abbioccarsi!

uno dei meeting però si intitolava "emproving the power of women"... titolo piuttosto interessante in un paese dove le donne non hanno il diritto di guidare e per viaggiare necessitano del consenso del padre o del marito. le prime due relatrici erano americane, e gli ho potuto mettere un microfono headset senza particolari problemi. la terza era una donna araba, sui 50 anni, con il tradizionale velo a coprire i capelli. memore di un'esperienza precedente (uno stage manager che aveva fatto incazzare di brutto una pilota di rally, chiedendole di scoprire i capelli) le ho proposto di utilizzare un "gelato"... "you might be my son, i don't care if you touch my hair, and i want the same microphone of american women" è stata la piccata risposta che ho ricevuto! ...mumble... il dibattito è stato il più affollato della due giorni. circa un centinaio di donne, non esattamente appartenenti al ceto medio credo, fuori dalla "ladies zone" in cui erano solitamente confinate (chiusa da plexiglass nero, assolutamente non fonotrasparente) ha ascoltato, applaudito e creato un clima piuttosto inaspettato per un forum economico. la signora araba non era certo una punk, figlia di un predicatore della medina, ha più volte dichiarato di essere estremamente religiosa ma contemporaneamente accusava chi ritiene che la condizione attuale delle donne in arabia sia normale o anche solo accettabile di essere peggio degli infedeli! applausi scroscianti e tifo da stadio mentre in regia ci chiedevamo "we're starting a revolution? or police is coming?". anche il confronto nel question time è stato piuttosto serrato, con buuuh all'indirizzo dei pochi uomini che hanno protestato per l'atteggiamento poco rispettoso della mia nuova amica!

per la cronaca nemmeno in questa occasione è arrivata la polizia, mentre la rivoluzione, o almeno il cambiamento non hanno uno starting point, ma lavorano sempre e ovunque, magari sottoterra, magari represse, ma esistono. lo stato attuale delle cose sembra essere un momentaneo equilibrio tra enormi forze che spingono in senso opposto, un attimo di immobilità tra due giganti in lotta.

mi sa che ho solo uno smontaggio prima che dubai, la nuova casa e tutto il resto diventino la mia nuova realtà...

ps purtroppo non riesco a fare a meno di infarcire di termini inglesi le mie parole: non me ne vogliate

 
 
 

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