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Back to Treviso

Post n°546 pubblicato il 05 Settembre 2013 da angolo.acuto

 

Sono tornato a Treviso dopo un anno e dopo una tornata elettorale.
Io me la ricordo la città trent’anni fa, con le osterie sotto i portici, quando lo spritz non era di moda e lo scrivevano con la doppia ss (spriss), con le comari che ciacolavano alla pescheria in quel dolce cantilenante dialetto, con quell’aria nobile e un po’ decaduta, con le vecchie trattorie in quelle corti con le pergole e i muri scrostati, con il sentore delle campagne vicine e quel candore contadino che si stava già perdendo per sempre. Allora la famiglia reale erano i Benetton che abitavano dietro Piazza dei Signori (il massimo del lusso), il cui impero dava lavoro a una moltitudine di aziendine artigianali locali, i regnanti regalavano alla città il Palaverde, il grande basket e una visibilità che nessuno si era mai immaginata. Il benessere diffuso, il ruolo di macchinista nella potente locomotiva del Nord-est che sbuffava forte in quei ruggenti anni ottanta.

Sono tornato a Treviso e, come sempre, cerco di interpretarla.

Treviso nell’ultimo ventennio è diventata una specie di salotto di lusso con le strade tirate a cera, i palazzi impeccabilmente ristrutturati con i negozi che ostentano opulenza e benessere, i parchi con le aiole tracimanti di fiori, i prati maniacalmente rasati e le recinzioni perfettamente manutenute. I trevigiani sempre abbronzati, appena usciti dal parrucchiere, vestiti come manichini di grandi griffes, sempre pronti per un happy hour o un brunch. Pulizia e ordine in ogni angolo della città, precisione e cura del dettaglio ne hanno fatto una preziosa bomboniera, lustra, elegante, esclusiva e (quel che più conta) carissima. I soldi sono sempre l’argomento preferito da tutti, da quelli che i soldi li hanno sempre avuti, da quelli che li hanno fatti, da quelli che spendono quelli degli altri, da quelli che sono sicuri di poterne fare e da quelli che si guardano bene dall’ammettere di essere esclusi dalla festa. Il grande Mangiafuoco di questo splendido circo, di questo travolgente spettacolo, è stato il potente Gentilini. Il sindaco passato alle cronache nazionali per le panchine vietate agli immigrati nullafacenti e per altre simpatiche amenità indirizzate a extra comunitari e compagnia. Intanto Benetton se ne andava, all’estero, ad abbattere i costi, a produrre in fabbriche che crollano sopra agli operai. L’impero si sfaldava lasciando sul campo tristi e inutili capannoni vuoti disseminati ovunque. E’ la globalizzazione, bellezza!
Sono tornato a Treviso dicevo, dopo un anno e una tornata elettorale.

In centro lattine vuote sui marciapiedi, un cartone abbandonato, cartacce qua e là. (Orrore!) Cicche in abbondanza sotto le panchine, non più luoghi di sosta proibiti evidentemente. (Lassismo!) La gente vestita con gli abiti leggeri comprati in saldo che parla di vacanze a Porto Santa Margherita ed Eraclea, invece di mete esotiche, addirittura poco abbronzata per essere fine estate. (Sciatteria!) Qualche negozio ha le saracinesche chiuse e non per ferie. Che succede? Una recinzione da riparare, un cassonetto fuori posto, scritte sui muri (“Lega ladrona”)… ragazzi ancora assiepati nei bar all’ora dell’aperitivo, ma forse un po’ dimessi e sotto tono… perfino un sindaco di centro sinistra.
Mmmmm… “Ridatece er puzzone!”??
oppure, ma sì, godiamoci questa riscoperta sobrietà e ritrovata normalità!

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