Chiaraviola
"Ci sono persone che lottano tutta la vita è di loro che non si può fare a meno" B. Brecht
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New Italian Epic
Post n°53 pubblicato il 25 Aprile 2008 da lapassante0
Ho ricevuto recentemente per posta dalla newsletter dei Wu Ming questa email, che posto qui. La sensazione si va diffondendo, entro e oltre i confini nazionali. Speriamo vi stimoli. Wu Ming Se volete leggere il testo integrale del saggio lo trovate qui: Formato PDF: Questo invece è uno stralcio della parte finale del saggio: (...) I ritorni all'ordine sono illusioni e non c'è nessun "dopoguerra". La vera guerra non finisce, non ha un "dopo". La vera guerra è il conflitto senza fine tra noi, la specie umana, e la nostro tendenza all'auto-annichilimento. Al fondo, tutti i libri che ho menzionato tentano di dire che noi – noialtri, noi Occidente – non possiamo continuare a vivere com'eravamo abituati, spingendo il pattume (materiale e spirituale) sotto il tappeto finché il tappeto non si innalza a perdita d'occhio. Ci rifiutiamo di ammettere che andiamo incontro all'estinzione come specie. Certamente non nei prossimi giorni, e nemmeno nei prossimi anni, ma avverrà, avverrà in un futuro che è intollerabile immaginare, perché sarà senza di noi. E' doloroso pensare che tutto quanto abbiamo costruito nelle nostre vite e – ancor più importante – in secoli di civiltà alla fine ammonterà a niente perché tutto diviene polvere, tutto si dissipa, presto o tardi. E' accaduto ad altre civiltà, accadrà anche alla nostra. Altre specie umane si sono estinte prima di noi, verrà anche il nostro momento. Funziona così, è parte del tutto, la danza del mondo. Non siamo immortali, e nemmeno il pianeta lo è. Tra cinque miliardi di anni la nostra stella madre si espanderà, diverrà una "gigante rossa", inghiottirà i pianeti più vicini per poi ridursi a "nana bianca". Per quella data, la Terra sarà già da molto tempo essiccata, priva di vita e di atmosfera. E' probabile che la nostra specie si estingua molto prima: finora l'intera avventura dell'Homo Sapiens copre appena duecentomila anni. Moltiplichiamo questo segmento per venticinquemila e otterremo la distanza che ci separa dalla fase di "gigante rossa". I nostri remotissimi posteri, se esisteranno e avranno trovato il modo di lasciare il pianeta e perpetuarsi altrove, potrebbero non somigliarci per niente. La distanza tra loro e noi sarà la stessa che adesso ci separa dai primi organismi monocellulari. E certo, molto o poco prima di questa serie di eventi potrebbe colpirci un asteroide. Questo per dire che la fine della nostra civiltà e della specie è scritta in cielo. Letteralmente. Non è questione di "se", ma di "quando". Non siamo eterni, ma più precari che mai, aggrappati a un granello di polvere che rotea nell'infinito vuoto. Se ce ne rendessimo conto, se accettassimo la cosa, vivremmo la vita con meno tracotanza. Sì, tracotanza. Tracotanza e ristrettezza di vedute sono quello che non possiamo più accettare. Non possiamo accettare che la specie stia facendo di tutto per accelerare il processo di estinzione e renderlo il più doloroso - e il meno dignitoso – possibile. Si usa dire che, a causa nostra, "il pianeta è in pericolo", ma ha ragione il comico americano George Carlin: "Il pianeta sta bene. E' la gente che è fottuta." Il pianeta ha ancora miliardi di anni di fronte a sé, e a un certo punto proseguirà il cammino senza di noi. Certo, possiamo fare grossi danni e lasciare molte scorie, ma nulla che il pianeta non possa un giorno inglobare e integrare nei propri sistemi. Ciò che chiamiamo "non biodegradabile" è in realtà materiale i cui tempi di degradazione sono lunghissimi, incalcolabili, ma la Terra ha tempo ed energie per corrodere, sciogliere, scindere, assorbire. E i danni? Gli ecosistemi che abbiamo rovinato? Le specie che abbiamo annientato? Sono problemi nostri, non del pianeta. Verso la fine del Permiano, duecentocinquanta milioni di anni fa, si estinse il 95% delle specie viventi. Ci volle un po', ma la vita ripartì più forte e complessa di prima. La Terra se la caverà, e finirà solo quando lo deciderà il sole. Noi siamo in pericolo. Noi siamo dispensabili. Eppure l'antropocentrismo è vivo e vegeto, e lotta contro di noi. Scoperte scientifiche, prove oggettive, crisi del Soggetto, crolli di vecchie ideologie... Nulla pare aver distolto il genere umano dall'assurda idea di essere al centro dell'universo, la Specie Eletta - anzi, per molti non siamo nemmeno una specie, trascendiamo le tassonomie, siamo gli unici esseri dotati di anima, unici interlocutori di Dio. Per questo fatichiamo a capire quanto davvero siamo in pericolo, e temiamo di prefigurare un pianeta senza umani, visualizzazione che invece ci renderebbe più consci del pericolo e pungolerebbe ad affrontare il problema. Il fatto che non abbiamo più un'idea dell'avvenire non aiuta: viviamo schiacciati nell'assenza di prospettive e persino la fantascienza - passata da quel dì la sbornia prometeica e progressista - ha in gran parte rinunciato a narrare la "storia futura" e ambienta i suoi plot in non-tempi, epoche remote o addirittura in un futuro talmente prossimo da essere già presente. Perciò è tanto importante la questione del punto di vista obliquo, e diverrà sempre più importante – come aveva intuito Calvino – la "resa" letteraria di sguardi extra-umani, non-umani, non-identificabili. Questi esperimenti ci aiutano a uscire da noi stessi. Anche solo di mezzo passo, come Steve Martin a Saturday Night Live. E' chiaro, noi siamo umani, le nostre percezioni sono umane, il nostro sguardo è umano, il nostro linguaggio è umano. Siamo anthropoi, non possiamo adottare davvero un punto di vista non-antropocentrico. Ma possiamo usare il linguaggio per simularlo. Possiamo lavorare per ottenere un effetto. Quell'effetto non è semplice "straniamento": è lo sforzo supremo di produrre un pensiero ecocentrico. E' simultaneamente un vedere il mondo da fuori e un vedersi da fuori come parte del mondo e del continuum. E' un massaggio ai neuroni-specchio. E' a partire da questo che troveremo l'allegoritmo comune della nuova epica, il sentiero nel fitto dei testi, la lista di istruzioni da seguire per cogliere l'allegoria profonda [24]. Per troppo tempo l'arte e la letteratura hanno vissuto nella fantasmagoria, condividendo le pericolose illusioni dello specismo, dell'antropocentrismo, del primato occidentale, della rinuncia al futuro che riempie la terra di scorie. Oggi arte e letteratura non possono limitarsi a suonare allarmi tardivi: devono aiutarci a immaginare vie d'uscita. Devono curare il nostro sguardo, rafforzare la nostra capacità di visualizzare. Non c'è avventura più impegnativa: lottare per estinguerci con dignità e il più tardi possibile, magari avendo passato il testimone a un'altra specie, che proseguirà la danza anche per conto nostro, chissà dove, chissà per quanto, e chissà se verremo ricordati. E' bello non avere risposte a queste domande. E' bello – ed epico – formulare le domande. E' questa la vera guerra, quella che, finché saremo sul pianeta, non avrà un "dopo". A conti fatti, l'impulso che sta alla base di tutti i libri di cui ho parlato può leggersi in questa frase: "Gli stolti chiamavano pace il semplice allontanarsi del fronte". Non fingiamo che il fronte di questa guerra sia lontano. Non chiamiamo questa finzione "pace". Noi non siamo in pace. La letteratura non deve, non deve mai, non deve mai credersi in pace.
Accade in Italia, non a caso. Paese delle mille emergenze, poco interessato al futuro, già oltre l'orlo di catastrofi indiscusse (nel senso che non se ne discute). Paese campione di polvere sotto il tappeto e liquami alle caviglie, Bengodi degli stakeholder descritti da Saviano. Confusamente, brancaleonescamente, il New Italian Epic si è formato e adesso si trasforma sotto i nostri occhi, mentre immagina, racconta, propone. Ed è instabile, oscillante, reazione ancora in corso. Un giorno lo supereremo, qualcuno magari lo rinnegherà, ma adesso dobbiamo starci dentro, perché c'è molto lavoro da fare: spingere ogni tendenza al suo sviluppo, accompagnare ogni potenza all'atto, continuare a dividere ciò che è unito, continuare a unire ciò che è diviso. Stiamo costruendo il futuro anteriore - quando, sicuri di aver fatto il possibile, potremo dire che ne sarà valsa la pena e passeremo oltre. Dono. Compassione. Autocontrollo. Shantih shantih shantih tratto da Wu Ming 1, New Italian Epic, Memorandum 1993-2008: narrativa, sguardo obliquo, ritorno al futuro . Datta: cosa abbiamo donato? Amico mio, sangue che scuote il mio cuore La terribile audacia di un momento di resa che una vita di cautela non potrà cancellare. Per questo, per questo solo siamo esistiti, e non sarà nei nostri necrologi né nei ricordi drappeggiati dal benevolo ragno né sotto i sigilli spezzati dal secco notaio nelle nostre stanze vuote. - T.S. Eliot, The Waste Land |
AREA PERSONALE
AMO FIRENZE
La ragione l'è dei bischeri
Il fiorentino ama la rissa (verbale) , il dissenso aperto, la battuta pronta e diffida di chi gli dà facilmente ragione, perché ci tiene ad averla, ma quando si sente dire "L'ha ragione, l'ha ragione..." sospetta che lo si prenda in giro (per bischero) e che uno gli dia ragione per poter continuare a fare quello che gli pare.
In passato era ben vivo il gusto per le allusioni, la battuta con o senza doppio senso da cogliere al volo o dimenticare per sempre. Perché una battuta spiegata è un disastro. (Caterina)
Io con Caterina, la mia sorellina di cuore...
I Fiorentini sono dei passionali trattenuti e la fiorentinità è loro scudo. Prendono in giro gli altri soprattutto quando fanno cose che farebbero anche loro, in un festival perverso di autoironia. Questo scudo li rende spesso un po' chiusi, un po' orsi, tanto sono diffidenti, sospettosi, sempre pronti a pensare che gli altri li vogliano fregare. Ma è anche la loro salvezza: Firenze difficilmente si plasma, difficilmente si piega. Il loro terreno non è fertile per chi vuole piazzare le tende delle limitazioni alla libertà, e di questo i Fiorentini ne saranno sempre tremendamente orgogliosi e fieri! (Sandro)
I miei amici con i quali condivido la mia passione viola... Sandro, Caterina, Cristian, Simone e Salvatore, intelligenza e cuore: persone splendide.
E LA FIORENTINA
E’ tutto peggiorato nel mondo, non solo nel calcio, e allora bisogna partire da se stessi: in Italia si amano i riti, anche quelli falsi, evidenti, ridicoli… il calcio è un po’ tutto questo. Non so se siamo tifosi idioti, ma so che siamo veramente innamorati e che allo stadio andremo ancora. E sia chiaro: non vogliamo regali, anche perché sappiamo che così è più bello vincere e non ce ne frega niente se siamo gli unici a farlo (o forse qui mi illudo?). Siamo rimasti solo noi? E allora diamo il meglio di noi stessi, non ci pentiremo, ma soprattutto teniamoci ben stretta la nostra diversità.
... penso all’urlo collettivo di Firenze, a quel modo di gridare al mondo la propria voglia di esserci.
Non esistono tifoserie capaci di esplodere d’amore infinito come i fiorentini. Una parte dell’Italia se ne è accorta, ma sinceramente non ci interessa… in fondo quelli che ora ci fanno i complimenti, sono gli stessi che hanno cercato di distruggerci… ipocriti…Ci guardiamo in faccia e ci accorgiamo di avere negli occhi una luce nuova, intensa, brillante…quella luce è la Fiorentina. Hanno provato a portarcela via, non ci sono riusciti. E sapete perché? Immaginate di chiudere gli occhi, di riaprirli e accorgersi di vivere un sogno vero. Un sogno chiamato Fiorentina. Squilla il telefono, è un’amica, non tifosa, ma evidentemente contagiata…”Chiara, sono strafelice per te…un amore sincero non muore mai”.
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Essenso figlia privilegiata di due ex sessantottini il mio cuore è inevitabilmente ROSSO... Posso vantarmi di essere sempre rimasta fedele alle mie idee, anche se i tempi cambiano e la politica di oggi non è granchè. VORREI PIUTTOSTO AVERE LA STESSA DIGNITA' E FORZA MORALE DI QUESTI GRANDI UOMINI E DONNE, ALCUNI DI LORO VERI MARTIRI... SALVADOR ALLENDE, ERNESTO CHE GUEVARA, FIDEL CASTRO, JOSE' ZAPATERO, ENZO BIAGI, NILDE IOTTI, ENRICO BERLINGUER, PALMIRO TOGLIATTI, ALDO MORO. NELL'ATTUALITA', OLTRE A WALTER VELTRONI E ZAPATERO, ABBIAMO ROBERTO SAVIANO, UN RAGAZZO ECCEZIONALE E SONO ORGOGLIOSA CHE CI SIA UN ITALIANO, COETANEO CAPACE DI RIMANERE COSI' INTEGRO, LUCIDO, INTELLIGENTE E FORTE... LA SUA TRAGICITA' MI RICORDA PER CERTI VERSI QUELLA DI PASOLINI, LA SUA COERENZA INTELLETTUALE E' LA STESSA DI ENZO BIAGI, LA SUA PASSIONE PARI A QUELLA DI INDRO MONTANELLI... FINCHE' SCRIVERANNO PERSONE COME LUI, POTREMO ANCORA AVERE SPERANZA IN QUESTO MONDO.
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