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Fenomeno Facebook: la grande babele virtuale finalmente trasparente.

Post n°124 pubblicato il 13 Ottobre 2008 da lapassante0
 

Una nuova realtà virtuale si è imbattuta sulle nostre vite, come se non fossero già abbastanza tecnologizzate... per molti di noi facebook è una nuova scoperta.

Eh sì dico nuova perchè siamo di fronte a qualcosa che raramente si è visto prima: certo c'è chi da anni aveva aperto un blog sulle varie piattaforme che permettono di aprirne uno gratis (splinder, libero, alice, wordpress, etc), c'è chi utilizza windows messenger che permette di chattare istantaneamente, c'è chi si collega ai vari forum e chat, spesso con tematiche particolari e passioni comuni (sport, calcio, politica, arte, motori, donne, gossip o chi vuoi tu...), c'è chi aveva aperto una pagina su myspace (altro grande, ma più macchinoso social network).

Ma niente assomiglia a facebook: lo posso dire con quasi certezza, io che navigo la rete ormai dal 1997, quando con il mio vecchio pc IBM andavo alla scoperta del mondo e fui conquistata definitivamente da internet e dalla sua capacità di reperire informazioni ovunque. Da allora è stato un viaggio continuo, una ricerca ossessiva di nuovi modi di comunicare, di nuove amicizie, di emozioni, di delusioni... e di pensieri e di parole.

Perchè nessun dubbio che la vita vera è fuori dalle mura di casa, nella nostra città, nel nostro quartiere, tra le persone che ci circondano e non in uno schermo del pc che rischia pure di rovinarci gli occhi, è anche vero, però, che la profondità che si instaura dietro le tastiere, la complicità che si prova leggendo e scrivendo, le riflessioni che nascono attraverso la parola scritta raramente si riesce a trovarle fuori, con quella parlata, dove trionfa in realtà l'effimero e la frivolezza... e forse anche solo per timidezza non si ha quasi mai il coraggio di manifestare pensieri profondi, succede a me come a tantissime persone.

Una cosa che mi piaceva meno di internet e della vita virtuale, è che quasi sempre mi capitava di conoscere persone, il cui volto mi era quasi sempre sconosciuto... e spesso si nascondevano dietro a nick dal nome impronunciabile. Ciò creava in me una grande diffidenza e mi impediva di lasciarmi andare del tutto... mancava secondo me uno dei valori più importanti, a mio avviso, dell'amicizia: la trasparenza.

Facebook ha abbattuto perfino questo tabù: ha reso trasparente la comunità virtuale e finalmente ho trovato uno spazio dove incontrare tantissima gente anche della mia città: qui ho trovato i miei compagni delle elementari, medie, liceo, università e perfino i miei colleghi! Ho ritrovato amici che avevo già incontrato sempre nella vita virtuale e poi in quella reale. Un miracolo... nemmeno ai matrimoni succede qualcosa di simile...

Avevo da qualche mese un blog, dove mettere on line tutto quello che mi passava in testa: immagini, parole, pensieri... ma era una sorta di diario moderno che non interessava a nessuno, se non a qualche coraggioso amico, che scriveva commenti più per pietà che per altro... quasi forzatamente. Piano piano mi accorgevo che i miei post non li commentava più nessuno... andavo a senso unico, e mi rendevo conto che era assurdo avere un blog senza che nessuno partecipasse. Mi sentivo ridicola... anche se ammetto che mi aiutava ugualmente a mettere ordine ai miei pensieri e rileggere le mie riflessioni (sempre meglio di niente).

Ecco che si è risolto anche il problema della comunicazione: facebook è bello e coinvolgente, ma nello stesso tempo mi spaventa... rischia di diventare una droga per chi se ne appassiona, difficile farne a meno e non avere la voglia di andare a vedere se qualcuno ci ha scritto e commentato appena si accende il pc la mattina al lavoro.

Io mi conosco e sono praticamente dipendente dai mezzi tecnologici, non riesco più a fare a meno del cellulare (sms) e del pc che sono diventate le mie protesi tecnologiche... sono giustificata certo (non posso telefonare), ma vi avviso... dobbiamo cercare di darci un rigore comportamentale e non farci condizionare da tutto questo mondo bellissimo, ma dispersivo...

In mio soccorso arrivano puntuali le parole del mio grande amico Roberto, critico cinematografico per passione e fondatore di un bellissimo blog sul cinema (cinemavistodame.splinder.com) che parla del film Babel di Alejandro Inarritu, con Brad Pitt e Cate Blanchett, e la docente del Politecnico di Milano (facoltà di design) Eleonora Fiorani, epistemologa di fama mondiale che ha osservato brillantemente il rapporto tra uomo e tecnologia.

Buon divertimento!

Le parole di Roberto, un amico conosciuto nel mondo virtuale:

"(...) Dobbiamo ammetterlo proprio noi blogger che lavoriamo con questi nuovi mezzi di comunicazione.

Più, paradossalmente, aumentano i media e meno le persone riescono a comunicare tra loro ed a comprendersi. Questa è, peraltro, la metafora infondo usata anche nel titolo dell'opera Babel di Inarritu.

Ecco allora che il regista ex DJ ci compone gradualmente un quadro in cui il tema centrale dell'opera, quello della incomunicabilità (che giustifica, peraltro, pienamente il titolo), viene sviluppato intrecciando storie che vivono nel medesimo momento le conseguenze dell'incapacità dell'uomo contemporaneo di ascoltare e di comprendere l'altro. González Iñárritu
invece usa la sordità.

In questo altro visto sempre con diffidenza, in questa assenza di fratellanza fra le genti a volte persino all'interno di una coppia di sposi, si palesa forse l'intento primario di comunicazione del regista.

Nessuno degli esistenti è in grado, forse anche avendone la potenzialità, di comunicare con gli altri.

Ogni gesto, ogni piccolo accadimento è foriero di equivoci, di errate interpretazioni.

Michelangelo Antonioni - forse il più importante regista italiano che ha affrontato, nel suo cinema, il tema della incomunicabilità - utilizzava, spesso, nei suoi film la metafora della nebbia quale elemento formale di suggello di tale condizione umana.


Kôji Yakusho - Yasujiro

La principale funzione drammaturgica dell'esistente Yasujiro, splendidamente interpretato dalla giovane attrice Kôji Yakusho è proprio quella di creare una storia centrale in cui l'handicap della ragazza fornisce spunti filmici molto evocativi grazie alle sequenze in cui il linguaggio audiovisivo si priva della traccia sonora per trasmetterci amplificandolo, lo stato d'incomunicabilità di quell'esistente, quale metafora unificante un po' tutti gli altri eventi e gli altri esistenti del film.
(tratto da Roberto Bernabò, Recensione del film Babel)
Le parole di Eleonora Fiorani:
"Dobbiamo capire che le strutture esterne lavorano sulla nostra interiorità, sulla nostra dimensione profonda, generando in quella sede i nuovi bisogni.
In realtà, però, i veri bisogni, le vere necessità, restano insoddisfatti.
Noi infatti, nella situazione attuale, siamo sempre più circondati da oggetti, ma in realtà siamo sempre più poveri, poveri rispetto alla capacità di comunicare, di elaborare stimoli, di interpretare ciò che ci circonda, pur nell’iperstimolazione che ci proviene dalle parole e, ancora di più, dalle immagini.
Certamente io sono dell’idea che le cose vadano molto male; penso che
quello che sta capitando è che stiamo cercando di fare a noi stessi quello che abbiamo fatto alla Natura, vogliamo dimenticarci la nostra dimensione originaria, remota, e questo mi fa molta paura, mi spaventa molto.
Vogliamo cercare di adeguare i ritmi umani, biologici, del corpo, che hanno i loro tempi, ai ritmi dell’artificiale, mentre sarebbe giusto vivere anche, ma non solo, la dimensione artificiale e tecnologica.
Noi pensiamo di manipolare le macchine, ma in realtà anche le macchine manipolano noi, agiscono su di noi; non è mai un rapporto unilaterale, ma di scambio.
E’ il problema della cosiddetta “deriva tecnologica”, cioè la tecnologia che non è più in funzione dell’Uomo ma del mercato, ed è questo che non funziona. Non è la tecnologia in se stessa ad essere un male, ma il modo in cui la società la vive e la gestisce.

Per uscire da questa situazione Noi non abbiamo che Noi stessi. Le risposte devono venire da noi stessi. Certamente stiamo attraversando un periodo molto difficile, di transizione, che non sappiamo quanto potrà durare e dove ci porterà; io non ho delle risposte ma so che non abbiamo che noi stessi, non c’è niente e nessuno che può aiutarci. "

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 23/10/08 alle 10:31 via WEB
Non ho letto tutto il tuo post, ma credo ciò che basta a scrivere ciò che penso. Il problema non è Facebook, splinder, myspace.. è l'uso che la gente ne fa. E' come - scrivi tu - ne diventa DIPENDENTE, quasi non si rendesse più conto in effetti che la realtà non è lì dentro, ma fuori da loro e intorno a loro. C'è chi comincia a confondere le due cose, questo è gravissimo. Ho saputo di persone iscritte a Facebook, in particolare, che fanno vanto di avere ben 80-90 oltre 100 AMICIZIE. Ma davvero si può credere che quelle siano AMICIZIE? Persone che magari non vedrai mai, non guarderai mai negli occhi, non ci prenderai mai un caffè... è possibile definirle: AMICIZIE?!! Il problema è che ci si crede davvero, con una conseguente perdita di valori nei rapporti umani e sociali. Sembra che qui sia tutto un fatto di numeri. Più amici hai e più accettato e ben inserito "socialmente" sei e solo questo conta. Non la qualità dei rapporti, ma la quantità ( tanti e superficiali, nel fondo ). Inoltre, chiediti perchè parlare con uno sconosciuto raccontando un'intera vita risulta più facile che con gente che già conosci perchè ne temi il giudizio. La verità: perchè ci si sente estremamente SOLI. E nemmeno con chi ci è amico da una vita - ma sul serio -si riesce a parlare onestamente di noi, quindi bisogna sfogarsi col primo anonimo che passa e che ci tende una mano viruale. DIPENDENZA è una brutta parola, tanto più leggerla qui, o altrove come mi è capitato, riferita a un social network di fantomatiche persone che nel tuo quotidiano non vivrai mai - forse - ma che ti tengono compagnia riempinedo la solitudine e il vuoto che si sente. Perchè la realtà è questa.
 
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La ragione l'è dei bischeri

Il fiorentino ama la rissa (verbale) , il dissenso aperto, la battuta pronta e diffida di chi gli dà facilmente ragione, perché ci tiene ad averla, ma quando si sente dire "L'ha ragione, l'ha ragione..." sospetta che lo si prenda in giro (per bischero) e che uno gli dia ragione per poter continuare a fare quello che gli pare.

In passato era ben vivo il gusto per le allusioni, la battuta con o senza doppio senso da cogliere al volo o dimenticare per sempre. Perché una battuta spiegata è un disastro. (Caterina)

Io con Caterina, la mia sorellina di cuore...

I Fiorentini sono dei passionali trattenuti e la fiorentinità è loro scudo. Prendono in giro gli altri soprattutto quando fanno cose che farebbero anche loro, in un festival perverso di autoironia. Questo scudo li rende spesso un po' chiusi, un po' orsi, tanto sono diffidenti, sospettosi, sempre pronti a pensare che gli altri li vogliano fregare. Ma è anche la loro salvezza: Firenze difficilmente si plasma, difficilmente si piega. Il loro terreno non è fertile per chi vuole piazzare le tende delle limitazioni alla libertà, e di questo i Fiorentini ne saranno sempre tremendamente orgogliosi e fieri! (Sandro)

I miei amici con i quali condivido la mia passione viola... Sandro, Caterina, Cristian, Simone e Salvatore, intelligenza e cuore: persone splendide.

 

E LA FIORENTINA

E’ tutto peggiorato nel mondo, non solo nel calcio, e allora bisogna partire da se stessi: in Italia si amano i riti, anche quelli falsi, evidenti, ridicoli… il calcio è un po’ tutto questo. Non so se siamo tifosi idioti, ma so che siamo veramente innamorati e che allo stadio andremo ancora. E sia chiaro:  non vogliamo regali, anche perché sappiamo che così è più bello vincere e non ce ne frega niente se siamo gli unici a farlo (o forse qui mi illudo?). Siamo rimasti solo noi? E allora diamo il meglio di noi stessi, non ci pentiremo, ma soprattutto teniamoci ben stretta la nostra diversità.

... penso all’urlo collettivo di Firenze, a quel modo di gridare al mondo la propria voglia di esserci.
Non esistono tifoserie capaci di esplodere d’amore infinito come i fiorentini. Una parte dell’Italia se ne è accorta, ma sinceramente non ci interessa… in fondo quelli che ora ci fanno i complimenti, sono gli stessi che hanno cercato di distruggerci… ipocriti…
Ci guardiamo in faccia e ci accorgiamo di avere negli occhi una luce nuova, intensa, brillante…quella luce è la Fiorentina. Hanno provato a portarcela via, non ci sono riusciti. E sapete perché? Immaginate di chiudere gli occhi, di riaprirli e accorgersi di vivere un sogno vero. Un sogno chiamato Fiorentina. Squilla il telefono, è un’amica, non tifosa, ma evidentemente contagiata…”Chiara, sono strafelice per te…un amore sincero non muore mai”.

 

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