Creato da Urbe_immortale il 11/09/2006
Blog dedicato all'A.S. Roma, la squadra della Capitale!

Lettera della squadra al Presidente Sensi

Ciao Presidente,
ci affidiamo a queste poche righe per dirti tutto quello che a volte magari non siamo riusciti a trasmetterti a voce o attraverso i gesti e i comportamenti.
Qualcuno di noi Ti ha conosciuto dal giorno in cui sei diventato “Il Presidente”, qualcuno ti ha incontrato durante i  Tuoi 15 anni di presidenza e qualcuno Ti ha conosciuto da poco, ma in ognuno di noi è rimasto impresso il tuo sguardo profondo, carico di umanità, pur se determinato e a volte, forse per chi Ti conosceva troppo poco, anche un po’ duro, ma nessuno di noi può dimenticare la passione con cui ci hai sempre seguito, anche quando non eri presente fisicamente. Sei sempre stato vicino a noi, a volte come Presidente, altre come un secondo padre.
In questi anni hai saputo coniugare sport e solidarietà umana e sociale, senza mai perdere i valori morali che sono propri dello sport. Hai fatto tanto per la Roma e per Roma, le tue passioni dopo l’amore per la tua famiglia, e i romani e i romanisti – e non solo loro – ti hanno accompagnato con dignità e riservatezza, così come Tu hai affrontato la Tua ultima battaglia, una delle tante ma sicuramente la più dura.
Noi non Ti lasceremo solo e non lasceremo sola la Tua famiglia e la famiglia romanista; la nostra forza sarà l’unione e faremo il possibile per farti sorridere da dove sarai, uno di quei tuoi sorrisi che ci regalavi quando venivi in spogliatoio per darci la carica.

Ciao Presidente, Tu sei sempre con noi.

 

Il gol di De Rossi alla Fiorentina commentato dal grandissimo e compianto Alberto D'Aguanno

 

Coppia di Campioni!

 

Il Capitano e Capitan Futuro

 

Serie A: 18^ Giornata:

Chievo-Inter

Atalanta-Napoli

Bari-Udinese

Cagliari-Roma

Catania-Bologna

Lazio-Livorno

Parma-Juventus

Sampdoria-Palermo

Siena-Fiorentina

Milan-Genoa

 

Classifica:

  1. Inter   39
  2. Milan*   31
  3. Juventus   30
  4. Roma 28
  5. Parma   28
  6. Napoli   27
  7. Palermo   26
  8. Sampdoria   25
  9. Bari*   24
  10. Chievo   24
  11. Fiorentina*   24
  12. Genoa*   24
  13. Cagliari*   23
  14. Udinese*   18
  15. Livorno   18
  16. Bologna*   16
  17.    16
  18. Atalanta*   13
  19. Catania   12
  20. Siena   12

* una partita in meno

 

Marcatori Giallorossi in Campionato

9 reti: Totti.

4 reti: De Rossi.

3 reti: Vucinic.

2 reti: Perrotta, Brighi, Burdisso.

1 rete: Taddei, Mexes, Riise, Menez, Cassetti.

 

Giudice Sportivo

Multe all'A.S. Roma nel corso della stagione:

€ 77.000,00

Squalificati per la prossima gara di campionato:

 

Espulsi nell'ultima partita:

 

5 ammonizioni.

De Rossi.

4 ammonizioni:

Cassetti, Pizarro, Menez, Perrotta.

3 ammonizioni (in diffida):

Totti. 

2 ammonizioni:

Vucinic, Andreolli, Mexes, Burdisso.

1 ammonizione:

Taddei, Okaka, Cerci, Vucinic, Doni, Riise, Motta, Guberti, Brighi.

 

Prossime gare AS Roma

6 gennaio, 18^ giornata:

 -

9 gennaio, 19^ giornata:

 -

12 gennaio, Coppa Italia, Ottavi di Finale:

 -

 

Europa League

Sedicesimi di Finale:

Panathinaikos-Roma (18 e 25 febbraio)

Marcatori giallorossi in Europa League:

11 reti: Totti.

3 reti: Menez, Okaka, Cerci.

2 reti: De Rossi, Riise, Vucinic.

1 rete: Guberti, Perrotta, Andreolli, Scardina.

 

« La Roma non ha mai pianto

e mai non piangerà:

perché piange il debole,

i forti non piangono mai. »

Dino Viola

 

Immenso Capitano

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Rabona di Aquilani e gol del Capitano al Milan

Il fantastico gol del Capitano a Marassi

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CAPITAN FUTURO! D.D.R.!

 

    

 

 

 

 Francesco, Daniele e Simone

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    CAMPIONI DEL MONDO!

  

Vivi come se tu dovessi morire subito,

 pensa come se tu non dovessi morire mai.

 

Messaggi del 08/11/2007

Tonetto, stop di 10 giorni

Post n°883 pubblicato il 08 Novembre 2007 da Urbe_immortale

Non appena tornato da Lisbona, Max Tonetto, esterno della Roma, si è sottoposto ad un'ecografia che ha evidenziato una micro-lesione al gemello della gamba sinistra. Impossibile vedere il giocatore abile e arruolato per la partita di domenica sera contro il Cagliari, valevole per l'undicesima giornata del Campionato di Serie A. Il suo recupero potrà essere ultimato in una decina di giorni, quindi sarà a disposizione di Spalletti già dopo la sosta della Nazionale, per la partita in trasferta contro il Genoa di Gasperini, in programma al Marassi il 24 novembre.

 
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La Roma dell'83 a Cuccaro

Post n°882 pubblicato il 08 Novembre 2007 da Urbe_immortale

Addio Barone. In una splendida ma triste giornata di sole, il mondo del calcio ha reso l'ultimo saluto a Nils Liedholm, giocatore e allenatore che negli oltre 60 anni vissuti in Italia si è fatto apprezzare e ben volere da chiunque lo abbia incrociato. Ai funerali che si sono svolti alla parrocchia "Santa Maria Assunta" di Cuccaro, in provincia di Alessandria, dove Liedholm ha vissuto in questi anni, sono accorsi in molti, dal presidente onorario Uefa, Lennart Johansson, al CT azzurro Roberto Donadoni, passando per Cesare Maldini, Claudio Ranieri, Adriano Galliani, Ariedo Braida, Bruno Conti e tanti altri. Perchè il ricordo del Barone, scomparso lunedì a 85 anni, è ancora vivo e le parole dei presenti ne sono la più alta testimonianza.

"Era una persona molto ironica, molto alla mano, era un maestro per i giovani, di calcio e di vita", il ricordo di Cesare Maldini mentre per Roberto Pruzzo, che con Liedholm ha vinto lo scudetto alla Roma, "se n'è andato un uomo speciale, tranquillo, sereno, umile, alla portata di tutti". La grande umanità di Liedholm è forse ciò che più è rimasto impresso dell'ex allenatore. "Una persona squisita - dice Claudio Ranieri, allievo di Liedholm in giallorosso - Un maestro per tutti, mi sembrava doveroso affettivamente venire a salutarlo per l'ultima volta, era un piacere starlo ad ascoltare".

Tifosi, gente comune, stelle del mondo del pallone di oggi e di ieri, chiunque ha voluto omaggiare il Barone, chi con la sua presenza, chi con corone di fiori come per esempio il cantante Antonello Venditti, grande tifoso della Roma che con Liedholm in panchina ha festeggiato tante vittorie. Impossibile dimenticare uno come il Barone. "Arrivavamo in campo e lui era già là che palleggiava - sorride Roberto Bettega - Arrivavamo mezz'ora prima per giocare con lui, era un segno di amore per il calcio che mi porto ancora".

Tanti personaggi illustri del calcio quindi, che hanno dato oggi l'ultimo saluto al Barone. Nei banchi della settecentesca chiesa parrocchiale, oltre ai sopracitati, c'erano anche Paolo Maldini, Franco Tancredi, Giancarlo Antognoni. Bruno Conti, oltre che a titolo personale, era presente anche in rappresentanza dell'A.S. Roma, insieme a Ivano Stefanelli, responsabile del settore giovanile giallorosso. Importanti anche le presenze di Gianluca Pessotto, Nevio Scala ed Angelo Peruzzi, oltre che di una bella fetta della Roma del 1983, tra i quali, oltre a Conti e Pruzzo, c'erano Carlo Ancelotti, Paolo Giovannelli, Roberto Negrisolo, ed Ernesto Alicicco, oltre alla gente comune che ha seguito la cerimonia, fuori e dentro la chiesa. Non potevano mancare tifosi giallorossi, in particolare c'era lo striscione del Roma Club Casal Monferrato, cittadina piemontese vicino proprio a Cuccaro.

L'arrivo della salma sul sagrato è stato accolto nel silenzio, rotto solo dai rintocchi della campana. Ai lati dell'altare c'erano due ragazzi del Milan e altrettanti della Roma, che hanno portato le corone di fiori delle due società, accanto ai labari con i colori e gli stemmi di Milan e Roma. Tanti i tifosi con le sciarpe o le maglie giallorosse o rossonere.

La messa è stata concelebrata dal vescovo di Casale, mons. Germano Zaccheo, e dal parroco di Cuccaro, don Germano Rota. Dopo la funzione religiosa a Cuccaro, la salma di Liedholm, accompagnata dal figlio Carlo, dalla nuora Gabriella e dai nipoti Andrea e Paolo Erik è stata portata al cimitero monumentale di Torino, per essere tumulata accanto alla moglie Maria Lucia Gabotto, morta due anni fa.

Thomas Nordahl, figlio del leggendario Gunnar (destra) e Carlo Liedholm (foto Ap/Pinca)

 
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Il 28 luglio 2007 l'ultima chiacchierata del Barone con Il Romanista

Post n°881 pubblicato il 08 Novembre 2007 da Urbe_immortale

Il 28 luglio la sua ultima intervista. Sempre vicino ai suoi "ragassi": «Grandi come Ago»

Stava lì a Cuccaro, nel suo mondo, sempre disponibile a parlare della Roma, il suo mondo. Bastava chiamarlo a casa, nessun numero particolarmente segreto o accesso vietato. Poteva succedere che rispondeva direttamente, più spesso, dopo la malattia, qualcuno della famiglia te lo passava. Gentilmente. "Buonjorno" e poi faceva immediatamente una notazione contingente, cioè pertinente, sulla Roma, per mettere le cose in chiaro nel caso l'interlocutore non ce l'avesse: stavi parlando con Nils Liedholm, l'allenatore per sempre della Roma. Gentilmente.
La prima volta che Il Romanista l'ha chiamato fu con Francesco Campanella. Fa effetto. "Un libro, il Barone sta lavorando ad un libro su Nils Liedholm, su stesso. Dalle colline di Cuccaro ci arriva la notizia..." . Così introduceva la sua intervista Campanella. Era il giornale dell'8 ottobre 2004, era per il suo compleanno ma anche per la Roma che stava in difficoltà: era la stagione dei mille allenatori, e per questo diventava necessario parlare con l'Allenatore: "Bisognava tenere Capello non perché gli altri non sono bravi ma perché era abituato all'ambiente. Nordista? Io venivo dalla Lapponia eppure sono andato discretamente!" . È già tanto Liedhom questo, ce n'è tanto anche quando parla di Antonio Cassano che all'epoca (e anche adesso, perché non lo ha mai allenato il Barone) era sinonimo di ingestibilità: "E' facile gestire Cassano. Bisogna entrare nel suo piccolo mondo, lui fa delle cose per far ridere, per scherzare e gli altri non sempre lo capiscono. A me diverte molto. Per me erano tutti facili da gestire. Tutta la mia carriera è stata impostata nel far capire che in questo calcio si può vivere in due modi, uno serio e uno scherzoso" . Poi finiva parlando di quella Roma in difficoltà, come stava lui in quel momento: "Se l'ho seguita? Ho avuto poco tempo, ero occupato dal... letto. A parte gli scherzi, non sono riuscito più andare allo stadio, ma l'ho seguita dalla televisione che non sempre ti riesce a dare l'esatta dimensione di quello che succede. Posso dire che può fare bene perché ha quei due..." . Che erano il piccolo mondo di Cassano e quello adulto (dove, se succede, si sbaglia da professionisti) di Francesco Totti. Del capitano diceva "è un uomo squadra, sa fare tutto. Come Di Stefano e Liedholm" . Gli aveva appena fatto il complimento più grande. "Come Liedholm".
A se stesso, poi, il Barone, che stava per scrivere un libro su Liedholm, paragonò mesi dopo Bruno Conti.
Perché quella stagione va avanti, ma la Roma resta ferma: a Cagliari nel giorno dei 50 anni di Bruno Conti, si perde male male 3-0. Il 12 marzo esce un'intervista a Liedholm di Tonino Cagnucci: il Barone fa gli auguri per il mezzo secolo di vita a quello che definisce "il più grande jocatore che ho allenato a fare i dribbling, un jocatore fantastico" . Non è tanto questo: "La cosa più bella è proprio questa: Bruno oggi è il responsabile del settore giovanile della Roma e non poteva che essere così: da lì lui ha iniziato tutto e oggi lo continua. E' come se non si fosse mai perso niente, come se non fossero mai passati gli anni" . Non era solo un augurio. Passano tre gol e tre giorni, Bruno Conti diventa allenatore della Roma. Nils Liedholm il suo allenatore («la mia vita», ha detto questi giorni) scrive in prima pagina sul Romanista :
"Tranquillo Bruno, non è difficile allenare. Adesso fai quello che facevo io, ma tu non hai bisogno di consigli. Tu sei stato un tecnico di una squadra di calcio perché sei stato un grande giocatore. Come me, d'altronde. Tu puoi fare l'allenatore della Roma perché sei della Roma. Perché sei uomo di calcio, perché hai grande competenza e grande cuore. Non dare retta a chi dice che prendere la squadra in corsa è più difficile... L'importante è far giocare la squadra come giocavi te, e questo è meno facile... Ma fai come me, falli semplicemente giocare a pallone. Hai già allenato i ragazzi, adesso tocca ai campioni.... Non aver timori. Sei Bruno Conti, il mio giocatore. Da oggi anche il mio allenatore preferito" . Conti salverà la Roma, la porterà in Europa attraverso una finale di Coppa Italia, sceglierà Luciano Spalletti come allenatore. È già un altro anno, un'altra stagione, un'altra Roma. In mezzo un altro compleanno importante: i 50 anni di Roberto Pruzzo. In campo, la propaggine naturale di Bruno Conti; in campo e fuori , forse, il giocatore preferito di Liedholm. Il Barone e il Bomber. Roberto Pruzzo che non parla mai, che non s'è venduto in questo calcio mai,s'è messo a piangere. Il 1 aprile Liedholm al Romanista gli diceva che "un altro dei miei ragassi cresce ... Io avevo con lui un rapporto speciale perché si lamentava sempre ma era un buono... Era un leader della Roma, e come Agostino era sopratutto un grande uomo... Per me era anche veloce" . Questo era il Barone da Cuccaro per Il Romanista .
C'è stato nei momenti più difficili in quelli più belli e quelli più importanti, ha risspoto anche se si trattava di sondaggi. C'è stato sempre e quando non c'è stato per la festa degli 80 anni della Roma, al Romanista , a Stefano Petrucci ha detto: "Io dimenticato? Ma no! Quella dell'Olimpico è stata una bellissima festa, con tanti dei miei ragazzi... Perché ci si doveva intristire nel ricordo di un povero vecchio? Già nell'83 dissi che il merito di quel campionato fantastico era tutto di Agostino e dei suoi compagni... Io ero spesso una mummia ...Dissero che avevo scelto di giocare a zona per non avere il problema di studiare per giorni le marcature a uomo. Forse avevano ragione" . Ovviamente no. È stata la sua ultima intervista.

 
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Oggi Cuccaro è il centro del mondo

Post n°880 pubblicato il 08 Novembre 2007 da Urbe_immortale

Il paesino, non più di 400 abitanti, si prepara per accogliere un migliaio di persone per i funerali di Liedholm
Cerimonia alle 11, celebra il vescovo di Aqui Terme: «Insieme a un prete che in seminario si portò la sua figurina»

«Un signore, mi creda, un vero signore» dice la signora da dietro il bancone dell'emporio. E con lei le altre donne che le sono accanto. E gli uomini, le facce segnate dal lavoro. C'è compostezza, ma anche grande commozione nel ricordare Nils Liedholm, «quell'uomo così educato, affabile e cortese con tutti». Di certo, ci sarà tutto il paese, stamattina, in chiesa, a rendere omaggio - il capo chino e il cappello in mano, come si suol dire - al proprio concittadino illustre. Anche se, prima di lui, a rendere famoso il nome di Cuccaro nel mondo c'era già stato un altro personaggio non da poco. Quel Cristoforo Colombo, di cui il paese (come recita un cartello accanto al museo a lui intitolato) rivendica i natali, al posto di Genova.

Cuccaro Monferrato si appresta così a vivere una giornata che verrà ricordata a lungo. Il paese è piccolo, con i suoi nemmeno quattrocento abitanti. E oggi si attendono «almeno un migliaio di persone», come dice il comandante della stazione dei carabinieri di stanza a Fubine, un paese a pochi chilometri da qui. «I problemi sono logistici e di viabilità - continua il capitano - Stiamo studiando le misure più idonee per l'accesso al paese e per far fronte alla carenza di parcheggi». Ci sarebbe la corriera da Alessandria, ma l'autista del pullman dice che non sono in programma corse supplementari. Che restano quindi le 5-6 previste in tutto nell'arco della giornata. Sulla piazzetta, accanto alla fermata, i piccoli manifesti fatti affiggere dalla famiglia e in cui - altro esempio di sobrietà - Nils Liedholm è ricordato soltanto come "campione olimpico 1948".

La signora dell'emporio continua a parlare di lui: «Ricordo quando la moglie veniva a fare la spesa e il signor Nils l'aspettava in macchina. Se capitava che io accompagnassi fuori la signora portandole le buste, lui si dispiaceva: "Non deve - mi diceva - ci penso io"». Le altre annuiscono. Anche loro ricordano come, quando c'era la vendemmia, fosse il primo a dire alle donne nei campi: «Non mangiate fuori! Venite in casa!». Oppure: «Non state sotto il sole a lavorare, mettetevi qui all'ombra!». Piccoli racconti di paese, ma anche storie che testimoniano - se mai ce ne fosse ancora bisogno - quanto quell'uomo abbia lasciato anche qui un segno profondo della sua umanità.

La chiesa è in cima ad una collinetta. Sul retro, un campo di calcio. Un po' malandato, ma con il manto in erba. C'è silenzio e tranquillità nella piazzetta su cui affacciano le finestre di don Germano. Sarà lui, oggi, a concelebrare la messa, che sarà officiata dal vescovo di Aqui Terme, monsignor Giovanni Zaccheo. «Sono qui da appena cinque anni - racconta il parroco - durante i quali ho avuto però una frequentazione costante con il signor Liedholm e la sua famiglia. Di lui, che era luterano, mi aveva colpito molto la fede profonda. Finchè le condizioni fisiche gliel'hanno permesso, è sempre venuto alla messa del sabato. La scomparsa della moglie è stata per lui insostenibile: "Nina mi chiama" mi ripeteva spesso».

Anche in don Germano riaffiorano i ricordi: «Quando andavo a casa sua, lo trovavo spesso in giardino, mentre insegnava calcio al nipotino Andrea (il più piccolo dei due figli di Carlo. L'altro è Paolo, che studia all'università a Milano), che oggi ha quindici anni, è alto, magro e gioca come centrocampista con i ragazzi del Monferrato. Ricordo che gli sistemava i paletti in terra, spiegandogli come effettuare i dribbling».

In chiesa, oggi, anche un altro anziano sacerdote della stessa diocesi: «E' il parroco di Lerma, un paese qui vicino - racconta don Germano. - Quando era ragazzo, la figurina di calciatore a cui era più affezionato era quella di Liedholm. Un giorno, in seminario, il padre superiore gliela sequestrò, e lui ci rimase molto male. Oggi, non voleva mancare…»

 
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"Vi racconto come nacque lo scudetto dell'83!"

Post n°879 pubblicato il 08 Novembre 2007 da Urbe_immortale

Ancora amarcord sul Barone!

Era il 2001, la Roma si stava laureando Campione d'Italia, il Barone lavorava a Trigoria come dirigente, e concesse una stupenda intervista a bordo campo, mentre i ragazzi di Fabio Capello si allenavano.

di Franco Bovaio

Quel giorno a Trigoria c'era il sole, anche se era novembre. Già proprio come oggi. Liedholm aveva voglia di farla quell'intervista, ma anche di sedersi vicino al campo per vedere da vicino gli allenamenti della "sua" Roma, a quei tempi guidata da Fabio Capello, uno che il Barone apprezzava molto. Così prendemmo due sedie e ci accomodammo in prossimità del campo. «Ecco, da qui vediamo bene e al sole di Roma è bello restare» disse lui. Così, mentre guardavamo i futuri campioni giallorossi, iniziammo a parlare dei suoi, quelli che aveva condotto al tricolore dell'83.

«Tutti bravi ragassi» iniziò, sostituendo le "Z" con le "S", come era solito fare. «Una grande squadra deve avere un grande portiere e il nostro era Tancredi, che aveva già tante qualità da giovane. Anche quando era la riserva di Paolo Conti sapevo di poter contare sempre su di lui ad occhi chiusi, perché era capace di farsi trovare sempre pronto. In allenamento non si stancava mai e io gli facevo tantissimi tiri alla fine di ogni seduta, anche perché mi divertivo molto ad allenare i portieri. Era un bel modo per tenermi in forma. Con lui in campo la squadra giocava tranquilla. Quando dovevamo attaccare per sbloccare un risultato o per rimontare uno svantaggio, era facile sentirli dire: "Andiamo, tanto c'è Franco in porta". È il miglior complimento che si può fare ad un portiere».

Poi Nela e Maldera. «Di Sebino mi accorsi perché ogni volta che tornavo a Cuccaro e l'aereo faceva scalo a Genova lì tutti mi dicevano che nel Genoa c'era un ragazzo molto promettente. Un giorno decisi di fermarmi per vederlo all'opera in una partita di B in cui giocava da stopper e su angolo fece gol di testa. Mi convinse, anche perché poteva essere impiegato in tutti i ruoli della difesa. Arrivato a Roma lo feci lavorare molto sui fondamentali e, nonostante lui fosse tutto mancino, pensai di impiegarlo a destra, perché dall'altra parte avevo Maldera, un ottimo terzino sinistro fluidificante al quale chiesi di stare molto più attento in copertura, visto che a spingere era soprattutto Nela. Maldera eseguì alla lettera le mie raccomandazioni tattiche garantendoci un costante equilibrio difensivo».

Al centro Vierchowod. «Un difensore che faceva reparto da solo. In quell'anno favoloso sbagliò solo una cosa: a Genova contro la Sampdoria andò in attacco anche lui, lasciando solo il povero Di Bartolomei a controllare Mancini e prendemmo il gol. Da quel giorno Vierchowod fece come dicevo io, rimanendo sempre in difesa. La sua velocità, la forza fisica e il gioco d'anticipo mi spinsero a retrocedere Agostino per poter sfruttare meglio i suoi lanci ed averlo sempre con il viso rivolto al campo avversario. Viola fece di tutto per convincere Mantovani a lasciarcelo, ma lui stava costruendo la Sampdoria con i migliori giovani che c'erano in circolazione e Vierchowod era uno di loro. Così non riuscimmo a tenerlo».

Al nome di Agostino la sua voce si incrinò, era il suo capitano ed uno dei giocatori che ha amato di più: «Un ragasso eccezionale, un ottimo "jocatore" (altra parola tipica del suo vocabolario), un professionista esemplare, un vero capitano, in campo e fuori. Il suo carisma era indiscutibile. Quando seppi la brutta notizia provai un dolore immenso, perché lo avevo seguito per tutta la carriera, dalle giovanili alla prima squadra e fino al titolo di Campione d'Italia. Gli volevo bene e lo apprezzavo molto, tanto che quando lasciai la Roma nel 1984 lo portai con me al Milan».

Ancelotti e Conti: «Il primo lo prendemmo su segnalazione di mio figlio Carlo quando nel Parma agiva da mezza punta. Lo aveva visto contro l'Alessandria e ne era rimasto impressionato. Mi dissero che era troppo grasso, ma mi convinsi che in un ruolo diverso da quello di mezza punta avrebbe potuto fare benissimo. Una volta arrivato alla Roma migliorò moltissimo, dimagrì un po' e divenne un gran mediano. Peccato per quei due infortuni che subì in giallorosso. Pensate quanto avrebbe potuto dare di più se non fosse stato fermato dalla sfortuna. Quanto a Conti era fortissimo già da ragazzo, nella squadra Juniores. Quando giocavamo le partitelle del giovedì contro di loro Bruno entrava spesso nel secondo tempo e riusciva sempre a mettere in difficoltà i miei titolari, al punto che, avendo imparato a conoscerlo, ogni volta che se lo ritrovavano di fronte iniziavano a lamentarsi. Seppur molto più piccolo di loro, infatti, gli nascondeva sempre la palla. Per farlo crescere meglio lo mandammo al Genoa, in B. Qui fece molto bene, conobbe Pruzzo e tra i due nacque un'ottima intesa e amicizia, di cui poi la Roma avrebbe molto beneficiato. Appena tornai nella Capitale nel 1979 la prima cosa che chiesi a Viola fu quella di riprendere Conti. È stato uno dei calciatori più forti di tutti i tempi».

Come Falçao? «Sì, senza ombra di dubbio. Uno dei pochi che ho fatto prendere pur avendolo visto solo in VHS. Il suo modo di stare in campo e di giocare mi convinse subito e così invitai Viola a venire a casa mia per visionare insieme quel filmato. Viola lo vide una prima volta e stette zitto. Poi mi chiese di rivederlo e mi domandò: "È bravo, ma possiamo comprare un calciatore solo sulla base di un filmato?". Questo sì, dissi. Molti hanno scritto che era il mio allenatore in campo, ed io confermo che è vero. Con lui mi sentivo tranquillo perché era un "jocatore" molto bravo nel dare i tempi alla squadra: teneva palla quando bisognava amministrare il gioco; velocizzava l'azione quando occorreva fare gol. Dopo aver smesso di giocare, Paulo Roberto venne a tovarmi a Cuccaro per chiedermi se pensavo che potesse diventare un bravo allenatore. Gli risposi che era la soluzione ideale per uno come lui che allenava già quando "jocava". Dopo poco lo vidi sulla panchina della nazionale brasiliana. E io che pensavo che avrebbe iniziato con i ragazzini!».

Poi bomber Pruzzo: «Un pigro simpatico, che sbuffava in continuazione durante gli allenamenti che, però, svolgeva scrupolosamente. Durante gli esercizi non si lamentava mai a parole, ma faceva certe facce scocciate. Era un "jocatore" intelligente e furbo. Sapeva in anticipo dove sarebbe arrivata la palla, una dote unica per chi vuole fare il centravanti ed indispensabile per un grande attaccante. Era sempre nel posto giusto senza fare tanta fatica. Mi ricordo di averlo notato durante una partita di Coppa Italia a Genova. Vincevamo 3-0 e tenevamo la palla per far passare il tempo. Loro non riuscivano a prenderla e così, verso l'80', Pruzzo cominciò a tartassare l'arbitro chiedendogli in continuazione di fischiare la fine. Ridevano tutti, anche l'arbitro, perché la sua richiesta era proprio insistente. Quel giorno mi convinsi delle sue capacità, perché pensai che quel ragazzo, oltre che essere forte come calciatore, era anche molto, molto intelligente».

La chiacchierata si dilungò poi su tutti gli altri dell'83, che non citiamo solo per motivi di spazio. Ai suoi "ragassi" Nils voleva veramente bene, tanto quanto gliene abbiamo voluto noi a lui, che con quella calma olimpica che manteneva anche dopo i momenti più aspri (su tutti il gol di Turone) e con le sue battute ci ha insegnato ad amare il calcio per il suo lato più bello. Quello del gioco e della sana rivalità sportiva, con l'avversario che stai per incontrare che è sempre il più forte di tutti e quello che hai appena battuto che è stato il migliore contro cui hai giocato. Educazione, classe, eleganza. Mai una battuta fuori posto e sempre una parola buona per tutti.

Quanto manca al calcio di oggi uno come "il Barone".

 
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Totti ricomincia la preparazione

Post n°878 pubblicato il 08 Novembre 2007 da Urbe_immortale

Appuntamento al 24 novembre, dopo la sosta del campionato per il doppio impegno della Nazionale. Quel giorno nella Roma che sarà impegnata a Marassi contro il Genoa dovrebbe esserci il suo Capitano, Francesco Totti. Almeno è questa la speranza di Spalletti e dello staff medico giallorosso che sta provando a rimettere in piedi Totti dopo l'infortunio rimediato nella gara d'andata contro lo Sporting. Un infortunio particolarmente fastidioso, una fortissima contusione al collo del piede destro causata dall'intervento killer di Liedson. L'impatto tra il piede del brasiliano e la caviglia di Totti è stato violentissimo, tanto che se invece di calciare con il collo del piede Francesco lo avesse fatto con il piatto la botta avrebbe avuto conseguenze ben più gravi di quelle che ha avuto, e con ogni probabilità sarebbero stati interessati anche i legamenti. Che invece, per fortuna, non hanno subito nessun danno. La botta però è stata violentissima e la contusione, proprio per la delicatezza del punto d'impatto, è stata trattata dai medici come una frattura.

Dal 23 ottobre, data di Roma-Sporting, Totti non ha più messo piede in campo. Negli ultimi quindici giorni si è sottoposto a molte sedute di fisioterapia, e poi gradualmente ha cominciato a lavorare in piscina e in palestra: corsa in acqua e pesi in palestra per non perdere il tono muscolare sulla gamba infortunata. Il rischio dopo questo tipo di infortuni è proprio quello di perdere il tono muscolare e per questo di dover prolungare i tempi di recupero. A questo proposito la sosta del campionato arriva a proposito, anche perché come se non bastasse l'infortunio al piede ci si è messa anche una fastidiosa bronchite a complicare ulteriormente le cose. La speranza dello staff medico romanista è di rivederlo lavorare in campo a partire dall'inizio della prossima settimana, e fino ad allora continuerà con fisioterapia, piscina e palestra. Da lunedì, poi, lo staff tecnico insieme a Vito Scala lo seguiranno passo passo nel piano di recupero. Che prevede alcuni mini cicli di lavoro, una specie di nuova preparazione atletica che prevede degli step sulla resistenza, sulla forza e sulla velocità. Il programma dovrebbe durare una decina di giorni e dovrebbe consentire al capitano di rimettersi a disposizione di Spalletti qualche giorno prima di Genoa-Roma. Per riprendere in mano la squadra.

 
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Aquilani a Trigoria. Taddei rientra.

Post n°877 pubblicato il 08 Novembre 2007 da Urbe_immortale

Domenica sera si torna in campo con il Cagliari. E potrebbe essere giunto il momento di Taddei. Ieri il brasiliano ha lavorato sul campo, confermando quei progressi che si erano notati nelle ultime settimane. Per il ritorno in gruppo sarà comunque decisivo il benestare dello staff sanitario, che dovrebbe arrivare già oggi pomeriggio. Un rientro ovviamente importantissimo, poiché Taddei nelle sette partite ufficiali sin qui disputate (tra Campionato, Champions e Supercoppa) è sempre partito dal primo minuto, a riprova di quanto sia decisivo nello scacchiere creato da Spalletti.

Piccoli passi in avanti anche per Christian Panucci che ieri, al contrario di martedì, quando aveva svolto fisioterapia, ha lavorato sul campo. Un lieve progresso che lo avvicina al match con il Cagliari, anche se almeno inizialmente appare molto probabile la conferma di Cicinho nella posizione di terzino destro.

Non dovrebbero esserci problemi per Mexes, che ieri sera è uscito a scopo precauzionale a causa di una botta in faccia.

Oggi, intanto, Alberto Aquilani, che ha lasciato ieri Cesenatico, tornerà a lavorare a Trigoria: il "Principino" dovrebbe rientrare subito in gruppo, anche se appare difficile una sua convocazione per domenica.

 
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Capello: "Grazie Nils"

Post n°876 pubblicato il 08 Novembre 2007 da Urbe_immortale

Finalmente la Roma è stata data sulla Rai, con il commento tecnico di un uomo che sà di calcio come pochi. Altra camminata rispetto a Sky che presentava come seconda voce quell'ubriacone di Josè Altafini!

«Grazie Nils».

E' iniziata così, con un ricordo del grande Barone Liedholm, la telecronaca su Rai 1 di Fabio Capello. Uno che per i romanisti è come il fumo negli occhi (ma magari ce ricasca a rimettersi sulla nostra panchina, dico io...). Eppure il suo commento tecnico è preciso, puntuale. Fa esattamente quello che dovrebbe fare una seconda voce: aggiungere qualcosa alla telecronaca, anche se questo significa contraddire la prima voce. E don Fabio non ne ha lasciata passare una a Gianni Cerqueti, riprendendolo seccamente quando pensava che andasse fatto.

Emblematico quando lo Sporting si rende pericoloso, Cerqueti: «Cicinho era in ritardo». E Capello immedatamente: «No, Cicinho è stato bravo a recuperare». Cerqueti: «Sì, ma alla fine».

Oppure a inizio ripresa, quando Cassetti viene ammonito per una presunta gomitata. Cerqueti: «Rischia Cassetti». Capello: «Non c'era assolutamente». Cerqueti: «Ma ha rischiato». Capello: «Ma no, ha ragione ad arrabbiarsi Spalletti».

E ancora: «Izmahilov è un ex Torpedo Mosca» dice Cerqueti e lui... «No Lokomotiv».

Il solito Capello, dunque, al microfono come in panchina, che esalta il gran gol di Cassetti dopo appena 4 minuti: «Molto bello il lancio di Cicinho, bello il tiro di Cassetti. Mezzo interno! Mezzo interno! Il modo migliore di calciare in questa circostanza». Un Capello che elogia la Roma quando c'è da farlo («Brava a far girare la palla e ad andare poi in profondità, i portoghesi non sono abituati a correre»), ma che non ha problemi a criticarla duramente come quando non butta fuori il pallone con Pizarro a terra in fase di possesso palla: «Non è stata corretta». Oppure quando nella seconda metà del primo tempo va in difficoltà: «Mai vista una Roma così imprecisa, e dire che di spazio ce ne è, non è che si giochi nello stretto. Se li pressa, questi sono una squadra superabilissima».

Nel secondo tempo si soffre, si fatica a creare occasioni da gol. Al 2-1 Don Fabio si "avvelena" come se fosse in panchina: «Non sono saliti, non è salito Perrotta!». De Rossi spara alta una punizione dal limite e lui: «Come si sente la mancanza di Totti». Poi i minuti finali: «Loro stanno facendo di tutto per far pareggiare la Roma, Bento sta sbagliando tutto il possibile». Stavolta ci azzecca ed è 2-2: «E' meritato». Si finisce con il commento: «Nelle prossime partite ci auguriamo di vedere un'altra Roma». Anche noi mister, anche noi!

 
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Grazie Barone per quest'ultimo gol!

Post n°875 pubblicato il 08 Novembre 2007 da Urbe_immortale

L'aveva solo allenata, ieri ha segnato all'ultimo minuto: non c'è altra spiegazione, grazie del gol Barone. All'ultimo minuto giocando male, quando negli ultimi minuti questa squadra che sa giocare solo bene s'era fatta soltanto recuperare (e sempre 2-2). All'ultimo minuto con una doppia deviazione rimettendo in sesto quella che pareva ormai una maledizione. Ha segnato Lui, e c'è una spiegazione. Perché il destino a un certo punto s'era messo a scherzare coi nomi nella notte dedicata a lui. A Lisbona che inizia con la L come Liverpool, come Lecce, come tutto ciò che ha fatto male a questa storia, c'era un brasiliano che si chiamava Lied...son: radice identica, suffisso simile. Era la maledizione del gol di Laudrup mentre si perdeva col Lecce, della Lazio perché esiste. Quando morì Viola e Sebino Nela in campo piangeva, per il Pisa di Lucescu segnavano Larsen e Lucarelli. Sempre con la L. 

La sera di ieri era iniziata piena di tuoi segnali. Era iniziata che per Lied...son pareva finita: un contrasto di Juan sulla palla e sul collo della caviglia identico a quello con cui proprio Lied...son aveva messo fuori gioco (dal limite dell'area di rigore) Francesco Totti. Erano passati due minuti, due minuti ancora e Marco Cassetti, come Emidio Oddi a Berlino, aveva segnato solo perché era nato il giorno prima di quella finale: il 29 maggio. Come a dire: il futuro è ancora da scrivere, che significa sempre che il passato si può cambiare. Erano segnali scaramantici, tra l'esoterico e l'astrologico, un amuleto in tasca nel giaccone a due colori che per sbaglio una volta si mise un tuo giocatore (e ci trovò la pietra filosofale, altro che modernismi da Harry Potter); paradossi temporali, rebus da decifrare, violese in questa notte gillorossa e turchese, segnali che questa storia stava per cambiare (quella di Coppe e di Campioni s'intende, quella di chi è rimasto a quel 30 maggio 1984 e che ha un sogno soltanto in fondo al cuore, se è romanista: un giorno, una notte, e Carletto Ancelotti nostro alla festa di luglio scorso ha detto che succederà).

Pareva il contrario perché tutto stava andando alla rovescia: se Cassetti in quell'azione sembrava Garrincha, quasi immediatamente dopo la Roma non pareva ma era, quella degli ultimi venti minuti di Empoli. C'erano altri segnali, Barone. Inquietanti. L'1-1 era l'impiccio fra un difensore e un portiere, come in quella notte di maggio, quando un rinvio troppo pieno di paura di Bonetti finì sulla testa di Tancredi: stamattina verrano a salutarti tutti. Verrà Brunetto, verrà il Bomber, verrà Carletto Ancelotti e tanti altri tuoi ragazzi, compreso Sebino se ce la farà a rientrare da Lisbona. Poi quel fantasma brasiliano dal nome paradossalmente svedese, sbucava da dietro all'improvviso, come il destino in questi giorni più brutti. Quando morì Viola ("In 12 anni hai dato tanto, ieri tutto" scrivevamo in Sud in quel Roma-Pisa 0-2 maledetto), Sebino Nela in quel campo piangeva, la Roma perdeva ma non poteva non farlo. Ieri a quel punto, da qualche posto, col Presidente e il Capitano (e non sono mai solo semplici scherzi le coincidenze, altrimenti il 30 maggio non si morirebbe) ti sei fatto giocatore. A Lisbona. Perché giocatore non c'avevi mai giocato con la Roma.

Perché da Lisbona arrivò il tuo erede, si chiamava Sven Goran Eriksson, allenava il Benfica che s'era permesso di batterti, per giunta a primavera, e sembrava addirittura poter prendere anche il tuo posto in qualche cuore, invece è finito a vincere qualcosa (?!) con la Lazio. Da dimenticare. Dimenticato, completamente scordato. A Lisbona, perché lì c'era la tua gente che continuava a cantare, la Roma era in difficoltà, presa tra le polemiche di una vittoria sprecatissima in campionato e l'orrore di una quasi eliminazione troppo brutta, troppo in fretta, per poter essere vera. Si giocava male. Mancava il gioco oltre a Totti, Aquilani, Taddei, Panucci, Tonetto (terzo infortunio nella rifinitura dopo quello di Mexes a Parma e di Juan a Cesena con la Juve...), mancava il fiato e il domani faceva un'altra volta paura: polemiche, processi, morali a terra, vittorie obbligate in Ucraina dove pure a Napoleone è andata male. Cose grosse quindi.

Questa Lisbon story sembrava finita, ma c'era la tua gente che aveva messo uno striscione: onore al Barone, e continuava a cantare. De Rossi durante il minuto di silenzio si era emozionato, anche se aveva soltanto un anno quando era successo tutto questo (quella notte di Coppe e di Campioni), Mancini guardava al cielo come quando va a segnare, anche se non ti ha mai visto allenare. Lui, Amantino, guardava il cielo e sapeva solo che c'è un suo connazionale che giocava con questa maglia e con il numero 5, che racconta che per lui, quando giocava, eri un padre. La Roma non riusciva a segnare e tutto era andato male: la maledizione di quel nome e di quella iniziale, ma poi hai segnato tu Barone perché ci stai tu adesso a cambiare le cose. Nils Liedholm, ultimo marcatore. Perché è chiaro che soltanto in un tuo paradosso questa Roma che stava giocando male poteva segnare.


 
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