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La corda al collo di Berlusconidi Elena Llorente- 9 ottobre 2011Pubblicato in: Argentina Gustavo Piga, professore di Economia Politica all'Università di Roma Tor Vergata, afferma che "l'Italia è stata danneggiata da una crisi nella crisi" e che si dovrebbe porre l'accento sul rilancio dell'economia, non solo sul debito. Secondo alcuni l'economia italiana è arrivata al capolinea e se non si fa attenzione, farà la stessa fine della Grecia, sommersa da un mare di debiti che non può pagare o farà bancarotta come l'Argentina. Altri pensano che è arrivata al capolinea solo a livello politico, sostenendo che è il governo Berlusconi ad essere giunto in realtà al termine perché l'economia italiana nonostante tutto possiede le qualítà e le risorse per uscire dalla stretta economica. In poche parole, la situazione italiana può essere così riassunta: secondo dati dell'Istat il PIL è sceso del 5.1% nel 2009 ed è cresciuto appena dell'1.3% nel 2010 mentre la disoccupazione nel 2011 è all' 8.9%. Le previsioni del Fondo Monetario Internazionale parlano di un'inflazione annua che oscilla intorno all'1.7% nel 2011. Ma ciò che crea più problemi all'Italia è il debito pubblico, arrivato a 1.9 miliardi di euro a luglio scorso, il che significa ill 120 percento del PIL, e la scarsa crescita del PIL. Il governo di Berlusconi ha già presentato due piani di risanamento volti essenzialmente a tagliare la spesa pubblica. Si aspetta nei prossimi giorni un terzo piano con misure volte a stimolare la crescita economica, cosa che chiedono a gran voce i lavoratori e gli industriali "No, in realtà a livello economico non siamo arivati al capolinea", afferma nell'intervista a Pagina/12 Gustavo Piga, professore di Economia Politica dell'Università di Roma Tor Vergata. "L'Italia continua ad essere la settima potenza ecomonica mondiale, ma è stata investita da una crisi (N.d.R. quella del 2008) nella crisi. Perché c'è una crisi generale nel mondo occidentale che coinvolge principalmente Stati Uniti ed Europa, in quanto hanno smesso di essere la locomotrice dell'economia internazionale. Questo ruolo è passato all'Asia. Molti paesi sono stai coinvolti, incluso l'Argentina, che è in crescita in questo momento ma che crescerebbe ancora di più se i suoi mercati di destinazione in Europa o negli Stati Uniti spingessero di più. L'Italia nel contesto di un'Europa che non cresce, è a sua volta uno dei paesi che crescono meno". Secondo Piga l'Italia è un paese ricchissimo, con un patrimonio materiale e culturale enorme e non c'è alcuna ragione per cui non possa uscire dalla crisi. "Non siamo arrivati al capolinea, però certo bisogna vedere su quale autobus salire per poter ripartire di nuovo. Ci sono tre autobus che si possono prendere. Il viaggio è lungo. Un viaggio di 30 anni con obiettivi a lungo termine, un viaggio di 10 anni che ci permetta di riattivare l'economia in questo periodo ed un altro per risolvere il problema immediato", dice. Quello che sembra chiaro, e che viene mostrato insistentemente dai media europei, è che persiste una crisi di fiducia nell'euro e che questo rischia, secondo PIga, di trascinare non solo la Grecia, un'economia molto meno diversificata rispetto a quella italiana e molto meno potente a livello manufatturiero. "Non c'è dubbio che l'Italia abbia in sé tutte le condizioni economiche e fiscali per poter pagare il suo debito pubblico. Non è come la Grecia, che non ci riesce. Il nostro debito è stato sempre alto", sottolinea l'economista. Il rischio è che si speculi su questo tema. Ciononostante, l'acquisto dei titoli di debito italiani da parte della Banca Centrale Europea, è la manovra corretta per tranquillizzare i mercati adesso", spiega. Ma l'Italia ha altri problemi strutturali da risolvere. Il fatto che la sua economia non cresca più ai livelli di 20 anni fa deve porre una serie di domande, secondo Piga, soprattutto sul perché abbia sofferto più di altri paesi europei gli effetti negativi della globalizzazione. "Le piccole imprese, che erano numerosissime, hanno ricevuto un colpo tremendo. Molto più forte di quanto è avventuto per la Francia, la Spagna o l'Inghilterrra. Le piccole imprese della Gran Bretagna, per esempio, sono molto brave nei servizi, cosa che la Cina non è riuscita ancora a sviluppare bene. In cambio l'Italia è brava nell'area tessile, e in quella del cuoio, nelle quali i cinesi sono specializzati" aggiunge. Per Piga, in questo momento l'accento non deve soltanto essere messo sul debito, ma sul rilancio dell'economia ed al contrario di quanto fatto finora dal governo italiano su suggerimento dell'Unione Europea, deve essere lo Stato a riattivare l'economia stimolando la domanda di beni e servizi, cosa che implica aumentare il reddito e la produzione. Ma per non aumentare la spesa pubblica, bisogna aumentare le tasse, cosa che il governo di Berlusconi ha cercato di evitare perché è una misura impopolare. Molte imprese, bisogna ricordarlo, hanno perso milioni di euro in questi mesi, anche per le oscillazioni della Borsa. Inclusa la Fininvest della famiglia Berlusconi. Perché allora il primo ministro non presenta rapidamente il nuovo piano? "Questo bisognerebbe domandarlo a Berlusconi. Ma in parte è vero che l'Italia ha una specie di corda al collo da parte dell'Unione Europea che le mette limiti all'aumento della spesa pubblica" dice Piga. Questo vuol dire che anche se cambiasse il primo ministro, al contrario di quello che dicono alcuni, la situazione non cambierebbe nella sostanza? "Forse la situazione sarebbe quasi uguale. Ma è chiaro che Berlusconi porta con sé altri problemi, per cui un altro governo di sinistra o di destra, con un altro primo ministro, avrebbe sicuramente una corda al collo meno stretta", conclude l'economista. [Articolo originale "La soga al cuello de Berlusconi" di Elena Llorente] http://italiadallestero.info/archives/12495 |
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