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Da Lampedusa a Sidi Bouzid: "Siamo tutti clandestini"

Post n°6769 pubblicato il 04 Novembre 2011 da lucarossi82
 

Nel porto di Goulette [sulla costa del Nord Africa a 10 km da Tunisi NDT] mentre alcuni attivisti tunisini aspettano i

Da Lampedusa a Sidi Bouzid: "Siamo tutti clandestini"

di

Henda Hendoud

- 3 novembre 2011Pubblicato in: Francia
Traduzione di ItaliaDallEstero.info Print FriendlyStampa

["blog.slateafrique.com" non trovato]

Nel porto di Goulette [sulla costa del Nord Africa a 10 km da Tunisi NDT] mentre alcuni attivisti tunisini aspettano i "clandestini" italiani, un giovane giornalista tunisino s'indigna e accusa: "I clandestini di Lampedusa sono dei criminali! Non dovete difenderli". Venerdì 23 settembre 2011 una ventina di attivisti italiani hanno percorso la "7araga" (il viaggio degli immigrati) in senso opposto. Durante il percorso attraverso i paesini italiani, questi difensori dei diritti umani hanno incontrato alcuni rifugiati africani e alcuni clandestini arabi, soprattutto tunisini.

"Il percosrso è stato duro" conferma un militante che aggiunge "è con vergogna e sbigottimento che abbiamo scoperto l'indifferenza del nostro paese nei confronti dei più fondamentali diritti umani". In effetti, secondo questi italiani, lo stato del loro paese fornisce ben poca o quasi nessuna assistenza medica, psicologica e persino alimentare ai suoi "inattesi" visitatori.

Al porto nessuno è rimasto indifferente nel sentire queste accuse. Chi tra i tunisini non ha un amico, un conoscente o un parente che è fuggito? Chi non conosce un fuggitivo che l'ha scampata bella o qualcun altro che ha trovato la morte in mare aperto? Nessuno

Ricordiamo che due giorni dopo l'arrivo di questo gruppo, Lampedusa era, ancora una volta, teatro di tensioni e manifestazioni da parte di immigrati e rifugiati. Questa volta un immigrato tunisino ha dato alle fiamme tre edifici e centinaia di loro hanno manifestato per chiedere libertà e per protestare contro le disumane condizioni di detenzione e la lentezza del trasferimento verso altri centri meni affollati.

Dall'inizio dell'anno, sono sbarcati a Lampedusa 50.403 immigrati (45.090 uomini, 2.608 donne e 2.705 minori). Nonostante gli inviti delle ONG locali e internazionali a rispettare le leggi italiane e le convenzioni internazionali, che obbligano l'Italia a trattare meglio i suoi ospiti, l'italia continua con le evacuare massivamente i tunisini.

Sull'altra sponda, un grave silenzio pesa sulla vicenda. La Tunisia è divisa in due, una parte che si vergogna dei suoi compatrioti "criminali" perchè violano le frontiere "legali" e un'altra parte che sogna "clandestinamente" di fare il viaggio senza il visto impossibile da ottenere e le colossali somme dei denaro imposte dall'Europa. Il governo provvisorio, si è limitato a siglare una convenzione che autorizza l'Italia ad espatriare con la minima spesa tutti i tunisini migranti.

Coperto dallo stesso silenzio dei media e delle richieste dei diritti umani in Tunisia, questo gruppo di attivisti italiani è arrivato con questo slogan "Siamo tutti clandestini". "Siamo qui per dirvi che siamo solidali e per dire al mondo intero che ne abbiamo abbastanza della politica che ruba le ricchezze del sud e allo stesso tempo impedisce alla sua gente di vivere o sognare", ha dichiarato un attivista di origine africana. Una decina di anni fa, questo attivista era a sua volta un semplice clandestino, prima di trasferirsi in Francia e poi in Italia per crearsi una famiglia. All'epoca, è passato dall'Africa Centrale verso la Tunisia, poi fino alle coste del nord. Oggi fa il tragitto al contrario, perché crede nella "rivoluzione tunisina che sogna un mondo migliore fondato sulla dignità e la libertà".

Il sostegno del gruppo è arrivato fino a Sidi Bouzid dove ha incontrato le famiglie dei clandestini "7araga". La giornata è trascorsa tra condoglianze, racconti ed incoraggiamenti, la sera tutti si sono ritrovati in un concerto rap per festeggiare la resistenza e l'uguaglianza.

A nostra volta, ci siamo diretti domenica verso Sidi Bouzid. Lo scopo non era vedere se le cose sono cambiate, ma cercare di capire come, o meglio, perché i ragazzi che hanno preso parte alla prima rivoluzione del mondo arabo rischiano la morte in pieno Mediterraneo. Sidi Bouzid, la città che ha acceso la miccia della primavera araba rinuncia completamente ai ragazzi proprio dopo il 14 gennaio. "Alcuni scelgono di fuggire, altri si drogano e altri ancora si tolgono la vita per disperazione" ci rivela una mamma dopo un lungo sospiro.

La città descritta nelle guide turistiche come la città più tetra della Tunisia, resta fedele alla sua reputazione. Senza infrastrutture, nè istruzione, nè contributi sociali, i giovani della città sono abbandonati alla disoccupazione, alla droga e alla disperazione.

Non molto lontano dal centro città, dove Mohamed Bouzazi si è ucciso bruciandosi vivo, abbiamo incontrato "Omm Fadi", la mamma di un ragazzo di 15 anni fuggito verso Lampedusa nel mese di febbraio. "Non sapevo della sua partenza. Era a scuola, gli piaceva il calcio e sognava di diventare un grande calciatore ... ma non avevamo nè denaro nè conoscenze per realizzare i suoi progetti" spiega Omm Fedi soffocando le lacrime. "Tutti lo amano nel quartiere, era tranquillo e rispettoso, e malgrado la nostra povertà camminava sempre a testa alta" ha aggiunto.

Omm Fedi, lavora saltuariamente come donna delle pulizie. Ha tre figli ed è divorziata da qualche anno. Ci accoglie in un piccolo garage dove vive senza luce nè acqua. Omm Fedi, come molti a Sidi Bouzid, riceve un assegno mensile che non supera i 70 dinari (35 euro). Il suo ex marito, cameriere in un bar pubblico e con una seconda famiglia numerosa a carico, ha smesso di mandare gli alimenti dal 14 gennaio. "Per aiutare a fuggire nostro figlio Fedi, si è indebitato per 1600 dinari (800 euro)" spiega Omm Fedi che non dimostra alcun rancore verso il suo ex marito

Omm Fedi non rimpiange la partenza del figlio. "Piango perché mi manca e perché temo per lui. Ma non sono dispiaciuta per lui. L'ho visto su Internet (via Skype), è ingrassato, sta bene, impara l'italiano e sta studiando per diventare insegnante di educazione fisica" spiega Omm Fadi prima di aggiungere "malgrado la sua istruzione, Fedi non è riuscito a resistere alla droga. Vedete il nostro quartiere? Tutti fanno uso di questi veleni ... giorno e notte ... uomini e donne ... vecchi e giovani".

Ora Omm Fedi aspetta notizie dal figlio che con un colpo di fortuna è riuscito a fuggire a Lampedusa e a scampare alle sue prigioni. I suoi amici che sono fuggiti con lui, con la stessa barca, oggi sono trattati da "criminali" dalle autorità italiane e persino dai loro compatrioti. Quelli che hanno tentato la fortuna subito dopo la sua partenza hanno trovato la morte in una tempesta.

[Articolo originale "De Lampedusa à Sidi Bouzid : «Nous sommes tous des clandestins»" di Henda Hendoud]

 http://italiadallestero.info/archives/12757

 
 
 
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