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Le differenze tra l'antico e il moderno

Post n°2112 pubblicato il 16 Aprile 2019 da blogtecaolivelli

fonte: Le Scienze

Le differenze genetiche e cerebrali tra noi e i Neanderthal

Confrontando la forma dei crani dei Neanderthal e

quella degli umani moderni, una complessa ricerca

interdisciplinare è riuscita a risalire a differenze

genetiche che influiscono su due strutture cerebrali

che controllano in primo luogo il movimento ma che

potrebbero aver avuto un riflesso anche sull'evoluzione

del linguaggio(red)

Partendo dalla differenza di forma del cranio dei

Neanderthal e degli uomini moderni, un gruppo di

ricercatori è riuscito, grazie a una complessa ricerca

interdisciplinare, a risalire ad alcune possibili differenze

nello sviluppo cerebrale nelle due specie.

La ricerca, diretta dal paleoantropologo Philipp Gunz

del Max Planck Institut per l'antropologia evoluzionistica

a Lipsia, e dai genetisti Simon Fisher e Amanda Tilot del

Max Planck Institut per la psicolinguistica a Nijmegen,

nei Paesi Bassi, èpubblicata su "Current Biology".


Le differenze genetiche e cerebrali tra noi e i Neanderthal

Cranio fossile di Neandertal (a sinistra) e di un umano

moderno (a destra). (Philipp Gunz, CC BY-NC-ND 4.0 )

La forma del cranio degli umani moderni si caratterizza

per una particolare globosità, che si distingue non solo da

quella di tutti gli altri primati, ma anche di tutti gli altri ominidi,

Neanderthal compresi, la cui struttura del cranio è più allungata.

I ricercatori sospettano che questa differenza rispecchi

cambiamenti evolutivi nelle dimensioni del cervello e nelle

connessioni cerebrali.

Gunz e colleghi hanno scansionato con tomografia

computerizzata crani fossili di Neanderthal e crani di esseri

umani moderni, rilevando anche le impronte endocraniche

del cervello, per poi ricavare un indice che rispecchiava la

globosità del cranio nelle due specie.

I ricercatori hanno poi analizzato il genoma di circa 4500

umani moderni cercando di identificare i frammenti di DNA

di origine neanderthaliana che sono presenti in varia misura

in tutte le persone di ascendenza non africana.

Grazie alla quantità dei dati raccolti Gunz e colleghi sono

riusciti a mettere in relazione alcuni di questi frammenti,

localizzati sui cromosomi 1 e 18, proprio con la globosità

del cranio.

Le differenze genetiche e cerebrali tra noi e i NeanderthalImmagini tomografiche di un cranio fossile di Neandertal (a sinistra)

con la tipica impronta endocranica allungata (in rosso) e di

un umano moderno (a destra) dalla caratteristica forma

endocranica globulare (blu). (Philipp Gunz, CC BY-NC-ND 4.0 )

L'analisi dei segmenti di DNA identificati ha permesso di 

scoprire che due di questi influiscono sull'attività di altrettanti

geni a essi vicini, i geniUBR4 PHLPP1, già noti per avere

un ruolo in importanti aspetti dello sviluppo cerebrale.

In particolare, i due geni contribuiscono alla neurogenesi

(la generazione dei neuroni) e alla mielinizzazione dei neuroni,

cioè della guaina isolante che protegge gli assoni di alcuni neuroni.

I ricercatori hanno anche scoperto che la versione neanderthaliana

del segmento che influisce su UBR4 fa sì che questo sia leggermente

meno espresso nel putamen, mentre la versione neanderthaliana

attiva suPHLPP1 fa sì che sia leggermente sovraespresso

nel cervelletto.

"Entrambe queste regioni cerebrali - ha spiegato Gunz - ricevono

un input diretto dalla corteccia motoria e sono coinvolte nella

preparazione, nell'apprendimento e nella coordinazione senso-

motoria dei movimenti." Ma il putamen fa anche parte di una

rete di strutture cerebrali dette gangli della base che, ha proseguito

Gunz, "contribuiscono anche a diverse funzioni cognitive, come

la memoria, l'attenzione, la pianificazione, l'apprendimento delle

abilità e, potenzialmente, l'evoluzione del linguaggio e il linguaggio

stesso".
Secondo i ricercatori, questa scoperta può portare a sviluppare

ipotesi sulle differenze neuronali, e potenzialmente cognitive,

fra umani moderni e Neanderthal, ipotesi che potrebbero

essere testate sperimentalmente, ricorrendo per esempio a

campioni di tessuto neuronale umano coltivabile in laboratorio.

 
 
 
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