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La ricetta Telethon per l'editing genetico

Post n°2161 pubblicato il 29 Aprile 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

27 marzo 2019

La ricetta Telethon per l'editing genetico

La ricetta Telethon per l'editing genetico

Saranno le immunodeficienze il banco di

prova prescelto dai ricercatori dell'Istituto

San Raffaele Telethon per la Terapia Genica

(SR-Tiget) per effettuare la loro prima

sperimentazione clinica con le nuove

biotecnologie di precisionedi Anna Meldolesi

/CRISPerMANIA

geneticaimmunologia

I dati sono rassicuranti. Le tecniche sono mature.

E l'istituto San Raffaele Telethon per la Terapia

Genica (SR-Tiget) è quasi pronto per il debutto.

"Non abbiamo ancora una data.

Ma nel breve periodo il nostro istituto conta di

avviare la prima sperimentazione clinica con l

'editing del DNA".

Ce lo rivela Raffaella Di Micco, group leader

all'SR-Tiget e coautrice di uno studio uscito

recentemente su "Cell Stem Cell" in collabora-

zione con il team di Luigi Naldini.

"Il nostro modello cellulare sono le staminali

del sangue. Con il protocollo che abbiamo

ottimizzato non riscontriamo instabilità genomica

né mutazioni indesiderate.

Il cocktail che abbiamo messo a punto dovrebbe

già garantire un beneficio terapeutico nel campo

delle malattie rare.

Perciò il prossimo passo sarà vedere la risposta

nell'uomo", ci ha detto la ricercatrice commentando

con noi gli ultimi dati.

Il banco di prova saranno le immunodeficienze

su cui l'SR-Tiget non ha rivali al mondo, essendo

già riuscito nell'impresa di portare in commercio

la prima terapia genica classica: il trattamento

Strimvelis, sviluppato nell'era pre-CRISPR per i

pazienti affetti da ADA-SCID.

Nel frattempo altri gruppi hanno incontrato

difficoltà a replicare quel successo di terapia genica

"tradizionale" su un altro tipo di immunodeficienza

severa combinata, trasmissibile con il cromosoma X

e detta SCID-X1.

ia Telethon)"Rispetto all'approccio precedente,

l'editing ha il grosso vantaggio di garantire

un'espressione più controllata del gene terapeutico.

La migliore precisione dovrebbe consentire di

correggere il difetto genetico con maggiore efficacia

e sicurezza", sostiene Di Micco. In cima alla lista

delle malattie candidate, dunque, c'è la SCID-X1,

in compagnia di un'altra immunodeficienza:

la sindrome da iper-IgM.

"Comunque il lavoro che abbiamo pubblicato è una

dimostrazione di fattibilità, lo stesso approccio può

trovare altre applicazioni".

Di Micco, classe 1980, si è laureata in biotecnologie

mediche a Napoli, per poi specializzarsi tra Milano

e New York, e da tre anni è stata chiamata

all'istituto diretto dal

pioniere della terapia genica Naldini, con la

missione di studiare come le cellule rispondono

al danno del DNA e contribuire allo sviluppo di

nuove terapie avanzate.

Lavorando insieme, hanno dimostrato di poter

inserire in modo affidabile una sequenza correttiva

nelle cellule staminali ematopoietiche.

La  ricetta di San Raffaele e Telethon prevede

l'utilizzo di una scarica elettrica per far entrare

nelle cellule tre ingredienti terapeutici: la piattaforma

per l'editing genomico (costituita dall'enzima che

taglia il DNA, opportunamente programmato

per trovare il giusto bersaglio), un vettore virale

detto AAV6 che trasporta la sequenza da introdurre

in corrispondenza del taglio e, a parte, un terzo

elemento opzionale.

Si tratta di un trascritto con le istruzioni per

sintetizzare una molecola che destabilizza la

proteina p53, nota anche come "il guardiano

del genoma".

In questo modo Di Micco e colleghi hanno

aggirato un ostacolo emerso lo scorso anno

 in popolazioni cellulari diverse e descritto da

due gruppi indipendenti su "Nature Medicine".

Quando l'editing produce la rottura del DNA,

le cellule attivano un kit di pronto intervento

che vede come protagonista il p53 e può

avviare le cellule editate alla distruzione.

Per fortuna i ricercatori dell'SR-Tiget hanno

appurato che, almeno per le staminali emato-

poietiche, il problema è limitato e risolvibile.

La ricetta Telethon per l'editing geneticoiStock/LoveSilhouette)
"Anche nel nostro modello basta un singolo

taglio per far scattare l'allarme, ma la risposta

si risolve nel giro di poche ore quando la lesione

viene riparata e alla fine le cellule conservano la

piena funzionalità", assicura la ricercatrice.

Se oltre a tagliare il DNA si fornisce una sequenza

correttiva, utilizzando un vettore virale, la reazione

difensiva è più forte, ma l'SR-Tiget ha dimostrato

di poterla controllare inibendo il p53.

Nel giro di un giorno o due l'arresto proliferativo

si sblocca e, trapiantando le cellule editate nel topo,

si osserva che un maggior numero di cellule corrette

si localizza nel midollo, per la ricostituzione del

sistema ematopoietico.

"Il sistema CRISPR è più facile da programmare

rispetto alla tecnica di editing genomico precedente,

ma nel nostro modello funziona bene anche la

piattaforma zinc finger, che ha il vantaggio di essere

stata studiata più a lungo", spiega Di Micco.

Da quando CRISPR è arrivata sulla scena ha

conquistato tutti i riflettori per la sua versatilità,

mentre il metodo delle "dita di zinco" è rimasto

nell'ombra pur non essendo obsoleto.

"Con questo lavoro abbiamo dimostrato che

i risultati delle due tecnologie sono paragonabili,

ciò che conta è la specificità dell'enzima che

effettua il taglio, indipendentemente da quale

piattaforma viene utilizzata", sostiene la ricercatrice.

Scegliere l'una o l'altra sarà una decisione

strategica, da prendere insieme agli sponsor

dei trial clinici futuri, valutando anche gli aspetti

di natura brevettuale. Intanto ci sono altre

sperimentazioni di editing in cellule staminali

ematopoietiche che stanno già reclutando i

primi pazienti in diversi paesi del mondo:

il database clinicaltrials.gov ne conta già tre

con zinc finger e due basate su CRISPR.


(L'originale di questo articolo è stato pubblicato

 nel blog CRISPerMANIA il 27 marzo 2019.

Riproduzione autorizzata, tutti i diritti

riservati.)

 
 
 
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