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La violenza alimenta l'epidemia di Ebola

Post n°2200 pubblicato il 23 Maggio 2019 da blogtecaolivelli

fonte: Le Scienze

12 marzo 2019

La violenza alimenta l'epidemia di Ebola

L'intensificarsi dei conflitti nella Repubblica

Democratica del Congo ostacola gli sforzi

per debellare il virus, che si sta diffondendo

al di fuori delle catene di trasmissione

conosciute e ha raggiunto un tasso di mortalità

del 60 per cento superiore a quello della crisi del

2014-2016 nell'Africa occidentaledi Amy Maxmen / Nature

medicinaepidemiologiapolitiche sanitarie

Più di 900 persone hanno contratto il virus

Ebola da quando ha iniziato a diffondersi nella

Repubblica democratica del Congo (RDC)

all'inizio di agosto.

L'epidemia, ora la seconda più diffusa mai

registrata, non mostra alcun segno di rallentamento,

alimentata, dicono gli operatori umanitari e i

funzionari governativi, da un cocktail tossico

di violenza e sfiducia.

Il conflitto nel nord-est della RDC, il centro

dell'epidemia di Ebola, negli ultimi mesi si è

intensificato. Alla fine di dicembre - dopo che il

governo della RDC aveva impedito a più di un

milione di persone nelle zone colpite dall'Ebola

di votare per le elezioni presidenziali del paese

- gruppi di manifestanti hanno assaltato e

bruciato un centro per la cura dell'Ebola a Beni.

E il mese scorso, assalitori armati hanno

incendiato i centri di cura a Butembo e Katwa.

Le persone impegnate in prima linea per

combattere l'Ebola in quelle città - che diffondono

appelli sanitari, identificano i casi potenziali e

seppelliscono i morti - affrontano minacce e

aggressioni quasi quotidianamente.

La violenza alimenta l'epidemia di Ebola

Il numero di vittime di Ebola nella Repubblica

democratica del Congo continua a salire.

(ZUMAPRESS.com / AGF)Le continue violenze

hanno ostacolato gli sforzi per contenere il virus.

"Qui ci sono così tanti gruppi armati che non si

sa dove capiterà il prossimo problema", dice

uno di loro, che ha chiesto di restare anonimo

perché non è autorizzato a parlare con la stampa.

"Siamo gettati nel fuoco".

Altrettanto preoccupanti, dicono gli epidemiologi,

sono i dati dell'Organizzazione Mondiale della

Sanità (OMS) che indicano che il virus si sta

diffondendo inosservato.

Durante le ultime tre settimane di febbraio, il

43 per cento delle persone morte per Ebola a

Katwa e Butembo sono state trovate già

decedute nelle loro comunità, senza che fossero

state isolate negli ospedali durante le ultime

fasi della malattia, quando è più contagiosa.

E tre quartidi coloro ai quali è stata diagnosticato

l'Ebola non erano stati precedentemente

identificati come persone a contatto di soggetti

che avevano contratto il virus.

Nel complesso, le statistiche suggeriscono che

il virus si stia diffondendo al di fuori delle catene

di trasmissione conosciute, rendendo più difficile

contenerlo e facendo salire il tasso di mortalità

rispetto ai focolai precedenti.

L'attuale tasso di mortalità, il 60 per cento circa,

è superiore a quello registrato durante la crisi

dell'Ebola del 2014-16 in Africa occidentale, e

questo nonostante i miglioramenti ottenuti nella

cura delle persone colpite, compresa l'introduzione

di diversi farmaci sperimentali.

"Possiamo avere a disposizione i migliori

trattamenti al mondo, ma la mortalità non

diminuirà se i pazienti non si presentano o

arrivano troppo tardi", dice Chiara Montaldo,

coordinatrice medica del gruppo di soccorso di

Médecins Sans Frontières (MSF, noto anche

come Medici Senza Frontiere) nella provincia

del Nord Kivu della RDC.

Territorio inesplorato

Questo focolaio di Ebola è il decimo nella RDC

da quando il virus è stato scoperto nel 1976.

È di gran lunga la più grande e più lunga

epidemia che abbia mai colpito il paese, con

circa 907 casi e 569 decessi, al 5 marzo.

[Saliti a 921 casi e 582 decessi all'11 marzo.

N.d.R.] A differenza delle precedenti, è iniziata

nella regione nord-orientale della RDC

devastata dalla guerra, dove le ondate di

conflitti che si susseguono dal 1997 hanno

causato fino a sei milioni di vittime.

La regione ospita decine di gruppi armati ed

è anche una roccaforte degli oppositori del

partito politico al potere nella RDC.

Molti abitanti guardano con sospetto alle

iniziative per debellare l'epidemia di Ebola,

perché le considerano collegate alla lotta

del governo ai suoi nemici politici.

La decisione presa l'anno scorso dall'ex

presidente Joseph Kabila di impedire il voto

agli abitanti delle città di Beni, Butembo e

Yumbi - per prevenire la diffusione di Ebola - ha aggravato i sospetti.

l 24 e il 27 febbraio a Katwa e a Butembo sono

stati dati alle fiamme i centri di MSF per la cura

di Ebola. (Cortesia WHO)La risposta costante

del Ministero della sanità della RDC, dell'OMS

e di MSF (Médecins Sans Frontières), tra gli altri

gruppi, ha arginato l'epidemia nelle comunità in

cui il virus è comparso per la prima volta, come

Mabalako, Komanda e Beni.

Ma quando la gente si sposta, si sposta anche Ebola.

Il virus si è diffuso in nuove aree, tra cui Butembo e Katwa.

Le continue violenze hanno indotto MSF a

sospendere le attività nelle due città il 28 febbraio.

Le principali agenzie sanitarie pubbliche non congolesi

- come i Centers for Disease Control and Prevention

degli Stati Uniti - hanno ritenuto la provincia del Nord

Kivu, dove si trovano Butembo e Katwa, troppo

rischiosa per andarci. Così, gli epidemiologi degli Stati

Uniti e di altri paesi occidentali stanno monitorando la

situazione da lontano.

L'OMS ha mantenuto in zona il proprio personale, ma

sta valutando se utilizzare le truppe di pace delle

Nazioni Unite per cercare di rendere sicure le cliniche

e le strutture in cui lavorano i suoi dipendenti.

"Siamo preoccupati per la nostra gente", dice

Ibrahima Socé-Fall, vicedirettore generale dell'OMS

per gli interventi di emergenza, che ha sede a

Brazzaville, nella Repubblica del Congo, che si affaccia

sul fiume che la separa dalla RDC.

Nel frattempo, l'OMS ha intensificato i colloqui con

i leader della comunità e sta preparando i residenti

a contribuire alla realizzazione della risposta a Ebola.

"Vogliamo ridurre la dipendenza dai partner internazionali",

dice Socé-Fall.

Lanciare l'allarme

Per contribuire ad arrestare la diffusione dell'Ebola,

alcuni analisti esperti in politica sanitaria vorrebbero

che l'OMS definisse l'epidemia nella RDC come

un'emergenza sanitaria pubblica di portata internazionale.

Questo potrebbe aumentare la cooperazione

internazionale e mobilitare gli aiuti, come avvenne

quando l'OMS dichiarò l'emergenza sette mesi dopo

lo scoppio dell'epidemia di Ebola nell'Africa occidentale nel 2014-16.

L'OMS stima che eradicare l'attuale epidemia di Ebola

nella RDC costerebbe 148 milioni di dollari.

Secondo il direttore generale dell'agenzia, Tedros

Adhanom Ghebreyesus, al 26 febbraio i paesi membri

dell'OMS avevano impegnato meno di 10 milioni di

dollari.

La violenza alimenta l'epidemia di Ebola

Avvisi sulle modalità di trasmissione del virus

affissi per sensibilizzare la popolazione.

(Cortesia WHO/L. Gutcher)"Se questa non è

un'emergenza sanitaria globale, che cosa lo è?",

dice Lawrence Gostin, specialista in diritto e

politica sanitaria della Georgetown University a

Washington DC: il conflitto in corso nel nord-est

della RDC, osserva, rende l'epidemia eccezionale

e le migliaia di persone che si spostano

regolarmente dal nord-est della RDC in Sud Sudan,

Uganda e Ruanda aumentano il rischio che il virus

si diffonda.

I sostenitori di una dichiarazione di emergenza

affermano che permetterebbe all'OMS di denunciare

le azioni governative che potrebbero danneggiare

la risposta dell'Ebola, come le restrizioni di voto

della RDC dell'anno scorso o la decisione degli

Stati Uniti di non entrare nella zona di diffusione

del virus.

Una dichiarazione potrebbe anche far pressione

sulla RDC perché migliori i servizi sanitari e la

sicurezza nelle comunità colpite da Ebola e dalla

violenza, dice Oyewale Tomori, un virologo

indipendente di Ibadan, in Nigeria.

Da ottobre, l'OMS ha ripetutamente deciso

di non dichiarare un'emergenza sanitaria pubblica,

affermando che è improbabile che Ebola si diffonda

a livello globale e che i gruppi di aiuto stanno

fornendo un aiuto sufficiente a limitare l'epidemia.

Alcuni esperti di problemi sanitari globali ipotizzano

che la riluttanza dell'OMS a dichiarare l'emergenza

sia influenzata anche da questioni geopolitiche.

Dichiarare un'emergenza potrebbe indurre i

paesi confinanti con la RDC a chiudere le frontiere,

per esempio, e questo potrebbe deprimere

l'economia della regione e rendere ancora più difficile

sapere quando le persone con Ebola entrano in

altri paesi.

E David Heymann, epidemiologo della London

School of Hygiene and Tropical Medicine, afferma

che i leader dei gruppi armati della regione potrebbero

usare una dichiarazione di emergenza come leva per

negoziare il controllo del territorio o delle risorse in

cambio del permesso ai soccorritori di fare il loro lavoro.

"Gli agenti infettivi possono essere usati come ostaggi",

dice.

C'è poi il problema di sapere se una dichiarazione

di emergenza serva effettivamente a qualcosa.

Adia Benton, antropologa della Northwestern

University a Evanston, in Illinois, dice che la svolta

nell'epidemia dell'Africa occidentale potrebbe

essere stata la notizia di una manciata di casi di

Ebola negli Stati Uniti, e non la decisione di

dichiarare lo stato di emergenza.

E teme che - ci sia o meno la dichiarazione di

emergenza dell'OMS - la situazione continuerà

a peggiorare, proprio come gli incendi dolosi, la

fame e la violenza che da un quarto di secolo

affliggono la Repubblica Democratica del Congo,

ampiamente ignorati dal resto del mondo.

--------------------------
(L'originale di questo articolo è stato pubblicato

su "Nature" l'8 marzo 2019. Traduzione ed

editing a cura di Le Scienze.

Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

 
 
 
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