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fiori nel cemento

Post n°2524 pubblicato il 18 Febbraio 2020 da blogtecaolivelli

30 luglio 2019Comunicato stampa

Fiori tra il cemento: come sono cambiate

le piante che crescono nel centro di

Bologna

Fonte: Università di Bologna

Eliotropio purpureo - Heliotropium amplexicaule
Foto di Alessandro Alessandrini Negli ultimi

centovent'anni le specie verdi che vivono

dentro la cerchia delle mura sono quasi triplicate,

ma sono aumentate soprattutto quelle aliene a

discapito di quelle originarie del territorio.

A rivelarlo è il confronto tra un catalogo botanico

di fine Ottocento e una nuova mappatura fatta

da ricercatori dell'Alma Mater

Nel 1894 al botanico bolognese Lucio Gabelli

venne un'idea: creare un catalogo delle piante

che crescono in città. Così iniziò ad attraversare

in lungo e in largo il centro storico di Bologna -

all'epoca ancora cinto dalle mura medievali -

registrando le specie vegetali che incontrava sulla

sua strada: quelle che animavano i giardini, quelle

che crescevano ai bordi delle carreggiate, quelle

che spuntavano tra le crepe dei muri.

Ad un certo punto trovò persino un eliotropio

purpureo (Heliotropium amplexicaule): un fiore

originario del Perù che in qualche modo era riuscito

ad arrivare fino al cuore dell'Emilia.
 
Centoventi anni più tardi, un gruppo di ricercatori

dell'Università di Bologna ha deciso di ripetere lo

stesso esperimento per capire quanto e come sono

cambiate le piante urbane. Ripercorrendo i passi di

Gabelli, gli studiosi hanno catalogato tutte le specie

che crescono oggi nel centro storico bolognese, tra

parchi, viali, marciapiedi, colonne e palazzi.

E lungo il loro percorso hanno ritrovato anche

l'eliotropio purpureo: da oltre un secolo il fiore

peruviano continua a sbocciare, anno dopo anno,

nello stesso punto.
 
BIODIVERSITÀ E SPECIE ALIENE
A parte però questo caso straordinario, il confronto

tra i due cataloghi - quello ottocentesco di Lucio

Gabelli e quello contemporaneo dei ricercatori

bolognesi - mostra che negli ultimi centovent'anni

la flora urbana di Bologna è cambiata radicalmente.

"Il riscaldamento del clima, i cambiamenti

dell'architettura cittadina e il progressivo intervento

dell'uomo sull'ambiente urbano hanno modificato

in maniera profonda la biodiversità floristica

bolognese", conferma Annalisa Tassoni, docente

dell'Università di Bologna che ha coordinato lo

studio.

"Un cambiamento che ha visto il moltiplicarsi di

specie aliene, introdotte soprattutto come piante

ornamentali, a scapito di quelle native della zona,

che si sono ridotte in modo significativo".
 
Dai risultati della ricerca - pubblicati su Scientific

Reports, rivista del gruppo Nature - emerge infatti

che le specie che abitano il centro storico bolognese

sono quasi triplicate, passando dalle 176 di fine

Ottocento alle 477 di oggi; allo stesso tempo è però

più che raddoppiato il numero di quelle aliene,

passando dal 12% al 30% del totale.

"Questi vasti cambiamenti sono legati probabilmente

alla profonda trasformazione del centro storico

di Bologna nell'ultimo secolo: la scomparsa delle

aree coltivate e delle mura medievali, la cementifica-

zione, le ampie ricostruzioni del secondo dopoguerra",

dice ancora la professoressa Tassoni.

"Tutti questi eventi hanno portato alla scomparsa

delle specie legate all'economia agraria di un tempo,

come i cereali e gli alberi da frutto.

In compenso l'introduzione su larga scala delle

piante ornamentali, nei giardini e sui balconi, ha

permesso a moltissime specie non originarie del

territorio di diffondersi e radicarsi".
 
CAPACITÀ DI ADATTAMENTO
Più diversità da un lato, quindi, ma dall'altro meno

"tipicità" per la flora bolognese.

L'aumento delle specie aliene non è però necessaria-

mente negativo.

"Nei centri storici cittadini l'ambiente naturale è

spesso quasi del tutto assente", spiega Mirko

Salinitro, ricercatore dell'Università di Bologna e

primo autore dello studio. "In questi contesti le

specie aliene sono a volte le uniche in grado di

colonizzare spazi che altrimenti resterebbero vuoti,

creando così habitat che possono favorire ad

esempio i preziosi insetti impollinatori".

A resistere sono insomma le piante - locali o aliene

- capaci di sopravvivere in ambienti che, complice

anche l'aumento delle temperature, diventano

sempre più ostili.
 
Così, camminando per le strade del centro di

Bologna ci si può imbattere in una felce (Dryopteris

filix-mas) che spunta dalla colonna di un portico,

in macchie di Euphorbia prostrata che si allargano

tra le crepe dei marciapiedi, in famiglie di

ciombolino comune (Cymbalaria muralis) che si

arrampicano sulle pareti dei palazzi o in cespugli

di bocca di leone (Anthirrinum majus) che

fioriscono tra i mattoni rossi delle mura medievali.

E se invece si cerca il luogo che ancora custodisce

il più alto livello di biodiversità tra i confini della

città storica? La risposta è semplice, confermano

i ricercatori: l'Orto botanico dell'Università di

Bologna.
 
I PROTAGONISTI DELLO STUDIO
Lo studio è stato pubblicato su "Scientific Reports",

rivista del gruppo Nature, con il titolo "Impact of

climate change and urban development on the flora

of a southern European city: analysis of biodiversity

change over a 120-year period".
 
Per l'Università di Bologna gli autori sono Annalisa

Tassoni e Mirko Salinitro del Dipartimento di

Scienze biologiche, geologiche e ambientali e

Alessandro Zappi del Dipartimento di Chimica

"Giacomo Ciamician", a cui si aggiunge Alessandro

Alessandrini dell'Istituto per i beni artistici, culturali

e naturali della Regione Emilia-Romagna

 
 
 
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