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Messaggi del 14/12/2018
Post n°1785 pubblicato il 14 Dicembre 2018 da blogtecaolivelli
FONTE: ARTICOLO RIPORTATO DALLE SCIENZE L'incrocio tra esseri umani moderni e neanderthaliani avvenne probabilmente circa 55.000 anni fa in Medio Oriente, e non in Europa come finora ipotizzato. Questo nuovo scenario emerge dall'analisi di un cranio scoperto recentemente nella grotta di Manot, in Israele. Il reperto documenta per la prima volta che Homo sapiens e neanderthaliani occupavano contemporaneamente quell'area in un'epoca molto vicina a quella del probabile contatto Dove e quando è avvenuto l'incrocio tra Homo sapiens e uomo di Neanderthal? Una prima risposta arriva da uno studio pubblicato su "Nature" che riferisce i risultati dell'analisi di un cranio parziale recentemente scoperto nella grotta di Manot in Israele. Il reperto, denominato Manot 1, risale a un'epoca compresa tra 49.200 e 60.200 anni fa e costituisce la prima prova documentale che esseri umani moderni e neanderthaliani coabitarono in Medio Oriente, dove sarebbe avvenuto l'incrocio genetico circa 55.000 anni fa. La scoperta sarebbe quindi in contrasto con l'ipotesi che l'incrocio delle due specie sia avvenuto in Europa circa 10.000 anni più tardi. In Medio Oriente 55.000 anni fa l'incrocio tra sapiens e Neanderthal. Immagini del cranio parziale Manot 1 Un passaggio cruciale per l'evoluzione umana è l'espansione dagli esseri umani moderni dall'Africa attraverso l'Eurasia, avvenuta in un'epoca compresa tra 60.000 e 40.000 anni fa. I dati disponibili suggeriscono che in seguito a questa espansione i sapiens moderni avrebbero sostituito altre specie di ominidi, ma le testimonianze di fossili di questi primi umani non africani sono scarse. La forma complessiva del cranio trovato nella grotta di Manot dimostra secondo i ricercatori che si tratterebbe inequivocabilmente di un essere umano moderno. In particolare, gli autori hanno riscontrato che manca la protrusione dell'osso occipitale, presente nei neanderthaliani ma non negli umani moderni. In Medio Oriente 55.000 anni fa l'incrocio tra sapiens e Neanderthal Interno della grotta di Manot In pratica, il reperto sarebbe simile ad altri crani africani ed europei più recenti, risalenti al Paleolitico superiore (50.000- 10,000 anni fa), ma diverso dalla maggior parte degli altri fossili di uomini moderni di epoche precedenti scoperti in Medio Oriente. L'ipotesi è dunque che la popolazione di Manot sia l'ascendente diretta degli esseri umani moderni che poi colonizzarono l'Europa. L'altro dato importante è che la cava di Manot è situata in una regione abitata periodicamente dai neanderthaliani quando i ghiacci che ricoprivano l'Europa li spingevano verso regioni più calde: ciò i mplica che Manot 1 è il primo reperto fossile a documentare che esseri umani moderni e neanderthaliani occupavano contemporaneamente il Medio Oriente meridionale durante il Paleolitico superiore e medio, quindi in un'epoca molto vicina a quella del probabile incrocio. In Medio Oriente 55.000 anni fa l'incrocio tra sapiens e Neanderthal.
moderni e i neanderthaliani avessero coabitato in qualche regione e in qualche epoca, poiché non esistevano prove fisiche: ora abbiamo tutto in un cranio", ha spiegato il paleontologo Bruce Latimer, che ha partecipato allo studio. |
Post n°1784 pubblicato il 14 Dicembre 2018 da blogtecaolivelli
FONTE: CITAZIONI RIPORTATE INTEGRALMENTE DALLE SCIENZE Quarantamila anni: è l'arco di tempo che ci separa dalla scomparsa dell'uomo di Neanderthal dall'Europa. È questa la conclusione di un nuovo studio apparso sulla rivista "Nature" a firma di Tom Higham, dell'Università di Oxford, nel Regno Unito, e colleghi di un'ampia collaborazione internazionale. Il risultato è stato ottenuto grazie a una datazione estremamente precisa di reperti archeologici provenienti da più di 40 siti sparsi per il continente, dalla Spagna alla Russia. Trova così conferma l'ipotesi che i nenaderthaliani non si siano estinti rapidamente, ma siano coesistiti con Homo sapiens per alcune migliaia di anni: l'Europa dell'epoca doveva perciò apparire come un complesso mosaico biologico e culturale. Una data certa per la scomparsa dei Neanderthal Uno dei reperti utilizzati nello studio: è una mandibola di Neanderthal, molto ben conservata, proveniente dal sito di Zafaraya, in Spagna. La determinazione delle relazioni spaziali e temporali tra neanderthaliani e umani moderni è cruciale per capire la scomparsa dei nostri antichi cugini. Finora tuttavia le ricerche hanno trovato un ostacolo difficilmente superabile nella scarsa accuratezza della convenzionale tecnica di datazione con carbonio radioattivo quando è applicata a reperti risalenti a più di 50.000 anni fa. In quei campioni infatti la percentuale di C-14, l'isotopo radioattivo, è troppo bassa per arrivare a una misurazione precisa. Gli autori hanno aggirato il problema applicando la tecnica della spettrometria di massa con acceleratore, in grado di determinare l'abbondanza di isotopi molto rari, a campioni di ossa e altri reperti dell'industria mousteriana e della successiva i ndustria castelperroniana. La prima, che prende il nome dalla grotta di Le Moustier, in Francia, e si estende tra 300.000 e 30.000 anni fa, si riferisce alla produzione di utensili in pietra, realizzati scheggiando la selce, da parte dell'uomo di Neanderthal. La seconda, collegata al sito di Châtelperron, nella Francia occidentale, si riferisce invece a una fase di lavorazione più raffinata, con produzione anche di utensili di forma curvilinea usati probabilmente come coltelli, che viene considerata come testimonianza dall'ultima fase della presenza dei neanderthaliani in Europa. Il confronto con manufatti uluzziani (dal sito di Uluzzo, in Puglia), attribuiti esclusivamente a Homo sapiens, ha poi portato a concludere che la scomparsa dell'uomo di Neanderthal e la fine della cultura mousteriana sono databili, nei diversi siti diffusi dal Mar Nero alle coste dell'Oceano, tra 42.000 e 39.000 anni fa. Queste conclusioni implicano una sovrapposizione tra neanderthaliani ed esseri umani moderni durata tra 2600 e 5400 anni, con possibili scambi culturali ed eventualmente anche genetici, tra le due specie di Homo. |
Post n°1783 pubblicato il 14 Dicembre 2018 da blogtecaolivelli
FONTE: CITAZIONI RIPORTATE INTEGRALMENTE DALLE SCIENZE Il simbolismo dei Neanderthal
de los Huesos - risalenti a 430.000 anni fa - sembra indicare che le prime popolazioni giunte in Europa si siano ramificate in numerosi piccoli gruppi, che si sono poi rapidamente differenziati. Tutti questi gruppi si sarebbero poi estinti, forse per problemi climatici, con la sola eccezione del lignaggio dei Neanderthal, fino al più tardo arrivo dell'uomo moderno. L'analisi comparativa di 17 crani risalenti al medio Pleisticene rinvenuti nel sito di Sima de los Huesos, nella Sierra di Atapuerca, in Spagna, rivelano che il quadro delle prime popolazioni europee era molto complesso. Queste popolazioni si sarebbero infatti evolute secondo un modello "ramificato" (cladogenesi), in cui da una popolazione iniziale più primitiva avrebbero avuto origine vari gruppi che si sono poi evoluti indipendentemente. "Ciò che rende unico il sito di Sima de los Huesos è l'accumulo straordinario e senza precedenti di fossili di ominidi; niente di paragonabile è mai stato scoperto per qualsiasi specie estinta di ominidi", ha detto Juan-Luis Arsuaga dell'Universidad Complutense di Madrid, primo autore dell'articolo pubblicato su "Science" in cui è illustrata la ricerca. Dal 1984, da questo sito sono stati infatti estratti quasi 7000 fossili umani corrispondenti a tutte le parti dello scheletro di almeno 28 individui. La straordinaria collezione comprende 17 crani, molti quasi completi, sei dei quali sono stati descritti per la prima volta nel corso di questo studio. Il complesso mosaico dei primi europei I ricercatori al lavoro nella Sima de los Huesos, la "buca delle ossa" nella Sierra di Atapuerca. Questi crani eccezionalmente conservati - che appartengono tutti a un'unica popolazione, vissuta circa 430.000 anni fa - mostrano alcune caratteristiche tipiche dei Neanderthal , mentre altre sono associate a ominidi più primitivi. "Il Medio Pleistocene fu un periodo lungo circa mezzo milione di anni durante il quale l'evoluzione degli ominidi non seguì un lento processo di cambiamento, con un solo tipo di ominide che si è evoluto tranquillamente verso il Neanderthal classico", ha detto Arsuaga. Il processo che ha portato ai Neanderthal classici - che avrebbero dominato l'Europa fino all'arrivo dell'uomo anatomicamente moderno - sarebbe stato cioè "a mosaico", con modificazioni delle varie strutture anatomiche (come l'apparato mandibolare e la teca cranica) in momenti successivi ben distinti e in misura diversa a seconda dei gruppi. E' questo il quadro che emerge dal confronto fra i reperti di Sima de los Huesos e quelli rinvenuti in altri siti. In particolare, mentre la teca cranica sembrerebbe avvicinare gli ominidi di Sima all'Homo heidelbergensis, specie in cui sono inclusi fossili con una morfologia più primitiva rispetto ai Neanderthal della fine medio e tardo Pleistocene, le caratteristiche decisamente neanderthaliane di tutto l'apparato masticatorio, portano in un'altra direzione, dato che nessun fossile di H. heidelbergensis dei diversi siti in cui sono stati rinvenuti presenta nulla di simile. A rendere più complesso lo scenario, l'analisi del DNA mitocondriale recentemente recuperato da uno dei fossili di Sima, mostra differenze genetiche da quello neanderthaliano classico, avvicinandolo piuttosto all'uomo di Denisova, un gruppo arcaico che si è distinto dal lignaggio dei Neanderthal dopo la separazione dai gruppi africani e che ha popolato parte delle regioni euroasiatiche. Secondo gli autori, questi risultati inducono a pensare che quella di Sima de los Huesos sia stata una popolazione vissuta in un momento molto prossimo alla scissione di queste due linee eurasiatiche. Più in generale, sembrano indicare che i fossili di Sima non siano necessariamente alcuni dei "primissimi Neanderthal": pur essendo sicuramente molto vicini a essi, potrebbero essere uno degli svariati gruppi che, isolati e dispersi, si sono diversificati a partire dagli ominidi più antichi, per rimanere poi vittime di numerosi "incidenti" demografici probabilmente legati alle crisi climatiche che hanno caratterizzato il medio Pleistocene europeo. |
Post n°1782 pubblicato il 14 Dicembre 2018 da blogtecaolivelli
FONTE: CITAZIONI RIPORTATE INTEGRALMENTE DALLE SCIENZE L'analisi comparativa di 17 crani risalenti al medio Pleisticene rinvenuti nel sito di Sima de los Huesos, nella Sierra di Atapuerca, in Spagna, rivelano che il quadro delle prime popolazioni europee era molto complesso. Queste popolazioni si sarebbero infatti evolute secondo un modello "ramificato" (cladogenesi), in cui da una popolazione iniziale più primitiva avrebbero avuto origine vari gruppi che si sono poi evoluti indipendentemente. "Ciò che rende unico il sito di Sima de los Huesos è l'accumulo straordinario e senza precedenti di fossili di ominidi; niente di paragonabile è mai stato scoperto per qualsiasi specie estinta di ominidi", ha detto Juan-Luis Arsuaga dell'Universidad Complutense di Madrid, primo autore dell'articolo pubblicato su "Science" in cui è illustrata la ricerca. Dal 1984, da questo sito sono stati infatti estratti quasi 7000 fossili umani corrispondenti a tutte le parti dello scheletro di almeno 28 individui. La straordinaria collezione comprende 17 crani, molti quasi completi, sei dei quali sono stati descritti per la prima volta nel corso di questo studio. Il complesso mosaico dei primi europei I ricercatori al lavoro nella Sima de los Huesos, la "buca delle ossa" nella Sierra di Atapuerca. (© Javier Trueba / Madrid Scientific Films) appartengono tutti a un'unica popolazione, vissuta circa 430.000 anni fa - mostrano alcune caratteristiche tipiche dei Neanderthal , mentre altre sono associate a ominidi più primitivi. "Il Medio Pleistocene fu un periodo lungo circa mezzo milione di anni durante il quale l'evoluzione degli ominidi non seguì un lento processo di cambiamento, con un solo tipo di ominide che si è evoluto tranquillamente verso il Neanderthal classico", ha detto Arsuaga. Il processo che ha portato ai Neanderthal classici - che avrebbero dominato l'Europa fino all'arrivo dell'uomo anatomicamente moderno - sarebbe stato cioè "a mosaico", con modificazioni delle varie strutture anatomiche (come l'apparato mandibolare e la teca cranica) in momenti successivi ben distinti e in misura diversa a seconda dei gruppi. E' questo il quadro che emerge dal confronto fra i reperti di Sima de los Huesos e quelli rinvenuti in altri siti. In particolare, mentre la teca cranica sembrerebbe avvicinare gli ominidi di Sima all'Homo heidelbergensis, specie in cui sono inclusi fossili con una morfologia più primitiva rispetto ai Neanderthal della fine medio e tardo Pleistocene, le caratteristiche decisamente neanderthaliane di tutto l'apparato masticatorio, portano in un'altra direzione, dato che nessun fossile di H. heidelbergensis dei diversi siti in cui sono stati rinvenuti presenta nulla di simile. Il complesso mosaico dei primi europei A rendere più complesso lo scenario, l'analisi del DNA mitocondriale recentemente recuperato da uno dei fossili di Sima, mostra differenze genetiche da quello neanderthaliano classico, avvicinandolo piuttosto all'uomo di Denisova, un gruppo arcaico che si è distinto dal lignaggio dei Neanderthal dopo la separazione dai gruppi africani e che ha popolato parte delle regioni euroasiatiche. Secondo gli autori, questi risultati inducono a pensare che quella di Sima de los Huesos sia stata una popolazione vissuta in un momento molto prossimo alla scissione di queste due linee eurasiatiche. Più in generale, sembrano indicare che i fossili di Sima non siano necessariamente alcuni dei "primissimi Neanderthal": pur essendo sicuramente molto vicini a essi, potrebbero essere uno degli svariati gruppi che, isolati e dispersi, si sono diversificati a partire dagli ominidi più antichi, per rimanere poi vittime di numerosi "incidenti" demografici probabilmente legati alle crisi climatiche che hanno caratterizzato il medio Pleistocene europeo. |
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