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Messaggi del 27/02/2019

CRISPR incontra l'intelligenza artificiale

Post n°1968 pubblicato il 27 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

08 novembre 2018                                                  

Un nuovo metodo per modificare il DNA in modo

prevedibile e correggere centinaia di mutazioni

legate a gravi malattie genetiche sfrutta la tecnica

CRISPR di editing genomico e algoritmi di

apprendimento automatico.

La precisione di questa strategia è però ancora

troppo bassa per considerarla come opzione

terapeuticadi Anna Meldolesi/CRISPeRMania

geneticacomputer science

Prendi un algoritmo in grado di imparare attraverso

l'apprendimento automatico (inDelphi).

Fagli macinare una montagna di dati sperimentali

sulla tecnologia più in voga nei laboratori di scienze

della vita (CRISPR). Scoprirai un nuovo modo per

modificare il DNA in modo prevedibile e correggere

centinaia di mutazioni legate a gravi malattie genetiche.

Lo ha fatto un gruppo di ricercatori di Harvard e del

Massachusetts Institute of Technology, guidato da

Richard Sherwood, e

risultati di questo lavoro sono stati pubblicati su "Nature".

Per capire l'esperimento è utile ricordare come

funziona la tecnica CRISPR.

Nella versione standard si usa un enzima capace

di tagliare il DNA (la nucleasi Cas9), equipaggiato

con una molecola guida di RNA che funziona da

bussola, identificando le sequenze da recidere

con le forbici molecolari.

Dopo che il DNA è stato tagliato, gli scienziati hanno

sostanzialmente due opzioni di base.

Possono lasciar fare ai meccanismi naturali di

riparazione della cellula, senza guidare la scelta

delle lettere da inserire per saldare la lesione.

Oppure possono fornire uno stampo che

impartisce istruzioni dettagliate.

Nel primo caso il risultato più probabile è che

il gene, colpito e ricucito in modo casuale,

smetta di funzionare.

Nella ricerca di base, questo può essere utile

per capire che funzione aveva una certa

sequenza prima di essere messa ko.

In campo biomedico, inoltre, il knock-out può

servire per mettere a tacere un gene difettoso,

evitando che continui a danneggiare l'organismo.

E ora consideriamo il secondo caso, l'opzione

in cui CRISPR ricuce seguendo un copione

prestabilito grazie alla presenza di uno stampo.

Il risultato stavolta è una correzione mirata,

che aggiusta la versione difettosa del gene

facendolo funzionare a dovere.

Peccato che la precisione di questo approccio

abbia un prezzo in termini di efficienza,

soprattutto nelle cellule che non sono attivamente

in divisione.

La novità emersa grazie all'ultimo studio è che

il metodo efficiente ma grossolano, quello del

taglia-e-cuci senza stampo, a ben vedere non

è poi tanto grossolano.

Dunque, con qualche accortezza, potrebbe

essere utilizzato non solo per spegnere ma

anche per aggiustare i geni difettosi.

Sherwood e colleghi l'hanno scoperto indirizzando

CRISPR verso una varietà di siti bersaglio con

2000 molecole guida e usando l'algoritmo

inDelphi e l'approccio dell'apprendimento

automatico (machine learning) per prevedere

il risultato delle riparazioni nel genoma umano.

Ne è venuto fuori che il 5-11 per cento delle

molecole guida può indurre una correzione

singola e predicibile in oltre il 50 per cento

dei casi.

Anche senza fornire istruzioni dettagliate

a CRISPR, dunque, la modificazione genetica

può risultare mirata, anziché stocastica ed

eterogenea come si pensava.

Per scegliere le sequenze adatte a questo tipo

di correzione senza stampo

(in gergo template-free editing) ci si può affidare

ancora una volta a inDelphi.

I ricercatori hanno già messo alla prova l'idea,

correggendo efficientemente in vitro circa 200

mutazioni patogene legate a 3 malattie:

sindrome di Hermansky-Pudlak, malattia

di Menkes e ipercolesterolemia familiare.

"La precisione che si raggiunge è ancora

troppo bassa per considerarla come un'opzione

terapeutica", commenta Anna Cereseto, che ha

sviluppato una variante della Cas9 ad alta fedeltà

all'Università di Trento.

"Non credo che potrà sostituirsi alla ricombinazione

omologa con stampo, ma il nuovo approccio sarà

utile per la ricerca", conclude la biologa molecolare.

(L'originale di questo articolo è stato pubblicato 

nel blog CRISPerMANIA il 7 novembre 2018.

Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

 
 
 

COMPUTER SCIENCE....

Post n°1967 pubblicato il 27 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

27 novembre 2018
L'intelligenza artificiale in aiuto delle pubblicazioni scientifiche

L'intelligenza artificiale in aiuto delle pubblicazioni scientifiche

In tutto il mondo sono in via di sviluppo

strumenti automatici, basati sull'intelligenza

artificiale, per aiutare o addirittura sostituire,

gli esperti che effettuano la peer review, la

revisione tra pari che rappresenta lo standard

per la pubblicazione dei risultati scientifici.

Ma negli algoritmi sono nascoste alcune insidie,

e sono ancora gli esseri umani a decideredi

Douglas Heaven/Nature

computer sciencecomunicazione della scienzapolitiche della ricerca

La maggior parte dei ricercatori ha buone

ragioni per lamentarsi dellapeer review, o

revisione tra pari: richiede tempo ed è

soggetta a errori, e il carico di lavoro è

distribuito in modo non uniforme, se è

vero che solo il 20 per cento degli scienziati

gestisce gran parte delle revisioni.

La peer review eseguita dall'intelligenza

artificiale (IA) promette ora di migliorare il

processo, aumentare la qualità degli articoli

pubblicati e far risparmiare tempo ai revisori.

Alcuni editori scientifici stanno sperimentando

strumenti di intelligenza artificiale che coprono

l'intero processo, dalla selezione dei revisori

al controllo delle statistiche alla sintesi dei

risultati di un articolo.

A giugno, un software chiamato StatReviewer,

che controlla che le statistiche e le metodologie

dei manoscritti siano validi, è stato adottato da

Aries Systems, un sistema di gestione della

peer review di proprietà del colosso

editoriale Elsevier.

L'intelligenza artificiale in aiuto delle pubblicazioni scientificheWerner Dieterich/AGFScholarOne, una piattaforma di peer

review utilizzata da molte riviste, sta collaborando

con UNSILO di Aarhus, in Danimarca, che usa

l'elaborazione del linguaggio naturale e l'apprendimento

automatico per analizzare i manoscritti.

UNSILO estrae automaticamente i concetti chiave

per riassumere ciò di cui tratta l'articolo.


Essenziale, però, è che in tutti i casi il compito di

decidere cosa fare di un manoscritto rimane al

redattore della rivista a cui viene sottoposto.

"Non sostituisce il giudizio editoriale, ma lo rende

più semplice", afferma David Worlock, consulente

editoriale del Regno Unito che ha visto una

dimostrazione di UNSILO alla Fiera del Libro di

Francoforte il mese scorso.

Chi decide
UNSILO usa l'analisi semantica del testo del

manoscritto per estrarre quelle che individua come

affermazioni fondamentali.

 Questo offre una panoramica migliore di un articolo

rispetto alle parole chiave che in genere vengono

presentate dagli autori, afferma Neil Christensen,

direttore vendite di UNSILO.

"Troviamo le frasi importanti in quello che hanno

effettivamente scritto", dice, "invece di prendere

solo ciò che è venuto loro in mente cinque minuti

prima di inviare l'articolo".

UNSILO identifica poi quali di quelle frasi chiave

hanno più probabilità di essere argomentazioni o

scoperte, offrendo ai redattori una sintesi immediata

dei risultati di uno studio. Inoltre, evidenzia se le

affermazioni sono simili a quelle di articoli pubblicati

in precedenza, il che potrebbe servire a rilevare un

plagio o semplicemente a collocare il manoscritto

nel contesto di un lavoro correlato a una letteratura

più ampia.

"Lo strumento non prende decisioni", afferma

Christensen. "Sta solo dicendo:

'Ecco alcune cose che emergono quando si confronta

questo manoscritto con tutto ciò che è stato pubblicato

prima. La decisione spetta a te".

Il prototipo di UNSILO prende informazioni dal

database PubMed Central, che gli consente di

confrontare i nuovi manoscritti con il testo completo

di 1,7 milioni di articoli di ricerca biomedica già

pubblicati, un insieme di dati grande ma comunque limitato.

L'azienda ha dichiarato che presto aggiungerà

oltre 20 milioni di altri articoli da PubMed.

La collaborazione con ScholarOne, di proprietà

di Clarivate Analytics di Philadelphia, consentirà

di accedere a molti altri ancora, compresi quelli

del database Web of Science di Clarivate.

L'intelligenza artificiale in aiuto delle pubblicazioni scientifiche

Risultati di una ricerca su PubMed, uno dei più

importanti database online di articoli biomedici

(Wikimedia Commons)Giuliano Maciocci, che guida

un gruppo  di innovazione presso la rivista "eLife"

a Cambridge, nel Regno Unito, afferma che UNSILO

è una soluzione interessante per alcuni dei problemi

della revisione tra pari, ma non è uno strumento che

"eLife" penserebbe di adottare.

"Non siamo del tutto convinti che possa essere

particolarmente utile nel contesto di una rivista

come la nostra, in cui la cura manuale ed esperta

è molto importante", afferma.

Worlock osserva che stanno emergendo diversi

strumenti simili. Egli fa parte del consiglio di

amministrazione di Wizdom.ai a Londra, una start-up

di proprietà degli editori Taylor & Francis, che sta

sviluppando software in grado di analizzare data-

base cartacei ed estrapolare connessioni tra discipline

e concetti diversi.

Questo tipo di strumento, afferma Worlock, sarà

utile anche al di là della peer review, per compiti

come le domande di finanziamento o le revisioni

della letteratura.

Dal plagio ai valori p
Molte piattaforme, tra cui ScholarOne, dispongono

già di rilevatori automatici di plagio.

E servizi come Penelope.ai esaminano se i

riferimenti e la struttura di un manoscritto

soddisfano i requisiti di una rivista.

Alcune possono anche segnalare problemi nella

qualità di uno studio.

Lo strumento Statcheck, sviluppato da Michèle

Nuijten, un metodologo dell'Università di Tilburg

nei Paesi Bassi e colleghi, valuta la coerenza dei

contenuti statistici degli autori, concentrandosi

sui valori p. La rivista "Psychological Science"

gestisce tutti i suoi articoli con questo strumento,

e Nuijten dice che altri editori sono desiderosi di

integrarlo nei loro processi di revisione.

Quando il gruppo di Nuijten ha analizzato articoli

pubblicati su riviste di psicologia ha scoperto che

circa il 50 per cento conteneva almeno un'incoerenza

statistica. In un articolo su otto, l'errore era

abbastanza serio da cambiare il significato statistico

di un risultato pubblicato.

"È preoccupante", dice.

Ma non è una sorpresa che i revisori non vedano

quegli errori.

"Non tutti hanno il tempo di esaminare tutti i numeri.

Ti concentri sui risultati principali o sulla trattazione

generale".

L'intelligenza artificiale in aiuto delle pubblicazioni scientifiche

Werner Dieterich/AGFPer ora, Statcheck si limita

all'analisi di manoscritti che seguono i criteri

dell'American Psychological Association per riportare

le statistiche.

Al contrario, i creatori di StatReviewer - Timothy

Houle della School of Medicine della Wake Forest

University, e Chadwick DeVoss, CEO della start-up

tecnologica NEX7 - sostengono che lo strumento può

valutare le statistiche in formati standard e stili di

presentazione di diverse discipline scientifiche.

Per riuscirci, controlla che includano correttamente

elementi come le dimensioni del campione,

le informazioni sulla procedura in cieco per i soggetti

del campione e i dati al basale.

StatReviewer può identificare anche alcuni indizi di

comportamenti fraudolenti, afferma DeVoss.

"Cose come: 'hanno giocato con alcune regole

statistiche o hanno messo a posto i dati sotto

ogni punto di vista'? Se il rischio è più alto di quello

che la rivista è abituata a vedere, si possono

esaminare i dettagli".

Algoritmo sotto processo

DeVoss afferma che StatReviewer viene testato

da decine di editori. Una prova del 2017 con

l'editore open access BioMed Central di Londra

è stata inconcludente perché lo strumento non

ha analizzato abbastanza manoscritti, ma ha

comunque fornito alcune informazioni importanti

(BioMed Central sta pianificando un follow-up).

StatReviewer ha evidenziato le lacune dei

revisori umani, afferma Amy Bourke-Waite,

direttore delle comunicazioni per la ricerca

aperta presso Springer Nature, che possiede

BioMed Central e pubblica "Nature" (il gruppo

che si occupa delle news di "Nature" è

editorialmente indipendente da Springer Nature).

Per esempio, è stato utile per individuare articoli

che non soddisfacevano gli standard richiesti,

come seguire CONSORT, un format per manoscritto

usato da molti editori.

Bourke-Waite riferisce anche che gli autori che

hanno partecipato hanno dichiarato di essere

felici di rispondere alle relazioni di StatReviewer

quanto lo sarebbero stati di farlo con un revisore

umano.

Di tanto in tanto, afferma, StatReviewer ha

sbagliato, ma a volte i suoi errori hanno attirato

l'attenzione degli autori su cose poco chiare nei

loro manoscritti.

I limiti dell'automazione

Anche se le prove avessero successo, DeVoss

si aspetta che solo alcune riviste saranno disposte

a pagare per fare la scansione di tutti i loro manoscritti.

Così, lui e i suoi colleghi si stanno rivolgendo agli

autori, sperando che usino lo strumento per

controllare i loro manoscritti prima di sottoporli

alle riviste.

In generale, nell'uso dell'IA per la peer review ci

sono alcune potenziali insidie.

Una preoccupazione è che gli strumenti di

apprendimento automatico addestrati su articoli

pubblicati in precedenza potrebbero rafforzare

bias esistenti nella peer review.

"Se costruisci un sistema decisionale basato

sugli articoli che la tua rivista ha accettato in

passato, avrai dei bias impliciti", afferma

Worlock.

E se un algoritmo fornisce un singolo punteggio

complessivo dopo aver valutato un articolo,

come fa StatReviewer, i redattori potrebbero

essere tentati di non perdere altro tempo e

di basarsi semplicemente su quel punteggio

per decidere se rifiutare un articolo, spiega

DeVoss.

Gli algoritmi non sono ancora abbastanza

intelligenti da consentire a un redattore di

accettare o rifiutare un articolo unicamente

sulla base delle informazioni che estraggono,

afferma Andrew Preston, co-fondatore di

Publons, una start-up di peer-review-tracking 

acquistata da Clarivate Analytics, che sta

utilizzando l'apprendimento automatico per

sviluppare uno strumento che consiglia gli

esperti da usare come revisori.

"Questi strumenti possono assicurarsi che un

manoscritto sia all'altezza, ma non sostituiscono

in alcun modo le valutazioni che farebbe un revisore".

Nuijten è d'accordo:

"Ci vorrà un po' di tempo per perfezionare gli

algoritmi, ma vale la pena di automatizzare un

sacco di cose perché molti elementi della revisione

tra pari sono standardizzati".

(L'originale di questo articolo è stato

 pubblicato su "Nature" il 22 novembre 2018. 

Traduzione ed editing a cura di Le Scienze.

Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

 
 
 

ANTROPOLOGIA CULTURALE...

Post n°1966 pubblicato il 27 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Internet

Il mistero della tomba della strega ucraina

Dal Medioevo in poi, la Santa Inquisizione,

come tutti sappiamo, ha fatto strage di donne

ritenute essere streghe.

Eppure i poveri resti di queste sventurate

raramente vengono riportati alla luce.

Qualche giorno fa, è giunta la notizia del

sensazionale ritrovamento del luogo di sepoltura

di una ragazza probabilmente accusata di stregoneria

e per questo forse giustiziata e inumata in

maniera inconsueta.

La tomba si trova in un villaggio dell'Ucraina centrale,

Leghedzino, risale al III-IV secolo dopo Cristo e si

è conservata molto bene: lo scheletro al suo interno

è quello di una donna di circa 25 anni, sepolta a faccia

in giù e con le mani legate dietro la schiena, senza

nemmeno il conforto di un minimo corredo funebre.

Questo tipo di inumazione così raro, fa propendere

gli antropologi del locale Museo di Storia Naturale per

l'ìpotesi che si tratti appunto dei resti di una strega:

in Germania, vicino a Zeitz, era stata ritrovata una

necropoli di 1500 anni fa, in cui era sepolta

un'adolescente a faccia in giù, con le mani legate ed

una pesante sbarra di ferro sulla schiena, come per i

mpedirle perfino di "resuscitare".

Anche a Fife, in Scozia, la presunta anziana fattucchiera

del 1700 Lilias Adie, che confessò di essere stata

circuita dal diavolo in persona, venne invece deposta

nel fango, con sopra una pesantissima lastra di pietra,

che non le avrebbe permesso di tornare tra i vivi.

In provincia di Livorno, invece, è stata ritrovata una

donna sepolta con sette chiodi in bocca e con segni

sul corpo di una possibile crocifissione "nel terreno",

probabile conseguenza di un violento esorcismo.

Diversi altri pezzi di ferro appuntiti ne martoriavano

il cadavere, affinché rimanesse inchiodata per l'eternità

alla sua tomba nel Parco Archeologico di Baratti e

Populonia.

 
 
 

COMPUTER SCIENCE....

Post n°1965 pubblicato il 27 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte : Le Scienze

12 gennaio 2019

Lo spazio e il tempo come codice di

correzione degli errori quantistici

Lo spazio e il tempo come codice di correzione degli errori quantistici

Gli stessi codici necessari per evidenziare

e correggere gli errori nei computer

quantistici si sono rivelati utili strumenti

per studiare la struttura dello spazio-tempo,

e per fornire una base alla sua robustezza

di Natalie Wolchover/Quanta Magazine

Nel 1994, un matematico del settore ricerca

della AT&T di nome Peter Shor portò di colpo

alla fama i "computer quantistici" quando

scoprì che quegli ipotetici dispositivi avrebbero

potuto  fattorizzare rapidamente grandi numeri,

e quindi violare gran parte dei sistemi di crittografia

moderna.

Ma sulla strada per costruire effettivamente

computer quantistici c'era un ostacolo fondamentale:

l'innata fragilità delle loro componenti fisiche.

A differenza dei bit d'informazione binaria dei

computer ordinari, i "qubit" consistono in particelle

quantistiche che hanno una certa probabilità di

essere in ciascuno di due stati, designati come

|0⟩e |1⟩, allo stesso tempo.

Quando i qubit interagiscono, loro dipendono le

une dalle altre.

Le possibilità contingenti si moltiplicano via via

che i qubit diventano sempre più entangled con

ciascuna operazione.

Sostenere e manipolare questo numero

esponenzialmente crescente di possibilità

simultanee è ciò che rende i computer quantistici

così teoricamente potenti.


Lo spazio e il tempo come codice di correzione degli errori quantistici

Negli universi olografici, il tessuto dello

spazio tempo emerge da una rete di

particelle quantistiche.

I fisici hanno scoperto che ciò avviene

secondo un principio (DVDP for Quanta Magazine)

Ma i qubit sono soggetti a errori in modo esasperante.

Il più debole campo magnetico o impulso di

microonde vagante determina su di essi

inversioni di bit ("bit-inversioni di fase

("phase-flip") che commutano la relazione

matematica tra i loro due stati.

Perché i computer quantistici funzionino, gli

scienziati devono trovare schemi per proteggere

le informazioni anche quando i singoli qubit

vengono corrotti. Inoltre, questi schemi devono

rilevare e correggere gli errori senza misurare

direttamente i qubit, poiché le misure fanno

collassare le possibilitàcoesistenti dei qubit

in realtà definite: i vecchi semplici 0 o 1 che

non possono sostenere calcoli quantistici.

Nel 1995, Shor fece seguire al suo algoritmo

di fattorizzazione un'altra bomba: la dimostra=

zione che esistono "codici di correzione degli

errori quantistici". Gli informatici Dorit Aharonov

e Michael Ben-Or.

(e altri ricercatori che lavoravano in modo indipendente)

dimostrarono un anno dopo che questi codici

avrebbero potuto teoricamente spingere i tassi

di errore vicino allo zero.

"Questa è stata la scoperta centrale negli anni

novanta che ha convinto le persone che la

computazione quantistica scalabile sarebbe stata

possibile", ha detto Scott Aaronson, uno dei più

importanti esperti di computer science dell'Università

del Texas, "che si tratta semplicemente di uno

sconcertante problema di ingegneria".

Ora, anche se piccoli computer quantistici si stanno

materializzando nei laboratori di tutto il mondo,

quelli utilizzabili che surclasseranno i computer comuni

arriveranno tra anni o decenni.

Sono necessari codici di correzione degli errori

quantistici molto più efficienti per far fronte agli

spaventosi tassi di errore dei qubit reali.

Lo sforzo di progettare codici migliori è "una delle

principali spinte del settore", ha affermato Aaronson,

oltre a quello di migliorare l'hardware.

Ma nell'ambito della caparbia ricerca di questi codici

nell'ultimo quarto di secolo, nel 2014 è successa

una cosa buffa: i fisici hanno trovato le prove di

una profonda connessione tra la correzione

degli errori quantistici e la natura dello spazio,

del tempo e della gravità.

Nella teoria generale della relatività di Albert

Einstein, la gravità è definita come il tessuto

dello spazio e del tempo - o "spazio-tempo" -

che si curva intorno a oggetti massicci.

(Una palla lanciata nell'aria viaggia lungo una

linea retta attraverso lo spaziotempo, che a

sua volta si curva verso la Terra.)

Ma per quanto potente sia la teoria di Einstein,

i fisici credono che la gravità debba avere

un'origine quantistica più profonda da cui in

qualche modo emerge la parvenza di un

tessuto dello spazio-tempo.

In quell'anno - nel 2014 - tre giovani ricercatori

di gravità quantistica giunsero a un risultato

sbalorditivo.

Stavano lavorando nel campo teorico preferito

dei fisici: un universo giocattolo chiamato

"spazio anti-de Sitter" che funziona come un

ologramma. Il tessuto curvato dello spazio-

tempo all'interno dell'universo è una proiezione

che emerge dalle particelle quantistiche

intrappolate che vivono sul suo confine esterno.

Ahmed Almheiri, Xi Dong e Daniel Harlow hanno

fatto alcuni calcoli suggerendo che questa

"comparsa" olografica dello spazio-tempo

funziona proprio come un codice di correzione

degli errori quantistico. 

Sul "Journal of High Energy Physics" hanno

ipotizzato che lo spazio-tempo stesso sia un

codice, almeno negli universi anti-de Sitter (AdS).

L'articolo ha innescato un'ondata di attività nella

comunità della gravità quantistica e sono stati

scoperti nuovi codici di correzione degli errori

quantistici che catturano più proprietà dello

spazio-tempo.

John Preskill, fisico teorico del California

Institute of Technology, afferma che la correzione

degli errori quantistici spiega come lo spazio-

tempo raggiunge la sua "intrinseca robustezza",

nonostante sia intessuto da fragili oggetti quantistici.

"Non stiamo camminando sulle uova per assicurarci

di non far crollare la geometria", ha detto Preskill.

"Penso che questa connessione con la correzione

degli errori quantistici sia la spiegazione più

profonda che abbiamo del perché sia così".

Anche il linguaggio della correzione degli errori

quantistici sta iniziando a consentire ai ricercatori

di sondare i misteri dei buchi neri: regioni sferiche

in cui le curve spazio-temporali si curvano così

tanto verso l'interno che non può sfuggire neppure

la luce. "Tutto riconduce ai buchi neri", ha detto

Almheiri, che ora lavora presso l'Institute for

Advanced Study di Princeton, nel New Jersey.

Questi luoghi paradossali sono dove la gravità

raggiunge il suo zenit e la teoria della relatività

generale di Einstein fallisce.

"Ci sono alcune indicazioni che capire quale codice

implementa lo spazio-tempo", ha detto,

"ciò potrebbe aiutarci a capire l'interno del

buco nero".

Come bonus, i ricercatori sperano che lo spazio

-tempo olografico possa anche indicare la strada

verso il calcolo quantistico scalabile, realizzando

la visione di Shor e altri. "Lo spazio-tempo è

molto più intelligente di noi", ha detto Almheiri.

"Il tipo di codice di correzione degli errori

quantistici implementato in queste costruzioni

è un codice molto efficiente".

Quindi, come funzionano i codici di correzione

degli errori quantistici?

Il trucco per proteggere le informazioni nei sensibili

qubit è archiviarle non in singoli qubit, ma in schemi

di entanglement tra molti di essi.

Lo spazio e il tempo come codice di correzione degli errori quantistici

Illustrazione di un buco nero (Wikimedia Commons)

 Come semplice esempio, si consideri un codice a tre

qubit: esso utilizza tre qubit "fisici" per proteggere

un singolo qubit "logico" di informazioni contro

l'inversione dei bit.

(Il codice non è realmente utile per la correzione

degli errori quantistici perché non può proteggere

contro le inversioni di fase, ma è comunque istruttivo.)

Lo stato |0⟩ del qubit logico corrisponde a tutti e tre i

qubit fisici che si trovano nei loro stati |0⟩ , e lo stato

|1⟩ corrisponde a tutti e tre gli stati |1⟩.

Il sistema è in una "sovrapposizione" di questi stati,

indicato come: | 000⟩ + | 111⟩.

Ma poniamo che uno dei qubit inverta il bit.

Come possiamo rilevare e correggere l'errore

senza misurare direttamente alcun qubit?


I qubit possono essere alimentati attraverso

due gate in un circuito quantistico.

Un gate controlla la "parità" del primo e del secondo

qubit fisico - cioè se sono uguali o diversi - e l'altro

gate controlla la parità del primo e del terzo.

Quando non ci sono errori (nel senso che i qubit

sono nello stato |000⟩ + |111⟩), i gate di misurazione

della parità verificano che sia il primo e il secondo

sia il primo e il terzo qubit siano sempre gli stessi.

Tuttavia, se il primo qubit s'inverte accidentalmente,

producendo lo stato |100⟩ + |011⟩, i gate rilevano

una differenza in entrambe le coppie.

Per un'inversione del secondo qubit, che produce

|010⟩ + |101⟩, i gate di misurazione della parità

rilevano che il primo e il secondo qubit sono diversi

e il primo e il terzo sono uguali, e se il terzo qubit

s'inverte, i gate indicano: uguale, diverso.

Questi risultati unici rivelano quale intervento corret-

tivo, se esiste, deve essere fatto, un'operazione che

inverte il primo, il secondo o il terzo qubit fisico senza

far collassare il qubit logico.

"La correzione dell'errore quantistico, per me, è come

una magia", ha detto Almheiri.

I migliori codici di correzione degli errori possono

in genere recuperare tutte le informazioni codificate

da poco più della metà dei qubit fisici, anche se il resto

è danneggiato.

Questo fatto è quello che nel 2014 ha suggerito

ad Almheiri, Dong e Harlow che la correzione degli

errori quantistici potrebbe essere correlata al

modo in cui lo spazio-tempo anti-de Sitter deriva

dall'entanglement quantistico.

È importante notare che lo spazio AdS è diverso

dalla geometria spazio-temporale del nostro universo

"de Sitter". Il nostro universo è permeato da energia

del vuoto positiva che lo fa espandere senza ostacoli,

mentre lo spazio anti-de Sitter ha energia del vuoto

negativa che gli conferisce la geometria iperbolica

di uno dei disegni "limite del cerchio di" M.C. Escher.

Le creature tessellate di Escher diventano sempre

più piccole spostandosi verso l'esterno dal centro

del cerchio, svanendo infine al perimetro;

allo stesso modo, la dimensione spaziale che si

irradia dal centro dello spazio AdS gradualmente

si restringe e alla fine scompare, stabilendo il confine

esterno dell'universo.

Lo spazio AdS ha guadagnato popolarità tra

i teorici della gravità quantistica nel 1997, dopo

che il famoso fisico Juan Maldacena scoprì che

il tessuto curvato dello spazio-tempo al suo

interno è "olograficamente duale" a una teoria

quantistica delle particelle che vivono sul confine

a bassa dimensione, privo di gravità.

Nell'esplorare come funziona la dualità, come

hanno fatto centinaia di fisici negli ultimi due

decenni, Almheiri e colleghi hanno notato che

qualsiasi punto all'interno dello spazio AdS poteva

essere costruito da poco più della metà del confine,

proprio come in un ottimale codice di correzione

degli errori quantistici.

Nel loro articolo che sostiene che lo spazio-

tempo olografico e la correzione degli errori

quantistici siano la stessa cosa, hanno descritto

come anche un semplice codice possa essere

inteso come un ologramma 2D.

Esso consiste di tre "qutrit" - particelle che esistono

in uno dei tre stati - che posti in punti equidistanti

attorno a un cerchio. Il terzetto di qutrit entangled

codifica un qutrit logico, corrispondente a un singolo

punto spazio-temporale nel centro del cerchio.

Il codice protegge il punto contro la cancellazione

di uno dei tre qutrit.

Naturalmente, un punto non è esattamente un

universo. Nel 2015, Harlow, Preskill, Fernando

Pastawski e Beni Yoshida hanno trovato un altro

codice olografico, soprannominato codice HaPPY,

che cattura più proprietà dello spazio AdS.

Il codice tassella lo spazio con unità elementari

a cinque lati.

"piccoli Tinkertoy", ha spiegato Patrick Hayden

della Stanford University, leader nel settore della ricerca.

Ogni Tinkertoy rappresenta un singolo punto

spazio-temporale. "Questi tasselli avrebbero il

ruolo del pesce in una tassellatura di Escher",

ha detto Hayden.

Nel codice HaPPY e in altri schemi olografici di

correzione degli errori che sono stati scoperti,

tutto ciò che si trova all'interno di una regione

dello spazio-tempo interno chiamato "spicchio

dell'entanglement" può essere ricostruito da

qubit su una regione adiacente del confine.

Le regioni sovrapposte sul confine avranno

spicchi di entanglement sovrapposti, ha detto

Hayden, proprio come un qubit logico in un

computer quantistico è riproducibile da diversi

sottoinsiemi di qubit fisici.

"Ecco dove entra in gioco la proprietà di

correzione degli errori."

"La correzione degli errori quantistici ci dà un

modo più generale di pensare alla geometria in

questo linguaggio dei codici", ha detto Preskill,

fisico del Caltech. Lo stesso linguaggio, ha detto,

"dovrebbe essere applicabile, a mio parere, a

situazioni più generali", in particolare, a un universo

de Sitter come il nostro. Ma lo spazio de Sitter,

privo di un confine spaziale, si è finora dimostrato

molto più difficile da comprendere in termini di

un ologramma.

Per ora, ricercatori come Almheiri, Harlow e Hayden

si attengono allo spazio AdS, che condivide molte

proprietà chiave con un mondo de Sitter ma è più

semplice da studiare.

Entrambe le geometrie spazio-temporali

rispettano la teoria di Einstein;

semplicemente si curvano in diverse direzioni.

Forse la cosa più importante è che entrambi i

tipi di universi contengono buchi neri.

"La proprietà fondamentale della gravità è che ci

sono buchi neri", ha detto Harlow, che ora è un

assistente professore di fisica al Massachusetts

Institute of Technology. "Questo è ciò che rende

la gravità diversa da tutte le altre forze.

Ecco perché la gravità quantistica è difficile".

Il linguaggio della correzione degli errori quantistici

ha fornito un nuovo modo di descrivere i buchi neri.

La presenza di un buco nero è definita dalla

"rottura della correggibilità", ha detto Hayden:

"Quando ci sono così tanti errori che non puoi

più tenere traccia di ciò che sta accadendo nel

centro dello spazio-tempo, ottieni un buco nero.

È come un lavandino per la tua ignoranza".


Lo spazio e il tempo come codice di correzione degli errori quantistici

Una delle più famose tassellature dello spazio

bidimensionale: la tassellatura di Penrose

(Wikimedia Commons)

 L'ignoranza invariabilmente abbonda quando

si tratta di interni di buchi neri.

La rivelazione del 1974 di Stephen Hawking,

secondo cui i buchi neri irradiano calore, e

quindi alla fine evaporano, ha innescato il famigerato

"paradosso dell'informazione del buco nero", che

chiede che cosa succede a tutte le informazioni

che i buchi neri inghiottono.

I fisici hanno bisogno di una teoria quantistica

della gravità per capire come le cose che cadono

nei buchi neri possano anche uscire.

Il problema potrebbe riguardare la cosmologia

e la nascita dell'universo, poiché l'espansione

di una singolarità del Big Bang è molto simile

al collasso gravitazionale in un buco nero

al contrario.

Lo spazio AdS semplifica la questione

dell'informazione. Dal momento che il confine

di un universo AdS è olograficamente duale

a tutto ciò che contiene - buchi neri e tutto il resto

- è garantito che le informazioni che cadono in

un buco nero non vanno perse; è sempre

codificato olograficamente sul confine dell'universo.

I calcoli suggeriscono che per ricostruire le

informazioni sull'interno di un buco nero a partire

dai qubit sul confine, è necessario accedere ai

qubit entangled per circa tre quarti del limite.

"Poco più della metà non è più sufficiente", ha

detto Almheiri. Ha aggiunto che la necessità di

tre quarti sembra dire qualcosa di importante

sulla gravità quantistica, ma perché questa

frazione emerge "è ancora una questione aperta".

Nel primo momento di gloria di Almheiri, nel 2012,

il fisico alto e magro degli Emirati e tre collaboratori

hanno approfondito il paradosso dell'informazione.

Il loro ragionamento ha suggerito che si potrebbe

evitare che le informazioni cadano in un buco

nero in primo luogo, da unfirewall sull'orizzonte

degli eventi del buco nero.

Come la maggior parte dei fisici, Almheiri non

crede davvero che esistano firewall per un buco

nero, ma trovare il modo per aggirarli si è

dimostrato difficile. Ora, pensa che la correzione

degli errori quantistici sia ciò che impedisce ai firewall

di formarsi, proteggendo le informazioni anche

quando attraversano gli orizzonti dei buchi neri.

Nel suo ultimo lavoro come unico autore, apparso

in ottobre, ha riferito che la correzione dell'errore

quantistico è "essenziale per mantenere la fluidità

dello spazio-tempo sull'orizzonte" di un buco nero

a due aperture, chiamato wormhole.

Egli ipotizza che la correzione dell'errore

quantistico, oltre a prevenire i firewall, è

anche il modo in cui i qubit escono da un buco

nero dopo esservi caduti, attraverso filamenti

di entanglement tra l'interno e l'esterno che

sono essi stessi come wormhole in miniatura.

Questo risolverebbe il paradosso di Hawking.

Quest'anno, il Dipartimento della Difesa degli

Stati Uniti sta finanziando la ricerca sullo spazio

-tempo olografico, almeno in parte nell'eventualità

che i progressi possano portare a codici di

correzione degli errori più efficienti per i computer

quantistici.

Dal punto di vista della fisica, resta da vedere

se universi de Sitter come il nostro possano

essere descritti olograficamente, in termini di

qubit e codici. "L'intera connessione è nota per

un mondo che non è evidentemente il nostro mondo",

ha detto Aaronson.

In un articolo apparso la scorsa estate, Dong,

che è ora all'Università della California, a Santa

Barbara, e ai suoi coautori Eva Silverstein e

Gonzalo Torroba hanno fatto un passo nella

direzione de Sitter, con un tentativo di una

descrizione olografica primitiva.

I ricercatori stanno ancora studiando quella

particolare proposta, ma Preskill pensa che

il linguaggio della correzione degli errori

quantistici finirà per passare allo spazio-

tempo reale.

"È davvero un entanglement che tiene insieme

lo spazio", ha detto. "Se vuoi tessere lo spazio

-tempo a partire da piccoli pezzi, devi intrecciarli

nel modo giusto. E il modo giusto è costruire un

codice di correzione degli errori quantici".

(L'originale di questo articolo è stato pubblicato

il 3 gennaio 2019 da QuantaMagazine.org (LINK),

una pubblicazione editoriale indipendente online

promossa dalla Fondazione Simons per migliorare

la comprensione pubblica della scienza. Traduzione

ed editing a cura di Le Scienze.Riproduzione

autorizzata, tutti i diritti riservati) 

 
 
 

COMPUTER SCIENCE...

Post n°1964 pubblicato il 27 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

15 dicembre 2018

L'intelligenza artificiale ha problemi con il mondo reale

L'intelligenza artificiale ha problemi con il mondo realet

Gli ultimi sistemi d'intelligenza artificiale

diventano campioni a un gioco nel giro di

poche ore partendo da zero. 

Ma i ricercatori stanno cercando di applicare

questi sistemi anche a problemi della vita reale,

che tuttavia per ora le macchine non riescono

ad affrontare in modo efficace a causa della loro

complessitàdi Joshua Sokol/Quanta Magazine.

Fino a poco tempo fa, le macchine il grado di

sconfiggere i campioni erano almeno abbastanza

rispettose da iniziare imparando dall'esperienza

umana.

Nel 1997, per battere Garry Kasparov a scacchi,

gli ingegneri dell'IBM hanno usato secoli di saggezza

degli scacchi nel loro computer Deep Blue.

Nel 2016, AlphaGo di Google DeepMind ha battuto

il campione Lee Sedol nell'antico gioco da tavolo

Go dopo aver esaminato milioni di posizioni di

decine di migliaia di partite umane.

Ma ora i ricercatori di intelligenza artificiale stanno

ripensando il modo in cui i loro bot integrano la

totalità della conoscenza umana.

La tendenza attuale è: non disturbarti.

Nell'ottobre 2017, il gruppo di DeepMind ha pubblicato

i dettagli di un nuovo sistema per giocare a Go,

AlphaGo Zero, che non ha studiato affatto partite

umane.

Invece, ha iniziato con le regole del gioco e ha

giocato contro se stesso.

Le prime mosse sono state completamente casuali.

Dopo ogni partita, ha acquisito nuove conoscenze

su che cosa lo aveva portato a una vittoria e che

cosa no.

Alla fine di questi allenamenti, AlphaGo Zero

si è scontrato con la versione superumana di

AlphaGo che aveva sconfitto Lee Sedol.

E ha vinto 100 partite a zero.

Il gruppo ora ha creato un altro giocatore esperto

della famiglia di AlphaGo, chiamato semplicemente

AlphaZero. In un articolo pubblicato su" Science",

i ricercatori di DeepMind hanno rivelato che, dopo

aver ricominciato da zero, AlphaZero addestrato

ha superato in prestazioni AlphaGo Zero, in altre

parole, ha battuto il bot che ha battuto il bot che

ha battuto i migliori giocatori di Go nel mondo.

(L'articolo è stato pubblicato per la prima volta sul

sito di preprint scientifico arxiv.org nel dicembre 2017.)

E quando gli sono state fornite le regole per gli scacchi

o lo shogi, variante giapponese degli scacchi, AlphaZero

ha imparato rapidamente a sconfiggere anche gli

algoritmi di alto livello nati su misura per quei giochi.

Gli esperti si sono meravigliati dello stile aggressivo

e inconsueto del programma.

"Mi sono sempre chiesto come sarebbe stato se

una specie superiore fosse arrivata sulla Terra e ci

avesse mostrato come gioca a scacchi", ha detto il

grande maestro danese Peter Heine Nielsen a un

intervistatore della BBC. "Adesso lo so."

L'intelligenza artificiale ha problemi con il mondo reale

(Credit: iSock/mennovandijk)
L'anno scorso hanno visto la luce anche bot di auto-

apprendimento ultraterreno in ambientazioni molto

diverse come il poker no-limit e Dota 2, un popolare

videogioco on line multiplayer in cui eroi a tema fantasy

lottano per il controllo di un mondo alieno.

Ovviamente, le aziende che investono denaro in questi

e altri sistemi simili hanno ambizioni più grandi che

dominare i tornei di videogiochi.

I gruppi di ricerca come DeepMind sperano di applicare

metodi simili a problemi del mondo reale, come la

costruzione di superconduttori a temperatura ambiente,

o la comprensione degli origami necessari per ripiegare

le proteine in potenti molecole farmacologiche.

E, naturalmente, molti addetti ai lavori sperano

di realizzare un'intelligenza artificiale generale,

un obiettivo mal definito ma accattivante in cui

una macchina potrebbe pensare come una persona,

con la versatilità sufficiente per affrontare molti

diversi tipi di problemi.

Tuttavia, nonostante gli investimenti su questi sistemi,

non è ancora chiaro fino a che punto le tecniche attuali

possano andare oltre il tavolo da gioco.

"Non sono sicuro che le idee di AlphaZero si possano

generalizzare facilmente", ha detto Pedro Domingos,

informatico dell'Università di Washington.

"I giochi sono una cosa assai insolita."

Obiettivi perfetti per un mondo imperfetto

Una caratteristica condivisa da molti giochi, scacchi

e Go inclusi, è che i giocatori possono vedere tutti i

pezzi su entrambi i versanti in ogni momento.

Ogni giocatore ha sempre quella che viene definita

"informazione perfetta" sullo stato del gioco.

Per quanto diabolicamente complesso diventi il gioco,

tutto ciò che occorre fare è pensare in avanti rispetto

alla situazione corrente.

Tante situazioni reali non sono così.

Immaginiamo di chiedere a un computer di diagnosticare

una malattia o condurre una trattativa d'affari.

"La maggior parte delle interazioni strategiche del mondo

reale coinvolgono informazioni nascoste",

ha detto Noam Brown, studente di dottorato in informatica

alla Carnegie Mellon University.

"Ho la sensazione che ciò è stato trascurato dalla

maggior parte della comunità dell'intelligenza artificiale".

Il poker, in cui Brown è specializzato, pone una sfida diversa.

Non si possono vedere le carte dell'avversario.

Ma anche qui le macchine che imparano giocando

contro se stesse stanno ora raggiungendo livelli

sovrumani.

Nel gennaio 2017, un programma chiamato Libratus

creato da Brown e dal suo consulente, Tuomas Sandholm,

ha battuto quattro giocatori professionisti di poker al

Texas Hold 'em testa a testa, no-limit, finendo 1,7

milioni di dollari davanti ai suoi avversari alla fine di

una gara di 20 giorni.

Un gioco ancora più scoraggiante che coinvolge

informazioni imperfette è StarCraft II, un altro videogioco

on line multiplayer con un vasto seguito.

I giocatori scelgono una squadra, costruiscono un

esercito e combattono una guerra in un paesaggio

di fantascienza.

Ma quel paesaggio è avvolto da una nebbia di guerra

che consente solo ai giocatori di vedere le aree in cui

hanno soldati o edifici. Anche la decisione di andare in

ricognizione tra le linee nemiche è piena di incertezze.

Questo è un gioco che l'intelligenza artificiale non può

ancora affrontare.

Gli ostacoli al successo includono il numero di mosse

in una partita, che spesso arrivano a migliaia, e la

velocità con cui devono essere fatte.

Ogni giocatore - essere umano o macchina - deve

preoccuparsi di una vasta serie di possibili futuri con

ogni click.

Per ora, un testa a testa con i migliori esseri umani

in questa arena è fuori dalla portata dell'intelligenza

artificiale. Ma è un obiettivo.

Nell'agosto 2017, DeepMind ha stretto una accordo

con Blizzard Entertainment, l'azienda che ha realizzato

StarCraft II, per fornire gli strumenti che, secondo loro,

aiuteranno ad aprire il gioco ai ricercatori di intelligenza

artificiale.

Nonostante le sfide, StarCraft II si riduce a un obiettivo

che può essere enunciato in modo semplice:

elimina il tuo nemico.

È qualcosa che condivide con scacchi, Go, poker, Dota

2 e praticamente ogni altro gioco.

Nelle partite, si può vincere.

Dal punto di vista dell'algoritmo, i problemi devono

avere una "funzione obiettivo", cioè un obiettivo da

perseguire.

Quando AlphaZero ha giocato a scacchi, non è stato

così difficile.

Una sconfitta contava come meno uno, un pareggio

zero e una vittoria più uno.

La funzione obiettivo di AlphaZero era di massimizzare

il suo punteggio. La funzione obiettivo di un bot per

il poker è altrettanto semplice: vincere un sacco di soldi.

L'intelligenza artificiale ha problemi con il mondo reale

(Credit: iSock/PhonlamaiPhoto)
Le situazioni della vita reale non sono così semplici.

Per esempio, un'automobile che guida da sola ha

bisogno di una funzione obiettivo più sfumata,

qualcosa di simile al tipo di frase che useremmo

per esprimere un desiderio al genio della lampada.

Per esempio: portare tempestivamente il passeggero

alla giusta destinazione, rispettare tutte le leggi e

valutare adeguatamente il valore della vita umana

in situazioni pericolose e incerte.

Il modo in cui i ricercatori realizzano la funzione

obiettivo, ha affermato Domingos, "è una delle

cose che distingue un grande ricercatore di apprendimento

automatico dalla media".

Consideriamo Tay, un chatbot di Twitter rilasciato

da Microsoft il 23 marzo 2016. L'obiettivo di Tay era

coinvolgere le persone, e così è stato.

"Quello che sfortunatamente Tay ha scoperto -

ha detto Domingos, - era che il modo migliore per

massimizzare il coinvolgimento era pubblicare insulti

razzisti.

" È stato messo off-line dopo nemmeno un giorno.

Il nostro peggior nemico

Alcune cose non cambiano.

I metodi usati dai bot di gioco dominanti oggi usano

strategie inventate decenni fa.

"È quasi un tuffo nel passato, solo con più calcoli",

ha detto David Duvenaud, informatico

dell'Università di Toronto.

Le strategie spesso si basano sull'apprendimento

per rinforzo, una tecnica basata sul non intervento.

Invece di eseguire un algoritmo con istruzioni

dettagliate, gli ingegneri lasciano che la macchina

esplori un ambiente, in modo che impari a

raggiungere gli obiettivi per prove ed errori.

Prima del rilascio di AlphaGo e dei suoi eredi, il gruppo

di DeepMind ha ottenuto il suo primo grande risultato

da prima pagina nel 2013, quando ha usato

l'apprendimento per rinforzo per creare un bot

che ha imparato a giocare sette giochi Atari

2600, tre dei quali a livello esperto.

Questi progressi sono continuati.

Il 5 febbraio scorso, DeepMind ha presentato

IMPALA, un sistema di intelligenza artificiale in

grado di apprendere 57 giochi Atari 2600, più altri

30 livelli costruiti da DeepMind in tre dimensioni.

In questi, il giocatore girovaga attraverso diversi

ambienti, raggiungendo obiettivi come sbloccare

porte o raccogliere funghi. IMPALA sembra trasferire

conoscenza tra i compiti, il che significa che il tempo

trascorso a giocare a un gioco aiuta anche a

migliorare le prestazioni negli altri.

Ma nella più ampia categoria di apprendimento

per rinforzo, giochi da tavolo e giochi multiplayer

permettono un approccio ancora più specifico.

Qui, l'esplorazione può assumere la forma di gioco

solitario, o self-play, in cui un algoritmo acquisisce

la supremazia strategica combattendo ripetutamente

con la copia di se stesso.

Questa idea risale a decenni fa.

Negli anni cinquanta, l'ingegnere dell'IBM

Arthur Samuel creò un programma per giocare a

dama che imparava in parte facendo scontrare un

lato alfa contro un lato beta.

E negli anni novanta, Gerald Tesauro, anch'egli

di IBM, costruì un programma di backgammon che

metteva l'algoritmo contro se stesso.

Il programma raggiunse livelli di esperti umani,

escogitando via via strategie non ortodosse ma

efficaci.

Partita dopo partita, l'algoritmo di un sistema

self-play affronta un avversario dello stesso livello.

Ciò significa che i cambiamenti nella strategia portano

a risultati diversi, fornendo un feedback immediato

all'algoritmo.

"Ogni volta che impari qualcosa, ogni volta che

scopri una piccola cosa, il tuo avversario la usa

immediatamente contro di te", ha detto Ilya

Sutskever, direttore della ricerca di OpenAI,

organizzazione no profit, che ha co-fondato con

Elon Musk, dedicata allo sviluppo e alla condivisione

della tecnologia dell'intelligenza artificiale con

l'obiettivo di arrivare ad applicazioni sicure.

Nell'agosto 2017, l'organizzazione ha rilasciato

un bot Dota 2 che controlla il personaggio Shadow

Fiend, una sorta di demone-negromante che ha

battuto i migliori giocatori del mondo nelle battaglie

uno contro uno.

Un altro progetto OpenAI mette l'uno contro l'altro

esseri umani simulati in un incontro di sumo, dove

finiscono per auto-apprendere come attaccare

e fare finte. Durante il self-play, "non puoi mai

stare fermo, devi sempre migliorare", ha detto

Sutskever.

Ma la vecchia idea del self-play è solo un ingrediente

dei bot dominanti di oggi, che hanno anche bisogno

di un modo per tradurre le loro esperienze di gioco

in una comprensione più profonda.

Chess, Go e videogiochi come Dota 2 hanno molte

più permutazioni di quanti siano gli atomi nell'universo.

Anche nel corso di molte vite trascorse a combattere

la propria ombra in arene virtuali, una macchina

non può affrontare tutti gli scenari, prendere nota

in una tabella e consultare quella tabella quando

si trova di nuovo la stessa situazione.

L'intelligenza artificiale ha problemi con il mondo reale

(Credit: iSock/PhonlamaiPhoto)
Per rimanere a galla in questo mare di possibilità,

"è necessario generalizzare, catturare l'essenza",

ha detto Pieter Abbeel, informatico dell'Università

della California a Berkeley.

Deep Blue di IBM ha fatto questo con la sua formula

di scacchi intrinseca. Dotato della capacità di

valutare l'efficacia di posizioni sulla scacchiera che

non aveva mai visto prima, poteva adottare mosse

e strategie per incrementare le sue possibilità di

vittoria. Negli ultimi anni, tuttavia, una nuova tecnica

ha permesso di oltrepassare del tutto la formula.

"Ora, all'improvviso, la 'rete profonda' cattura tutto

questo", ha detto Abbeel.

Le reti neurali profonde, o deep neural networks, che

hanno accresciuto la loro popolarità negli ultimi anni,

sono costruite con strati di "neuroni" artificiali che si

sovrappongono come in un pancake.

Quando i neuroni in un livello si attivano, inviano

segnali allo strato successivo, che li invia allo

strato successivo e così via.

Modificando il modo in cui gli strati si connettono,

queste reti diventano molto abili nel trasformare

gli input in output correlati, anche se la connessione

sembra astratta. Date loro una frase in inglese, e

potrebbero addestrarsi a tradurla in turco.

Date loro foto di un rifugio per animali e potrebbero

identificare quali contengono gatti.

Oppure mostrate loro una scacchiera e potrebbero

intuire le loro probabilità di vittoria.

In genere, però, è necessario prima dare a queste

reti una serie di esempi contrassegnati su cui

esercitarsi.

Ecco perché self-play e reti neurali profonde si

integrano così bene. Il self-play sforna continuamente

raccolte di partite, dando alle reti neurali profonde la

serie teoricamente illimitata dei dati di cui hanno

bisogno per insegnare a se stesse.

A loro volta, le reti neurali profonde offrono un modo

per interiorizzare esperienze e schemi incontrati

nel self-play.

Ma c'è un problema.

Per produrre dati utili, i sistemi self-play hanno

bisogno di un luogo realistico in cui giocare.

"Tutti questi giochi, tutti questi risultati, sono

emersi in ambienti in cui è possibile simulare

perfettamente il mondo", ha dichiarato Chelsea Finn,

studentessa di dottorato di Berkeley che usa

l'intelligenza artificiale per controllare bracci

robotizzati e interpretare i dati dai sensori.

Altri domini non sono così facili da simulare.

Le automobili a guida autonoma, per esempio,

hanno difficoltà a gestire il maltempo o i ciclisti.

Oppure potrebbero non elaborare le bizzarre

possibilità che si presentano nei dati reali,

come un uccello che per caso vola direttamente

verso la videocamera dell'auto.

Per i bracci robotici, ha detto Finn, le simulazioni

iniziali forniscono la fisica di base, permettendo

al braccio almeno di imparare in che modo apprendere.

Ma non riescono a catturare i dettagli che riguardano

il contatto con le superfici, il che significa che compiti

come avvitare un tappo di bottiglia o condurre una

complessa procedura chirurgica richiedono anche

un'esperienza del mondo reale.

Per problemi difficili da simulare, quindi, il self-play

non è così utile. "C'è un'enorme differenza tra un

vero modello perfetto dell'ambiente e uno valutato

e appreso, soprattutto quando questa realtà è

complessa", ha scritto Yoshua Bengio, pioniere del

deep learning all'Università di Montreal, in una email.

Ma ciò lascia ancora ai ricercatori della intelligenza

artificiale alcune strade per andare avanti.

La vita oltre i giochi

È difficile individuare l'alba della supremazia

dell'intelligenza artificiale nei giochi.

Si potrebbe scegliere la sconfitta di Kasparov negli

scacchi, o la disfatta di Lee Sedol per mano virtuale

di AlphaGo. Un'altra opzione popolare sarebbe il

momento in cui il leggendario campione di Jeopardy!

(quiz televisivo statunitense, in cui i concorrenti si

sfidano sulla cultura generale sulla base di indizi)

Ken Jennings è stato sconfitto da Watson dell'IBM nel 2011.

Watson poteva analizzare gli indizi del gioco e

gestire i giochi di parole.

L'incontro, durato due giorni, non era equilibrato.

"Io per primo do il benvenuto ai nostri nuovi

padroni computerizzati", ha scritto Jennings sotto

la sua risposta finale.

Watson sembrava dotato del tipo di abilità che

gli esseri umani usano in una serie di problemi

del mondo reale.

Poteva prendere un suggerimento in inglese,

frugare tra i documenti pertinenti alla velocità

della luce, trovare i frammenti di informazioni

attinenti e fornire una singola migliore risposta.

Ma sette anni dopo, il mondo reale continua a

presentare sfide ostinatamente ardue per

l'intelligenza artificiale. Un rapporto pubblicato

a settembre dalla rivista sanitaria "Stat" ha

rilevato che la ricerca e la progettazione di

trattamenti personalizzati per il cancro, cercati

da Watson for Oncology, erede di Watson,

si stanno dimostrando difficili.

"Le domande in Jeopardy! sono più facili,

nel senso che non hanno bisogno di molto

senso comune", ha scritto Bengio, che ha

collaborato con il gruppo di Watson, quando

gli è stato chiesto di confrontare i due casi

dal punto di vista dell'intelligenza artificiale.

"Capire un articolo di medicina è molto più difficile.

Sono necessarie ancora molte ricerche di base".

"Per quanto speciali siano i giochi, ci sono

ancora problemi del mondo reale che sono simili.

I ricercatori di DeepMind hanno rifiutato di

essere intervistati per questo articolo, citando

il fatto che il loro lavoro con AlphaZero è

attualmente sottoposto a revisione tra pari.

Ma il gruppo ha suggerito che le sue tecniche

potrebbero presto aiutare i ricercatori in campo

biomedico che vorrebbero comprendere il ripiegamento

delle proteine.

Per fare questo, hanno bisogno di capire come i

vari amminoacidi che formano una proteina si

ripiegano in una piccola macchina tridimensionale

con una funzione che dipende dalla sua forma.

Ciò è complicato quanto lo sono gli scacchi:

i chimici conoscono abbastanza bene le regole

per calcolare scenari specifici, ma ci sono ancora

così tante configurazioni possibili, che cercare tra

di esse è un compito senza speranza.

Ma che cosa succederebbe se il ripiegamento

delle proteine potesse essere configurato

come un gioco? In realtà, è già stato fatto.

Dal 2008, centinaia di migliaia di giocatori umani

si sono cimentati con Foldit, un gioco on line in

cui gli utenti ricevono un punteggio in base alla

stabilità e alla fattibilità delle strutture proteiche

che ripiegano. Una macchina potrebbe allenarsi in

modo simile, forse cercando di battere il suo

precedente punteggio migliore con l'apprendimento

generale per rinforzo.

Anche apprendimento per rinforzo e self-play

potrebbero aiutare ad addestrare sistemi di dialogo,

suggerisce Sutskever.

Ciò darebbe ai bot che hanno intenzione di

parlare agli esseri umani la possibilità di

addestrarsi parlando a se stessi.

E considerando che l'hardware specializzato per

l'intelligenza artificiale sta diventando più veloce

e più disponibile, gli ingegneri avranno un incentivo

a mettere sempre più problemi in forma di giochi.

"Penso che in futuro il self-play e altri modi di

consumare una grande quantità di potenza di

calcolo diventeranno sempre più importanti",

ha affermato Sutskever.

Ma se l'obiettivo finale è che le macchine possano

fare ciò che fanno gli esseri umani, anche per un

campione di gioco da tavolo generalista

autodidatta come AlphaZero si apre una strada.

"Secondo me, è necessario vedere che cosa è

realmente un grande divario tra le attività reali

del pensiero, l'esplorazione creativa delle idee

e quello che attualmente vediamo nell'IA", ha

detto Josh Tenenbaum, scienziato cognitivo

del Massachusetts Institute of Technology.

"Quel tipo di intelligenza è lì, ma rimane per

lo più nella mente dei grandi ricercatori di

intelligenza artificiale".

"Molti altri ricercatori, consapevoli del clamore

che circonda il loro campo, mettono a disposizione

le proprie competenze.

"Farei attenzione a non sopravvalutare il significato

di giocare a questi giochi, per l'intelligenza artificiale

o per i lavori in generale.

Gli esseri umani non sono molto bravi nei giochi", ha

detto François Chollet, che si occupa di ricerca nel

campo del deep-learning per Google.

"Ma occorre tenere presente che strumenti molto

semplici e specializzati possono effettivamente

ottenere molto", ha affermato.

(L'originale di questo articolo è stato 

pubblicato il 21 febbraio 2018 e aggiornato

il 6 dicembre da QuantaMagazine.org, una

pubblicazione editoriale indipendente online

promossa dalla Fondazione Simons per

migliorare la comprensione pubblica della scienza.

Traduzione ed editing a cura di Le Scienze.

Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)

 
 
 

COMPUTER SCIENCE...

Post n°1963 pubblicato il 27 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

Le prossime sfide dell'intelligenza artificiale..

A differenza di altri programmi di intelligenza artificiale,

AlphaZero è in grado di raggiungere livelli da

campione non in uno ma in più giochi da tavolo

complessi, come scacchi, shogi e Go.

E lo fa senza partire da una strategia casuale e

senza alcuna conoscenza preliminare(red)

computer science

Un nuovo programma di intelligenza artificiale

(IA) è in grado di raggiungere livelli da campione in

diversi giochi da tavolo, come il Go, gli scacchi e

il gioco di strategia shogi (noto anche come scacchi

giapponesi), conoscendo soltanto le regole del

gioco e imparando solo grazie a una serie di

allenamenti in cui gioca contro se stesso.


Il programma, chiamato AlphaZero, è stato

messo a punto dalla DeepMind, la società 

britannica di informatica acquisita nel 2014 da

Google, che aveva dato prova di sé sviluppando

AlphaGo, che nel 2016 era riuscito a battere

il campione europeo umano di Go.

Le sue caratteristiche sono descritte in un articolo

a prima firma David Silverpubblicato su "Science".

aZero ha perfezionato la sua tecnica fino a

sconfiggere i programmi campioni del mondo

specializzati nel gioco degli scacchi, nel shogi

(scacchi giapponesi) e nel Go. (Cortesia Deep

Mind Technologies Ltd)Ciò che distingue in modo

unico AlphaZero dagli software simili -

compreso AlphaGo Zero, un'evoluzione di AlphaGo

in grado anch'esso di migliorare le proprie

capacità di gioco - è la sua capacità di cimentarsi

non con un gioco specifico, ma con più giochi.

Uno dei tradizionali banchi di prova dell'IA sono

i giochi da tavolo che si basano sull'intelligenza

dei giocatori, come gli scacchi.

Un primo grande successo ci fu nel 1997, quando

Deep Blue sconfisse il campione del mondo di

scacchi umano in carica.

Da allora i programmi di gioco sono migliorati

sempre di più e i programmatori hanno iniziato

a confrontarsi con giochi in cui l'albero delle

possibili scelte strategiche è ancora più complesso,

come il Go e lo shogi, ottenendo anche in questi

casi risultati sempre migliori.

Tuttavia, i programmi avevano ancora un limite

rispetto ai giocatori umani: per l'apprendimento

e per l'elaborazione delle strategie sfruttavano

un insieme di strategie di base, specifiche di

ciascun gioco, fornite dagli sviluppatori.

In sostanza, per quanto quanto la tecnica di gioco

di questi algoritmi si arricchisse sempre di più, fino

ad arrivare ai massimi livelli umani e magari anche

a superarli, sotto sotto c'era sempre lo zampino

dell'intelligenza.

AlphaZero supera proprio questo limite: grazie

a una versione ancora più sofisticata di apprendimento

profondo, non ha bisogno di partire da un'indicazione

umana, ma gli basta conoscerne le regole di base

del gioco.

Il programma autodidatta che vince giochi complessi

Percentuale di partite vinte, patte o perse da

AlphaZero nei tornei contro Stockfish, Elmo e

AlphaGo Zero, algoritmi campioni di scacchi, shogi

e Go (Cortesia DeepMind Technologies Ltd)

Tuttavia, qualche limite AlphaZero ce l'ha ancora.

Il primo è la potenza di calcolo di cui ha bisogno,

corrispondente a quella di un grande supercalcolatore.

Ma c'è un altro limite, più interessante, segnalato

da Murray Campbell, uno dei progettisti di Deep Blue,

in una nota di commento all'articolo.

Per quanto complessi, scacchi Go e shogi prevedono

due soli giocatori, sono giochi a somma zero

(il guadagno o la perdita di un giocatore corrisponde

esattamente alla perdita o al guadagno dell'altro),

sono deterministici, sono discreti (una mossa viene

fatta o no, non esistono casi intermedi) e tutto

il "campo di battaglia" è perfettamente osservabile.

Caratteristiche, queste, che ben si adattano a

un'analisi da parte dei sistemi di IA attualmente

esistenti.

La prossima sfida dell'intelligenza artificiale sarà

quindi sviluppare programmi in grado di cimentarsi

con giochi che non rispettano una o più di queste

condizioni.

 
 
 

Da Marte in diretta....

Post n°1962 pubblicato il 27 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: le Scienze

05 febbraio 2019

Il lungo addio a Opportunity

Il lungo addio a Opportunity (Cortesia NASA) t

Anche se i tentativi di rianimazione sono ancora in

corso, la NASA è sul punto di annunciare la morte

del rover che si trova su Marte e che, con una

missione durata ben 15 anni, è l'esploratore

robotico più longevo del Pianeta Rosso di Rebecca

Boyle/Scientific American

planetologiaagenzie spaziali

Nel pomeriggio del 10 giugno 2018, il rover Opportunity

della NASA, bloccato nella polvere, ha ricevuto un

comando finale dalla Terra. "Scatta una foto del Sole",

ha trasmesso in codice il Deep Space Network.

"Invia telemetria".

Le macchine fotografiche del rover riuscivano a

malapena a intravedere qualcosa, attraverso i vortici

di polvere sollevati da una tempesta che spazzava il pianeta.

Il cielo si stava oscurando e le batterie di Opportunity,

alimentate dalla luce solare, si stavano scaricando.

La risposta fu stentata.

L'ultima immagine trasmessa mostrava che la radiazione

solare era di un quarantesimo del suo livello pre-tempesta.

La potenza dei pannelli solari era bassa: appena 22

wattora, rispetto ai normali 300, appena sufficiente per

far funzionare un tipico robot da cucina per circa cinque

minuti.


Il lungo addio a Opportunity

Illustrazione di Opportunity si Marte. (Cortesia NASA)

Sulla Terra gli addetti a Opportunity si preparavano

affinché il rover resistesse alla tempesta di polvere,

il peggiore evento di questo tipo mai osservato negli

oltre quattro decenni di presenza di robot su Marte.

Il 10 giugno il rover si svegliò brevemente, ma la sua

energia era troppo bassa per mandare un messaggio

a casa, e rimase in silenzio.

Nelle settimane successive Opportunity si sarebbe

raffreddato sempre di più. Tutti speravano che una

volta che i venti fossero diminuiti e il cielo marziano

tornato terso, i pannelli solari avrebbero potuto

ricaricare a sufficienza il rover da risvegliarlo e

indurlo a chiamare casa.

Così Opportunity restò in attesa che Marte si calmasse,

come tutti coloro che tenevano alla missione.

Finalmente, a settembre, dall'altra parte del pianeta

arrivarono buone notizie; gli orbiter e il rover Curiosity

videro l'atmosfera che si schiariva.

Ma Opportunity rimase in silenzio.

Il personale della NASA cominciò a cercare di svegliarlo.

Il 22 gennaio, avevano inviato 600 comandi di recupero.

Queste linee di codice non possono, per progetto, essere

lamentose, ma gli esseri umani sì, e molti hanno iniziato

a inviare messaggi, sia fra di loro, sia al rover:

"Svegliati, Oppy. Ritorna".

Oppy non lo ha fatto.

La settimana scorsa i funzionari della NASA hanno

annunciato una nuova serie di comandi trasmessi

al rover ancora silenzioso per istruirlo, dirigerlo,

reimpostare il suo orologio e dispiegare le sue antenne radio.

Ma anche gli ottimisti ammettono che quest'ultimo

tentativo ha una bassa probabilità di successo.

A quanto pare, molto presto l'agenzia sarà costretta

a dichiarare ufficialmente terminata la missione del

rover e il programma Mars Exploration Rover.

Opportunity ha resistito per 15 anni sul Pianeta Rosso,

61 volte di più dei 90 giorni "garantiti".

Della famiglia di esploratori interplanetari della NASA,

a Opportunity sopravviveranno il suo discendente

Curiosity, e il suo cugino InSight. I

l suo parente più prossimo, il gemello Spirit, è già morto.

Pur di fronte alla crescente certezza che il rover ha

raggiunto la sua fine, molti scienziati e ingegneri della

missione mostrano un misurato ottimismo, tanto da

sembrare a volte addirittura quasi festosi.

Ma la loro tristezza è palpabile.

"Puoi sempre guardarti indietro e dire: 'È una rover che

ha superato le aspettative e ha fatto molto.

Ma questo non fa scomparire il dolore", dice Mark Lemmon,

scienziato dell'atmosfera allo Space Science Institute.

"È strano pensare di associare il dolore a una macchina.

Ma fa parte della nostra vita.

Ci preoccupiamo, pensiamo alla sua energia, all'uso che

ne fa, come a qualcosa di cui ci si prende cura e si alimenta.

Non è solo una macchina. Ovviamente lo è, ma è anche

qualcosa che è collegato a tutti noi. Negli ultimi 15 anni

delle nostre vite l'unico elemento costante è stato il 

rover su Marte", osserva.

Crescere insieme
Spirit e Opportunity, noti anche con il nome ufficiale di

Mars Exploration Rovers A e B, sono robot geologi ben

equipaggiati.

Ognuno di loro è dotato di un "collo" lungo un metro

e mezzo, con in punta una telecamera, e di strumenti

per la macinazione delle rocce, palette e spettrometri

multipli per scoprire minerali e composizione delle rocce.

Sono stati progettati per durare tre mesi, e la NASA ne

ha inviati due, in parte per mettersi al riparo dai rischi

nel caso in cui uno non ce l'avesse fatta.

"Nessuno, nel gruppo di ingegneri e scienziati, pesava

minimamente che Opportunity sarebbe stato ancora

operativo dopo 15 anni.

È solo un veicolo americano ben fatto", dice Ray Arvidson,

ricercatore principale aggiunto della missione e

planetologo alla Washington University di Saint Louis.

Insieme, Opportunity e Spirit hanno rivoluzionato le

nostre conoscenze sul pianeta più simile alla Terra.

Il lungo addio a Opportunity

La prima immagine panoramica inviata da Opportunity,

poco dopo il suo arrivo all'Eagle Crater.

(Cortesia NASA, JPL e Cornell University)

Opportunity è arrivato sulla superficie di Marte il

25 gennaio 2004, in una piccola depressione chiamata

Eagle Crater, appena 20 giorni dopo l'arrivo di Spirit

sull'altra faccia del pianeta.

Abigail Fraeman aveva 15 anni, era appassionata di

astronomia e di Star Trek, e quella sera era al Jet

Propulsion Laboratory (JPL) come vincitrice di un

concorso sponsorizzato dalla Planetary Society.

"È stato fantastico. Quando ha inviato le immagini

dell'Eagle Crater, erano completamente diverse da

tutte le immagini di Marte che avevamo visto.

C'erano sabbie lisce, scure, totalmente aliene", ricorda.

"Gli scienziati iniziarono a dire: 'Accidenti, ci sono

rocce stratificate, vedo strati che si incrociano,'

ed erano così eccitati.

Era tipo: "Aspetta un attimo, sono capace di fare

questo lavoro? Posso guardare quelle foto e

capire quello che significano?"

Oggi Fraeman è la vice project scientist del rover,

e fino a giugno ha trascorso le sue giornate di

lavoro con ingegneri e scienziati per progettare

le attività del rover. Dopo quella notte al JPL si è

interessata di geologia planetaria al college per

poi frequentare la Washington University, dove

ha studiato con Arvidson.

Molti geologi che studiano Marte hanno conseguito

il dottorato sotto la sua guida; il suo Dipartimento

di scienze planetarie e della Terra è un centro di

riferimento per Opportunity e sede del Planetary

Data System, che archivia e distribuisce ogni informa=

zione che raccolta dai robot americani su altri mondi rocciosi.

In un certo senso, la Washington University è la dimora

spirituale di Opportunity, insieme al centro di controllo

della missione al JPL e al centro di ricerca sui rover

della Cornell University.

Quando Fraeman ha accettato il lavoro al JPL, l'ex

direttore della struttura, Charles Elachi, la aveva

incoraggiata a tracciare un grafico che mettesse

a confronto la sua vita con quella di Opportunity.

Lei ha segnato pietre miliari come "diploma di scuola

superiore" o "PhD" accanto a pietre miliari del rover

come "il rover trova gesso" e "il rover raggiunge la

distanza della maratona". Ha ancora il grafico;

"Basta guardarlo per rendersi davvero conto di

quanto tempo è andata avanti questa storia", dice.

"Il rover ha segnato il corso della mia vita,

letteralmente".

Mulinelli di polvere e mirtilli

Opportunity e Spirit avevano il compito di trovare

prove dell'esistenza di acqua antica su Marte e lo

hanno fatto, in torrenti. Hanno trovato strane formazioni

rocciose create dall'acqua corrente.

Hanno trovato formazioni argillose che molto tempo

fa avrebbero potuto ospitare microbi.

Opportunity ha studiato più di 100 crateri, e ha percorso

più di una maratona sulla superficie del quarto pianeta.

Insieme, i rover gemelli hanno "dato vita" a Marte come

nessun altro esploratore ha fatto prima di loro.

A un anno dall'inizio della missione, i pannelli solari

dei rover avevano lentamente accumulato polvere

- la regolite marziana è un materiale fine come la farina

- e la loro capacità di assorbire l'energia solare era

lentamente diminuita.

Un giorno, i pannelli di Spirit erano risultati

improvvisamente puliti.

Gli ingegneri, perplessi, avevano scrutato attentamente

selfie del rover per capire che cosa fosse successo,

ricorda Lemmon.

Il lungo addio a Opportunity

I "mirtilli" osservati da Opportunity.

(Cortesia NASA, JPL-Caltech, Cornell University

e U.S. Geological Survey)"È successo di notte.

Dietro l'asta telescopica si potevano vedere le tracce:

si vedeva una coda di polvere dove era soffiato il vento.

Poi nelle immagini abbiamo iniziato a osservare mulinelli

di polvere", dice. "Abbiamo messo insieme una serie di

immagini con le telecamere di navigazione e abbiamo

prodotto decine e decine e decine di filmati di quei mulinelli.

Erano fantastici, perché rendevano dinamico Marte.

All'improvviso, potevamo guardare Marte e vedere

quello che accadeva. Non era solo un pianeta

disseminato di rocce".

Grazie a Opportunity, anche le rocce hanno

preso vita propria.

Il rover ha trovato strane rocce "eoliche" scolpite

dal vento, sfere ricche di ferro soprannominate

"mirtilli", addirittura meteoriti.

L'autista del rover Heather Justice, il cui sedicesimo

compleanno è coinciso proprio il giorno dell'arrivo

di Opportunity, ha trovato una delle rocce più

famose di tutte.

Dopo molti mesi di addestramento, Justice è

stata autorizzata al suo primo viaggio in solitaria

il 4 gennaio 2014. Il suo lavoro consisteva nel

dire a Opportunity di girarsi, spostarsi un po' da

una parte e posizionare il braccio perforatore su

una roccia che il gruppo voleva trapanare.

Un paio di giorni dopo Opportunity ha inviato

alcune immagini, in modo da poter verificare

che si trovasse nel posto giusto.

"Stavamo guardando la foto, c'era lo strato

roccioso, ed ecco che uno degli scienziati esclama:

'Ehi, c'è qualcosa che prima non c'era'.

Sembrava che dicesse 'Ehi, qualcosa ha danneggiato

il rover?".

Justice ricorda: "Stavo per andare nel panico:

'Non dirmi che ho rotto qualcosa durante il mio

primo viaggio".

 
 
 

Addio da Marte...

Post n°1961 pubblicato il 27 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

5 febbraio 2019

Nell'immagine era apparso un oggetto bianco

e rotondeggiante.

Somigliava a una ciambella di gelatina.

Il gruppo di Opportunity ha ordinato freneticamente

al rover di scattarsi dei selfie in modo da poter capire

se mancasse qualche pezzo, ma sembrava tutto a posto.

Non su Internet, però.

In tutto il mondo sono apparsi titoli in cui si speculava

che l'oggetto fosse una forma di vita aliena,

un messaggio degli alieni, e altre improbabili ipotesi.

L'attore di Star Trek William Shatner, scherzando su

Twitter, si era domandato se la NASA avesse

considerato la possibilità di "lanciatori di rocce marziani".

Un privato cittadino aveva intentato un'azione legale

sostenendo che la roccia fosse una spora fungina, e

cercato di costringere l'agenzia spaziale a indagare.

Alla fine, il gruppo aveva concluso che mentre

Opportunity scavalcava una roccia, l'aveva capovolta

raschiando un po' di sporco dalla sua superficie ed

esponendone così il bianco sottostante.

"È un esercizio di equilibrismo davvero interessante

per tutti noi capire come ottenere dati significativi

con il minimo sforzo e senza mettere in pericolo

il rover", dice Justice.

"Non c'è nessuno che lo guardi e lo fermi se

qualcosa va storto".

Il lungo addio a Opportunity

Immagine di una tempesta di sabbia sulla

Perseverance Valley, ripresa dal Mars Reconnaissance

Orbiter della NASA. Iluntino alcentro del riquadro

è il rover Opportunity.

(Cortesia NASA)Justice osserva che la maggior parte

dei membri del gruppo è affezionata al rover, ma sono

più affezionati tra di loro, e ai rapporti umani che

rappresenta la loro scatola di metallo pensante.

" Per noi, con tutto il carico delle nostre esperienze,

è sempre emozionante stare insieme ed esplorare un

altro pianeta.

Il pensiero di perderlo...", e la voce si fa tremula.

"Non è solo la perdita dell'hardware, ma il pensiero di

perdere il nostro legame con Marte".

Il lungo addio
Il 14 settembre 2018, Opportunity sol 5204 -

ossia 5204 giorni marziani, che sono leggermente

più lunghi dei giorni della Terra - mi sono recata nell'ufficio

di Arvidson mentre lavorava a un documento scientifico

su alcune scoperte del rover nel luogo del suo riposo

finale, vicino al bordo del cratere Endeavour.

Arvidson e altri scienziati stavano discutendo la natura

di una caratteristica simile a un delta che hanno

soprannominato Perseverance Valley, "perché non

avremmo mai pensato di riuscire ad arrivarci".

Potrebbe essere stata scolpita dal vento o essere

opera dell'acqua. Il robot geologo stava cercando

di scoprirlo.

Arvidson dice di essere concentrato sull'eredità

del rover e ha descritto i suoi sentimenti come rassegnazione.

Un'espressione volutamente misurata, da perfetto

scienziato;

ma anche lui parlava di Opportunity in termini antropomorfi,

spiegando come, non avendo abbastanza energia, doveva

"tornare a dormire", e paragonando le sue gesta agli

avventurosi viaggi di una sua cugina.

Le riunioni telefoniche settimanali tra gli scienziati e il

gruppo di ingegneri del JPL tenevano tutti aggiornati,

ma erano anche una scusa per rimanere in contatto,

come una famiglia allargata in ansia per una persona

cara malata.

Arvidson c'è già passato.

Ha lavorato in ogni missione su Marte fin da Viking 1,

il primo lander a inviare una foto dalla superficie di un

altro pianeta, e ha visto passare molti robot, da ultimo

Spirit, il gemello di Opportunity.

Spirit è durato fino a marzo 2010, quando, in parte a

causa di due ruote rotte, è rimasto bloccato in un letto

di sabbia soffice.

Non poteva girare i suoi pannelli verso il Sole, che

stava lentamente calando sull'orizzonte invernale.

La NASA ha dichiarato conclusa la missione nel

maggio 2011 e durante quell'attesa di 14 mesi,

Mike Siebert, un ex manager della missione, si recava

di tanto in tanto al JPL nel bel mezzo della notte, a

volte tra le 2 della notte e le 6 del mattino,

sperando di sentire un segnale.

"Ogni volta pensavo che poteva essere la volta buona.

Ricevi un segnale di ritorno dalla sonda spaziale, e

all'improvviso ti senti su di giri", ricorda.

Siebert ha continuato a lavorare su Opportunity

fino a giugno 2017, quando ha lasciato il JPL per

un nuovo lavoro a Boulder, in Colorado. Seibert e

la moglie si sono sposati cinque giorni dopo il suo

ultimo turno. Volevano celebrare il matrimonio in

un sabato estivo, così hanno scelto il 10 giugno:

la data di lancio di Spirit.

"Farà male perdere Opportunity, certo.

Ma è la missione sulla superficie di un pianeta

di maggior successo di sempre", dice.

"Quando il contatto è andato perduto, mi ha

straziato non essere lì a cercare di capire, come

poterlo ristabilire.

Il massimo che posso fare, se mi capita di trovarmi

a Pasadena, è comprare birra per i miei amici".

 
 
 

Addio da Marte.....

Post n°1960 pubblicato il 27 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

5 febbraio 2019

Panoramica della Perseverance Valley ripresa da

Opportunity nella primavera 2017.

(Cortesia NASA/JPL-Caltech/Cornell/Arizona State Univ.)

Steve Squyres della Cornell University, principal

investigator e padrino della missione, dice che la

scomparsa di Spirit è stata nobile, e crede che lo

stesso valga per Opportunity. "Ho sempre pensato

che ci fossero soloIl lungo addio a Opportunity

 due modi onorevoli per porre fine a questa missione.

O logoriamo il rover fino alla fine, o Marte lo afferra e lo

uccide, e non c'è niente che possiamo fare", dice.

Non sa dire come potrebbe sentirsi alla veglia per

Opportunity, ma prevede un umore celebrativo e cupo

allo stesso tempo: "Vedremo.

Voglio dire, ho investito 30 anni della mia vita in questa

impresa.

A ogni passo le emozioni mi hanno preso alla sprovvista.

Sembra davvero strano, ma al lancio è stato difficile dirsi addio.

Ci si mette il cuore e l'anima in queste cose, e ci si lega

a un razzo e lo si lancia nello spazio: È andato, per sempre.

Quindi è stato difficile lasciarlo andare. Non me lo aspettavo".


Quando all'ora di pranzo del sol 5204, Arvidson mi

accompagna all'ingresso, dove ci fermiamo davanti

a un modello in scala del rover, collocato vicino

all'entrata della Rudolph Hall della Washington University.

L'ho già visto, ma ogni volta mi sembra più grande di

quanto ricordassi.

I suoi pannelli solari, tesi come un fiore di loto verso

il Sole, sono larghi come un divano.

L'asta mi arriva all'altezza degli occhi e il suo braccio,

con i suoi tre giunti flessibili, è più lungo del mio.

Guardo le telecamere, una delle caratteristiche che

conferisce ai rover un aspetto simile a quello di un

animale domestico.

Lo immagino là, su un altro mondo roccioso a 200

milioni di chilometri da qui.

I suoi pannelli solari sono incrostati da una sabbia

farinosa color ruggine.

I sui giunti sono cigolanti, le sue attrezzature rovinate,

l'antenna graffiata dalla sabbia che colpisce.

Sta guardando giù da un pendio, sulla strada verso

un canale dove forse in epoca remotissima scorreva

acqua, in un luogo soprannominato Perseverance Valley.

Il cielo arancione è tinto dalla polvere, ma si sta

schiarendo. La vista è sublime.

--------------------------
(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Scientific American" il 31 gennaio 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)Tweet

 
 
 

kkkkkkk

Post n°1959 pubblicato il 27 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

 

Il piacere (romanzo)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Il piacere è un romanzo di Gabriele D'Annunzio,

scritto nel 1889 a Francavilla al Mare e pubblicato

l'anno seguente dai Fratelli Treves.

A partire dal 1895 recherà il sopratitolo I romanzi

della Rosa, formando un ciclo narrativo con

 L'innocente e Il trionfo della morte, trilogia

dannunziana di fine Ottocento.

Così come un secolo prima Le ultime lettere

di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo aveva diffuso

inItalia la corrente e la sensibilità romantica

Il piacere e il suo protagonista Andrea Sperelli

introducono nella cultura italiana di fine

 Ottocento la tendenza decadente e l'estetismo.

Come affermò Benedetto Croce, con d'Annunzio

«risuonò nella letteratura italiana una nota,

fino ad allora estranea, sensualistica, ferina,

decadente», in contrapposizione al naturalismo

e al positivismo che in quegli anni sembravano

aver ormai conquistato la letteratura italiana

(basti pensare che nello stesso anno viene

pubblicato un capolavoro del Verismo come

ilMastro-don Gesualdo di Giovanni Verga).

D'Annunzio inaugura un nuovo tipo di prosa

psicologica e introspettiva,destinata ad avere

un grande successo e che gli consentirà di

indagare gli errori e le contrarietà della vita

dell'«ultimo discendente d'una razza intellettuale».

Sintesi dell'opera

Andrea Sperelli è un nobile romano

(nato però in Abruzzo) che risiede a 

Palazzo ZuccariRoma. Il suo amore per Elena

Muti, anch'essa nobile, conosciuta ad una festa

mondana, è ormai finito, così Andrea, dopo la

definitiva separazione da lei, si lascia andare ad

incontri amorosi. Ferito durante un duello, viene

ospitato dalla cugina nella villa di Schifanoja a

Francavilla, dove conosce la ricca Maria Ferres,

moglie del ministro plenipotenziario di Guatemala,

di cui subito s'innamora e dalla quale viene

ricambiato. Andrea, appena guarito, torna a

Roma e si rituffa nella sua solita vita mondana.

Trama del 1 libro.

È il 31 dicembre 1886. Andrea Sperelli, giovane 

aristocratico di origini abruzzesi, aspetta con ansia

l'ex amante Elena Muti nella sua casa romana a 

Palazzo Zuccari. Durante l'attesa torna con la

memoria alla scena del loro addio, avvenuto quasi

due anni prima, nel marzo 1885, su una carrozza

in via Nomentana. Quando Elena arriva, nell'incontro

fra i due si alternano ricordo, ardore e di nuovo

allontanamento e dolore.

Viene quindi ripercorsa la storia della casata degli

Sperelli, gli insegnamenti dati ad Andrea dal padre,

l'arrivo del giovane a Roma.

La rievocazione prosegue con il primo incontro tra

Sperelli ed Elena, a una cena a casa della marchesa

di Ateleta, cugina del protagonista.

Subito egli inizia un serrato corteggiamento.

Il giorno seguente, i due si incontrano una seconda

volta a un'asta di oggetti antichi in via Sistina;

quindi, venuto a sapere che Elena è malata, Andrea

chiede e ottiene di essere ricevuto da lei, in

un'atmosfera erotico-mistica.

Comincia così la narrazione dell'idillio che nei mesi

successivi unisce i due sullo sfondo della Roma 

elegante, e dei loro incontri tra gli oggetti d'arte

di Palazzo Zuccari, dove il corpo di Elena alimenta

le fantasie del giovane esteta.

Una sera, tornando a cavallo dall'Aventino, Elena

però annuncia la sua imminente partenza, e il loro

inevitabile distacco.

Dopo l'abbandono, Andrea si immerge in un gioco

di continue seduzioni, conquistando una dopo l'altra

sette nobildonne; si incapriccia infine di Ippolita Albònico.

In una giornata di corse di cavalli, Andrea la corteggia

assiduamente suscitando la gelosia dell'amante di lei,

Giannetto Rutolo, da cui viene provocato a duello.

Nonostante la sua maggiore abilità nellascherma,

Andrea subisce una grave ferita.

Libro II

Ospitato dalla cugina Francesca di Ateleta nella

villa di Schifanoja, sul mare di Francavilla in Abruzzo,

Andrea esce da una lunga agonia e inizia la convalescenza

, in un'unione mistica con la natura e l'arte.

Il 15 settembre 1886 arriva, ospite a Schifanoja,

Maria Ferres con il marito, ministro plenipotenziario 

del Guatemala (che riparte subito), e la figlia Delfina.

Dieci giorni dopo, il 25 settembre, Andrea è sedotto

dalla donna «spirituale ed eletta»;

la loro amicizia diventa sempre più intensa, finché il

giovane dichiara il suo amore a Maria, che però non

risponde, facendosi schermo della presenza della figlia.

Maria Ferres tiene un diario di quei giorni, dove sono

annotati i suoi sentimenti, le sue riflessioni, i turbamenti

d'amore per Andrea, da cui non vuole lasciarsi vincere.

Dal 26 settembre in poi, attraverso il diario, vengono

narrate le successive fasi del corteggiamento, sempre

più serrato, finché il 4 ottobre, durante una cavalcata

nella pineta di Vicomile, la donna cede.

Tornato il marito, avviene la separazione tra i due

innamorati.

Libro II

Rientrato a Roma, Andrea si rituffa nella vita precedente

la convalescenza, tra donne del demi-monde e amici i

ndifferenti e superficiali. Irrequieto e pieno di amarezza,

egli reincontra Elena Muti. L'attrazione per l'antica amante,

nella sua nuova veste di provocatrice, e la fascinazione per

Maria, nella sua ingenua purezza e fragilità, si intrecciano

nel suo spirito.

Tenta così di incontrare Elena nella casa di cui lei ha

ripreso possesso, a Palazzo Barberini, ma la presenza

del marito lo fa fuggire.

Poco dopo, a casa di lei, Andrea assedia Maria Ferres,

e la sera dopo i due si incontrano nuovamente a un

concerto alla sala dei Filarmonici, dove arriva anche Elena.

Questa, una volta partita Maria, invita Andrea ad

accompagnarla in carrozza e nel tragitto incrociano

una folla di manifestanti che protestano per i fatti di

Dogali; prima di lasciare l'ex amante, Elena lo bacia

intensamente.

Sperelli dunque riflette su se stesso e si giudica

«camaleontico, chimerico, incoerente, inconsistente».

Ma ormai è deciso a dare caccia senza tregua a Maria,

che lo ama. La donna, dal canto suo, cede sempre più

all'amore: a Villa Medici, durante una delle passeggiate

con cui il giovane le mostra le bellezze della città,

Andrea e Maria si baciano.

Libro IV

Respinto con durezza da Elena, Sperelli viene a sapere

dagli amici della rovina del marito di Maria, sorpreso a

barare al gioco. La donna si mostra forte di fronte al

dolore di dover partire e separarsi dall'amato, decidendo

di rimanergli totalmente fedele. Andrea, al contrario,

riesce a nascondere con sempre maggior difficoltà il suo

"doppio gioco". Dopo aver visto Elena uscire di casa

per andare dal nuovo amante, Andrea torna nel rifugio

di Palazzo Zuccari, dove, durante l'ultima notte d'amore

con Maria, pronuncia inconsciamente il nome di Elena.

Maria, con orrore, lo lascia. Il 20 giugno all'asta dei mobili

appartenuti ai Ferres, Sperelli vive con ribrezzo e nausea

il senso del «dissolvimento del suo cuore».

Fugge alla vista di Elena e degli amici, e verso sera

rientra nelle stanze dove Maria aveva vissuto, ora vuote

e percorse dai facchini; la vicenda si conclude, per Andrea,

amaramente, dietro agli scaricatori che trasportano

l'armadio da lui comprato all'asta, salendo le scale

«di gradino in gradino, fin dentro la casa».

 
 
 

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